Lo chiamarono così, molti, ma molti anni fa, i propagandisti dei farmaci (ora informatori medico-scientifici o similia). Era un ironica descrizione di quei bigliettini ripiegati, dove si vantavano miracolosi esiti terapeutici del farmaco: Allora non comparivano controindicazioni ed avvertenze, divenute in seguito obbligatorie. Solo descrizioni fantasmagoriche dei poteri taumaturgici.
Che bello! Ho notato che in due hanno fatto lo stesso copia-incolla da pagina web!
2007-01-29 07:43:41
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answer #1
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answered by Anonymous
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In linea di massima ha risposto esattamente Giusy: io ho fatto quel lavoro negli anni sessanta e tra noi il foglietto informativo era così chiamato; allora era un espressione gergale degli "addetti", del tutto sconosciuta al grande pubblico. Non esiste però certezza sulla sua origine; se uno di noi o qualche medico arguto, oppure addirittura qualche dirigente di Casa Farmaceutica (parlando della concorrenza, ovviamente).
2007-01-29 08:15:45
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answer #2
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answered by clios43 3
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fonte accademia della crusca
«Il termine bugiardino, utilizzato per indicare il foglietto illustrativo che accompagna i farmaci, è una formazione semanticamente e morfologicamente trasparente, sulla base dell’aggettivo bugiardo con il suffisso del diminutivo –ino, adatto sia in riferimento alle dimensioni dell’oggetto sia per attenuare con una vena di ironia l’appellativo di bugiardo. In questo processo si assiste al passaggio dall’aggettivo bugiardo, riferibile soltanto all’uomo come entità in grado di concepire e di dire bugie, a un sostantivo che invece indica un oggetto inanimato contenente un testo, per la precisione un testo informativo. Qualche indizio potrebbe farci ipotizzare che il nome sia nato da un uso nominale dell’aggettivo bugiardo: in Toscana, per la precisione in area senese, gli anziani ricordano che il bugiardo era la locandina dei quotidiani esposta fuori dalle edicole e da qui, riducendo le dimensioni del foglio, si è forse potuti arrivare a denominare bugiardino il foglietto dei medicinali. C’è un altro aggancio, questa volta documentato, all’ambito giornalistico: nel libro di G. Gelati, Parlare livornese (Ugo Bastogi Editore, 1992) si trova la voce bugiardello così definita: “durante il fascismo era così chiamato dagli antifascisti il giornale «Il Telegrafo» che si diceva essere proprietà della famiglia Ciano”. Non abbiamo però nessun dato che possa confermare il legame tra queste formazioni che, sulla stessa base di bugiardo, possono aver avuto percorsi distinti.
Se queste restano soltanto ipotesi, non c’è dubbio invece che questo nome voglia puntare l’attenzione sulle prerogative di queste particolari “istruzioni per l’uso” che, soprattutto negli anni di boom della farmacologia, tendevano a sorvolare su difetti ed effetti indesiderati del farmaco per esaltarne i pregi e l’efficacia. Non erano quindi vere e proprie “bugie” quelle che vi si potevano leggere, ma nell’insieme il foglietto risultava un “bugiardino” che diceva piccole bugie o, meglio, ometteva informazioni importanti ma che potevano essere compromettenti per il prodotto. Negli ultimi anni, grazie a restrizioni legislative che hanno imposto regole più rigide per la compilazione dei foglietti illustrativi e anche grazie ad una maggiore attenzione dei consumatori nell’assumere farmaci, siamo forse arrivati ad ottenere che siano riportate sul bugiardino tutte le notizie importanti riguardo al farmaco. Attualmente la critica più diffusa è che questi strumenti, rivolti ai consumatori quindi a non specialisti, restino comunque incomprensibili anche a una lettura attenta e scrupolosa, sia per la tecnicità delle informazioni che offrono, sia per l’accumulo di notizie in così poco spazio. La mancata trasmissione di informazioni dovuta e alla qualità e alla quantità delle indicazioni (non far capire è quasi come non dire), continua a giustificare l’appellativo di bugiardino.
Riguardo all’ambito in cui può essere nato il termine, abbiamo qualche indizio grazie ad una ricerca del MIUR mirata ad indagare “La lingua delle città” (è in corso di stampa il contributo di Teresa Poggi Salani e Annalisa Nesi “Prime considerazioni sugli esiti della ricerca MIUR «La lingua delle città»" all’interno degli Atti del Convegno “L’Italiano Parlato”, tenutosi a Napoli, 13-14 febbraio 2003): dalle inchieste svolte in 9 città su dodici informatori per ogni città risulta che il termine non è così conosciuto e diffuso come si potrebbe pensare e che il settore di coniazione sembrerebbe essere quello medico-ospedaliero, quindi una voce paragergale scherzosa, accolta favorevolmente dal cittadino comune che, spalleggiato dall’autorevolezza del medico, non ha difficoltà a riutilizzarla e diffonderla. La denominazione tecnica di foglietto illustrativo oltre che essere più lunga e difficile, manca della coloritura ironica che rende immediatamente comprensibili e facilmente diffondibili termini come bugiardino; altri esempi di procedimenti simili possiamo trovarli proprio in ambito medico dove spesso al nome di malattie insolite, sconosciuto e di difficile accessibilità, si preferisce un appellativo “familiare” che diventa poi il modo comune e diffuso per indicarle (grazie anche all’abuso che ne viene fatto dai mezzi di comunicazione): un esempio per tutti la famigerata mucca pazza per indicare l’encefalopatia spongiforme bovina.
Dall’indagine sopra citata la parola non risulta troppo comune nella lingua parlata, ma basterà fare una veloce ricerca in rete per trovarne moltissime attestazioni scritte anche in siti ufficiali delle ASL regionali: questa ampia circolazione nei mezzi di comunicazione di massa ha forse sancito il riconoscimento della parola bugiardino che è stata registrata prima come neologismo negli Annali del Lessico Contemporaneo Italiano. Neologismi 1993-94 (a cura di Michele A. Cortelazzo, Padova, Esedra, 1995) e poi nei più recenti Vocabolari dell’uso, il DISC (Dizionario Italiano Sabatini-Coletti, Firenze, Giunti, 1997) e il GRADIT (Grande Dizionario dell’Italiano dell’Uso di Tullio De Mauro, Torino, UTET, 1999-2000).
Altro segnale della buona riuscita e della totale mancanza di tecnicità di questo appellativo è la sua estensione in altri ambiti per indicare oggetti diversi: si tratta di usi attestati nella stampa o in Internet, di diffusione più o meno recente, ma che certamente non hanno attecchito come invece è accaduto per l’accezione primaria. Nel sito di una rivista italiana di fantascienza (www.delos.fantascienza.com) ho trovato denominato bugiardino il testo contenuto nella quarta di copertina di un libro: dal contesto - che riporto - “chi ha scritto il bugiardino in quarta di copertina aveva probabilmente letto solo le prime pagine del libro” si deduce che chi ha scelto di usare questo termine voleva mettere in luce la scarsa veridicità della descrizione fornita ai lettori. Edoardo Raspelli nelle pagine dell’inserto «Tuttolibri» del quotidiano «La Stampa» chiama bugiardino il dépliant degli alberghi, anche in questo caso non senza una piccola vena polemica.
Gli ambiti di utilizzo di bugiardino sono quindi vari e diversi, ma la costante che sembra caratterizzare la scelta di questo appellativo è quella di venire attribuito a testi illustrativi (foglietti dei medicinali, quarte di copertina e dépliant) che si ritiene nascondano, più o meno velatamente, qualche inganno.»
2007-01-29 07:38:28
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answer #10
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answered by michele f. 4
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