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desaparecidos e dittatura Argentina... cosa ne sapete di questo argomento che a me ha sconvolto e interessato profondamente...

2007-03-21 10:05:16 · 6 risposte · inviata da Nikita 3 in Arte e cultura Storia

6 risposte

Nel 1995, con la pubblicazione della testimonianza di un ufficiale dell’aeronautica, si riaprì la pagina dolorosa dei desaparecidos. L’ufficiale – che in seguito, sottoposto a continue minacce, ritrattò parte delle sue affermazioni – sostenne di aver fatto parte, durante la dittatura militare, dell’equipaggio di un aereo utilizzato dai militari per liberarsi dei prigionieri politici, gettandoli in mare ancora vivi. Nel 1998 alcuni militari – tra cui Jorge Videla, uno degli alti ufficiali succedutisi alla guida della giunta militare – furono sottoposti a inchieste giudiziarie e arrestati con l’accusa di sequestro di minori, un reato non previsto dalle misure di amnistia di cui avevano goduto i protagonisti della violenta dittatura. Al provvedimento della magistratura argentina – che suscitò il malcontento delle forze armate – si aggiunse peraltro quello del magistrato spagnolo Baltasar Garzon (lo stesso che aveva causato, con un’analoga inchiesta, la lunga permanenza agli arresti domiciliari dell’ex dittatore cileno Augusto Pinochet a Londra); nel novembre 1999 Garzon spiccò infatti dodici mandati di cattura internazionali contro membri della passata giunta militare argentina, tra cui lo stesso Videla, l’ex capo della marina Emilio Massera e il generale Leopoldo Galtieri (il protagonista della disastrosa guerra delle Falkland). Tre ufficiali dell’esercito argentino furono in seguito perseguiti dalla legge anche in Italia, per la scomparsa di cittadini italo-argentini durante la dittatura militare; al termine di un processo che vide la testimonianza di diversi parenti degli scomparsi, agli inizi del 2001 i tre ufficiali vennero riconosciuti colpevoli dei reati loro ascritti e condannati in contumacia a pesanti pene detentive.

La questione dei diritti umani, grazie anche alla cresciuta attenzione internazionale e al clamoroso “caso Pinochet”, tornò così alla ribalta anche in Argentina. Agli inizi del 2001 un giudice federale dichiarò per la prima volta incostituzionali le leggi cosiddette dell’“obbedienza dovuta” e del “punto finale”, che, approvate nel 1986-87, avevano garantito l’impunità per tutti i militari coinvolti nella violenta repressione. Il provvedimento, sebbene valido per un unico processo a carico di undici militari, fu accolto con estrema soddisfazione dalle organizzazioni argentine e internazionali che si battono per il rispetto dei diritti umani.

Nel 1998 Menem non riuscì nel proposito di ottenere dall’Alta Corte un parere favorevole alla sua terza candidatura alle elezioni presidenziali e dovette cedere il passo a Eduardo Duhalde. Il forte malcontento diffuso nel paese nei confronti del Partito giustizialista non favorì tuttavia la corsa di Duhalde, che nelle elezioni dell’ottobre 1999 fu battuto, al primo turno e con uno scarto di dieci punti, da Ferdinando de la Rúa, il candidato dell’Alleanza, composta dai radicali e dal FREPASO (Fronte per un paese solidale).
L’Argentina emerse dal decennio di presidenza Menem in piena recessione, con un debito estero che ammontava a 185 miliardi di dollari USA. La ristrutturazione dell’economia aveva conseguito scarsi risultati e causato un acutissimo disagio sociale. Il sistema di protezione sociale era stato smantellato, mentre l’oligarchia, arricchitasi anche grazie alle selvagge privatizzazioni realizzate negli anni Novanta, aveva trasferito all’estero un’enorme fortuna. Secondo le stime ufficiali i disoccupati rappresentavano il 20% della forza lavoro attiva e una persona su tre viveva al di sotto della soglia di povertà.

Per fronteggiare la grave crisi economica e per ottenere un prestito di 20 miliardi di dollari dal Fondo monetario internazionale, il nuovo governo di centrosinistra adottò a sua volta una politica di austerità, riformando il sistema delle pensioni e congelando la spesa pubblica delle province fino al 2005. I provvedimenti del governo furono severamente contestati dai sindacati, che nel novembre del 2000 bloccarono il paese con uno sciopero generale di 36 ore.

Nel marzo del 2001 De la Rúa chiamò al ministero dell’Economia, concedendogli poteri speciali, Domingo Cavallo, già ministro di Menem. A distanza di un anno dalle elezioni, la coalizione che aveva portato alla presidenza il radicale De la Rúa si sfaldò. Contro il rimpasto governativo – e soprattutto contro la strategia economica delineata da Cavallo – si pronunciò infatti il FREPASO, che abbandonò la coalizione. Accusato di corruzione, in giugno l’ex presidente Menem fu posto agli arresti domiciliari.
Nel 1999 Fernando de la Rúa succedette a Carlos Saúl Menem nella carica di presidente dell'Argentina. Fu costretto alle dimissioni nel 2001 per il fallimento della sua politica economica e per le proteste popolari, che in diversi casi sfociarono nella violenza.

Durante l’estate la crisi argentina si acuì, nonostante il drastico piano di risanamento lanciato da Cavallo, che istituì un taglio del 13% a stipendi e pensioni. Nella provincia di Buenos Aires, gli stipendi dei dipendenti pubblici vennero pagati con buoni governativi (i cosiddetti patacones), anziché in denaro; chiusero le Aerolineas Argentinas, la compagnia di bandiera passata, durante la presidenza Menem, sotto il controllo della spagnola Iberia; a settembre le entrate fiscali diminuirono del 14%, mentre crollavano la produzione industriale, il consumo interno e le esportazioni.

A ottobre, nelle elezioni di medio termine per il rinnovo del Senato e della metà dei seggi della Camera, la coalizione di centrosinistra subì una severa sconfitta e De la Rúa perse la maggioranza in entrambi i rami del Parlamento. Ad avvantaggiarsi della crisi del centrosinistra furono i peronisti del Partito giustizialista, che vinsero in 18 province su 23. Ma le urne espressero soprattutto un voto di protesta; un quinto delle schede scrutinate risultarono bianche o nulle e il 26% degli elettori si astenne del tutto (una quota elevatissima, se si considera che in Argentina il voto è obbligatorio).

A dicembre, sull’orlo della bancarotta, l’Argentina sospese i pagamenti dei rimborsi dovuti alle istituzioni finanziarie internazionali. In seguito a questa decisione, il Fondo monetario internazionale bloccò l’erogazione di un nuovo prestito già accordato al paese. Per far fronte alla gravissima situazione, il ministro Cavallo propose ulteriori tagli alla spesa pubblica e impose un limite (corralito) al prelievo di denaro liquido dai depositi bancari, causando moti di protesta in tutto il paese. Il 19 dicembre centinaia di migliaia di persone scesero in piazza; a Buenos Aires un’immensa manifestazione circondò la Casa Rosada chiedendo le dimissioni del governo. In molte città argentine la folla saccheggiò i supermercati e si scontrò violentemente con la polizia; 35 persone, in gran parte giovani, caddero sotto i colpi sparati dalla polizia e dai proprietari dei negozi assaltati. Mentre il ministro Cavallo lasciava il suo incarico, il presidente De la Rúa impose lo stato d’assedio, prima di dimettersi a sua volta, incalzato dalla folla, il 20 dicembre.

Il 23 dicembre il Congresso nominò alla presidenza il peronista Adolfo Rodríguez Saá, che costituì un nuovo governo includendovi diversi esponenti politici coinvolti in gravi casi di corruzione. Il 29 nuove manifestazioni percorsero le città e a Buenos Aires vennero assaltati il Congresso e la sede del governo. Dopo le dimissioni di Rodríguez Saá, il 2 gennaio del 2002 il Congresso nominò un nuovo presidente, Eduardo Duhalde, il candidato peronista battuto dal radicale De la Rúa nelle precedenti elezioni presidenziali. Duhalde formò un governo di unità nazionale con l’intento di porre fine al modello economico seguito dall’Argentina nell’ultimo decennio e annunciò la moratoria sul debito estero e l’abbandono della parità tra il peso e il dollaro.

Il peronista Néstor Kirchner, del Partito giustizialista, è stato eletto presidente della Repubblica Argentina nel maggio del 2003.
Nel febbraio 2002 il governo Duhalde sospese la parità peso-dollaro, imponendo la conversione forzata in dollari dei depositi e dei crediti; in pochi mesi il cambio con il dollaro raggiunse la quota di 4 a 1. In marzo l’Argentina raggiunse un accordo con il Fondo monetario internazionale per la ripresa dei pagamenti dei rimborsi e per la concessione di un nuovo prestito.

Il primo trimestre registrò una forte caduta del prodotto interno lordo (circa il 16% rispetto al primo trimestre 2001) e un’impennata dell’inflazione (42%). La disoccupazione e la povertà raggiunsero livelli drammatici, crescendo infatti, secondo i dati ufficiali, rispettivamente al 24% e al 52%. Sul paese si affacciò lo spettro della fame, che colpì alcune province più povere, mietendo diverse vittime soprattutto tra i bambini.

La grave situazione economica e sociale alimentò un forte malcontento ma anche la nascita di una straordinaria organizzazione di base. La società civile si sostituì per molti aspetti allo stato, evitandone il definitivo crollo. Nelle città principali comparvero “assemblee di quartiere”, che oltre a organizzare la protesta contro il governo con marce e cacerolazos (rumorosi concerti eseguiti percuotendo le cacerolas, cioè le pentole), diedero anche vita a scuole e a mercati, dove la merce veniva direttamente barattata o scambiata con buoni spendibili nell’ambito del mercato stesso. Molte fabbriche fallite furono occupate dalle maestranze, che ripresero a produrre beni destinati al mercato interno. Comparvero anche movimenti di disoccupati che animarono folte manifestazioni e violenti scontri con la polizia; per la principale forma di lotta adottata – blocco del traffico e degli ingressi degli uffici pubblici e delle imprese private – vennero chiamati piqueteros (da picchetto).

La protesta ebbe tuttavia pochi riflessi sul piano politico. Il paese espresse infatti un rifiuto per tutti i partiti politici, considerati in blocco responsabili della grave situazione; “que se vayan todos” (“che se ne vadano tutti”), fu lo slogan più urlato nelle manifestazioni.

Le elezioni presidenziali del maggio 2003 furono l’occasione per un nuovo drammatico scontro politico, svoltosi prevalentemente in seno al Partito giustizialista, che non riuscì a esprimere un candidato comune. Carlos Menem, ricomparso, dopo le vicissitudini giudiziarie, sulla scena politica argentina con l’intenzione di riconquistare la presidenza del paese, superò il primo turno con il 24,4%, ma, sfavorito dai sondaggi, abbandonò la corsa cedendo la presidenza al secondo arrivato, Néstor Carlos Kirchner, membro dello stesso partito. Le elezioni registrarono il più alto tasso di astensione della storia argentina e sancirono il tracollo dell’Unione civica radicale, tradizionalmente seconda forza del paese dopo i peronisti, il cui candidato raccolse solo il 2,3% dei voti.

Deciso a prendere le distanze dalla politica degli anni Novanta, Kirchner avviò una strategia mirata a conquistarsi il consenso della popolazione; tra i primi provvedimenti adottati da Kirchner vi furono l’allontanamento degli ufficiali coinvolti nella dittatura militare e la destituzione dei personaggi implicati negli scandali di corruzione. Con un atto clamoroso, nel marzo 2004 chiese, in nome dello stato, le scuse al paese per le ferite inferte dalla dittatura militare, destinando a un “museo della memoria” i locali della famigerata ESMA, la Scuola di meccanica della Marina, dove la dittatura militare allestì uno dei principali centri di tortura e sterminio delle opposizioni. Sul piano internazionale, Kirchner si distaccò progressivamente dagli Stati Uniti, in favore di più stretti rapporti politici ed economici con i paesi del Mercosur, con i quali condusse una lotta comune in seno all’Organizzazione mondiale per il commercio e nei negoziati per l’estensione degli accordi NAFTA all’America latina. Ricontrattando il debito con il Fondo monetario internazionale, riuscì a ridare respiro all’economia del paese, che riprese sorprendentemente a crescere, seppur tra gravi problemi.

Tra i risultati sorprendenti ottenuti da Kirchner, non secondario fu quello del ripristino di relazioni tra la società civile e la politica, profondamente compromesse dalla corruzione e dall’arbitrio che avevano caratterizzato le precedenti amministrazioni. La situazione economica e sociale dell’Argentina rimase critica, ma il paese riuscì in breve tempo ad abbattere considerevolmente il suo debito estero, portandolo da 190 a 125 miliardi di dollari.

Sviluppi recenti

Tra aprile e dicembre 2004 la magistratura argentina spicca e poi ritira due mandati di cattura internazionali, per frode, nei confronti dell’ex presidente Carlos Menem, che può così rientrare nel paese dal suo esilio cileno.

Nel marzo 2005 il presidente Kirchner annuncia la proposta del suo governo per la restituzione del debito contratto dal paese con i cosiddetti “bond argentini” nei confronti degli investitori internazionali (98 miliardi di dollari), ottenendo alcuni consensi ma anche molti rifiuti. In giugno, la Corte suprema annulla la legge che concedeva l’amnistia ai responsabili di violazioni dei diritti umani durante la dittatura militare (1976-1983).

Il Fronte per la Vittoria, la coalizione peronista raccolta intorno a Kirchner, ottiene una clamorosa affermazione nelle elezioni legislative del 23 ottobre, aggiudicandosi il 54% dei voti e 69 dei 127 seggi in palio. Le altre liste peroniste ottengono solo 11 seggi. Al secondo posto si piazza l’Unione civica radicale, con 19 seggi. La coalizione di Kirchner si aggiudica anche le elezioni per il Senato, ottenendo 17 dei 24 seggi in palio, contro i 4 dell’altra fazione peronista e i 3 dei radicali.

In novembre si tiene a Buenos Aires il Summit delle Americhe, che per l’opposizione di alcuni paesi del Mercosur (tra cui la stessa Argentina) e del Venezuela si conclude senza raggiungere alcun accordo per l’estensione degli accordi NAFTA all’America latina; il summit è accompagnato da vaste proteste contro le politiche neoliberiste sostenute dagli Stati Uniti.

2007-03-21 13:44:23 · answer #1 · answered by Fabrizio a 2 · 1 1

È una cosa tipica di America Latina, purtroppo. Non è sucesso solo in Argentina: anche a Cile, ad esempio. Ci sono un sacco di romanzi su questo. Non so se hai letto "D'amore e ombra", di Isabel Allende, nipote dell' assasinato presidente Salvador Allende.

Anche a Guatemala, all'inizio del secolo, alla dittatura di Estrada Cabrera, ci sono stati casi terrificanti. Se vuoi rimanere veramente sconvolta, leggi "Il Signor Presidente". È uno di quei libri veramente forti, senti perfino dolore fisico. È un autore che ha vinto il Nobel, e invece è rimasto un po' nell' oblio, non è conosciuto da un pubblico ampio. Ti consiglio veramente di leggerlo.

Sulla dittatura argentina ora stesso non so cosa consigliarti... Ma comunque è lo stesso fenomeno di quella cilena. Ancora si debatte cos'è meglio: se il perdono o un vero processo ai colpevoli. Le ferite non si sono mai chiuse.

2007-03-23 00:58:16 · answer #2 · answered by Hatshepsut 3 · 0 0

hai mai visto il film di Marco Bechis, Garage olimpo?racconta di uno dei luoghi di Buenos Aires nei quali, all'insaputa della popolazione, vengono rinchiusi e torturati i prigionieri politici.

2007-03-21 22:00:18 · answer #3 · answered by karima s 2 · 0 0

Ho letto delle "abuelas" di Plaza de Mayo e ne ho anche fatto una piccola ricerca in inglese per la scuola. L'idea mi è venuta dopo aver letto un libro di Massimo Carlotto che parlava proprio dei desaparecidos.


Anch'io sono rimasta molto colpita, benché fossi molto giovane (avevo 15 anni appena, mentre adesso ne ho diciassette). La cosa che mi ha colpito di più è che ancora oggi molte famiglie, pur sapendo che un loro caro è stato ucciso, non hanno un corpo su cui piangere e vegliare...

2007-03-21 10:51:49 · answer #4 · answered by Ais Quìn [Loppe] 6 · 0 0

Non ne so molto perchè ero un po' piccolino ai tempi.
Se però non sbaglio c'è un sito delle madri di queste povere persone dove puoi trovare informazioni.
Io ricordo solo di aver letto che durante la finale dei mondiali di calcio in argentina nel '78 vi furono delle esecuzioni di queste persone. La dittatura distolse l'attenzione dell'opinione pubblica mondiale col calcio e nel frattempo uccideva.

2007-03-21 10:16:23 · answer #5 · answered by alvaro4ever 7 · 0 0

L'espressione desaparecidos (letteralmente "gli scomparsi" in spagnolo) si riferisce a persone che furono arrestate per motivi politici dalla polizia dei regimi militari argentino, cileno o di altri paesi dell'America latina, e delle quali si persero in seguito le tracce. Il verbo desaparecer, come l'italiano "sparire", è intransitivo; desaparecidos è un participio transitivo, usato in modo da implicare il significato di "chi è stato fatto scomparire".

Tipico del fenomeno dei desaparecidos è la segretezza con cui le forze governative si muovevano. In genere, gli arresti avvenivano senza testimoni, così come segreto restava tutto ciò che seguiva all'arresto. Gli stessi capi di imputazione erano solitamente molto vaghi o chiaramente pretestuosi. Di molti desaparecidos non si seppe effettivamente mai nulla. Di molti si venne a sapere che erano stati detenuti in campi di concentramento, torturati e infine assassinati segretamente.

La "sparizione forzata" è un fenomeno che si è verificato anche in altri paesi e in altri momenti storici. È stata riconosciuta come crimine contro l'umanità dall'articolo 7 dello Statuto di Roma del 17 luglio 1998 per la costituzione del Tribunale Penale Internazionale e dalla risoluzione delle Nazioni Unite numero 47/133 del 18 dicembre 1992.
Si ritiene che fra il 1976 e il 1983 in Argentina, sotto il regime militare, siano scomparsi fino a 30000 dissidenti o sospettati tali (9000 accertati secondo i rapporti ufficiali del CONADEP [1]). Secondo alcune fonti (spesso testimonianze di militari coinvolti nell'operazione), molti di essi furono sedati e lanciati nel Rio de la Plata (oggi questi omicidi sono chiamati vuelos de la muerte, "voli della morte"). Altri furono detenuti in campi di concentramento; un campo molto celebre fu la scuola di addestramento della Marina Militare ESMA, a Buenos Aires. Altri ancora venivano imbarcati su degli aerei militari e in seguito gettati nell'Atlantico col ventre squarciato da una coltellata affinché i loro corpi non tornassero poi a galla. Altro episodio tristemente famoso quello che ha avuto il suo culmine nel settembre 1976, chiamato Notte delle matite spezzate, durante il quale studenti liceali, 16-17enni, che avevano dimostrato nelle strade in protesta per l'abolizione del Tesserino Studentesco che consentiva sconti sui libri di testo e sui trasporti, furono sequestrati, sottoposti ad indicibili torture e, per la maggior parte, uccisi.

Molte donne partorirono mentre erano detenute; molte di esse furono uccise, e i loro figli furono illegalmente affidati in adozione a famiglie di militari o poliziotti. Dalla restaurazione della democrazia nel 1983, le istituzioni argentine si sono a lungo adoperate per ritrovare questi bambini e restituirli alle loro famiglie. Le indagini fatte in questo senso sono state fondamentali per scoprire molte delle atrocità commesse dal regime militare. Inoltre, tali indagini consentirono la condanna di ex funzionari del regime che, per i reati strettamente politici, erano stati prosciolti o amnistiati sulla base del loro obbligo di obbedire agli ordini all'epoca dei fatti (cosiddetta legge della "obbedienza dovuta").

Tuttavia, dopo le prime sentenze di condanna contro ufficiali dell'esercito, emesse sotto la presidenza Alfonsin, le successive pressioni degli ambienti militari hanno fatto sì che vi fossero numerose amnistie e, di fatto, un colpo di spugna sul periodo della dittatura.

2007-03-23 06:39:34 · answer #6 · answered by La fata delle risposte 6 · 0 1

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