Il sistema dell'equilibrio
L'acquisizione della stazione eretta ha richiesto l'elaborazione di un preciso sistema in grado di garantire il corretto equilibrio nonostante la riduzione della base d'appoggio su due soli piedi.
Tale sistema deve far fronte, dunque, a due esigenze fondamentali:
1. consentire l'esplorazione visiva dello spazio attraverso l'area più sensibile dell'occhio, chiamata "fovea";
2. mantenere la stazione eretta facendo si che la verticale che passa per il baricentro cada sempre nella base d'appoggio rappresentata dai piedi.
La condizione di equilibrio resa possibile da tale sistema è basata su meccanismi molto complessi, schematicamente così riassunti:
1. La stazione eretta o il movimento stimolano l'apparato vestibolare (situato all'interno dell'orecchio), l'apparato visivo e le strutture muscolari;
2. da queste strutture partono delle informazioni che, attraverso dei riflessi, generano degli aggiustamenti nello sguardo e nella stazione eretta stessa;
3. infine, un ruolo cruciale è rivestito dal sistema nervoso centrale: oltre a modulare sia le informazioni, sia le risposte, in un complesso gioco di integrazioni, facilitazioni ed inibizioni, ed a fornire strutture per la genesi di tali movimenti (tronco encefalico, cervelletto), deve garantire la sensazione cosciente della posizione e del movimento del corpo nello spazio e deve memorizzare le precedenti esperienze, costituendo un "album" di comportamenti attesi con i quali devono sempre confrontarsi le esperienze successive.
Quando il sistema non funziona: vertigine, disequilibrio ed instabilità
Se la funzione dell'apparato vestibolare è quella di stabilizzare l'angolo di sguardo e di garantire il mantenimento della stazione eretta, un danno a carico di tale sistema provocherà un deficit dei riflessi che esso governa con conseguenze inimmaginabili:
1. il danno a carico del riflesso vestibolo-oculomotore determinerà una instabilità dello sguardo definita nistagmo (un movimento involontario e veloce degli occhi), con conseguente vertigine, ossia la sensazione di rotazione dell'ambiente e/o del soggetto stesso;
2. il danno a carico del sistema vestibolo-spinale determinerà l'incapacità totale o parziale di mantenere la stazione eretta, con conseguente disequilibrio e sensazione di instabilità.
Tali sintomi nascono dal fatto che gli effetti delle risposte di stabilizzazione (erronea, perché nata da una sofferenza in qualche punto del sistema) non possono confrontarsi con la previsione dell'effetto di un programma motorio, poiché inesistente. Un esempio chiarirà meglio il concetto. Un disturbo molto diffuso è la cinetosi, ossia una sensazione di disagio associata a nausea che si verifica, ad esempio, in auto, provocata da una stimolazione delle strutture vestibolari. Ciò che è davvero interessante è che la cinetosi colpisce il passeggero e praticamente mai chi guida: il motivo ora appare più chiaro. Chi guida ed affronta, ad esempio, una curva, ha progettato un atto motorio ed una previsione degli effetti dello stesso: in tal modo, l'"effetto" delle risposte di stabilizzazione combacerà perfettamente con la "previsione" dell'effetto dell'atto motorio in questione, ed il soggetto non proverà alcun fastidio. Viceversa, il passeggero non attua nessun programma motorio e quindi nessuna previsione degli effetti: pertanto l'effetto di stabilizzazione delle risposte non avrà nulla con cui confrontarsi ed il soggetto sperimenterà la fastidiosa sintomatologia.
Vertigine, disequilibrio ed instabilità si accompagnano spesso a fenomeni quali nausea e/o vomito. Considerato il ruolo fondamentale del sistema nervoso centrale nel controllare tali riflessi, anche un danno a carico di tali strutture darà luogo ad una sintomatologia caratterizzata da vertigine, disequilibrio ed instabilità, sintomi che si assoceranno evidentemente a quelli della patologia neurologica di base.
Contrariamente a quanto comunemente si crede, dunque, soltanto un danno vestibolare può determinare una "vera" vertigine. Disturbi a carico della vista possono contribuire indirettamente alla sensazione di disequilibrio per la concomitante riduzione della capacità visiva ma mai potrebbero determinare vertigine. Assolutamente infondato è anche il ruolo della sofferenza cervicale quale causa di vertigine poiché l'effetto del riflesso cervico-oculomotore quale stabilizzatore dei movimenti oculari è pressoché inesistente nell'uomo.
Un'attenzione particolare va riservata infine ad alcuni disturbi che possiamo definire come "pseudovertigine" o Disturbi Somatoformi, che insorgono spesso, ma non necessariamente, dopo una vera sofferenza vestibolare e quindi dopo una vera vertigine. Ci riferiamo in particolare alla pseudovertigine da "altezza", determinata dalla difficoltà di interpretare correttamente il rischio di cadere quando ci si trova, ad esempio, su una sedia o si guarda in basso dai piani alti di un palazzo; tale erronea interpretazione del rischio causa una reazione ansiosa con meccanismo di fuga e di evitamento (una causa meno frequente è quella di un'alterazione a carico della vista con conseguente distorsione della percezione dei punti di riferimento). Altra forma di pseudovertigine è quella da spazi aperti e molto ampi (una forma di agorafobia), nella quale l'eccessiva distanza dei punti di riferimento crea una sensazione di instabilità. Anche in questo caso, la reazione di fuga ed evitamento è estremamente frequente. Da ricordare infine la vertigine posturale fobica, caratterizzata da vere e proprie crisi di panico e provocata da una sorta di dissociazione tra la previsione dell'effetto del movimento che il soggetto sta per compiere ed il reale effetto del movimento stesso: in presenza di tale dissociazione, il soggetto interpreterà qualsiasi movimento non come la conseguenza di una scelta di cui ha già previsto gli effetti ma come un evento che subisce passivamente ed al quale è del tutto estraneo; l'assenza di previsione renderà il movimento come qualcosa di "subìto" e non di "scelto" e verrà pertanto interpretato come disequilibrio ed instabilità.
Tra le numerose cause di vertigine ricordiamo le patologie a carico dell'orecchio interno e/o del nervo dell'udito (tra le più frequenti: malattia di Ménière, neuro-labirintite, vertigine parossistica posizionale benigna da cupolo-canalolitiasi, infarto labirintico, traumi a carico delle strutture labirintiche, neurinoma dell'acustico, fistola perilinfatica, etc) e le patologie a carico del sistema nervoso centrale (tra le più frequenti: ischemia vertebro-basilare, emicrania, epilessia vestibolare, patologie degenerative quali sclerosi multipla, atassia spino-cerebellare, tumori, etc). Tra le cause di pseudovertigine ricordiamo invece la vertigine posturale fobica, la "vertigine" da altezza, la "vertigine" da spazi aperti ed i disturbi somatoformi).
La diagnosi
In presenza di vertigine, è necessario eseguire esami audio-vestibolari mirati alla ricerca di una patologia a carico dell'apparato vestibolare e/o del sistema nervoso centrale.
Momento irrinunciabile è senz'altro l'anamnesi (la storia personale, familiare e clinica del soggetto) che, se raccolta in maniera corretta, consente di svolgere un esame vestibolare mirato ed evita il rischio di una erronea interpretazione dei reperti evidenziati con lo studio della funzione uditiva e vestibolare. Nel caso specifico è di estrema importanza analizzare le caratteristiche cliniche (vertigine e/o instabilità), epoca e durata del primo episodio, modalità di insorgenza, decorso temporale e sintomatologico, eventuali fenomeni neurovegetativi associati (nausea, vomito, sudorazione fredda) e la presenza di fenomeni uditivi associati (senso di ovattamento, ipoacusia, acufeni).
La corretta interpretazione dei dati così raccolti può già indirizzare verso una particolare diagnosi.
Ad esempio, un episodio di vertigine oggettiva che si protrae per molte ore, insorto improvvisamente, estremamente intenso, seguito eventualmente da pochi episodi più sfumati, associato ad importanti fenomeni neurovegetativi ed in assenza di sintomi uditivi, deve far pensare ad una neuro-labirintite (su base virale, vascolare, dismetabolica).
Un episodio di vertigine egualmente di lunga durata ed intenso, ma seguito nel tempo da episodi simili per durata ed intensità con tendenza alla cronicizzazione, associati a fenomeni neurovegetativi ed uditivi (senso di pienezza auricolare, acufeni e ipoacusia fluttuante), deve far pensare alla presenza di un'idrope labirintica (ad esempio, la malattia di Ménière).
Brevi episodi di vertigine possono associarsi alla sofferenza emicranica e spesso possono "rimpiazzarla", dando luogo ad un'entità clinica che viene definita vertigine emicranica.
Infine, il rilievo di una vertigine intensa e di breve durata che insorge quando il soggetto si stende o si alza dal letto, o quando, disteso, assume la posizione di fianco, deve far pensare alla vertigine parossistica posizionale benigna (VPPB), rispettivamente del canale posteriore o del laterale.
Per effettuare la diagnosi è necessario effettuare una serie di valutazioni di funzioni e di riflessi, che sono schematicamente qui riassunte:
1. Valutazione del riflesso vestibolo-oculomotore.
2. Valutazione del riflesso vestibolo-spinale.
3. Valutazione della funzione uditiva.
4. Valutazione dei movimenti oculari.
Buona fortuna!!!
2007-03-01 22:16:27
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answer #9
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answered by Anonymous
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