Da quello che dici tuo figlio non ha manie e fissazioni, scusami( perdona la franchezza) ma io penso che tu ti sia stancata di queste " manifestazioni" e vorresti che tutto si risolvesse al +presto.Visto che tutto nei week end è tranquillo è evidente che c'è qualcosa che non va x quanto riguarda la scuola, potrebbe aver paura di qualche insegnante, essere preso in giro da un compagno, o dai compagni o semplicemente vivere la scuola come un luogo negativo xchè si sente tranquillo solo a casa , nella sua famiglia. Nell'ultimo caso si potrebbe trattare di iperprotezione da parte tua , spesso i genitori mandano segnali inconsci poco rassicuranti riguardo al mondo, facendolo percepire come completamente ostile e minaccioso, e così trasmettono solo paura. Ho conosciuto un ragazzino così, era " vittima" inconsapevole della madre che avendo perso il primo figlio x una malattia rara, senza rendersene conto lo iperproteggeva. Anche lui telefonava da scuola x essere riportato a casa. A volte prima di uscire vomitava, a volte diceva di avere mal di pancia, a volte parlava di terribile mal di testa.
Lascia perdere il neuropsichiatra infantile, il trend inarrestabile da tempo è quello di risolvere tutto con gli psicofarmaci, il ragazzino è timido? bene diamogli la pillolina che risolverà una " malattia" inesistente.E' introverso? Deve essere estroverso xchè l'introversione nell'interpretazione comune è qualcosa di negativo
A questo proposito è illuminante quanto afferma lo psicologo Nicola Ghezzani:
La distinzione corrente fra introversione ed estroversione è, nella nostra cultura, gravemente compromessa dal pregiudizio.
In generale, dell'individuo introverso si dice che tende a ripiegarsi in se stesso, a interessarsi in modo "morboso" del proprio mondo interno, con distacco e chiusura nei confronti del mondo esterno e dei contatti sociali. Per contro, dell'estroverso si afferma che è un individuo con spiccati interessi verso l'ambiente esterno, tendenza a esprimersi e manifestarsi, e quindi facilità ad inserirsi nel contesto sociale.
Relativamente a introversione ed estroversione, dunque, si esprimono meri "giudizi di valore", pregiudizi gravemente penalizzanti nei confronti di quella caratteristica psichica che è l'introversione. Nel linguaggio quotidiano, la parola "introverso" evoca significati quali: chiuso, taciturno, insicuro, poco socievole, passivo; "estroverso" viceversa significati opposti, quali: aperto, comunicativo, spigliato, attivo, intraprendente. Per quanto si riconosca che molti introversi hanno una sensibilità e un'intelligenza fuori del comune, il loro modo di porsi, equivocato spesso come scostante e altezzoso, provoca reazioni di antipatia, mentre gli estroversi, eccezion fatta per quelli insopportabilmente narcisisti e invadenti, sono giudicati generalmente simpatici.
Si può immaginare che prezzo di dolore comporti questo facile e stolto pregiudizio quando vada a colpire dei bambini. I bambini introversi sono percentualmente minoritari rispetto agli estroversi (forse non più del 10%); ma ciò che, di fatto, li rende gravemente a rischio è che, essendo bambini e perciò ingenui e spontanei per natura, non possono nascondere ciò che essi sono, cosa che li rende più visibili e perciò più aggredibili rispetto agli adulti egualmente introversi.
I bambini introversi sono appartati e silenziosi, mentre la scolarizzazione, e non di rado le stesse famiglie, richiedono e impongono la relazione sociale continua e il valore assoluto della comunicatività. Sono sensibili e riflessivi, mentre il mondo scolare e quello sociale in genere "sponsorizzano" personalità competitive, orientate al successo, e dunque adattate ai valori di distinzione e di insensibilità propri della casta "dominante". Sono fantasiosi ("distratti"), quindi disadattati rispetto ad un mondo che esige pragmatismo e risultati rapidi ed efficaci. Non è artificioso dedurre da ciò che il bambino introverso sia oggetto di una vera e propria discriminazione quando non addirittura di una persecuzione
Il mondo, dunque, è degli estroversi, che fanno il buono e cattivo tempo, imponendo per di più il loro modo di essere come parametro della normalità. Gli introversi, che spesso hanno delle ricche potenzialità emozionali e intellettive, vivono in un cono d'ombra, defilati, frustrati. Fatalmente contagiati dal codice culturale prevalente, essi stessi finiscono per ritenersi inadeguati, meno capaci degli altri, gravati da tratti di carattere che, quando non patologici, giudicano comunque inadeguati. Ciò li induce a nutrire un sordo risentimento nei confronti della natura, responsabile di un carattere che crea solo problemi, associato spesso ad una rabbia più o meno consapevole nei confronti della società che li umilia e li emargina. Alcuni, come non bastassero le sollecitazioni esterne ad essere "normali", tendono ad adottare, per mimetizzarsi, dei moduli comportamentali estroversi. Nella misura in cui ci riescono, realizzano tutt'al più un "falso sé", una caricatura del loro vero essere.
La supremazia sociale dell'estroverso, con la conseguente emarginazione (e auto-emarginazione!) dell'introverso riflette, dunque, di una precisa gerarchia di valori. Si tratta tuttavia di una gerarchia di valori banale, appiattita sugli schemi sociali attualmente più in voga, che risentono dell'andamento di una società orientata ai valori di mercato. La "brillantezza", ossia la capacità di sapersi vendere; la "volontà comunicativa", cioè la deferenza verso l'atto di scambio; la "solidarietà", intesa come costrizione all'attivismo sociale; il "pragmatismo" e l'"utilitarismo", adeguati a realizzare l'uso insensibile dell'altro essere umano e dunque il perseguimento del mito conformistico del successo, sono i valori dominanti, più facilmente assimilabili da individui poco riflessivi piuttosto che da individui inclini alla sensibilità, al distacco intellettuale e all'intelligenza critica.
Occorre, dunque, modificare questa banale gerarchia di valori. Mi si chiede: in che modo? Rispondo: creando dei paradossi.
Il primo paradosso consiste nello svelare che l'introversione esiste in quanto esprime attitudini biologiche altamente specifiche, necessarie alla sopravvivenza della specie umana nel suo complesso, attitudini che hanno pertanto un valore oggettivo. In un certo senso, l'attitudine introversiva rappresenta l'ultima e più "moderna" sfida che la specie umana abbialanciato a se stessa, ad una specie che finora ha espresso il meglio di sé nel campo delle tecniche di dominio della natura.
Per contro, l'introverso si volge dentro di sé perché lì trova il suo ambiente elettivo: un mondo nel quale confrontare i prodotti della sua sensibilità e intelligenza agli oggetti presenti e dominanti nel mondo esterno. L'introverso ha dunque in modo eminente l'attitudine a trasformare la sua sensibilità e intelligenza in concetti culturali; quindi ad usare il "mondo ideale" costruito dentro di sé sia per valutare il mondo esterno (capacità critica), che per creare un mondo nuovo (anche solo "virtuale") qualora il mondo reale fosse insufficiente in qualche sua parte (capacità creativa).
Ho riscontrato oggettivamente quello che afferma Ghezzani proprio nel mondo della scuola ove la maggior parte dei colleghi hanno penalizzato ragazzini introversi
Cerca di capire xchè tuo figlio si comporta così, se vuoi aiutarlo devi " accettarlo", senza " etichettarlo" . Non so se tu gli hai mai detto che "ha delle manie", ( cosa a mio avviso inesatta xchè le manie sono ben altra cosa dai meccanismi di difesa che adopera x fuggire da qualcosa che lo spaventa) , se lo hai fatto, non farlo +.xchè a furia di ripetere qualcosa specie ai bambini +sensibili si finisce x convincerl che sono diversi e il rischio è che si sentano degli " anormali" e che la loro insicurezza aumenti. Aiutalo ad aprirsi, senza giudicare, a confidarti le sue insicurezze, rassicuralo dicendogli che anche tu hai avuto problemi e che pian piano sei riuscita a risolverli con l'aiuto dei tuoi genitori. Se riuscirai a farlo sentire a suo agio, molto probabilmente ti confiderà le sue paure e sostenendolo, rafforzerai la sua autostima, Quanto al suo odio x la parola sangue non si tratta di qualcosa di invalidante o che possa pregiudicare il suo futuro, non farne il problema primario. Può darsi che nel tempo la cosa si risolva.Quanti adulti non sopportano la vista del sangue? Quanti ragazzi abbandonano la facoltà di medicina xchè non reggono alla vista dei cadaveri? Non siamo dei cloni, i tratti della personalità sono diversi in ogni persona, il problema è che spesso ai tratti della personalità si da il nome di patologia con la conseguenza di minare le capacità intrinseche e di farne ( nel peggiore dei casi, escludendo ovviamente i disturbi mentali reali) dei farmaco-dipendenti.
Se vuoi puoi inviarmi una mail x descrivermi in maniera + dettagliata il tutto e ne possiamo discutere.
Un saluto.
2007-02-16 09:42:12
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answer #10
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answered by sun 7
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