Un difficile ma comunque ben riuscito tentativo di mettere in immagini una parte della biografia di Roger Waters - inidscusso leader dei Pink Floyd e autore "in toto" del monumentale album del 1979.
Racconta la storia di Pink - bambino orfano di padre (caduto durante la seconda guerra mondiale) ed educato da mamma ed insegnanti secondo rigidi principi, tipici della middle class inglese.
Una volta cresciuto mette su una band, si sposa, conosce successo e ricchezza ma tutto questo - anziché donargli felicità, si unisce ai fantasmi di guerra e della mancanza della figura paterna per alimentare in lui un senso di solitudine e di emarginazione che si concretizza in un muro che – a seconda dei vari momenti – diventa confine insormontabile fra sé e il mondo ma anche difesa, protezione da questo.
E in questa tremenda ma anche dolce separazione la sua vita fluttua, vegeta improduttiva, e il musicista incorre nel blocco, nella crisi creativa, che lo porta a rivedere il passato, rappresentato dai film in bianco e nero di guerra – richiamo del padre morto, mentre nella vita reale – ricordiamolo – Waters ricorderà - nell’album Wish You Were Here – Syd Barrett, il genio creativo del gruppo all’inizio della carriera, il “pazzo diamante” che crollò di fronte al successo e alla macchina distruttrice dello show-business…
Fino a quando – stanco della sua immagine di perdente e spinto dalle droghe a cui lui (e per lui i suoi manager che lo vogliono sempre efficiente e “fico”) – egli si accorge che per superare (o almeno, non sentire) le voci che lo richiamano “a terra” – egli deve cambiare atteggiamento, deve “darsi una mossa” e sfogare il suo io sconfitto verso la gente che lo idolatra, lo acclama come un re, quella folla che ai suoi occhi è orami diventata una massa informe e anonima (tutti con la stessa faccia….) a cui lui deve il suo successo ma anche le sue paranoie…..
Il suo atteggiamento diventa eccessivo, parossistico: si trasforma in una specie di trascinatore di folle, di chiara matrice nazi-fascista, capo di una setta musicale che vuole, dall’alto di un palco, moralizzare il pubblico con atteggiamenti estremi: richiama i forni crematori, riflettori puntati su gay e drogati, “dipendesse da me, vi fucilerei tutti quanti….” (e qui il richiamo al famoso concerto di Montreal del 1976, ultimo della tournee di Animals, durante il quale Waters ammise di “percepire fra se ed il pubblico una specie di muro” che impediva la trasmissione di quel feeling fondamentale tra il musicista e l’ascoltatore. Waters in quell’occasione sputò per disprezzo addosso ad un fan che continuava a richiedere, ad ogni ripresa, sempre la stessa canzone, “Money”, il tormentone del gruppo!)
Fino a che, il crollo, fisico e psicologico, la depressione finale, e se stesso portato davanti ad un grottesco ed improbabile processo in cui la madre, il maestro, la ex-moglie ed il giudice stesso si riuniscono intorno a lui – inerte fantoccio gettato a terra dagli eventi – chi per accusarlo di menefreghismo e di apatia, chi per difenderlo (ancora il concetto del muro che divide e circonda….), fino al verdetto: una parziale assoluzione, ed una pena consistente nel ritornare “tra i tuoi simili”, solo perché si è riusciti, in un modo comunque sbagliato, ad “esternare le tue paure più profonde”: si abbatta il muro e si provi a ritornare a vivere, al ritmo di quella musica d’organetto che si sentiva all’inizio della storia, come a dire che la vita procede sempre e comunque e offre la possibilità di ricominciare, anche se ogni tanto non è difficile che accada di andare a sbattere il proprio cuore contro “il muro di qualche bast....”.
Pink Floyd - The Wall di Alan Parker, lo ripeto , rappresenta un tentativo – non riuscito al 100% ma comunque efficace – di rappresentare il difficile concetto del “doppio” che sta nelle scelte esistenziali di un individuo, in questo caso l’autore della storia, il grande Roger Waters, da me considerato un genio artistico del nostro secolo. Nel film si concretizza, con l’ausilio di immagini forti ed una musica unica, l’avventura umana ed artistica di un musicista che ha vissuto sulla sua pelle un successo planetario (si pensi alla fama dei Pink Floyd e dei loro dischi, i quali sono stati concepiti e realizzati per un buon 80% da lui) ma anche delle tragedie personali che lo hanno toccato nel profondo (la morte del padre, le contraddizioni dello show-business, la droga, il fallimento di un matrimonio, la perdita di un amico per pazzia…).
“The Wall” (il disco) è un lavoro senza pari, un’opera che non trova riscontro nella storiografia rock; il film ne cerca di visualizzare gli aspetti principali, ma non si può prescindere, nel giudicarlo, dalla biografia watersiana e del gruppo dei Pink Floyd, la cui carriera è efficacemente descritta anche senza che gli stessi vengano mai direttamente visualizzati (sparsi per il film ci sono dei riferimenti a dischi; ho sentito dire che in una scena di folla si intravede lo stesso Roger Waters, ma io personalmente non l’ho mai notato…)
Parlare e scrivere di The Wall per me è sempre un piacere, anche se sto facendo dell’altro; ti ringrazio quindi con la tua domanda per avermi dato un’ulteriore occasione.
Ciao.
2007-03-02 21:41:01
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answer #1
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answered by H.D. Chopper 6
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E' un capolavoro, che racconta la vita di Pink, dalla gioventù al delirio della maturità, circondato per ogni stadio della vita da muri di solitudine sempre più stretti: la madre, i professori, la moglie, il manager, i fans.
In questo si inasta parte della vita di R. Waters e del suo disagio dovuto alla morte del padre ad Anzio durante la seconda guerra mondiale. Ma è un capolavoro, il significato devi trovarlo da te.
Ora mi stacco da answer e mi è venuta voglia di guardarlo.
Baci
A u r a
2007-03-02 09:43:30
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answer #3
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answered by A U R A 4
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