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2006-11-21 06:02:48 · 2 risposte · inviata da hardipkumar100 1 in Arte e cultura Storia

2 risposte

Intanto si scrive Wonders e comunque quelle moderne sono:

The Channel Tunnel
The Clock Tower (Big Ben) in London, England
The CN Tower in Toronto, Canada
Eiffel Tower in Paris, France
The Empire State Building in New York City, USA
The Gateway Arch in St. Louis, USA
The Golden Gate Bridge in San Francisco, USA
The High Dam in Aswan, Egypt
Hoover Dam in Arizona/Nevada, USA
Itaipú Dam in Brazil/Paraguay
Mount Rushmore National Memorial in South Dakota, USA
The Panama Canal
The Petronas Towers in Kuala Lumpur, Malaysia
The Statue of Cristo Redentor in Rio de Janeiro, Brazil
The Statue of Liberty in New York City, USA
The Suez Canal in Egypt
The Sydney Opera House in Australia

La scelta ufficiale delle Sette Meraviglie del Mondo moderno avverrà a Lisbona (Portogallo), il 7 luglio 2007 (07/07/07), in diretta televisiva mondiale.
Ciao

2006-11-21 06:16:49 · answer #1 · answered by ELVIATAR 6 · 0 1

I Giardini pensili di Babilonia
Il Colosso di Rodi
Il Mausoleo di Alicarnasso
Il Tempio di Artemide ad Efeso
Il Faro di Alessandria in Egitto
La statua di Zeus ad Olimpia
La Piramide di Cheope a Giza

Situati nell'antica città di Babilonia (letteralmente, Porta del Dio), vicino alla odierna Baghdad (Iraq), i giardini pensili di Babilonia furono costruiti intorno al 590 a.C. dal re Nabucodonosor II (anche se la tradizione attribuisce la loro costruzione alla regina assira Semiramide).

La leggenda vuole che la regina - raffigurata nel celebre quadro di Degas, Semiramide alla costruzione di Babilonia, e le cui gesta sono state descritte in numerose opere liriche - trovasse nei giardini rose fresche ogni giorno, pur nel clima arido che caratterizzava la città.

Va notato che nella cultura tradizionale della Mesopotamia, il significato della parola giardino somiglia a quello di paradiso. Alcuni storici, va detto, sono in disaccordo sull'esistenza reale o meno della città di Babilonia e dei suoi giardini.

La questione della localizzazione dei giardini è ancora oggi irrisolta e gli studi, ancora in corso, hanno lasciato emergere le più varie ipotesi, tra cui anche quella che Babilonia non ospitasse affatto una delle Sette Meraviglie del mondo antico, poiché le fonti antiche, pur concordando nella descrizione dei giardini, non ne forniscono alcuna localizzazione precisa all'interno della città.

Una prima teoria fu fornita dall'architetto tedesco Robert Koldewey, il primo a condurre scavi sul sito, tra1889 e il 1917. Egli teorizzò che i giardini dovessero trovarsi nell'angolo nordorientale del Palazzo Meridionale, poiché in quel luogo egli aveva portato alla luce un'enorme struttura coperta da volte a botte e composta da quattordici stanze, cui il muro stesso di recinzione faceva da delimitatore. Determinante fu il ritrovamento, in uno di questi ambienti, di un pozzo con dei fori, prontamente ricondotto al sistema di approvvigionamento idrico.

Tale teoria aveva però il suo limite nella lontananza del sito dall'Eufrate, cui l'acqua veniva attinta per l'irrigazione, e nel fatto che l'accesso ai giardini poteva avvenire solo attraversando stanze private e uffici. Inoltre, con il proseguire degli scavi, sembrò più plausibile che le stanze portate alla luce dal Koldewey fossero ambienti destinati all'immagazzinaggio di merci.

Una seconda teoria fu avanzata da D.J. Wiseman, che colloca i giardini "sopra e a settentrione della grande muratura a ovest" del Palazzo Sud, dalla quale di sarebbero estesi i giardini, presso le rive dell'Eufrate.
Nella prima metà degli anni Novanta lo studioso D.W.W. Stevenson propose un'altra tesi (affermava infatti che i giardini non potessero trovarsi dove indicava il Wiseman poiché all'epoca di costruzione l'Eufrate aveva già coperto la zona in questione) secondo cui i giardini sarebbero stati un edificio a terrazze indipendente ma molto vicino al Palazzo Meridionale, e probabilmente a sud di esso. Di questa stuttura non abbiamo, a tutt'oggi, traccia alcuna.
Dai più recenti studi è emersa anche la teoria (sostenuta da Stephanie Dalley) secondo cui i giardini non sarebbero stati affatto situati in Babilonia, ma nella vicina città di Ninive. La Dalley ravvede nelle fonti classiche una confusione tra Babilonia e Ninive dovuta al fatto che il passaggio dal potere assiro a quello babilonese non fosse stato percepito come una soluzione di continuità dagli autori classici, che continuavano ad individuare un generico "regno di Assiria" che aveva semplicemente cambiato capitale.Inoltre, le fonti babilonesi tacciono del tutto riguardo all'esistenza stessa dei giardini, mentre le fonti assire testimoniano di importanti lavori idrici a Ninive sotto Sennacherib (668-631 a. C.) nonché della presenza di giardini presso le rive del Khors.
Babilonia era circondata da una doppia cinta di mura, interrotta dalla porta di Ishtar, attraverso la quale passava la strada principale di accesso alla città rivestita da mattonelle smaltate azzurre ed ornata con oltre 120 statue di leoni con le fauci spalancate; sopra la porta sono state trovate, dall'archeologo Robert Koldewey, le strutture a volta che costituivano la base di sostegno dei sovrastanti giardini soprelevati e terrazzati.

Considerando che all'epoca l'utilizzo del terreno con colture diverse da quelle agricole era sicuramente non usuale, la progettazione dei giardini fu un'operazione culturale di largo respiro; fu creato un orto botanico con tipi di flora non originari della zona, ed abituati a climi più umidi; per irrigare i giardini con la frequenza e la quantità di acqua necessaria, fu costruito un complesso sistema idraulico che, tra l'altro, doveva sollevare l'acqua dal fiume. I terrazzamenti per ricavare i giardini furono costruiti interamente in pietra e vengono citati anche da Erodoto.

L' impianto di irrigazione fu per la prima volta oggetto di studio da parte di D.W.W. Stevenson che, basandosi esclusivamente sulla descrizione degli autori classici, ipotizzò che il sistema adottato fosse quello detto norias, metodo di cui si trovano tracce in Oriente già a partire dal XIV secolo a. C. Nel caso dei giardini di Babilonia, esso doveva essere applicato in questo modo: alla base della scalinata dei giardini vi erano due grandi bacini che ricevevano acqua dall'Eufrate a mezzo di condutture sotterranee. Ai bacini erano connesse delle ruote che recavano, all'interno del bordo, secchi di legno o vasi d'argilla. quando le ruote venivano azionate dalla forza umana, questi ultimi si riempivano per poi lasciar ricadere l'acqua in un collettore sito al piano superiore, dove avveniva lo stesso precedimento, fino a raggiungere il livello iù alto. Qui si trovava una cisterna da cui l'acqua poteva facilmente essere ridistribuita, attraverso condotti a caduta, a tutta la superficie dei giardini, sia a scopi irrigui che con funzione ornamentale.

Nei giardini pensili di Babilonia sono ambientate alcune scene dell'opera Semiramide1 scritta da Gioachino Rossini su libretto di Gaetano Rossi (da Semiramis di Voltaire), rappresentata al Teatro La Fenice di Venezia il 3 febbraio 1823.

Dalle gazzette d'epoca si apprende che nella scenografia progettata per la prima veneziana da Giuseppe Borsato i giardini babilonesi erano raffigurati da basse costruzioni, due a uno e una a due piani, sovrastate da enormi piante pendule. Qui, seduta all'interno di un fiorito berceau, Semiramide può liberare al meglio il suo canto e dare vita alla celebre aria con susseguente cavatina Bel raggio lusinghier. Già una decina di anni prima di Semiramide Rossini aveva ambientato nell'antica Babilonia un'altra delle sue opere, Ciro in Babilonia.

Alla figura di Nabucodonosor II si ispirò invece Temistocle Solera per scrivere il libretto dell'opera Nabucco musicata da Giuseppe Verdi.

Il Colosso di Rodi era un'enorme statua del dio Helios, situata nel porto di Rodi in Grecia nel III secolo a.C.. Era una delle cosiddette sette meraviglie del mondo.

Nel 305 a.C. il generale Demetrio, figlio di un successore di Alessandro Magno, invase Rodi con un'armata di 40.000 uomini. La città era ben difesa e Demetrio costruì delle enormi catapulte montate sulle navi, per distruggere le mura della città. Una tempesta gli distrusse le navi. Allora costruì a terra una torre d'assedio ancora più grande delle precedenti catapulte. I rodiesi allagarono il terreno prospiciente le mura, impedendo alla catapulta di muoversi e rendendola inoffensiva. Nel 304 a.C. il generale Politemo arrivò con una flotta in difesa della città e Demetrio dovette ripiegare abbandonando la maggior parte dell'equipaggiamento.

Per celebrare la loro vittoria i rodiesi decisero di costruire una gigantesca statua in onore di Helios, il loro dio protettore. La costruzione fu affidata a Chares di Lindo che aveva già costruito statue di ragguardevoli dimensioni. Il suo maestro Lisippo, aveva costruito una statua di Zeus di una trentina di metri.

La statua era alta circa 32 metri. Secondo l'opinione di alcuni storici, la struttura era costituita da colonne di pietra con inserite delle putrelle di ferro a cui venivano agganciate le piastre di bronzo del rivestimento esterno. Per costruirla fu usata come impalcatura la torre di assedio abbandonata sul posto da Demetrio.

La costruzione terminò nel 282 a.C., dopo 12 anni. La statua restò in piedi per 56 anni, fino a che Rodi fu colpita da un terremoto nel 226 a.C. La statua precipitò in mare. Politemo si offrì di ricostruirla, ma i rodiesi rifiutarono temendo l'ira del dio Helios a seguito della ricostruzione (che veniva interpretata come un'offesa nei riguardi del dio). La statua pertanto rimase sdraiata sul fondo per 800 anni ed anche così era talmente impressionante che molti andavano apposta a Rodi per ammirarla.

Nel 654, Rodi fu conquistata dagli arabi. I vincitori si portarono via la statua tagliandola in blocchi di cui si persero ben presto le tracce.

Secondo alcune ricostruzioni, il Colosso di Rodi doveva raffigurare il dio Helios con le gambe divaricate ed i piedi poggiati alle estremità del porto di Mandraki (dove ora sono presenti le due colonne su cui poggiano dei cervi in bronzo) ed essere alto al punto da permettere il transito delle navi all'interno del porto.

Queste ultime cose dette fanno parte della leggenda ed è ciò che convenzioonalmente viene detto a tutti. Non tutti sanno che in realtà il Colosso quando cadde non finì in mare, ma cadde di schiena sulla terra ferma ed attorno alla maestosa opera fu costruito un cancello alto un metro perché ciò non fosse toccato dall'uomo. essendo a terra molti accorsero a vederlo ( come si faceva a vedere se sul fondo del mare?!)

Il Tempio di Artemide era un tempio dedicato ad Artemide nella citta di Efeso, nell'attuale Turchia, a circa 50 Km dalla città di Izmir. Di grandi dimensioni e bellissima architettura, fa parte delle sette meraviglie del mondo antico. Iniziato da re Creso di Lidia, nel 559 a.C. per costruirlo occorsero 120 anni. Ciò che ne rimane oggi è minimo.

Era composto da più edifici, che gli archeologi hanno denominato con lettere progressive. L'edificio più antico e importante era il "D", costruito dall'architetto Chersifrone per ordine di Creso alla metà del VII secolo a.C..

Venne distrutto da un incendio doloso nel 356 a.C. ad opera di Erostrato; un pastore che motivò il suo gesto deliberato con la sola intenzione di "passare alla storia".

La leggenda afferma che Artemide stessa non protesse il suo tempio in quanto era troppo impegnata a sorvegliare la nascita di Alessandro Magno, che ebbe luogo nella stessa notte.

La ricostruzione del grande tempio di Artemide fu nuovamente distrutta dai Goti nel 262, al tempo dell'imperatore Gallieno.


I resti del tempio di Artemide ad EfesoMaggiori dettagli sul tempio di Artemide a Efeso si posso trovare in Plinio, Storia naturale xxxvi:14; Pomponio Mela, i:17; Tolomeo, 5; Plutarco, Vita di Alessandro (il rogo dell'Artemisium).

Il sito del tempio fu riscoperto nel 1869 da una spedizione sponsorizzata dal British Museum, assieme a numerosi reperti e sculture provenienti dal tempio ricostruito, anche se oggi la perduta meraviglia del mondo non è più visibile.

Il Faro di Alessandria, considerato una delle sette meraviglie del mondo, una delle realizzazioni più avanzate ed efficaci della tecnologia ellenistica, fu costruito sull'isola di Pharos, davanti al porto di Alessandria d'Egitto, negli anni tra il 300 a.C. e il 280 a.C. e rimase funzionante fino al XIV secolo, quando venne distrutto da due terremoti.

Fu fatto costruire da Sostratus di Cnido, un mercante greco; il progetto fu iniziato da Tolomeo I Sotere, all'inizio del proprio regno, e venne completato dal figlio Tolomeo II Filadelfo. Lo scopo dell'imponente opera era aumentare la sicurezza del traffico marittimo in entrata ed in uscita, reso pericoloso dai numerosi banchi di sabbia nel tratto di mare prospiciente il porto di Alessandria e dall'assenza di rilievi orografici. Esso consentiva di segnalare la posizione del porto alle navi, di giorno mediante degli speciali specchi di bronzo lucidato che riflettevano la luce del sole fino al largo, mentre di notte venivano accesi dei fuochi.

Si stima che la torre fosse alta ben 134 metri, una delle più alte costruzioni esistenti per l'epoca, e il faro, secondo la testimonianza di Giuseppe Flavio, poteva essere visto a 48 km di distanza, cioè fino al limite consentito dalla sua altezza e dalla curvatura della superficie terrestre. Era costituita da un alto basamento quadrangolare, che ospitava le stanze degli addetti e le rampe per il trasporto del combustibile. A questo si sovrapponeva una torre ottagonale e quindi una costruzione cilindrica sormontata da una statua di Zeus o Poseidone, più tardi sostituita da quella di Helios.

La costruzione del faro di Alessandria si rivelò di grande utilità e indusse a costruire analoghi fari in vari altri porti del Mediterraneo ellenistico. Purtroppo non si hanno descrizioni esatte del suo funzionamento, verosimilmente a causa della riservatezza che, come spesso in seguito, nel mondo ellenistico era mantenuta sugli impianti di tecnologia avanzata. Si può comunque congetturare che il fascio luminoso del faro venisse rafforzato dall'uso di specchi parabolici, come si fa oggi: le conoscenze matematiche su cui si basano questi apparati riguardano la teoria delle coniche e la catottrica ben nota negli ambienti scientifici di Alessandria (Apollonio, Euclide). Inoltre la forma cilindrica del contenitore della sorgente di luce induce a pensare che dal faro provenisse un fascio di luce girevole, ben più utile per i naviganti di una sorgente fissa. Nei secoli successivi queste tecnologie andarono perdute, come gran parte della cultura scientifico-tecnologica ellenistica. Si riprese a costruire dei fari solo nel XII secolo (la prima Lanterna di Genova è realizzata nel 1128 o nel 1139), ma senza riflettori basati sulla teoria delle coniche. Questi che verranno recuperati solo nei primi decenni del XVII secolo, in particolare da Bonaventura Cavalieri, e consentiranno la costruzione dei primi fari moderni alla fine del secolo. Su queste argomentazioni v. Lucio Russo (1996): La rivoluzione dimenticata, sez. 4.5.

Con la sola eccezione della Piramide di Cheope, che sopravvive ancora ai nostri giorni, il Faro fu la più longeva delle sette meraviglie. Rimase in funzione per ben 16 secoli, fino a quando nel 1303 e nel 1323 due terremoti lo danneggiarono irreparabilmente. Nel 1480 il sultano d'Egitto Quaitbay utilizzò le sue rovine per la costruzione di un forte nelle vicinanze. Numerosissimi blocchi ed elementi architettonici sono stati recuperati in mare, insieme alle colossali statue di Tolomeo II e della moglie Arsinoe II rappresentata come Iside.

Dal nome dell'isola Pharos ebbe etimologicamente origine il nome faro in molte lingue romanze: faro in italiano e spagnolo, farol in portoghese, phare in francese.

La Statua di Zeus ad Olimpia, una della sette meraviglie del mondo, fu realizzata dallo scultore greco Fidia, nel 433 a.C.. Nel 394 fu probabilmente portata a Costantinopoli dove andò poi distrutta.

Dimensioni e fattezze della statua sono state dunque ricostuite sulla base delle numerose descrizioni e testimonianze provenienti dagli autori classici.

L'opera d'arte in questione, infatti, conobbe un'enorme fortuna nel mondo antico (tanto da essere riprodotta anche sulle monete d'Elide di età adrianea) e molte volte è stata citata dagli scrittori del mondo greco e latino che crearono attorno ad essa una ricca aneddotica.

Lo storico e geografo Strabone, ad esempio, riporta un episodio (Geografia, libro VIII 3, 30) secondo cui lo stesso Fidia avrebbe detto, al suo parente e collaboratore Paneno, di aver tratto ispirazione per la scultura del suo Zeus da alcuni versi dell'Iliade: "Disse, e con le nere sopracciglia il Cronide accennò; le chiome ambrosie del sire si scompigliarono sul capo immortale: scosse tutto l'Olimpo". (Omero, Iliade I, 528-530).

Il basamento della statua crisoelefantina occupava un'area di più di sei metri per dieci, e doveva superare i 12 metri di altezza.

L'impressione di monumentalità data dalla statua doveva essere accentuata dalla non troppo felice proporzione delle dimensioni tra essa e la struttura in cui era collocata: pur essendo il tempio di dimensioni considerevoli, la testa di Zeus, rappresentato seduto in trono, ne sfiorava il soffitto, tanto che Strabone ebbe a scrivere che, se il dio si fosse alzato in piedi, avrebbe scoperchiato il tempio. (Strabone, Geografia VIII 3, 30).

Un'esauriente descrizione ci viene dalle pagine di Pausania (Pausania, Periegesi V, 10, 2): Zeus reggeva nella mano destra una Nike (vittoria) d'oro e avorio, mentre nella sinistra teneva uno scettro su cui poggiava l'aquila, simbolo della divinità.


Particolare del tempio di Zeus ad Olimpia in cui si trovava la statuaLe parti scoperte della statua erano realizzate in avorio, mentre tutti gli attributi erano in lamina d'oro. Il trono, crisoelefantino anch'esso e decorato con ebano e pietre preziose, recava in rilievo numerose rappresentazioni di ispirazione storica e mitologica, idealmente collegate alle decorazioni già presenti nel tempio.

Secondo una controversa fonte bizantina, la statua fu trasferita a Costantinopoli verso la fine del IV sec. d. C., presso la dimora di Lausus, collezionista d'arte ante litteram, trovando posto accanto ad altri capolavori. Qui essa rimase fino alla sua distruzione, plausibilmente avvenuta durante l'incendio di Costantinopoli del 475.

La Piramide di Cheope a Giza, anche detta Grande piramide, è l'unica delle sette meraviglie del mondo che sia giunta sino a noi, nonché la più famosa piramide del mondo.

È la più grande delle tre piramidi della necropoli di Giza, vicino al Cairo in Egitto. È stata eretta da Cheope (Horo Medjedu) della IV dinastia dell'Egitto Antico come monumento funebre. All'interno, come è accaduto per molte altre sepolture reali dell'antico Egitto saccheggiate dai violatori di tombe già nell'antichità, non è stata trovata alcuna sepoltura e ciò ha fatto nascere una miriade di teorie, spesso prive di reale fondamento, sul fatto che le piramidi non siano monumenti funebri.

L'attribuzione della grande piramide a Cheope è deducibile dalla concordanza dei rilievi archeologici i dati storici in nostro possesso costituiti dai libri dello storico greco Erodoto.

2006-11-23 23:36:22 · answer #2 · answered by cassilde 2 · 0 0

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