In questo momento il nostro pensiero non può non andare al professionista della carta stampata in mano ai Talebani. Ci stringiamo intorno alla sua famiglia e ci auguriamo che venga fatto tutto il possibile perchè la vicenda possa concludersi in maniera felice.
Tuttavia, proprio in omaggio a quella ricerca della verità che porta uomini come Mastrogiacomo a rischiare la vita se necessario, non possiamo esimerci da un rigoroso approfondimento della questione.
Lungi da noi qualunque propensione al cinismo o alla superficialità , animati come siamo da uno spirito di giornalismo militante che costituisce forse la nostra segreta aspirazione (me l’ha detto Swampthing).
Ebbene, non avendo esperienza del campo su cui il dramma si sta consumando come i generali che ci sono stati per rimpinguare “buonuscita” e pensione, non avendo i titoli di Andrea Marcelletti profondo conoscitore, come Bruno Vespa, degli strumenti di Satana sulla terra (iracheni, iraniani, siriani, sciiti, sunniti, alqaidisti, binladisti, ezbollisti, komeinisti, castristi, comunisti, maomettani, talebani e cossuttiani) la nostra non può che essere un’analisi dietrologica.
La quale, fondandosi unicamente su dati di pensiero, è ipotetica e prospetta spiegazioni differenti il cui “screening” sarà possibile solo a disponibilità dei fatti nella loro evidenza sensibile. Riteniamo dunque plausibili tre spiegazioni, che si escludono a vicenda e che nell’ordine sono:
1) Mastrogiacomo è stato rapito dai talebani secondo un disegno maturato localmente, “talebanico”, potremmo dire. Questa è la soluzione del problema che i matematici definirebbero “banale”. Gli ingredienti potrebbero esserci tutti, dall’oppio ai signori della guerra, dai pakistani ai conflitti etnici e religiosi: Mastrogiacomo è vittima “casuale”; lui o un altro, francese o inglese avrebbe fatto lo stesso, per i talebani.
2) Mastrogiacomo è stato rapito dai talebani secondo un disegno maturato in Italia. Questa ipotesi, fortemente propugnata dalla Destra con personaggi del calibro di Gustavo Selva (Destra fascista), Margherita Boniver (Destra craxista) e Bruno Vespa (Destra centrista), individua in Massimo D’Alema l’abile stratega di tutta l’operazione. La finalità è chiara: invalidare sul campo la nostra presenza in Afghanistan, disinnescando la mina vagante del pronunciamento parlamentare su cui le cose sono andate già male una volta. Gli elementi a sostegno di questa tesi sono:
a) Mastrogiacomo è giornalista di Repubblica, che, notoriamente, è un quotidiano di sinistra. I talebani, se sono degli irredentisti, cioè partigiani della Resistenza locale, devono essere di sinistra. Ma se rapiscono un giornalista di sinistra, vuol dire che sono delinquenti al soldo dei signori della guerra e del narcotraffico. Che sono beghe dell’Afghanistan. Con cui noi non c’entriamo. E’ come se la Francia volesse intervenire in Italia per ripulirci dalla camorra. A noi ci farebbero un piacere, ma i francesi non la penserebbero allo stesso modo. Dunque via dall’Afghanistan.
b) D’Alema è notoriamente un levantino. Nasce a Gallipoli, sede nel passato di un fiorente insediamento saraceno. Non è escluso pertanto che vanti rapporti molto stretti con il Vicino Oriente, in forza di una sorta di consanguineità che gli apre le porte a contatti e rapporti impensabili per altri esponenti del mondo politico
3) Mastrogiacomo è stato rapito dai talebani secondo un disegno identico nella logica a quello del punto precedente, però ordito da Turigliatto. Che non è, come si potrebbe pensare, un abitante della terra. Si tratterebbe in realtà di un clone: già nel nome, manipolato per ricordare il Migliore, Togliatti. La sua origine? Marte, “rosso pianeta bolscevico e traditor”.
2007-03-18 08:38:50
·
answer #6
·
answered by ›>♥|Th€ DûĊk|♥<‹ 4
·
0⤊
1⤋