English Deutsch Français Italiano Español Português 繁體中文 Bahasa Indonesia Tiếng Việt ภาษาไทย
Tutte le categorie
4

nel tempo sempre di Lincol! Perche' la vittoria del nord diede nuovo slancio alle industrie del nord????

2007-02-18 20:11:53 · 6 risposte · inviata da Brilly B 2 in Arte e cultura Storia

6 risposte

x lo stesso motivo x il quale chi vince "piglia tutto"

2007-02-18 20:17:15 · answer #1 · answered by re_wolver 6 · 1 2

(Si dice Lincoln, ti sei dimenticata la "n")
La principale causa di contrasto tra le regioni agricole meridionali e quelle industriali del Nord era l’istituto della schiavitù. Perno del sistema socio-economico sudista, che annoverava al suo interno oltre quattro milioni di schiavi neri impiegati nelle piantagioni di cotone, tabacco e canna da zucchero, la schiavitù non rispondeva invece alle esigenze produttive delle regioni settentrionali, interessate alla meccanizzazione del lavoro, ed era dunque avversata per ragioni non propriamente ideali quanto di interesse economico.
Dal punto di vista economico, la guerra incentivò la meccanizzazione della produzione e la concentrazione del capitale al Nord; inoltre, significò libertà per quasi quattro milioni di neri. Le radici culturali di tre secoli di schiavismo non poterono però essere estirpate definitivamente con le armi, e continuano a generare tensioni e problemi nella società americana anche oggi.

2007-02-18 20:29:42 · answer #2 · answered by elival64 6 · 1 0

E' opinione comune che i nordisti e Lincoln fecero la guerra contro il sud per abolire la schiavitù. Purtroppo non fu per questi nobili principi! Normalmente la storia americana di quel periodo é parziale: cioè noi tutti conosciamo solo la versione dei nordisti.
Ti consiglio di leggere VIA COL VENTO, "l' altra parte della medaglia", cioè la storia di quel periodo vista dai sudisti.
La scrittrice descrive nella seconda parte, la situazione economica del paese, e come i vincitori e i profittatori misero a terra il sud per rimpinguare le casse del nord. L' uguaglianza razziale è polvere negli occhi, ancor oggi!
Nessuna guerra é nata per nobili principi!

2007-02-18 20:25:22 · answer #3 · answered by cassandra doc 2 · 1 0

Vai qui www.cronologia.it

2007-02-19 03:11:24 · answer #4 · answered by Anonymous · 0 0

...fra le altre cose, la vittoria del Nord accelerò e incentivò l'unificazione di Nord e Sud in un unico mercato, cosa che avvantaggiò particolarmente (come avviene di norma in casi del genere) le industrie del nord.
Mi permetto di aggiungere un commento a una delle risposte lette in merito (spero che non sia scorretto): Via col Vento è un romanzo con molti pregi, di certo aiuta a "entrare nel clima" (come per tutti i romanzi storici ben fatti), ma da qui a dire che contiene l'unica versione "vera" dei fatti storici temo che ce ne passi un po'.
[Se interessa, c'è una discussione interessante e profonda sui meriti e limiti rispettivi di storia e letteratura nel terzo libro di Guerra e Pace di Tolstoi.]

2007-02-18 22:37:42 · answer #5 · answered by gualtierov2000 2 · 0 1

Nei primi decenni del XVI secolo, all’indomani della scoperta dell’America, i sempre più numerosi conquistadores cristiani che ripercorsero dalla Spagna la via delle caravelle di Colombo, non ebbero grosse difficoltà ad impossessarsi delle coste americane e dei territori che, fino al loro arrivo, formavano gli imperi azteco e inca, grazie anche all’arretratezza tecnica e militare degli indios d’America. Lo sfruttamento dei fertili terreni e delle ricche miniere d’oro e d’argento, dopo il depredamento delle ricchezze monumentali, fu subito praticato su larga scala. L’unico problema che si pose fu quello della manodopera: gli indios non reggevano alle fatiche del lavoro della terra così come era organizzato dai conquistatori europei, non riuscivano ad adeguarsi al lavoro forzato per l’estrazione dei metalli, la loro mortalità era elevata e le fughe numerose. Fu così che, già nel 1502, Spagna e Portogallo si accordarono per una soluzione: gli egemoni neri dell’Africa vennero indotti a dirottare sulle navi portoghesi dirette in America il secolare traffico di schiavi che una volta si dirigeva verso il Mediterraneo. I neri, fisiologicamente più forti, si adattarono al duro lavoro e trovarono in America un ambiente che, nonostante la durezza del regime schiavistico, ne favorì la riproduzione. Nell’America colonizzata, quindi, venne a crearsi un vero e proprio sistema feudale in cui una classe relativamente ristretta di bianchi (i creoli), entrata in possesso di diritti su terre e persone, dominava una massa di miseri e arretrati indios semiliberi e di schiavi neri e meticci.

La presenza nera in America divenne sempre più numerosa e il 1619 costituisce un utile punto di partenza storico come data del primo massiccio trasferimento di uomini di colore nelle terre colonizzate visto che, fino a quel punto, i neri erano deportati per svolgere lavori occasionali finiti i quali spesso venivano uccisi. Dopo il 1619 gli africani occidentali costituivano circa l’85% degli schiavi importati in America, ma non potevano certo considerarsi degli americani: erano costretti a svolgere i lavori più duri e non avevano, a livello umano, nessuna possibilità di comunicare con i loro padroni e con tutto il mondo bianco che li circondava. E’ da questa situazione che il nero ha dovuto ricercare la sua dimensione in America, attraverso una alternanza di conquiste e delusioni che hanno caratterizzato la sua esistenza nel Nuovo Mondo.



Nel Settecento il numero degli schiavi continuò ad aumentare fino a costituire, alla vigilia della Rivoluzione Americana, più del 30% della popolazione totale. Dalla Rivoluzione Americana (scoppiata per liberarsi dalla tirannia inglese) al 1793, anno in cui fu inventata la macchina per separare le fibre di cotone dai semi, si sviluppò negli Stati dell’estremo Sud e del South Carolina una notevole opposizione alla schiavitù e al commercio degli schiavi, tanto che il 24 ottobre 1774 il Congresso Continentale stabilì che dal 1 dicembre di quell’anno gli schiavi non potessero essere né importati, né acquistati. Purtroppo ciò che aveva stabilito il Congresso Continentale fu solo parzialmente rispettato e la situazione generale non cambiò in maniera determinante. Nel 1775 si costituisce la prima associazione antischiavista e durante gli anni successivi gli Stati del Rhode Island, del Connecticut e della Pennsylvania approvano leggi tendenti alla progressiva abolizione della schiavitù. Dal 1793, con la nascita e il progressivo sviluppo del cosiddetto Regno del Cotone, gli schiavi neri furono impiegati essenzialmente per i lavori nei campi e la tendenza all’abolizione della schiavitù negli Stati del Sud subì una inversione di tendenza vista la crescente necessità di manodopera.



Ai primi dell’Ottocento la Nuova Inghilterra poteva ormai competere con i paesi europei nella produzione e nel commercio di cotone, ma i neri versavano ancora nelle stesse condizioni e furono anche utilizzati nelle piantagioni di canna da zucchero nella Louisiana. Ci si trovò, in definitiva, in una situazione paradossale: spesso venivano approvate in vari Stati leggi contro la schiavitù, ma raramente erano applicate e nel XIX secolo anche i neri teoricamente liberi del Nord (circa 225.000 nel 1860) erano sottoposti a notevoli limitazioni.

L’Ottocento, comunque, fu il secolo nel quale i neri cominciarono ad organizzarsi in maniera più competitiva per combattere l’oppressione, tanto che le rivolte degli schiavi andarono aumentando notevolmente, causando spesso perdite economiche e di vite umane tra i bianchi. Un momento importante per gli schiavi fu la Guerra Civile scoppiata nel 1861 che oppose il Sud agricolo dove proliferava la schiavitù al Nord industriale. La vittoria dei nordisti portò alla emancipazione dei neri del Nord che ebbero una parte considerevole in quel successo: circa 186.000 soldati di colore presero parte a 198 fra battaglie e scaramucce, subendo la perdita di 68.000 unità tra morti e feriti. Il 1 gennaio 1863, in qualità di comandante in capo dell’Esercito e della Marina, Lincoln proclamò ufficialmente l’emancipazione degli schiavi e il 18 dicembre 1865 venne abolita la schiavitù in ogni parte degli Stati Uniti. Tra il 1869 e il 1877 due negri entrarono al Senato degli Stati Uniti e quattordici alla Camera e nel 1875 la Terza Legge sui diritti civili dispose che ogni persona entro i confini degli Stati Uniti aveva diritto ad «usufruire pienamente ed egualmente delle concessioni, agevolazioni e privilegi di alberghi, trasporti pubblici sia terrestri che marittimi, teatri ed altri luoghi di divertimento pubblico, sottoponendosi soltanto alle condizioni ed alle limitazioni stabilite dalla Legge, ed egualmente applicabili ai cittadini di ogni razza e colore, indipendentemente da precedente condizione di servitù».

Dopo qualche anno di tregua politica, la questione venne riaperta dal presidente Benjamin Harrison il quale, nel primo messaggio al Congresso (3 dicembre 1889), affermò chiaramente di non nutrire molte speranze che il Sud avrebbe potuto garantire alle persone di colore i diritti politici e civili. Fortunatamente i progetti politici di Harrison, grazie a forti opposizioni, non furono portati a termine e, al contrario, negli ultimi anni del XIX secolo si sviluppò una maggiore capacità di coesione tra bianchi e neri. Nonostante tutto, però, la popolazione di colore continuava in generale ad occupare una posizione marginale nel contesto sociale americano e per un negro era ancora molto difficile aspirare ad occupare un posto di rilievo nella società che, in una situazione di crescente industrializzazione, evitava di inserire i neri nelle fabbriche.

Le precarie condizioni economiche e le intimidazioni, le frodi, le violenze con le quali si impediva agli uomini di colore di votare, avevano provocato nel 1879 un esodo di negri dal Sud verso il Kansas e verso alcuni altri Stati, seguito da migrazioni negli anni successivi che non servirono, però, a trovare situazioni incoraggianti.



Ai primi del Novecento, quindi, la maggior parte dei contadini neri, a parte il bene prezioso della libertà, non erano nel Sud degli Stati Uniti in condizioni molto migliori di quelle in cui versavano ai tempi della schiavitù ed erano spesso sottoposti a veri e propri linciaggi. Dalla fine dell’Ottocento all’ingresso degli Stati Uniti nella Prima Guerra Mondiale due forze contrarie diedero forma alla vita nei negri. Una di queste forze, il consolidamento del fenomeno della privatizzazione dei diritti elettorali e della segregazione nel Sud, li spinse più in basso di quanto fossero mai stati; l’altra, la rivolta degli intellettuali neri appoggiati dai liberali del Nord, li trasse verso l’uguaglianza politica, culturale, economica e sociale. E’ in questo contesto che si ci avvicina al primo conflitto mondiale nel quale il contributo nero all’esercito americano fu rilevante e al termine del quale una parte della popolazione di colore cominciò ad inserirsi con maggiore profitto nelle maglie della civiltà bianca ed un’altra, che viveva ancora tra mille stenti, iniziò a ribellarsi in modo sempre più pressante.

Le speranze nere subirono un altro duro colpo con la grande crisi del 1929 dovuta al crollo della Borsa che fece perdere il lavoro prima degli altri alla gente di colore la quale dovette tirare avanti grazie a miseri sussidi per la disoccupazione. Solo nel 1935 cominciarono ad essere di nuovo offerti posti di lavoro anche ai neri ormai americanizzati, ma nel periodo che porta agli anni Quaranta i negri del Sud ancora non pronto avevano trovato una dimensione soddisfacente in terra statunitense ed il Bebop era ormai a far sentire la propria voce.



¨



Negli anni Quaranta l’espressione più attuale della tradizione musicale afro-americana era quella urbana, sviluppatasi nel contesto della vita dei negri nelle grandi città industriali. La figura del negro, intanto, era andata via modificandosi e, se la Prima Guerra Mondiale e la depressione avevano dato vita al negro moderno, il periodo a cavallo della Seconda Guerra Mondiale provocò un cambiamento ancor più radicale nella sua psiche. Ad esempio, la partecipazione delle «Unità Negre» delle forze armate americane alla Seconda Guerra Mondiale fu molto più cospicua rispetto alla prima e, soprattutto, il loro ruolo fu decisamente più rilevante, tanto che, in molti casi, furono schierate al fianco delle unità bianche. Le cifre ufficiali della NAACP[1], a tal proposito, parlano chiaro: nella Prima Guerra Mondiale c’erano 404.348 soldati e 1353 ufficiali negri, nell’ultima guerra i soldati furono circa 905.000 e gli ufficiali circa 8000. Si evince da tali cifre che, se il numero dei soldati era poco più che raddoppiato, quello degli ufficiali era aumentato di quasi sei volte, a testimonianza della crescente presenza di gente di colore in posti di particolare responsabilità. i negri stavano sviluppando sempre più il senso di partecipare alla società, e ciò non riguardò solo la borghesia come dimostrato dalla quasi canonizzazione di Dorie Miller (uno dei primi negri morti in guerra a Pearl Harbor) che coinvolse quasi tutti i neri della nazione.

Il mondo al di fuori dell’America si rivelò al popolo negro grazie al carattere spiccatamente internazionale che ebbe la Seconda Guerra Mondiale. Anche la musica non rimase insensibile all’evento e nacquero diversi blues sulla guerra interpretati da vecchi cantanti. Tra le comunità negre era molto popolare la canzone «Are you ready?» che esaltava l’eroismo dei negri in guerra e che, proprio nel titolo, contiene una espressione che cominciava ad essere sempre più usata tra i negri di quei tempi per significare «Sei pronto?» (ad entrare nell’America bianca), mentre l’espressione «non è pronto» acquisiva un significato spregiativo ed era adoperata da certe persone di colore autonominatisi guardiani delle convenzioni sociali bianche nei riguardi dei negri più volgari. Anche gli stipendi che i neri ottenevano lavorando nelle varie industrie belliche sparse nella nazione non erano da disprezzare e l’arsenale di New Jersey, in particolare, era considerato un luogo dove si poteva fare molto denaro.

Ma la accresciuta conoscenza e consapevolezza da parte dei negri del contesto sociale in cui vivevano, finì per alimentare un risentimento sempre meno controllabile nei riguardi delle ingiustizie sociali che continuavano ad essere imposte. In particolare i giovani tornati dalla guerra, dopo aver messo a repentaglio la vita per la nazione, dovevano scoprire di essere ancora considerati appartenenti ad una specie subumana in una America che li tollerava solo finché rimanevano al loro posto. Erano riusciti a guadagnare di più nelle attività connesse al tempo di guerra, ma al termine della stessa erano tornati nei ghetti della grandi città statunitensi.

Il malcontento e la rabbia sfociarono sempre più spesso in episodi di violenza razziale e, ripetendo un fenomeno già avvenuto durante e dopo la Prima Guerra Mondiale, rivolte sanguinose scoppiarono in tutti gli Stati Uniti. La più rilevante fu, probabilmente, la rivolta di Harlem avvenuta nel 1943, durante la quale i neri ruppero vetrine e finestre delle proprietà bianche della zona e minacciarono i poliziotti. Altre rivolte, come quella di Cicero (un sobborgo di Chicago), trassero origine dalla volontà di alcuni negri di acquistare delle case col loro denaro.

Intanto, come trent’anni prima, si verificarono grandi migrazioni verso il Nord, provocando analoghe rivolte a Detroit e Newark. Sorsero movimenti sociali che sfociarono nella formazione di organizzazioni per combattere le disuguaglianze come ai tempi della Prima Guerra Mondiale. Una delle più efficaci fu, nel 1941, il movimento March-on-Washington, i cui componenti minacciarono di marciare sulla capitale in caso di mancata inclusione nel Programma per la Difesa, provocando la firma da parte del presidente Roosvelt dell’ordine esecutivo che avrebbe dovuto impedire ai fornitori del governo di praticare la discriminazione. Lo stesso comitato che aveva dato vita al movimento March-on-Washington riuscì ad ottenere, successivamente, l’istituzione del Fair Employment Practices Committee, organo incaricato di garantire eque assunzioni.

L’aumentato tenore di vita dell’americano negro in quegli anni è testimoniato anche dalla maggiore percentuale dei negri che terminavano gli studi nelle scuole superiori e che riuscivano ad accedere al college, anche per merito delle provvidenze sull’istruzione contemplate dal «G.I.Bill», la legge per l’esercito. Nel Sud, per esempio, «nell’anno 1933-34, solo il 19% dei bambini negri in età da frequentare le scuole superiori le frequentava»[2], mentre solo sei anni dopo, nel 1940, la percentuale era salita al 35% (sempre nel Sud). Frazier rileva anche che, sempre nel 1940, «circa doppio rispetto alle città del Sud era il numero di negri delle città settentrionali che avevano ricevuto da uno a quattro anni di istruzione superiore».

In definitiva, negli anni della grande guerra e nel periodo immediatamente successivo si realizzarono nuovi attacchi all’ingiustizia sociale ed economica legalizzata. Il periodo di caos economico verificatosi durante la depressione degli anni Trenta era stato durissimo per i negri i quali, impegnati nella lotta per la sopravvivenza, avevano momentaneamente smarrito parte del loro slancio contro le ingiustizie sociali. Ma, attorno al 1945, la rabbia, la voglia di far valere i propri diritti, rafforzate dalla consapevolezza di essere diventati comunque determinanti nella vita americana, tornarono a farsi sentire, denunciando quel senso di oppressione che aveva ormai raggiunto livelli di irreversibilità.

2007-02-18 20:19:23 · answer #6 · answered by alicia 2 · 1 5

fedest.com, questions and answers