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Gli eschimesi hanno più di 50 parole per esprimere la parola neve. Noi ne usiamo una sola e le sfumature della neve forse non appaiono. Il mondo è concepito in modo diverso da chi parla lingue diverse.
Le parole, la lingua, danno forma alle idee e alle attività mentali oppure le parole riflettono il modo di percepire e pensare di diversi popoli?

2007-07-10 11:33:23 · 15 risposte · inviata da Fiordiluce 3 in Arte e cultura Filosofia

.. la verità in questo discorso come si posiziona?
Popoli che hanno lingue diverse per descrivere la realtà sembrano ricercare a volte la stessa conoscenza. Altri invece sembrano non aver in comune niente con altri popoli.
Che ne è della realtà? O meglio della conoscenza del vero? è tutta relativa? O solo la percezione è particolare e relativa mentre il pensiero può astrarsi e ricercare la stessa cosa anche se si parte da ambienti differenti?

2007-07-11 00:30:46 · update #1

15 risposte

In realtà quella degli eschimesi, secondo un linguista serio ed affermato come Steven Pinker, e molti altri che lui cita, è una leggenda metropolitana priva di fondamento. Ci sono al massimo 12 parole per dire neve in eschimese, e ce n'è più o meno lo stesso numero in inglese (snow, sleet, slush, blizzard, avalanche, hail, hardpack, powder, flurry, dusting; senza contare termini tecnici degli sciatori).
Ma naturalmente non è questo il punto. Il punto è che non è sempre vero che il mondo è concepito in modo diverso da chi parla lingue diverse. Se un bambino non conosce nessun nome di razza per i cani, e un allevatore ne conosce 50, abbiamo una situazione simile a quella immaginata per gli eschimesi. Certamente se "concepire il mondo" in un certo modo è sinonimo di avere certi concetti allora il bambino e l'allevatore concepiscono il mondo in maniera diversa. Ma questo non significa che non possano comunicare, che le loro immagini del mondo siano incompatibili, o che il loro modo di pensare sia radicalmente diverso.
Gli esseri umani di quasiasi etnia e cultura condividono le stesse strutture cognitive fondamentali, oltre ad abitare tutti lo stesso mondo; questo è un fatto che viene troppo spesso dimenticato.

2007-07-10 22:45:36 · answer #1 · answered by Filone 6 · 1 0

Credo un pò entrambe le cose.
Il fatto è che nessuno oggi si sofferma a valutare ciò che dice.
Ad esempio la parola mondo potrebbe significare per ognuno una cosa diversa.
Credo che, come al solito, sia un problema di consapevolezza. Se noi ci accorgessimo di mentire continuamente (dove per mentire intendo parlare di ciò che non conosciamo) inizieremmo a pesare molto di più le parole e forse inizieremmo a vedere veramente tutte le sfumature della neve... Ma è il solito problema, la prima condizione per evadere è rendersi conto di essere in prigione...

2007-07-15 06:18:56 · answer #2 · answered by Lupelius 4 · 3 0

Ciao Fiordiluce,
le bellissime risposte che hai ricevuto sono tutte corrette, e soprattutto hanno centrato (concordando o discordando) il fuoco della questione.
Quella che hai esposto tu è conosciuta come "Ipotesi di Sapir-Whorf", ed è un'affascinantissima ipotesi che tocca in un medesimo tratto linguistica, filosofia del linguaggio, ermeneutica e gnoseologia (potremmo continuare con le scienze cognitive, e da lì ovviamente spingerci verso la filosofia teoretica - ma perchè fare indigestione...).
Puoi dare un'occhiata, se vuoi, alla pagina italiana di Wikipedia,
http://it.wikipedia.org/wiki/Ipotesi_di_Sapir-Whorf,
o a quella più completa inglese,
http://en.wikipedia.org/wiki/Sapir-Whorf_hypothesis,
e a questa bella pagina internet, dove trovi in fondo un link interessante,
http://psicocafe.blogosfere.it/2006/01/le-parole-che-c.html.

Il fatto è che l'ipotesi di Sapir-Whorf ha un antecedente storico e filosofico molto conosciuto, che nessuno ancora ti ha segnalato - è la "Teoria dei Climi", secondo la quale le popolazioni sviluppatesi e vissute in climi differenti avranno disposizioni politiche, economiche, sociali, di pensiero (quindi anche linguistiche), diverse.
Da queste formulazioni della Teoria dei Climi (molto in voga con i primi grandi geografi del tardo Settecento e dei primi dell'Ottocento: Alexander von Humboldt, Karl Ritter), si passerà alla versione "biologica" dell'ipotesi e del modello concettuale - che è quella scientificamente valida della Teoria dell'Evoluzione delle Specie di Charles Darwin - e purtroppo pure a versioni meno corrette dal punto di vista scientifico, che saranno quelle di alcuni politologi tedeschi e francesi sulle presunte "arretratezze" di alcuni popoli della Terra (ai fini di giustificare il colonialismo).
Nella seconda metà dell'Ottocento invece, lo storico Jules Michelet e il critico letterario Hyppolite Taine propenderanno per una visione "letteraria" di questo modello concettuale, affermando anche uno sviluppo storico-genetico differente per le letterature dei vari climi (e saranno seguiti in ciò anche da Friedrich Nietzsche, che in un certo senso esporrà idee simili riguardo la filosofia).
Alla fine, dopo la linguistica, la biologia, la politologia, la critica letteraria e la filosofia, Sapir e Whorf proporranno, in seguito ai loro lavori e seguiti anche dal grande studioso di lingue amerindie Franz Boas, l'ipotesi da cui siamo partiti, e che sembra avere (leggi direttamente quest'articolo, se non l'hai ancora fatto seguendo i link precedenti,
http://www.pnas.org/cgi/content/full/103/2/489) anche conferme scientifiche.
Spero di esserti stato utile,
A presto

2007-07-11 08:02:12 · answer #3 · answered by Foma 4 · 2 0

Qualcuno che ne sapeva più di me ha scritto che non siamo noi a usare il linguaggio come uno strumento e che pensare la lingua in questi termini è impoverirla e svuotarla del suo vero senso che è quello di aprire e svelare un mondo.

2007-07-11 03:27:55 · answer #4 · answered by Anonymous · 2 0

Certamente. Per questo l'impoverimento del vocabolario personale dei giovani è così preoccupante.

2007-07-10 18:44:22 · answer #5 · answered by Nahla 7 · 3 1

Il link al blog PsicoCafé non è corretto: contiene un punto alla fine che non dovrebbe esserci.
Il link corretto è http://psicocafe.blogosfere.it/2006/01/le-parole-che-c.html

2007-07-12 20:58:04 · answer #6 · answered by alfabetizzata 1 · 1 0

ti hanno risposto in maniera corretta ed esauriente e non potrei fare e dire meglio . mi permetto un modesto allargamento della conoscenza riguardo al tema , con due titoli : l'archeologia del sapere e le parole e le cose di michel foucault . un grande studioso e storico della lingua e del linguaggio . messo un pò in disparte per il taglio ideologico delle sue ricerche , improntato sullo smascheramento del potere occultato e non nelle pieghe della nostra esistenza.

2007-07-12 09:28:22 · answer #7 · answered by mario t 3 · 1 0

Ritengo che la lingua si evolva seguendo di pari passo il bisogno di crescita culturale di un popolo . Le parole sono figure astratte che hanno la capacità di "dipingere" nel nostro intelletto una reale immagine, quando questa non sia possibile raggiungerla attraverso i comuni sensi. Possiamo pensare ad un cieco che non ha la facoltà visiva e crea le sue immagini, anche materiali, con l'ausilio delle parole. Per chi cieco non è, ma questi non ne sono esclusi, le parole rappresentano, a mio modo di vedere, la chiave di accesso a tutto ciò che non è visibile ne percepibile empiricamente. Pertanto un arricchimento di un idioma, anche nelle diverse sfumature di un vocabolo già esistente, rappresenta una crescita culturale e un soddisfacimento di un bisogno pratico ma anche intellettuale e metafisico o teologico.

2007-07-11 06:42:41 · answer #8 · answered by sirone 1 · 1 0

gli eschimesi vivono in mezzo alla neve ed ai ghiacci,quindi han potuto più di altri capire o percepire vari tipi di sfumature della neve,e dare significato per le varie situazioni di "neve".
anche noi usiamo una più parole per definire o meglio esprimere un qualche cosa oggetto o persona che sia se ci si sofferma a riflettere.vero in mondo ERA concepito in modo diverso da chi parlava lingue diverse, ma nn da chi ha la stessa radice. le parole , la lingua, tentano di dar forma alle idee, le attività mentali rimangono tali, le parole riflettono il modo di percepire, il modo di pensare, vieme riflesso dal modo di comportarsi supportato dalle parole,ma nn dal senso delle stesse o il significato, ma dal modo come son state dette. ( se uno è incazzato, è incazzato sia in cinese, eschimese, o che altra lingua vuoi tu).

2007-07-11 02:20:15 · answer #9 · answered by habit 4 · 1 0

io credo al contrario che siano le esperienze di un popolo a condizionare la struttura della propria lingua,o ke comunque vi sia un condizionamento reciproco,noi facciamo nascere la ns lingua e lei ci forma

2007-07-11 02:16:07 · answer #10 · answered by tog_43 5 · 1 0

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