Il termine 'crisi epilettica' descrive una varietà di sintomi neurologici dovuti a una scarica elettrica anomala, sincronizzata e prolungata di cellule nervose della corteccia o del tronco cerebrale. Il 5% di tutte le persone ha almeno una crisi epilettica durante la sua vita, ma non è considerato affetto da epilessia. La diagnosi di epilessia implica una tendenza a crisi epilettiche ripetute che si trova nello 0.5% della popolazione. Crisi epilettiche sono favorite da fattori che aumentano l'eccitabilità elettrica delle cellule nervose e abbassano la naturale soglia alla loro scarica spontanea: l'uso o la sospensione improvvisa di certi farmaci, droghe o alcool; febbre, deficit di sonno, alterazioni degli elettroliti, e infine fattori genetici e metabolici. Si parla di epilessia idiopatica o primaria quando la storia clinica e gli esami diagnostici non rivelano cause per crisi epilettiche ripetute. Mentre la maggior parte delle epilessie idiopatiche è infatti dovuta a fattori genetici e metabolici ancora sconosciuti e si manifesta in età infantile o adolescente, una grande parte delle epilessie secondarie si manifesta dopo i 40 anni. Cause di epilessie secondarie sono tumori e traumi cerebrali, ischemie o emorragie cerebrali, la trombosi dei seni cerebrali venosi, malformazioni vascolari, e malattie infiammatorie del cervello come vasculiti, meningiti, encefaliti o la sclerosi multipla.
Per la diagnosi di epilessia è necessaria un'accurata valutazione dei sintomi e della storia clinica, che deve possibilmente comprendere anche le osservazioni dettagliate da parte di terzi, in quanto l'alterazione o la perdita di coscienza spesso precludono una descrizione dei sintomi da parte del paziente stesso. L'elettroencefalogramma (EEG) rileva l'attività elettrica del cervello ed è un'analisi fondamentale nella diagnosi dell'epilessia, perché le alterazioni elettriche, spesso molto indicative, possono essere presenti anche in assenza dei sintomi. Al di fuori delle crisi epilettiche, però, le alterazioni elettriche possono mancare, pertanto un EEG normale registrato al di fuori di una crisi non esclude la diagnosi di epilessia. Altri esami diagnostici includono la risonanza magnetica o TAC cerebrale ed esami di laboratorio, e sono indicati per accertare o escludere cause specifiche.
In base alla sintomatologia clinica e al tracciato EEG delle crisi epilettiche si distinguono epilessie generalizzate (le scariche anomale iniziano contemporaneamente nei due emisferi cerebrali) ed epilessie parziali o focali (le scariche anomale iniziano in una determinata parte del cervello). Quando le scariche iniziano localmente per poi diffondersi a tutto il cervello si parla di epilessia secondariamente generalizzata. I più frequenti tipi di crisi epilettiche generalizzate e parziali sono:
Crisi di tipo tonico-clonico ("grande male"): sono crisi generalizzate che possono avere sintomi premonitori (aura: irritabilità, ansia, cefalea) e iniziano con perdita della coscienza, deviazione degli occhi in alto per poi continuare con contrazioni muscolari generalizzate e simmetriche (fase tonica), che in seguito sono interrotte da brevi rilassamenti della muscolatura (fase clonica). L'alternanza tra contrazione e rilassamento dà il tipico aspetto di scosse muscolari ritmiche ('convulsioni'), che verso la fine dell'attacco diminuiscono di frequenza. Le crisi durano in genere meno di un minuto e sono seguite da uno stato confusionale con stanchezza e dolore muscolare. Quest'ultimo è dovuto all'intensità delle contrazioni muscolari involontarie, che possono anche causare ferite (morso della lingua), traumi cranici o fratture ossee.
Crisi di assenza ("piccolo male"): sono crisi generalizzate e brevi (meno di 10 secondi) che si manifestano tipicamente in età infantile e scolastica. Sono caratterizzate da un improvviso arresto motorio con uno stato di coscienza apparentemente conservato. Tuttavia, durante le crisi di assenza, il bambino non è in grado di rispondere e in seguito non ricorda l'episodio. Possono essere accompagnate da contrazioni ritmiche della muscolatura mimica o più raramente da altri fenomeni di tipo tonico o atonico.
Crisi di tipo tonico, atonico o mioclonico: sono crisi generalizzate di breve durata, con o senza perdita della coscienza. Si verificano in bambini con sindromi epilettiche o durante malattie febbrili.
Crisi parziali semplici: sono crisi focali durante le quali coscienza e memoria sono conservate. I sintomi sono multiformi perché dipendono dalla localizzazione cerebrale delle scariche. Se queste avvengono nella corteccia motoria, i sintomi possono consistere nella rotazione della testa e degli occhi e in contrazioni muscolari da un lato del corpo. Altri sintomi sono la sensazione di formicolio o sensazioni di tipo visivo, uditivo o gustativo anomale. Quando sono coinvolti centri nervosi autonomi, i sintomi possono essere avvertiti come disagio nella regione addominale, pallore o sudorazione. Infine, i sintomi possono essere psichici con sensazioni anomale e improvvise di ansia, una percezione distorta della propria persona, dell'ambiente e del tempo, allucinazioni, o la percezione di aver già vissuta o mai vissuta una particolare situazione ("déjà vu", "jamais vu").
Crisi parziali complesse ('psicomotorie'): sono crisi focali con alterazione dello stato di coscienza, incapacità di comunicare ed eliminazione della memoria per il tempo della crisi. Come nelle crisi parziali semplici, i sintomi dipendono dalla localizzazione delle scariche, la quale - al contrario di quanto era suggerito in passato - non è limitata al lobo temporale. Iniziano con l'arresto improvviso dell'attività corrente e sono spesso caratterizzati da movimenti automatici ripetuti della bocca o gesti automatici delle mani, linguaggio automatico e alterato, movimenti oculari o comportamento anomalo.
Normalmente le crisi epilettiche si risolvono spontaneamente entro pochi minuti. Quando perdurano o quando si ripetono in modo ravvicinato si tratta di uno stato di male epilettico che rappresenta (soprattutto quando le crisi sono di tipo convulsivo) un'emergenza medica che richiede terapia immediata. Stati epilettici protratti possono essere letali perché possono portare a grave insufficienza respiratoria.
Oltre ad essere suddivise secondo il tipo di crisi, le epilessie vengono classificate in sindromi epilettiche, che raggruppano determinati tipi di crisi con altri aspetti clinici caratteristici. Le più importanti sindromi sono l'epilessia del lobo temporale, l'epilessia rolandica, le epilessie miocloniche dell'infanzia e dell'età giovanile, l'epilessia con assenze, la sindrome di West e la sindrome di Lennox-Gastaut.
La farmacoterapia dell'epilessia impiega farmaci antiepilettici, che con diversi meccanismi stabilizzano le proprietà elettriche della membrana delle cellule nervose, impedendo così le scariche elettriche spontanee. Si tratta perciò di una terapia sintomatica che non elimina la causa dell'epilessia. Tuttavia garantisce una vita normale a molti pazienti che altrimenti sarebbero gravemente limitati o minacciati da frequenti crisi epilettiche. La terapia deve tenere conto della situazione e delle esigenze individuali del paziente e va indicata con cura, perché è prolungata e con effetti collaterali potenzialmente gravi, che possono comunque essere minimizzati nella maggior parte dei casi. In particolare, deve essere probabile o sicura la diagnosi di epilessia, e deve essere probabile che le crisi epilettiche si ripetano nel futuro. La terapia, perciò, non si inizia dopo una prima e singola crisi epilettica o senza che sia accertata una causa dell'epilessia che renda probabile crisi ripetute. Vanno inoltre considerate la frequenza delle crisi e la loro gravità clinica, relazionandole alla situazione personale e professionale del singolo paziente. Infine, è necessario eliminare fattori di rischio evitabili come il deficit di sonno o l'abuso di alcool. La scelta del farmaco deve considerare il tipo di crisi e la sindrome epilettica, la durata della terapia e i possibili effetti collaterali sempre rispetto alla situazione del singolo paziente. È importante iniziare con un dosaggio basso che va gradualmente aumentato per trovare la minima dose sufficiente a controllare le crisi.
I classici farmaci antiepilettici sono valproato e carbamazepina (che sono spesso i farmaci di prima scelta), fenitoina e fenobarbital. Da pochi anni è disponibile una serie di farmaci di nuova generazione (felbamato, gabapentin, lamotrigina, levetiracetam, oxcarbazepina, tiagabina, topiramato, vigabatrin) usati per indicazioni particolari o per aumentare l'efficacia della terapia quando la monoterapia con un antiepilettico classico non riesce a sopprimere le crisi epilettiche. Studi clinici recenti indicano che gabapentin, lamotrigina e oxcarbazepina possono essere usati anche in monoterapia, mentre felbamato e vigabatrin comportano il rischio di effetti collaterali così seri da restringerne l'uso ad epilessie resistenti ad altri farmaci e indicazioni pediatriche particolari. L'uso di etosuccimide è ristretto alle crisi di assenza. Per la terapia acuta di una crisi epilettica sono disponibili diazepam, lorazepam, clonazepam e fenitoina per via endovenosa o rettale. Farmaci antiepilettici possono interagire tra di loro e con altri farmaci con possibile variazione della loro efficacia e tossicità. Per adeguare il dosaggio dei farmaci e controllare la regolare assunzione è perciò utile il monitoraggio delle concentrazioni plasmatiche che è possibile per i farmaci maggiormente usati. Il monitoraggio plasmatico tuttavia è uno strumento ausiliare, è più importante il giudizio clinico che paragona l'efficacia del farmaco verso i potenziali effetti collaterali.
La durata della terapia antiepilettica dipende dal tipo, dalla causa e dalla evoluzione spontanea dell'epilessia. Generalmente si propone una graduale riduzione dei farmaci quando per 2-5 anni non si sono più verificate crisi epilettiche e quando sono assenti o minime le alterazioni dell'EEG. Nel 80% dei casi le crisi riappaiono entro 6 mesi dopo la sospensione dei farmaci con la conseguente necessità di riprendere la terapia. La prognosi è migliore quando le crisi sono infrequenti e controllate con basse dosi di un farmaco.
Poiché l'epilessia interessa in molti casi l'età riproduttiva, la gravidanza pone questioni particolari per la farmacoterapia, in quanto nessuno dei farmaci è privo di rischio malformativo (teratogeno) per il feto. Il rischio teratogeno è da confrontare col rischio che possono comportare le crisi epilettiche per traumi o ischemia del feto o per l'induzione di aborti spontanei. In casi di crisi infrequenti si può tentare la sospensione dei farmaci fino al quarto mese di gravidanza, dopodiché il rischio teratogeno diminuisce molto e la farmacoterapia può essere ripresa. Con crisi più frequenti è desiderabile una monoterapia al più basso dosaggio possibile. In ogni caso vanno evitati valproato e topiramato e va usata cautela generale con i farmaci di nuova generazione in quanto manca ancora un'esperienza sufficiente riguardo al loro potenziale teratogeno. La gravidanza stessa non influisce in modo significativo sul corso dell'epilessia, può comunque influire sul metabolismo dei farmaci antiepilettici e richiedere un nuovo dosaggio. Farmaci antiepilettici sono infine in grado di abbassare l'efficacia dei contraccettivi orali col rischio di una gravidanza inosservata durante le prime fasi in cui l'embrione è particolarmente suscettibile all'azione teratogena dei farmaci.
Circa il 20% delle epilessie non è sufficientemente controllato nonostante l'impiego di farmaci multipli a dosaggi sufficienti. In questo caso si propone la terapia chirurgica che asporta la regione cerebrale (nella maggior parte dei casi il lobo temporale medio) in cui originano le crisi epilettiche. È perciò necessario che questa regione sia ben identificabile come origine delle crisi epilettiche e che la sua rimozione non comporti deficit neurologici gravi. La terapia chirurgica è di successo nel 70-90% dei casi operati e spesso porta a una guarigione completa. Richiede comunque particolare esperienza sia nella fase diagnostica sia in quella chirurgica ed è riservata a centri specializzati.
La stimolazione del nervo vago è un approccio terapeutico recente che è indicato in casi di epilessia farmacoresistente in cui la terapia chirurgica sia non possibile o controindicata. La sua efficacia è inferiore a quella della terapia chirurgica ma è stata dimostrata in una serie di studi clinici. Richiede l'impianto di un elettrostimolatore che viene collegato con il nervo vago sinistro il quale trasporta le afferenze sensorie dai visceri al cervello. Per un meccanismo ancora sconosciuto la modulazione terapeutica della sua attività elettrica influenza l'attività elettrica cerebrale in modo da rendere il cervello meno suscettibile alla formazione di focolai epilettici. Come la terapia chirurgica, la stimolazione del nervo vagale richiede l'assistenza da parte di centri specializzati.
Le principali attività della ricerca sull'epilessia sono concentrate sulla scoperta di farmaci ancora più efficaci e sempre meglio tollerati anche con il mezzo di modelli sperimentali sempre più raffinati. Inoltre, verranno provati nuovi protocolli di elettrostimolazione e l'applicazione di farmaci antiepilettici tramite sonde intracerebrali che rilasciano il farmaco solo nella regione in cui originano le crisi epilettiche. In tal modo si potrebbe raggiungere un effetto specifico evitando gli effetti collaterali del farmaco sul tessuto cerebrale sano.
2007-03-04 02:23:43
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answer #1
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answered by Anonymous
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A parte le risposte scientifiche e quelle poco... serie (scusatemi) la mia esperienza ti puo' dire che e' uno stato chimico non ottimale del cervello che puo' provocare come dei corti circuiti, ma e' una malattia che si puo' sia curare che tenere sotto controllo senza avere problemi (almeno per la maggior parte dei casi). I sintomi che si avvertono non ci sono ma personalmente ricordo di aver sentito la testa come se fosse metallica e poi nulla piu'.
Questo che ti ho detto, mi e' stato detto dall'ultimo dei neurologi che mi ha visto e che, ti assicuro, mi ha rassicurato, facendomi sentire completamente OK senza menomazioni ecc. L'unica cosa che purtroppo non posso fare a meno e' una e dico una pasticca tutti i gironi finche' morte non mi separa.
Un bacio a te da una persona completamente felice e serena
2007-03-04 06:27:52
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answer #2
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answered by lavandainfiore 3
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L'epilessia e provocata da un ipereccitabilità dei neuroni che provoca poi delle dele crisi epilettiche.
Possono essere di diversi tipi, (Parziali, Generalizzate, Tonico-Clonico).
Non sempre si avvertono sintomi, ci sono pazienti che avvertono la crisi (Aura Epilettica), altri pazienti che non avvertono nulla e che vengono colto improvvisamente da quest'ultima.
Dopo l'aura epilettica puo arrivare la crisi generalizzata oppure tutto puo passare. In certi pazienti subentra l'amnesia anche (che non si ricorda dell'accaduto).
2007-03-04 02:42:25
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answer #3
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answered by OSensei 7
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Se soffri di iperidrosi ti onsiglio di provare questo http://MiracoloPerIperidrosi.latis.info/?HlJM
Molte persone soffrono di iperidrosi, ma non sanno che è un problema diffuso e sono in imbarazzo a parlarne con il medico. Eppure, e lo dico per esperienza personale, si tratta di un disturbo serio che spesso causa notevoli problemi, anche di natura psicologica, e rende difficili i rapporti sociali.
2017-02-07 12:19:50
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answer #4
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answered by Anonymous
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E' possibli curare ansia e panico grazie a questo semplice sistema http://SconfiggiAnsia.givitry.info/?gl8S
Chi ha sperimentato l’ansia e gli attacchi di panico, sa benissimo quanto è difficile imparare a gestirli.
2017-02-07 11:57:51
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answer #5
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answered by ? 4
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Un'ottimo elettrostimolatore che ho comprato recentemente su Amazon è il BEURER EM 41. 7,62 cm 1. Adatto per Terapia del dolore (TENS). Stimolazione muscolare (EMS). Relax e massaggio.
Alcune caratterisithce del prodotto:
Il Beurer TENS EMS Massager EM 41 ha un totale di 50 programmi (20 TENS / EMS 20/10 di massaggio), tutti con livelli di intensità regolabili individualmente.
10 dei programmi TENS e 10 dei programmi EMS possono essere regolati individualmente - è possibile modificare / personalizzare la frequenza degli impulsi, durata dell'impulso e la durata del trattamento.
Io mi sono trovato bene e lo consiglio. Questa la scheda su Amazon: http://j.mp/1EGizMX
2014-11-13 02:43:46
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answer #6
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answered by SEARLE 1
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è una malattia che ha diverse manifestazioni e per diverso tempo comunque è simile a uno svenimento anche se è diverso
2007-03-04 02:24:57
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answer #7
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answered by stefano 2
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E' una malattia del sistema nervoso, si manifesta con crisi convulsive e può portare alla perdita di coscienza.. un di anni fà ho salvato la testa ad un epilettico, è andato in crisi su un pulman hai presente il bordo di acciaio del gradino in fondo ho messo li il mio piede prima che l'epilettico in questione ci finisse con la tempia
2007-03-04 02:23:30
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answer #8
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answered by Andrea 7
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sindrome neurologica caratterizzata da alterazione dell’attività biolettrica del cervello, che si manifesta con "crisi" di aspetto clinico diverso - sensitive, psichiche, neurovegetative, motorie - e insorgenza improvvisa, con spiccata tendenza a ripetersi (una sola crisi, quindi, non significa automaticamente epilessia). Tali crisi dipendono da una improvvisa e incontrollata iperattività elettrica delle cellule cerebrali, dalla quale origina una "scarica" elettrica. La scarica può restare confinata a un gruppo di cellule del cervello, oppure interessare inizialmente solo un gruppo e successivamente diffondere all'insieme delle altre cellule, oppure interessare fin dall'inizio e nello stesso tempo tutte le cellule del cervello. Nel primo caso (crisi focale o parziale) le manifestazioni cliniche sono diverse a seconda della zona cerebrale interessata dalla scarica abnorme (irrigidimento, scosse, allucinazioni, amaurosi transitoria, sensazioni di gusto e odori strani ecc.). Nel secondo caso, vi sono inizialmente manifestazioni come quelle ora descritte, cui seguono manifestazioni generali motorie e perdita di coscienza (crisi parziale secondariamente generalizzata). Nel terzo caso, infine, si ha fin dal principio una sintomatologia generalizzata con manifestazioni motorie e completa perdita di coscienza (crisi tonico-clonica o convulsiva o crisi di Grande male), o senza manifestazioni motorie e con compromissione della coscienza (assenze, Piccolo male), o - ancora - con scosse localizzate prevalentemente agli arti superiori senza compromissione della coscienza (Piccolo male mioclonico). Al termine della crisi (se questa è durata meno di 30 minuti - 1 ora) le cellule riprendono il loro normale funzionamento e non residua alcun deficit. Va ricordato che in più occasioni possono verificarsi crisi cosiddette "occasionali" a seguito di danni cerebrali acuti tossici, dismetabolici, ipertensivi, traumatici, infettivi o vascolari che possono ripetersi anche a distanza ravvicinata di tempo: in questi casi - possibili sia nell'infanzia che nell'età adulta - non si può tuttavia parlare propriamente di epilessia, ma solo di crisi epilettiformi.
Le cause dell’epilessia
Le crisi epilettiche possono conseguire a una predisposizione genetica o a una lesione cerebrale. Le prime esordiscono spesso nell'infanzia, sono l'unico sintomo presente e tendono alla guarigione prima o nell'età adulta. Le seconde possono essere ascritte a una sofferenza cerebrale avvenuta prima, durante o dopo la nascita (malformazioni, "cicatrici", tumori cerebrali ecc.) e possono essere accompagnate da altri sintomi neurologici; la tendenza alla guarigione spontanea è funzione del danno cerebrale. Per quanto riguarda l’epilessìa cosiddetta temporale, molto frequente, oltre alla particolare vulnerabilità delle strutture temporo-rinencefaliche, bisogna considerare che anche durante il parto normale la compressione della testa del feto provoca ischemia a livello dell’ippocampo. Pure nei traumi cranici importanti è frequente la compromissione di questa zona. Al di là di queste cause, occorre in ogni caso una predisposizione all’abbassamento periodico della soglia convulsiva. Per quanto riguarda il problema dell’ereditarietà, solo per le famiglie in cui vi sono membri con epilessìa essenziale si può parlare di un lieve aumento del rischio di epilessia. Le epilessìe essenziali (Piccolo male puro, Piccolo male mioclonico, Grande male) hanno verosimilmente la stessa sede di scarica iniziale, cioè la formazione reticolare, il cosiddetto centrencefalo, che proietta in modo diffuso simmetrico sulla corteccia cerebrale. L’epilessìa parziale è sempre causata da una lesione (la cicatrice o il tumore sono elettricamente inattivi, mentre la ipereccitabilità è propria dei neuroni adiacenti). Esistono, poi, fattori che favoriscono l'insorgenza delle crisi epilettiche: l'abuso di bevande alcoliche, l'irregolarità del ritmo sonno-veglia, le intense stimolazioni sensoriali o quelle a ricco contenuto emozionale, stress emotivi, l'interruzione della terapia antiepilettica e via discorrendo.
Tipi e sindromi dell’epilessia
Per le crisi grande male, vedi grande male. Per le crisi piccolo male, vedi assenza. Queste ultime sono oggi comprese nella epilessìa generalizzata primaria, con predisposizione ereditaria, assenza di lesioni anatomiche dimostrabili, centrencefalica, con prognosi buona. A essa si contrappone l’epilessìa generalizzata secondaria, caratterizzata da crisi generalizzate dall’inizio, ma dovute a una cerebropatia con lesione anatomica (la sindrome di West, gravissima forma che colpisce nei primi mesi di vita, con il caratteristico spasmo in flessione, per curare la quale è molto importante la diagnosi precoce; la sindrome di Lennox-Gastaut; le epilessìe miocloniche progressive familiari; la dissinergia cerebellare progressiva o mioclonica di Hunt, con turbe cerebellari e crisi epilettiche di tipo mioclonico). Gli attacchi tonici del neonato sono caratterizzati da irrigidimento generalizzato e, pur essendo inclusi tra le epilessìe generalizzate primarie, sono dovuti a una lesione di natura emorragica, anossica o malformativa. Tra le crisi parziali si annoverano: le crisi somatomotorie jacksoniane, che si distinguono per la mancanza di perdita di coscienza; le crisi visive; le crisi di afasia motoria o sensoriale; le crisi toniche avversative, con deviazione coniugata degli occhi, della testa e del tronco, in genere verso il lato opposto all’emisfero sede della scarica; le crisi parziali complesse, o crisi del lobo temporale, le più frequenti crisi epilettiche in assoluto, dipendenti da lesioni delle strutture temporo-rinencefaliche profonde. Tipiche sono le pseudoassenze temporali, con breve arresto della coscienza, durante le quali il soggetto esegue atti automatici semplici, per esempio, il succhiare-masticare-deglutire (pantomima alimentare). Altre volte si tratta di allucinazioni visive complesse o di sensazioni spiacevoli, gastriche o intestinali (crisi viscerali), oppure di sensazioni affettive (crisi affettive); in altre ancora il soggetto si mette a camminare o a correre senza meta (fuga epilettica). Speciale crisi temporale è la crisi olfatto-gustativa. L’epilessìa temporale può evolvere verso un quadro demenziale e può essere caratterizzata da episodi psicotici.
La diagnosi può essere raggiunta con una accurata anamnesi familiare e fisiologica, la valutazione scrupolosa della manifestazione clinica e con l'ausilio di alcuni esami strumentali: elettroencefalogramma (EEG) basale e dopo stimolazioni particolari (luminosa, privazione di sonno ecc.), EEG dinamico, video-EEG, tomografia assiale computerizzata (TAC), risonanza magnetica nucleare (RMN).
La terapia
Scopo della terapia è quello di evitare le crisi o ridurne la frequenza, con l'uso di farmaci che diminuiscono l'ipereccitabilità delle cellule cerebrali. La dose efficace è variabilissima e deve essere ricercata per i singoli pazienti, sorvegliando gli eventuali effetti collaterali. La terapia richiede un lungo periodo di tempo (almeno 5 anni) e talora ottiene la guarigione, consentendo l'interruzione graduale della terapia: l'assunzione dei farmaci - infatti - non va mai sospesa bruscamente, né va effettuata al di fuori dello stretto controllo medico (solo dopo due o tre anni senza crisi, con regolarizzazione del tracciato elettroencefalografico, si può incominciare a diminuire lentamente i farmaci). Alcune forme di epilessia non guariscono e il loro trattamento va, in questi casi, proseguito per tutta la vita. Nell’ambito della terapia, i farmaci più importanti sono i barbiturici, gli idantoinici, la carbamazepina, l’acido valproico e le benzodiazepine (diazepam e clonazepam): per la loro trattazione si rimanda alle singole voci. Un cenno particolare merita l'epilessia in gravidanza. Il decorso di questa non viene sostanzialmente modificato dall'epilessia: non si registra, infatti, né un aumento di aborti spontanei, né di parti prematuri, né di complicazioni quali diabete ed eclampsia; inoltre, gli studi più recenti hanno confermato che la frequenza delle crisi rimane invariata in circa il 70-80% dei casi. La problematica maggiore si pone riguardo al rischio teratogeno dei farmaci antiepilettici: a tale proposito, è opportuno che le pazienti affette da epilessia si affidino a un centro specialistico per i provvedimenti del caso. Le puerpere in terapia con farmaci antiepilettici possono in linea di massima allattare i loro neonati; cautela va usata in caso di terapia con alte dosi di barbiturici, perché in questo caso possono verificarsi problemi quali eccessiva sonnolenza del neonato e ridotta suzione, reversibili con la sospensione dell'allattamento al seno. La terapia chirurgica, con asportazione del focolaio epilettogeno, è indicata solo per gravi e frequenti crisi parziali, resistenti a ogni terapia medica, ma può eliminare le crisi convulsive per un lungo periodo. Molto dipende dalla durata dell'epilessia prima dell'intervento: più precoce,emt si inteviene, maggiore sono le possibilità di guarigione. Dati recenti confermano che oltre il 60% dei soggetti trattati non è più andato incontro a recidive.
2007-03-04 03:45:39
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answer #9
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answered by colonnello60 3
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1 malattia del cervello che se vai in crisi epilettica tremi e t esce la bava dalla bokka...1 mio amico c'è andato davanti a me...che scena...
2007-03-04 02:25:03
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answer #10
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answered by ♣Salvox♣ 2
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