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Import-Export
All'origine, il diritto di commerciare con aziende straniere era limitato ad un ristretto numero di "associazioni di categoria" comunemente conosciute come "(Import Export) Corporations" che detenevano il monopolio del commercio internazionale relativamente alle tipologie di beni soggetti alla loro amministrazione.
Questo "modello" si è tramandato fino a tempi a noi più vicini, con l'attribuzione di diritti di commercio con l'estero (Foreign Trade Privileges) ad un numero ristretto ma via via più ampio di trading companies.
La "PRC, Foreign Trade Law" (1994), stabilisce che una società cinese possa effettuare operazioni di import-export solo se in possesso di FTP. Le società cinesi sprovviste di FTP non hanno la capacità giuridica di condurre autonomamente transazioni commerciali con l'estero. Occorre specificare che le società cinesi prive di FTP non possono stipulare con una impresa straniera nemmeno validi contratti di distribuzione o di agenzia.
La legge stabilisce i requisiti necessari per l'ottenimento di FTP. In particolare, la società cinese dovrà avere un oggetto sociale strettamente connesso ad attività commerciali con l'estero, adeguate risorse umane e finanziarie provando, in sostanza, sulla base di quali rapporti dovrebbe svolgere la propria attività con aziende straniere. Non tutte le società cinesi quindi godono di FTP: occorre quindi verificare (sulla Business Licence) caso per caso se la società con la quale si sta concludendo un contratto di compravendita è effettivamente legittimata ad importare o esportare il bene oggetto dell'accordo. Sarebbe inoltre opportuno accertare che l'oggetto del contratto che ci si appresta a sottoscrivere sia compreso nell'oggetto sociale dell'impresa cinese.
Vedremo in un capitolo successivo come tutte le società ad investimento straniero (Foreign Invested Entrerprises - FIEs) godano di taluni FTP. Vedremo anche come sia ormai possibile, anche per soggetti stranieri (seppur con penetranti limitazioni relative alla localizzazione ovvero ai requisiti di costituzione), costituire ed operare trading company.
In mancanza di una propria struttura commerciale in Cina, operando dall'estero, qualora la società con la quale si intende commerciare non goda dei necessari FTP, sarà necessario effettuare l'operazione attraverso una società di intermediazione (I/E Company: altro nome che indica una trading), che effettuerà l'operazione, sottoscrivendo formalmente anche il contratto, dietro pagamento di una commissione (di norma in percentuale sul valore delle merci).
Il contratto di compravendita è soggetto alla legge scelta dalle parti (nel caso i contraenti siano uno italiano e l'altro cinese, saranno comunque applicabili le disposizioni della Convenzione di Vienna).
È molto frequente, tuttavia, che si decida di instaurare con il compratore o fornitore cinese un accordo più duraturo o "strutturato".
Le ipotesi più comuni sono:
a) l'accordo di agenzia / distribuzione
b) l'accordo di lavorazione;
e) l'accordo di fornitura.
a) accordi di agenzia/distribuzione
Si tratta di accordi dal contenuto più vario, aventi ad oggetto le condizioni per l'acquisto e la distribuzione da parte di una società cinese dei prodotti della società straniera.
Punti critici di questo genere di accordi sono normalmente le condizioni di pagamento, anche se nella pratica è uso procedere con l'utilizzo di L/C irrevocabili e più o meno confermate.
b) accordi di processing/assembly
Si tratta di accordi in virtù dei quali una società straniera fornisce materie prime o componenti (che vengono importate in esenzione dei dazi doganali e VAT) ad un soggetto cinese il quale effettuerà secondo le specifiche del partner straniero la produzione o l'assemblaggio, con l'obbligo di riesportare il prodotto finito alla società straniera entro un determinato periodo di tempo (di norma non più di 12 mesi).
In casi sempre più frequenti, per evitare frodi, le dogane richiedono il deposito di un importo pari al valore dei dazi e della VAT da corrispondersi in relazione a materie prime o componenti importati; il deposito verrà restituito al momento della riesportazione del bene finito.
Una variante di questo tipo di accordi è il Compensation Trade, dove la parte straniera contribuisce servizi, know-how, tecnologia e macchinari e riceve, quale corrispettivo, per un periodo di 2-3 anni, una parte o la totalità dei prodotti; al termine dell'accordo, i macchinari e la tecnologia rimangono al partner cinese (tale struttura è utilizzata principalmente per promuovere e migliorare le aziende esistenti).
e) accordi di fornitura
Sono il riflesso in acquisto degli accordi di agenzia o di distribuzione visti sopra. Di particolare criticità per l'operatore straniero sono di solito le disposizioni o i meccanismi relativi alla verifica della qualità delle merci inviate. Non è raro, quando l'attività di procurement è particolarmente sviluppata, associare a questo genere di accordi un ufficio di rappresentanza (vedi oltre) dedicato anche al controllo della qualità dei beni prima che questi vengano esportati.
La disciplina doganale generale (import)
Merita in questa sede accennare alla disciplina doganale, particolarmente in merito alle procedure di importazione di prodotti. Parliamo in questo caso dell'importazione effettuata sulla base di un contratto di compravendita tra un'impresa straniera ed una cinese, in un apposito paragrafo successivo si tratterà degli aspetti di importazione da parte di FIEs, in particolare relativamente ai beni strumentali.
Il principio generale è che le merci in ingresso in Cina sono soggette al pagamento sia di un dazio doganale sia di una Value Added Tax (VAT, la nostra IVA). Alcune tipologie di beni sono inoltre soggette al pagamento di una Consumption Tax Per quanto riguarda i dazi doganali, all'ingresso nel WTO è seguita una generalizzata e sostanziale riduzione degli stessi. È consigliabile in proposito monitorare la situazione poiché adeguamenti delle tariffe avvengono, in questo periodo, con una certa frequenza. Le classi doganali utilizzate sono quelle internazionali.
Il dazio viene calcolato sull'importo C.I.F. delle merci importate (con le rettificazioni previste dalle norme di calcolo). Se l'importo non appare adeguato, è facoltà delle dogane richiedere il pagamento di un dazio calcolato in misura "presuntiva" (secondo parametri interni).
È possibile, ma è sempre più comune la richiesta di un deposito, importare particolari categorie di merci (in particolare per esposizione) in esenzione doganale per un periodo massimo di sei mesi (trascorso il quale i dazi devono essere pagati o le merci ri-esportate).
L'importo della VAT è calcolato sulla base dell'importo C.I.F., maggiorato dei dazi (e, se applicabile, della Compsumption Tax). L'aliquota generale è del 17%, ridotta al 13% per certe tipologie di beni.
Sia i dazi che la VAT devono essere di norma pagati direttamente alle autorità doganali, entro sette giorni dalla richiesta.
II commercio interno (cenni)
Le "aperture" sopra accennate (ed ulteriormente approfondite in seguito) in tema di import-export possono, anche se solo parzialmente, registrarsi anche in tema di commercio interno, anche questo in conseguenza dell'accessione al WTO.
Già nel 1999 (con le "Experimeritai Measures on Foreign Invested Commercial Enterprises"), per venire incontro alle esigenze manifestate da alcuni gruppi multinazionali della vendita al dettaglio, è stata prevista ("sperimentalmente", appunto) la costituzione di JV, limitatamente ad alcune città del Paese, per lo svolgimento di attività di vendita sia al dettaglio sia all'ingrosso (cioè di distribuzione).
Requisiti specifici sono previsti sia per il partner straniero che per quello cinese. In particolare, la società straniera che voglia costituire una JV commerciale dovrà avere un fatturato di 2 miliardi di USD e un patrimonio di almeno 200 milioni di USD nel periodo precedente la domanda di autorizzazione (che diventano rispettivamente di 2,5 miliardi e 300 milioni nel caso di vendita all'ingrosso).
La JV dovrà possedere un capitale sociale di almeno 50 milioni di RMB, che diventano 80 nel caso di vendite all'ingrosso. Al partner cinese dovrà inoltre essere riservata la quota di maggioranza nel caso in cui la JV possieda una catena di centri commerciali con più di tre punti vendita. L'approvazione è demandata al MOFCOM, a livello centrale.
Permane peraltro il divieto di costituzione di WFOEs nel settore della vendita al dettaglio ed all'ingrosso (di beni che non siano prodotti "propri").
2006-12-10 21:35:02
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answer #1
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answered by Anonymous
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