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perchè questa maledetta si ripresenta a distanza di anni di serenità? perchè si presenta con la sua solita forza che mi assale e che mi costringe a star male? perchè non ho un motivo per stare così?

2007-11-26 03:04:32 · 7 risposte · inviata da Simone G 2 in Salute Salute mentale

sono stato bene per due anni e poi.. rieccola li sempre pronta a farti star male quando meno te l'aspetti quando pensavo di averla finalmente sconfitta.. eccola di nuovo.. sono senza parole..

2007-11-26 03:26:50 · update #1

7 risposte

puo essere anche di natura chimica del tuo cervello.....
cmq vai da uno specialista......

2007-11-26 03:09:16 · answer #1 · answered by Anonymous · 0 1

Se soffri di ansia e panico ti consiglio di provare questo rimedio http://SconfiggiAnsia.givitry.info/?Z0k2
Ogni anno nei soli Stati Uniti i disturbi d’ansia colpiscono circa 40 milioni di adulti di età superiore ai 18 anni (circa il 18% della popolazione), facendoli sprofondare nella paura e nell’incertezza.

2017-02-09 08:07:49 · answer #2 · answered by newton 3 · 0 0

Ti capisco! E' da poco che ho avuto un picco tremendo.
Purtroppo c'è sempre un motivo ma quel "maledetto" si va a nascondere ben bene dentro di noi. E lo fa perchè se noi lo scoprissimo forse saremmo costretti ad accettare qualcosa di inaccettabile o fare del male o allontanarci da qualcosa bella o brutta che sia della quale tenacemente non vogliamo liberarci. E' faticosissimo ma utile un percorso di psicoanalisi anche se (esperienza diretta) a volte ci si sente ancora più confusi e ci si spaventa talmente tanto che si ha un'irrefrenabile desiderio di ritornare indietro e abbandonare tutto. Ti dico solo una cosa e te lo dice una che fino a pochi giorni fa è stata malissimo, non mollare! Mai!

2007-11-26 04:14:42 · answer #3 · answered by Alice 3 · 0 0

I soli farmaci non risolvono il problema. Penso che quello che segue potrebbe interessarti.
Non solo farmaci contro la depressione
La psicoterapia cognitivo-comportamentale ha un’efficacia paragonabile a quella dei farmaci nel prevenire le ricadute nella depressione. E’ quanto sostiene Giovanni Fava, docente di psicologia clinica dell’Università di Bologna in una lettera inviata al British Medical Journal e pubblicata lo scorso giugno anche sul sito della rivista inglese.

La lettera firmata da Fava e da due ricercatrici, Chiara Ruini e Lara Mangelli, pone seri dubbi sull’efficacia della sola terapia farmacologica.

"Il nostro intervento” spiega Giovanni Fava "risponde a un editoriale di uno psichiatra australiano, Gavin Andrews, che parla della necessità di considerare la depressione come una malattia cronica e quindi di prospettare ai pazienti la possibilità di una terapia farmacologica a lungo termine, o meglio a vita. Ma se questo tipo di cura ha alcuni aspetti validi nell’immediato, non si può ignorare la questione dell’altissima percentuale di ricadute che la depressione maggiore presenta. A un anno dalla sospensione dei farmaci, infatti, un paziente su due ripiomba nella malattia. Ciò ha spinto gli psichiatri a fare prescrizioni per periodi sempre più lunghi. L’articolo di Andrews sembra ignorare la possibilità, emersa da diversi studi controllati, di prevenire le ricadute della depressione con terapie di tipo cognitivo-comportamentale. E quindi la necessità di informare i pazienti di quello che può essere fatto al di là della terapia farmacologica”.

L’editoriale di Andrews, inoltre, non tiene conto di una prova derivata da un’analisi effettuata da Ross Baldessarini, docente di Harvard, che dimostra come la lunghezza della terapia farmacologica non abbia nessun effetto positivo nel momento in cui si interrompe la cura. Infatti si è visto che, quando si sospende la somministrazione dei farmaci, la percentuale delle ricadute è la stessa a prescindere dalla durata del trattamento dei pazienti.

"I farmaci antidepressivi” aggiunge Fava "si rivelano efficaci soltanto finché vengono somministrati, ma non hanno nessun effetto che si prolunghi nel tempo. Anzi, numerosi studi spingono a considerare la possibilità che gli antidepressivi alla lunga possano sensibilizzare alla malattia. Quindi, come si sta discutendo in neurologia se la terapia con la levodopa nel morbo di Parkinson possa essere efficace nel breve termine, ma peggiorarne l’esito nel lungo periodo, si possono fare ipotesi analoghe per quanto riguarda i trattamenti contro la depressione”.

A cinque mesi di distanza dall’intervento sul BMJ non sono mancate le reazioni: "Abbiamo ricevuto moltissime e-mail di medici di base inglesi che dicono di avere trovato finalmente espressa un’idea che avevano da sempre, ma che temevano di esternare, vista la posizione generale degli specialisti. Non dimentichiamo che oggi la terapia della depressione è essenzialmente affidata ai farmaci, anche perché c’è un’assoluta carenza di psicologi in grado di praticare psicoterapie efficaci, come quelle cognitivo-comportamentali o interpersonali”.

A questo si aggiunge un’altra questione spinosa, vale a dire il conflitto d’interessi, che lega la maggior parte dei ricercatori che operano nell’ambito della depressione alle aziende farmaceutiche. A tale proposito può essere utile visitare il sito della Fondazione Bassetti, dove è possibile trovare molte informazioni e articoli che affrontano la questione (http://www.fondazionebassetti.org), così come fa la rivista Psychotherapy and Psychosomatics, particolarmente sensibile alla delicata tematica del conflitto d’interessi.

"Oggi i ricercatori escludono a priori altre possibilità terapeutiche” sottolinea Fava. "L’argomento è molto controverso, specialmente perché in Italia esiste una forma di censura sull’informazione, legata alla gestione del conflitto di interessi nella ricerca medica che non viene dichiarato. E’ un discorso complesso, che rimanda a un problema politico; ma è grave che oggi, ai pazienti affetti da depressione, non venga prospettata neanche un’alternativa, mentre sarebbe corretto offrire un’informazione completa a loro e ai medici di base. Non bisogna dimenticare che quello degli antidepressivi è innanzitutto un grande mercato: nella classifica dei farmaci più venduti in Italia, ai primi posti troviamo ansiolitici e antidepressivi, tanto più che attualmente c’è la tendenza a somministrarli con troppa leggerezza. Non si tiene conto che si tratta di farmaci potenti da riservare a forme gravi di depressione e quindi inutili negli stati di delusione o di scoraggiamento, casi per i quali non si sono dimostrati più efficaci del placebo. Specialmente quando la somministrazione avviene nell’infanzia e nell’adolescenza”.

Antonella Lami


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In bocca al lupo

2007-11-26 03:49:50 · answer #4 · answered by sun 7 · 0 0

io non ne so molto ... la depressione, l' anoressia and co sono le malattie della società benestante... sono daccordo con il primo che ti ha risposto rivolgiti ad uno specialista in Francia va molto di moda il filosofo terapeuta se ne trovi uno credo che con un po di volontà guarirai definitivamente prova anche da un neuropsichiatra (credo) che magari hai solo una carenza di qualcosa. ciao (so cosa provi e mi dispiace un sacco)

2007-11-26 03:15:49 · answer #5 · answered by Diana 3 · 0 0

ti sono vicino, io la sto iniziando a vivere con rassegnazione ormai

2007-11-26 03:13:22 · answer #6 · answered by Anonymous · 0 0

non lo so ....dillo anche a me....cmq ti sono vicina,contattami se vuoi ...ciaoooo

2007-11-26 03:09:35 · answer #7 · answered by Anonymous · 0 0

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