Roma. Immediato dopoguerra. Antonio Ricci è a far la fila davanti all’ufficio di collocamento. Ottiene il lavoro di attacchino municipale ma è necessario che sia munito di una bicicletta, che invece Antonio si è impegnato. A casa, ne parla con la moglie Maria la quale s’impegna sei coperte per settemila e cinquecento lire e ricompra la bicicletta al marito. Di ritorno dal palazzo del pegno, Maria chiede di passare dalla santona, che aveva predetto che il marito avrebbe trovato lavoro, per farle un’offerta, ma Antonio riesce a convincerla a risparmiare. Il primo giorno di lavoro, un ladro e due compari gli rubano la bicicletta mentre è impegnato ad affiggere. Scoraggiato, Antonio fa denuncia alla polizia la quale dice che può fare ben poco. Decide allora di rivolgersi a Baiocco, un suo amico che lavora come netturbino. La mattina dopo, accompagnato dal piccolo figlio Bruno, Antonio incontra Baiocco al mercato di P.za Vittorio dove si vendono biciclette e pezzi di ricambio. Incomincia a piovere e devono correre al riparo. Smesso di piovere vedono il ladro che parla con un barbone e tentando invano di seguirlo, lo perdono tra la folla. Decidono allora di seguire il barbone che si rifugia in una chiesa che si occupa dei senzatetto e dei più poveri. Qui, messo di fronte ad una probabile denuncia alla polizia, il barbone prima tergiversa e poi riesce a scappare. Ormai nervoso, Antonio se la prende con il piccolo Bruno. Lascia il bambino vicino ad un ponte e va alla ricerca del barbone lungo il fiume. Quando sente della gente gridare, torna indietro pensando che sia successo qualcosa a suo figlio che in realtà è ancora al ponte ad aspettarlo. I due fanno pace e vanno in un’osteria a pranzare. Non riescono a rassegnarsi e si rivolgono allora alla santona la quale non lo solleva da quella condizione. Appena fuori dall’appartamento, Antonio e Bruno riconoscono il ladro e lo inseguono nel quartiere popolare dove la gente fa quadrato con il ragazzo che finge un attacco epilettico. Bruno chiama un carabiniere che alla fine, per mancanza di prove, convince Antonio a non esporre denuncia. Padre e figlio se ne vanno tra gli insulti della gente. Passando dallo stadio, dove si sta giocando la partita Roma-Modena, Antonio vede una bicicletta lasciata incustodita ed appoggiata ad una porta. Dice a Bruno di prendere la corriera e di aspettarlo da un’altra parte, poi prova a rubare la bici. Scoperto dal proprietario, è bloccato dalla folla la quale lo vuole consegnare alla polizia. Sopraggiunge Bruno, che non ha fatto a tempo a salire sulla corriera, e il proprietario decide di non esporre denuncia. Padre e figlio, lacrime agli occhi, tornano verso casa mischiandosi tra la folla.
Toccante, assoluto capolavoro del cinema italiano. De Sica, dopo il notevole Sciuscià (1946), torna a parlare dell’Italia del dopoguerra con sguardo lungimirante e critico, triste e profetico. Mentre sui muri di Roma sono affissi i cartelloni di Rita Hayworth, la gente di Roma, per le strade, diventa ladri di biciclette. Scritto dallo stesso regista assieme al grande Zavattini, che contribuì con il pedinamento dei personaggi, dietro le quali tracce si scopre una realtà che si costruisce proprio grazie al loro rapporto con il quotidiano, il film è uno dei più alti esempi di neorealismo cinematografico. Denso di poesia (Antonio e Bruno, nel finale, padre e figlio, mano nella mano, uniti nell’umiliazione), senso dell’immagine (il passaggio delle lenzuola appena impegnate nella sala delle biciclette, da disimpegnare; la finestra che viene chiusa alle spalle di Antonio e del carabiniere) e della rappresentazione critica (contro la Chiesa, nella gestione indifferente della povertà; contro l’autorità impotente - “Ma allora che la faccio a fà ‘sta denuncia?”). Quella di De Sica non è solo una pellicola che scava nella triste quotidianità della capitale, ma è, e (fu) soprattutto, un consiglio all’Italia di quell’epoca, fatto passare attraverso le battute della santona in risposta ad Antonio che le chiede una mano “O la trovi subito, o non la trovi proprio più”. Per un attimo, l’illusione di una speranza negli occhi di Antonio, a tavola nell’osteria: “A tutto c’è rimedio, tranne che alla morte”. Lo dice al figlio, lo dice sorridendo, lo dice a bassa voce, lo dice mangiando…. ma c’è veramente rimedio a tutto? Forse una delle più belle interpretazioni mai viste sullo schermo, quella di Lamberto Maggiorani (attore non professionista la cui parte la parte era stata offerta a Cary Grant – Il Morandini – Dizionario dei film 2003), accompagnato dal bravo Enzo Staiola (il figlio Bruno). Fare onore però solo ai due protagonisti sarebbe ingiusto nei confronti di tutti gli altri (tra i quali c’è il cammeo del futuro regista di western Sergio Leone, nei panni di un seminarista straniero che si ripara dalla pioggia): come dimenticare, infatti, la fame di lavoro negli occhi di Maria, il barbone, Baiocco, l’uomo (pedofilo?) che avvicina Bruno al mercato delle bici? Importantissimo il grande apporto delle composizioni musicali di Alessandro Cicognini. Tratto dall’omonimo romanzo di Luigi Bartolini (che promosse un’azione giudiziaria contro il regista perché non ne riconobbe la fedeltà – Di Giammatteo – Dizionario del cinema italiano – Editori Riuniti), dopo l’Oscar guadagnato per Sciuscià (1946), ancora un riconoscimento per Vittorio De Sica con l’Oscar speciale nel 1949, che si guadagnò anche sei Nastri d'argento ed altri premi (Locarno, New York, Londra, Knokke-le-Zonte, Bruxelles, ecc.). Andrè Bazin lo definì il centro ideale attorno al quale orbitano le opere degli altri grandi registi del neorealismo, fatto di equilibrio tra sguardo realistico e sentimentalismo populistico (Di Giammatteo – Dizionario del cinema italiano – Editori Riuniti).
2006-12-18 03:03:13
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answer #1
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answered by GiAnGi_FI® 7
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prova ad andare su www.filmup.com
2006-12-20 14:30:26
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answer #2
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answered by ^RobY^ 3
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come sopra.
2006-12-19 06:09:44
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answer #3
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answered by ignipott 5
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Uno degli indiscussi capolavori del neorealismo fu Ladri di biciclette (1948) di Vittorio De Sica, scritto e sceneggiato da Cesare Zavattini. L'opera, che ottenne l'Oscar come miglior film straniero, narra le vicende di un padre di famiglia a cui rubano la bicicletta, indispensabile strumento di lavoro. Per non perdere il lavoro, ne ruba una a sua volta; viene colto sul fatto e circondato dalla folla minacciosa, che lo risparmia, commossa dalle lacrime del figlio.
2006-12-18 22:18:26
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answer #4
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answered by carlo 2
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eccoti la recensione del film, è un film molto bello.
Antonio Ricci festeggia con la famiglia il lavoro che ha ottenuto faticosamente: attacchino di manifesti del cinema. La famiglia riscatta dal banco dei pegni la bicicletta e Antonio va a lavorare. Sta incollando il manifesto di Gilda quando gli rubano la bicicletta. Cerca di rincorrere il ladro ma inutilmente. Disperato inizia un'impossibile ricerca insieme a suo figlio Bruno. Il povero Antonio le tenta tutte, compresa la visita a una medium. Un giorno crede di vedere il ladro, lo blocca e chiama un carabiniere. Col militare perquisisce la poverissima casa del presunto ladro, che al momento cruciale ha un attacco di epilessia. Sempre più disperato Antonio decide di rubare a sua volta una bicicletta. Ma non è il suo mestiere: viene rincorso e preso dalla folla. Lo porterebbero in questura se non fosse per l'intervento di Bruno, che commuove la gente e si porta via il papà per mano. Ci fu una stagione in cui le classifiche nobili del cinema ponevano questo film al secondo posto a pari merito con la Febbre dell'oro, dietro l'immancabile Potemkin. Negli anni successivi, il suo fascino "populista" venne considerato suggestione e la verità venne considerata poesia. Poi venne "corretta" l'interpretazione di ciò che il film rappresentava, anche fuori dal nostro paese, con un'istantanea dell'Italia del dopoguerra ritenuta misera, persino squallida. Dunque nelle classifiche di volta in volta compilate il film scendeva continuamente. Era responsabilità di gran parte della critica che ha giudicato i film secondo il momento politico. Per molto tempo il sentimento è stato una sorta di veleno per la pellicola. Ora, al di là di tutto, Ladri di biciclette rimane un lavoro di bellezza assoluta, come manifesto sociale nel quadro del suo tempo, come opera cinematografica e come monumento della storia dell'arte generale. Nel film I protagonisti di Altman, un produttore cerca uno sceneggiatore e lo trova in un piccolo cinema di Pasadena che guarda Ladri di biciclette in edizione originale. In sostanza il film è davvero un mito generale, fa parte di tutte le memorie di comunicazione. Le scene da ricordare sono praticamente tutte quelle del film: dalla ricerca fra migliaia di biciclette di Porta Portese, al pasto di padre e figlio nella trattoria fino alla sequenza finale del bambino che tiene la mano del padre.
2006-12-18 11:04:01
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answer #5
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answered by gimmi r 1
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LADRI DI BICICLETTE
TRAMA:
Un operaio disoccupato trova un posto d'attacchino municipale, ma ci vuole la bicicletta. L'operaio ne possiede una ma è al monte di pietà. Niente paura: la moglie impegna le lenzuola e riscatta la bicicletta. L'attacchino incomincia il suo lavoro, ma dopo meno di un'ora, un ragazzaccio gli ruba questa preziosa bicicletta. Tenta d'inseguirlo ma è inutile. L'uomo ritorna a casa in preda alla disperazione. Denuncia il furto al Commissariato, ma non gli danno nessuna speranza. Nessuno prende interesse al suo caso all'infuori di un amico spazzino. L'attacchino si aggira tra i rivenditori di biciclette: non trova la sua, ma intravede il ladro e si dà ad inseguirlo, accompagnato dal figliolo, un bimbo di sei anni. L'inseguimento gli fa attraversare tutta Roma in un giorno di domenica: vediamo così la "messa del povero", una trattoria, una casa equivoca, infine il domicilio del ladruncolo. L'attacchino trova dovunque indifferenza od ostilità. Infine, esasperato, pensa di rivalersi, rubando una bicicletta incustodita, ma lo fa così goffamente che viene subito preso e solo i pianti del bambino lo salvano dall'arresto. Padre e figlio tornano a casa, esausti, disperati, piangenti.
Note - SERGIO LEONE HA PRESO PARTE AL FILM NEL RUOLO DI UN GIOVANE SEMINARISTA.
- PREMIO OSCAR 1949 PER IL MIGLIOR FILM STRANIERO (CHE FINO AL 1955 SI CHIAMERA' SOLO "PREMIO SPECIALE") IL SECONDO PER DE SICA CHE LO AVEVA GIA' VINTO CON "SCIUSCIA' " NEL 1946.
- CANDIDATO ALL'OSCAR PER LA MIGLIOR SCENEGGIATURA.
- NASTRO D'ARGENTO 1949 PER: MIGLIOR FILM, SOGGETTO, REGIA, SCENEGGIATURA, FOTOGRAFIA, MUSICA.
- PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA AL IV FESTIVAL DI LOCARNO 1949.
- GRAN PREMIO AL FESTIVAL MONDIALE DEL FILM E DELLE ARTI DEL BELGIO 1949.
- PREMIO AL BRITISH FILM ACADEMY 1950.
- NEL 1958 E' STATO GIUDICATO "SECONDO MIGLIOR FILM DI TUTTI I TEMPI" ALLA CONFRONTATION DI BRUXELLES.
- IL BRITISH FILM INSTITUTE LO HA INSERITO NELLA CLASSIFICA, STILATA NEL 2005, DELLE 50 OPERE PIÙ ADATTE A UN PUBBLICO GIOVANE.
- IL FILM E' STATO RESTAURATO NEL LUGLIO 2002 PER IL CENTENARIO DELLA NASCITA DI VITTORIO DE SICA (7 LUGLIO 1902)
CRITICA:
"L'aneddoto è debole specie alla partenza: una bicicletta di terza mano non è poi difficile da ottenere in Italia. Superato il piccolo impaccio iniziale, il racconto corre via geniale e felice. E' un capolavoro fatto di nulla, tra il primo Clair e il secondo Chaplin, pieno di delicate osservazioni d'ambiente, di trovate d'atmosfera: un'elegia nata sotto il segno della grazia, e che sarà difficile ripetere [...]". (Piero Bianchi, "Filmcritica", 6/7, giugno/luglio 1951)
2006-12-18 11:03:24
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answer #6
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answered by annapaola 5
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http://library.thinkquest.org/28490/data/italiano/film/ladribic.htm
2006-12-18 11:01:21
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answer #7
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answered by Chicchi 6
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l'ho visto ma n lo ricordo bene... Neorealismo? ? ?
2006-12-18 11:01:31
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answer #8
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answered by piro91 2
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