GINEVRA, 27 GENNAIO - Aveva 94 anni l'ex regina d'Italia Maria Josè. Da tre viveva a Ginevra a casa della figlia Maria Gabriella, da tempo soffriva di ricorrenti problemi di salute, anche se ha continuato di tanto in tanto a viaggiare ed è sempre stata lucidissima. Figlia di Alberto I re del Belgio e di Elisabetta di Baviera, è nata il 4 agosto 1906 ad Ostenda. È nel castello di Laaken, la residenza reale nei dintorni della capitale belga, che Maria Josè trascorse gli anni della sua infanzia, quelli dei ricordi indelebili. Era lì, intorno alla madre Elisabetta, che era nato, quasi spontaneamente il più prestigioso salotto culturale d'Europa, frequentato da molti grandi personaggi, tra cui Einstein che con la regina di Belgio condivideva la passione per il violino. Alla piccola Maria Josè non era concesso di incontrare lo scienziato. Ma una volta, e questo è un aneddoto che lei stessa ha avuto a raccontare, si imbattè in lui casualmente lungo le scale del palazzo. Il grande genio salutò la piccola con voce squillante. Lei rispose, pensando che quell'uomo dai capelli arruffati e dalla giacca sgualcita fosse un operaio per scoprire qualche ora dopo chi fosse davvero.
Fu a Firenze dove arrivò per studiare al celebre collegio di Poggio Imperiale il 22 marzo del 1917 per rimanervi fino all'estate del 1919 che Maria Josè imparò ad amare l'Italia, il suo clima mite, la sua natura rigogliosa, gli immensi tesori d'arte. Lo testimonia il diario inedito scritto da bambina che ha sempre portato con sé. Un quaderno dalla copertina nera su cui si legge a caratteri gotici "Componimenti di Maria Giuseppina". Quando la madre veniva a trovarla, alloggiavano insieme all'Hotel Gran Bretagna, in una suite dalle cui finestre si vedevano le case dalle persiane verdi rispecchiarsi nell'Arno. Il collegio della Santissima Annunziata, frequentato dalla futura regina d'Italia, era stato fondato nel 1823 da Marianna Carolina di Sassonia con l'obiettivo di costituire un educandato per ragazze di famiglie nobili o benestanti. L'edificio in stile neoclassico e dalla facciata principesco era circondato da un paesaggio meraviglioso.
Nel gennaio del 1930 è andata sposa ad Umberto di Savoia (da cui ha avuto quattro figli, Maria Pia, Maria Gabriella, Maria Beatrice, Vittorio Emanuele, con il quale salì sul trono d'Italia il 9 maggio del 1946) restandovi per 27 giorni fino al referendum istituzionale che segnò la fine della monarchia e l'inizio dell'esilio, per il quale lei scelse la Svizzera e il marito il Portogallo, dove si ritirò a vivere a Villa Italia a Cascais.
Lontana quasi sempre sia dalla sua patria natale, il Belgio, che lasciò tra il 1914 e il 1918, dopo l'invasione tedesca, per venire a studiare a Firenze nel prestigioso collegio di Poggio Imperiale, che dalla sua patria acquisita, l'Italia, Maria Josè, "la ribelle di Casa Savoia", subì anche il confino per ordine del ministro della Real Casa di Vittorio Emanuele III, che dopo la caduta di Mussolini la isolò nella dimora estiva di Sant'Anna dei Valdieri, sulle Alpi piemontesi, per impedirle di prendere iniziative politiche.
La prima visita dell'ex regina in Italia fu nell'85, dopo che essendo rimasta vedova, il consiglio di Stato sentenziò che Maria Josè non rientrava più nei rigori della XIII disposizione, che impone l'esilio ai Savoia.
Maria Josè fu al centro di una vera e propria congiura per rovesciare Benito Mussolini, parallela a quella che portò al Gran Consiglio del 25 luglio. Lo ammise per la prima volta, lei stessa in una lunga intervista con Luciano Regolo pubblicata nel '97 in un libro "La regina incompresa", (Simonelli Editore). A indurla definitivamente ad appoggiare gli antifascisti e a divenirne il punto di riferimento più sicuro all'interno del Quirinale fu, come l'ex sovrana raccontò l'incontro che ebbe il 17 ottobre del 1940 con Hitler, dal quale uscì profondamente turbata e decisa a fare tutto il possibile per salvare il Paese dalla catastrofe. Così, tornata in Italia, avviò i primi contatti con gli oppositori del regime, mediati da persone di fiducia come la contessa Giuliana Benzoni e il tenente colonnello medico, Ferdinando Arena, che la portarono a stringere rapporti di intensa collaborazione con personaggi come Carlo Antoni, Elio Vittorini, Ugo La Malfa, Federico Comandini. Nell'intervista la Regina riferì di essere stata molto guardinga sia per non destare troppi sospetti all'interno del partito fascista sia per non compromettere gli amici del campo democratico. Ma che negli ultimi mesi del '41, cercò di affrettare i tempi di un'azione che riteneva doverosa per l'Italia e utile per i Savoia mentre continuava a chiedersi insistentemente se il Re avesse in mente di fare un colpo di Stato.
Nella primavera del '42 Maria Josè cercò anche agganci con gli Alleati attraverso il Vaticano. Andò da sola dal Papa. Gli incontri erano difficili e dovevano essere segretissimi. "Mi espresse la sua disapprovazione per Hitler. Desiderava che la guerra finisse. Così gli chiesi: 'Santità, se Mussolini fosse rovesciato e l'Italia sospendesse le ostilità che cosa ne penserebbero in America della Monarchia?'. Pio XII cercò di eludere la domanda, probabilmente non voleva ferirmi".
Contatti autorevoli con americani ed inglesi la principessa li ottenne invece dall'allora Sostituto alla Segreteria di Stato Vaticana, Giovanni Battista Montini, futuro Papa Paolo VI, dopo una fitta serie di incontri clandestini a Villa Grenier, in via Luciani. "Da Washington - ha detto Maria Josè - avemmo la risposta al nostro quesito: il presidente americano era decisamente ben disposto all'uscita dell'Italia dalla guerra. Se ciò fosse accaduto avrebbero garantito in tempi rapidi al paese i rifornimenti necessari".
La moglie di Umberto, che aveva ottenuto assicurazione anche da parte degli antifascisti comunisti che avrebbero sostenuto comunque la monarchia fece arrivare il messaggio al re, che le rispose che non si fidava della Chiesa e che stava agendo per conto proprio. In verità aspettava il momento propizio. La prima mossa la fece il 1 febbraio del '43, quando nominò Badoglio capo di stato maggiore. La principessa diradò con la nascita della figlia Maria Beatrice la sua partecipazione diretta al rovesciamento del fascismo fino a maggio di quell'anno. Ma ormai i giochi erano fatti. Il 15 luglio Vittorio Emanuele discusse con Badoglio l'eventuale composizione di un governo guidato dal maresciallo, ma ne respinse la lista, nella quale spiccava il nome di Einaudi, uno dei consiglieri d'eccezione di Maria Josè, facendo intendere di volere un governo tecnico-militare. Il 25 luglio, Mussolini era caduto. L'Italia restava a fianco dei tedeschi. Ma Maria Josè, dal Portogallo ricevette il messaggio degli alleati, che annunciavano di essere orientati a chiedere all'Italia la resa senza condizioni. Ricevuta dal suocero nel suo studio alla principessa venne ordinato di lasciare Roma entro 24 ore insieme ai suoi figli. Vittorio Emanuele III sospettava che la nuora puntasse alla Reggenza, un'ipotesi che da alcuni ambienti aristocratici ostili all'alleanza con i nazisti avevano cominciato a ventilare.
La notizia della morte ha subito suscitato reazioni in tutta Italia. "La notizia della morte della regina Maria Josè di Savoia - ha dichiarato Sergio Boschiero, segretario nazionale dei club Reali - addolora profondamente non solo tutti i monarchici, ma anche innumerevoli italiani che ne ricordano la regalità, l'amore per la libertà, per la cultura e per il popolo".
"Tutte le organizzazioni monarchiche promuoveranno - ha detto ancora Boschiero - nei prossimi giorni un solenne rito funebre nel Pantheon, auspicando che in questo tempio venga sepolta unitamente alle salme degli altri sovrani d'Italia ancora sepolti in terra straniera".
2006-12-22 05:11:20
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answer #9
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answered by Esme 2
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