Concetti che vanno bene per dei parametri adeguati alla nostra vita quotidiana, a misura d'uomo se vogliamo, ma non altrettanto quando il nostro campo d'osservazione si sposta allo spazio cosmico. In esso infatti entra in gioco la velocità della luce, un valore ben più grande di quelli con cui siamo abituati a convivere, la cui quantificazione ha posto peraltro il problema di riposizionare ogni punto di riferimento fisico rispetto al passato.
Infatti, se prendiamo il caso di un marinaio che cammini lungo il ponte di una nave a 5 km all'ora, dalla terraferma lo vedremmo muoversi secondo due diverse velocità, a seconda del riferimento usato. Una di 5 km/h riferita alla nave, e l'altra di 5 km/h più quella propria del battello, se useremo la Terra come punto di riferimento. E fin quì tutto a posto con il sistema galileano. Il problema nasce se la velocità con cui si muova il nostro ipotetico viaggiatore sia pari a quella della luce. In questo caso non lo vedremmo più spostarsi ad una velocità pari alla somma delle due, come ci potremmo aspettare, bensì sempre a quella stessa della luce.
La stessa cosa riguarda la luce solare che ci giunge sempre nello stesso tempo, sia che la Terra si stia avvicinando al Sole, ed in questo caso dovremmo osservarne una maggiore perchè il nostro pianeta andrebbe incontro ad essa, sia che la Terra se ne stia allontanando, ed in questo caso ne dovremmo avere una minore perchè i raggi solari sarebbero costretti a rincorrere la Terra.
E' questa una caratteristica della luce, da cui si ricava che la sua velocità, la massima attualmente conosciuta, non risponde alle regole del sistema galileano ed è perciò uguale per ogni punto di riferimento a prescindere dallo spazio e dal tempo.
2007-03-18 11:27:08
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answer #5
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answered by Irene N 5
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Evoluzione della teoria della relatività :
Gli antichi Greci cominciarono a interrogarsi sulla natura, sul suo ordine (cosmo) e sulla possibilità dell'esistenza di princìpi e leggi di natura. Quasi tutti i filosofi dell'antichità si occuparono di questioni che almeno in parte sono inerenti a quella che oggi chiamiamo fisica, parola che non a caso ha origine greca e che sta a rappresentare "le cose della natura": possiamo citare Eraclito, Parmenide e Zenone, nonché Leucippo, Democrito, Platone ed Aristotele. Leggiamo nella Fisica di Aristotele quelle che si potrebbero considerare come le prime teorie (in senso moderno) sul moto; benché egli non sia certo un precursore del principio d'inerzia, possiamo già riconoscere, all'interno dei suoi scritti, alcune tematiche a tutt'oggi attuali. Alcuni studiosi vi hanno riscontrato intuizioni relativistiche.
La scienza moderna comincia con l'assunto fondamentale, dovuto a Galileo, che le leggi della fisica abbiano la stessa forma rispetto a qualunque sistema di riferimento si adotti nel quale valga la legge di inerzia: questo assunto venne definito nel 1609, è oggi chiamato "principio di relatività galileiano", ed è tuttora valido nella meccanica classica o newtoniana. Esso si basa sulla grande intuizione di Galileo della composizione dei moti e quindi della legge di somma delle velocità : in brevi parole, se due osservatori sono in moto relativo tra loro e ognuno di loro si sposta con uniformità , in modo che la velocità relativa sia costante, misureranno spazi differenti rispetto allo stesso evento, ma la "forma" delle loro osservazioni ha la stessa veste algebrica. Nulla tuttavia si dice sui tempi.
Il concetto che il tempo sia legato al sistema di riferimento è il contributo proprio ed originale di Einstein. Infatti, quando Newton, leggendo e studiando con accuratezza sia il Dialogo sopra i Massimi Sistemi, sia i Discorsi sopra una Nuova Scienza, interpretò le intuizioni originali presenti a livello geometrico negli scritti di Galileo, le assimilò e le fece proprie, originando così la forma matematica e fisica della Meccanica, si trovò di fronte al principio di relatività e gli divenne manifesto che la sua adozione implicasse in modo necessario un riferimento in cui la prima legge della Dinamica (la legge di inerzia di Galileo) dovesse avere piena validità . Il vero problema tuttavia era e rimane dove collocare tale sistema di riferimento: risolse il dilemma asserendo che tutti gli spazi relativi si riferissero ad uno spazio assoluto, il solo esistente invariato e immutabile, e che l'immutabilità dello spazio assoluto fosse nient'altro che l'espressione dell'esistenza di un tempo assoluto, che scorre uniformemente, pervadendo tutto lo spazio assoluto.
La soluzione di Newton fu brillante e diventò un paradigma destinato a durare per secoli. Già Galileo, tuttavia, con i suoi tentativi di misurare la velocità della luce su base terrestre, esprimeva dubbi non risolti per l'epoca su come si dovesse intendere il principio di relatività e quindi il principio di inerzia ad esso strettamente correlato. Questi dubbi rimasero sopiti, offuscati dal fulgore del grande successo della Meccanica Newtoniana, fino al 1905.
Con l'avvento delle equazioni di Maxwell, delle trasformazioni di Lorentz e infine della teoria della relatività di Einstein viene meno il concetto, fino ad allora dato per scontato, di tempo assoluto. La teoria parte dall'assunto che se la velocità della luce è una costante allora il tempo e lo spazio sono delle variabili. Il tempo e lo spazio sono legati insieme a formare quello che viene chiamato spaziotempo.
Quando ci si muove rispetto ad un sistema di riferimento il tempo rallenta e la massa aumenta in maniera crescente man mano che ci si avvicina alla velocità della luce. Da qui è facile dedurre il motivo per cui la teoria della relatività ristretta dice che non è possibile superare, o anche solo raggiungere, la velocità della luce, il tempo si fermerebbe e la massa diventerebbe infinita, in sostanza un assurdo!
Si dice teoria della relatività non perché sia una semplice teoria ancora da confermare, ma semplicemente perché questo è il nome dato alla sua nascita e da allora non è mai stato modificato. Anche se sappiamo già che, in nuce, contiene i suoi limiti in quanto considera continui la materia e lo spaziotempo e tralascia la meccanica quantistica, resta una delle teorie più precise mai verificate sperimentalmente.
Teoria galileiana:
Nata con la fisica classica, dal punto di vista matematico è rappresentata da un sistema di equazioni che lega le coordinate di un sistema di riferimento con quelle di un secondo sistema di riferimento che si muove con velocità costante v rispetto ad esso. Le trasformazioni classiche consistono in: relatività galileiana, relatività di Galileo-Newton e trasformazioni di Galileo.
Due osservatori, che devono poter comunicare fra di loro, determinano due diverse posizioni per il medesimo oggetto mobile che si trova in una data posizione. I due osservatori OI e OII che studiano il moto di un medesimo punto P, determinano contemporaneamente la posizione di P e dell'altro osservatore, PI (distanza tra osservatore OI e il punto P) e PI-II (distanza tra OI e OII) per OI e PII (distanza tra OII e il punto P) e PII-I (distanza tra i due osservatori) per OII. Poiché lo spazio si considera euclideo, essi sanno che
PI â II = â PII â I
La relazione fra le due misure si trova facilmente:
PI = PII + PI â II
oppure
PII = PI + PII â I
E quindi entrambi utilizzando le proprie misure sono in grado di calcolare cosa ha misurato l'altro. Può anche bastare che uno dei due osservatori effettui le misure e le trasmetta all'altro per i calcoli. Se gli osservatori determinano la posizione P in istanti diversi di una successione temporale allora sono in grado di determinare il vettore posizione di P in funzione del tempo basandosi sulla seguente relazione
PI(t) = PII(t) + PI â II(t)
Le stesse osservazioni effettuate sul piano si possono riproporre nello spazio.
Per poter correlare le due determinazioni queste devono essere eseguite nel medesimo istante. I due osservatori si devono quindi scambiare un segnale per accordarsi su quando fare la misura e il segnale deve propagarsi istantaneamente (cioè con velocità infinita). Al contrario, se il segnale si deve trasmettere con velocità finita e nota, i due osservatori prima di allontanarsi l'uno dall'altro, per andare ad eseguire le rispettive misure, possono sincronizzare i loro orologi, ma allora si deve supporre che il movimento degli orologi non alteri il sincronismo, né il passo degli orologi stessi (si sta ipotizzando che gli orologi siano della medesima fattura), cosa che si può verificare scambiando dei segnali, ma si ottiene ancora una misura "non corretta", cioè in contraddizione col concetto di tempo assoluto.
Galileo aveva chiaro il problema, tanto è vero che fece appunto il tentativo di misurare la velocità della luce, solo che si basò su una distanza terrestre di circa 30 chilometri, la distanza tra due colline in Toscana, da una delle quali egli con un assistente sull'altra collina, avrebbero dovuto misurare il tempo di propagazione della luce di una lanterna, prima coperta con un panno e poi scoperta brevemente, con il battito del proprio polso; in queste condizioni non riuscì neppure a sentire due battiti del proprio polso che la luce era già arrivata, dal che Galileo dedusse che la velocità fosse estremamente alta, ma in cuor suo era pronto a giurare che fosse finita. Si poteva quindi trascurare il tempo di propagazione del segnale.
Ciò consente l'effettuazione di misure sincrone. In questo consiste l'approssimazione della relatività di Galileo, validissima in situazioni comuni, nelle quali le velocità in gioco siano molto al di sotto della velocità della luce.
Le teorie galileiane, del tutto valide nel campo della meccanica, dinamica e cinematica, non hanno però validità in campi della fisica, come per esempio nell'elettromagnetismo, nei quali intervengono fenomeni e processi con velocità paragonabili alla velocità della luce: in queste situazioni diventa necessario, per misurare grandezze fisiche in altri sistemi inerziali diversi dal proprio, applicare le trasformazioni di Lorentz, scoperte da Einstein nel 1905. Inoltre sono corrette solo per velocità piccole rispetto alla velocità della luce, quando gli effetti relativistici di Einstein sono piccoli rispetto alle quantità in gioco.
Secondo il fisico Leonardo Ricci, la relatività galileiana era già nota prima della sua formulazione, almeno nei principi generali, legati alla relativitò dello spazio. A sostegno della sua ipotesi, Ricci porta niente meno che Dante. Nel canto XVII dell'Inferno, e precisamente nei versi 115-117, il Vate scrive:
"Ella sen va notando lenta lenta;
rota e discende, ma non me n'accorgo
se non che al viso e di sotto mi venta"
In un articolo pubblicato su Nature nel 2005, Ricci ci fa notare come Dante fosse ben consapevole della visione scientifica del mondo suo contemporaneo: senza di essa non avrebbe potuto scrivere la sua opera. Di passaggio, Ricci rileva che fu proprio Galileo, profondo conoscitore della Commedia, a fornire una prima stima del diametro del girone, in circa 60 km. Galilei si basò su due indicazioni precise (verso 9 del canto XXIX e ai versi 86-87 del canto XXX).
Aggiunge Ricci:
«Un fisico contemporaneo può dimostrare che, date queste dimensioni e qualunque sia la velocità , la forza fittizia centrifuga avvertita dal passeggero risulterebbe molto più piccola della forza superficiale dovuta al vento apparente: nessuna forza di questo genere è menzionata nella narrazione. Benché un simile ragionamento vada oltre quelle che erano le conoscenze fisiche del medioevo, Dante aveva tuttavia intuito come il suo moto fosse di fatto rettilineo: egli stesso ne indica la direzione, scomponendo il vettore che descrive il vento apparente nelle due componenti orizzontale ("al viso") e verticale ("di sotto")».
Critica della relatività galileiana:
Verso la fine del 1800 Ernst Mach e diversi altri, fra cui Hendrik Lorentz, si scontrarono con i limiti della relatività galileiana, non utilizzabile per i fenomeni elettromagnetici. Einstein si trovò quindi di fonte a due trasformazioni diverse: quelle di Galileo, valide in meccanica e quelle di Lorentz, valide per l’elettromagnetismo ma prive di un supporto teorico convincente. La situazione era molto insoddisfacente.
Relatività in Einstein
Con Albert Einstein, la teoria della relatività ebbe un ulteriore sviluppo e oggi si tende ad associare a tale teoria il nome del fisico tedesco, dimenticandosi, spesso, delle radici del problema. La sua teoria, comunque, si compone di due distinti modelli matematici, che passano sotto il nome di:
Relatività Ristretta
Relatività Generale
Relatività ristretta:
La relatività ristretta, chiamata anche relatività speciale fu la prima ad essere presentata da Einstein, con l'articolo "Zur Elektrodynamik bewegter Körper" (tr. "Elettrodinamica dei corpi in movimento") del 1905, per conciliare il principio di relatività galileiano con le equazioni delle onde elettromagnetiche.
Precedentemente, a tal fine, erano state proposte alcune teorie che si basavano sull'esistenza di un mezzo di propagazione delle onde elettromagnetiche, chiamato etere; tuttavia, nessun esperimento era riuscito a misurare la velocità di un corpo rispetto all'etere.
La teoria di Einstein scarta il concetto di etere, che oggi non viene più utilizzato dai fisici, anche se informalmente si parla ancora di etere per indicare lo spazio in cui si propagano le onde elettromagnetiche.
La relatività ristretta prende in esame ciò che accade quando gli osservatori si muovono l'uno rispetto all'altro ma non prende in considerazione gli effetti del campo gravitazionale che verranno invece introdotti nella teoria della relatività generale. Essa accetta il principio di Galileo secondo il quale non è possibile discernere se un osservatore è in moto rispetto ad un altro, se nel sistema di riferimento si prendono due osservatori, dato che lo spazio è omogeneo e isotropo. La teoria si basa su due assunti:
Le leggi della fisica sono le stesse per tutti gli osservatori in moto inerziale.
La velocità della luce nel vuoto è costante in ogni sistema di riferimento
Meglio di così non te la so spiegare .CIAOOOOOOOOOO
2007-03-18 06:18:22
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answer #9
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answered by Scorpio 3
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