La medicina omeopatica è un sistema clinico farmaceutico che utilizza microdosi di sostanze derivate da vegetali,minerali o animali allo scopo di stimolare la risposta di guarigione naturale.Questo sistema afferma di curare le malattie utilizzando farmaci(chiamati solitamente rimedi)che vengono preparati secondo particolari metodiche di diluizione e di dinamizzazione.Essi vengono scelti mediante una complessa metodologia,che si basa sulla legge o più propriamente sul principio della similitudine.Secondo questo principio, riscoperto soprattutto dal medico tedesco Samuel Hahnemann(1755-1843)una malattia può essere curata somministrando al paziente una microdose di una sostanza che nell’uomo sano e a dosi massive provoca sintomi simili a quelli della malattia.In altre parole,mentre nella medicina classica affermatasi nel mondo occidentale,il farmaco(dal greco veleno)è un diretto antagonista teso a contrastare la situazione patologica distruggendo l’agente che l’ha provocata,il rimedio omeopatico segue la via indiretta inoculando una sostanza che ad alte dosi potrebbe essere nociva ma che a dosi infinitesimali provoca da parte dello stesso organismo una reazione di difesa.Se vogliamo una strada che ripete,secondo suoi canoni,il principio della vaccinazione.Allo scopo di identificare i rimedi più adatti alle singole circostanze,la farmacopea omeopatica si è venuta costituendo fin dall’inizio a seguito delle prove di tipo tossicologico.Gli esperimenti sono stati raccolti nella cosiddetta Materia Medica che,continuamente aggiornata,contiene i dati della sintomatologia provocata da centinaia di diverse sostanze minerali,vegetali e animali. Fin dall'antichità (egiziani,cinesi,greci,indiani, ecc.)gli esseri umani ricorrevano alle piante del proprio territorio per curarsi.
E' un sistema olistico che si serve delle piante (bulbi,oli,funghi,frutti,foglie,semi,ecc.)in maniera non intrusiva per stimolare la guarigione; rappresenta l'impiego terapeutico delle piante e delle erbe.I principi della fitoterapia sono:
-la pianta intera è meglio di un suo estratto;
-oltre ai sintomi si deve curare anche la persona nel suo complesso;
-si devono praticare cure minime ed interventi minimi; -occorre rafforzare il corpo e incoraggiarlo all'autoguarigione.
Questo è quello ke sn riuscita a trovare,sxo ti sarà utile,ciauz
2006-11-10 09:20:37
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answer #8
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answered by Nasupolina 3
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L'omeopatia (dal greco "hòmoios", simile, e "pà thos", sofferenza) è un controverso sistema terapeutico i cui principi sono stati formulati dal medico tedesco Samuel Hahnemann verso la fine del XVIII secolo. Alla base dell'omeopatia è il cosiddetto principio di similitudine del farmaco (similia similibus curentur) enunciato dallo stesso Hahnemann e per il quale il rimedio appropriato per una determinata malattia è dato da quella sostanza che, in una persona sana, induce sintomi simili a quelli osservati nella malata. La sostanza, detta anche principio omeopatico, una volta individuata, viene somministrata al malato in una quantita fortemente diluita, definita dagli omeopati potenza. L'opinione degli omeopati è che diluizioni maggiori della stessa sostanza non provochino una riduzione dell'effetto farmacologico bensì un suo potenziamento.
L'omeopatia ha conosciuto nei decenni scorsi uno sviluppo e una progressiva diffusione. Oggi l'omeopatia - considerata una pratica medica alternativa o complementare alla medicina tradizionale - è diffusa in molti paesi (Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Germania, India). In Italia un'indagine dell'ISTAT del dicembre 1999 su un campione di 30.000 famiglie ha mostrato che dal 1991 al 1999 la quota della popolazione che ha fatto uso di rimedi omeopatici è passata dal 2,5 all'8,2%.
A fronte della sua diffusione e nonostante i numerosi studi, la validità terapeutica del metodo omeopatico e i meccanismi farmacologici del suo funzionamento non sono stati ancora verificati secondo i criteri scientifici comunemente applicati a qualsiasi principio farmacologico tradizionale. Molte ricerche cliniche concordano nel ritenere che gli effetti terapeutici dei trattamenti omeopatici non si discostino in maniera significativa da quelli ottenuti per effetto placebo. Le critiche all'omeopatia vertono sostanzialmente su due punti: la sua debolezza teorica (cioè l'incompatibilità dei suoi postulati con le odierne conoscenze chimiche e la mancanza di un meccanismo plausibile che ne possa spiegare il funzionamento), e la mancanza di prove sperimentali univoche della sua efficacia terapeutica. Per questi motivi l'omeopatia viene considerata una pseudoscienza. Il suo insegnamento è collocato, nella maggior parte dei paesi occidentali, al di fuori degli ordinamenti delle facoltà di medicina. In alcuni paesi europei, come ad esempio Francia e Germania, si sta comunque assistendo ad una lenta ma graduale penetrazione della omeopatia in ambiti di medicina tradizionali, soprattutto per quanto riguarda la medicina di base e la pediatrica, dove non è inusuale imbattersi in medici e dottori di formazione prettamente classica che ricorrono in casi ristretti all'impiego di principi omeopatici o di principi misti, nel quale appunto una sostanza tradizionale ed una omeopatica vengono somministrate contemporaneamente. In questi stessi paesi, nonostante la validità del metodo non sia stata ancora verificata, molti rimedi omeopatici sono entrati a far parte del prontuario nazionale e finanziati dal sistema sanitario pubblico. à opportuno sottolineare che nei paesi occidentali non è stato immesso in commercio alcun farmaco omeopatico a diluizione inferiore a 1:1000 in quanto molti non hanno superato la prova di assenza di tossicità prevista dalla legislazione.
[modifica] I principi e le origini dell'omeopatia
I principi dell'omeopatia sono contenuti nelle opere di Hahnemann ed in particolare nell'Organon edita nel 1810. Hahnemann riprende nella sua opera fondamentale il concetto di forza vitale (Lebenskraft) già espresso in termini di Entelechia e Dynamis nella filosofia aristotelica. La forza vitale anima tutti gli esseri viventi e li rende capaci di sentire, di svolgere una funzione, una attività e di sostenersi. Per Hahnemann, la malattia, quando non è riconducibile a fattori anatomici o chirurgici né a carenze nutrizionali, avrebbe origine non in cause fisiche esterne al corpo ma in una perturbazione della "forza vitale". La malattia si manifesta in una totalità di sintomi e segni che sono specifici per ogni individuo e si riferiscono in genere non solo al corpo ma anche alla psiche della persona. La cura quindi risiede essenzialmente nel riattivare la forza vitale e questa riattivazione è ottenuta attraverso la somministrazione di piccole quantità di opportune sostanze precedentemente dinamizzate, ovvero sottoposte ad un procedimento che le renderebbe attive.
Il concetto di forza vitale è fondamentale per comprendere la diversa visione e la diversa concezione che l'omeopatia di Hahnemann e medicina scientifica tradizionale hanno della malattia e della sua cura. Per l'omeopatia, nella sua prima formulazione teorica, la cura non risiede nel ristabilire una funzione fisiologica alterata o ridotta dalla patologia, come per la medicina tradizionale, bensì negli sforzi tesi a riattivare e riordinare la forza vitale individuale. A causa dell'unicità e della singolarità di ciascuna forza la cura non può essere che individuale. La natura materiale di ciascuna malattia è negata da Hahnemann con una certa veemenza e convinzione in quasi tutti i casi, è l'autore stesso dell'Organon infatti che riferendosi alle cause scatenanti del colera le attribuisce non a perturbazioni della Lebenskraft bensì ad animali appartenenti ad una specie inferiore che si sarebbero insinuati nel corpo umano.
Il concetto di Lebenskraft era tutt'altro che poco diffuso nella pratica medica dell'Europa del XIX secolo. Erano diversi ed illustri i medici che ad esso si riferivano per le loro pratiche farmacologiche. Il concetto di forza vitale, almeno così come esso è espresso nell' Organon di Hahnemann, entra gradualmente in crisi con il grande progresso che lo studio delle scienze naturali compie in quegli stessi anni. Con l'avvento del microscopio nasce la biologia cellulare e l'osservazione diretta di alcuni fenomeni fondamentali che avvengono all'interno degli esseri viventi facilita la comprensione di alcune malattie comuni, sebbene sia ancora lontana la scoperta del batterio inteso come agente patogeno. Viene compreso il ruolo importante svolto dal sistema circolatorio e l'idea di una forza vitale immateriale, disgiunta dal corpo, perde inevitabilmente e inesorabilmente di importanza.
Il concetto di Lebenskraft però subisce una interessante modifica nel corso del ventesimo secolo quando soprattutto per opera di alcuni importanti omeopati tedeschi esso viene completamente riformulato e trasformato nel "principio vitale" (Lebensprincip). Il principio vitale viene questa volta posto in relazione con la capacità del corpo di controllare e regolare le sue funzioni, l'omeopatia pertanto cura, nella concezione degli omeopati tedeschi, i disturbi del sistema di regolazione inteso ad esempio come disturbi del sistema immunitario, del sistema di regolazione della temperatura e del sistema nervoso centrale. La sostanza omeopatica sarebbe quindi in grado di correggere questi disturbi e la reazione dei vari sistemi, indotta dalla sostanza, costituirebbe la vera risposta farmacologica alla patologia. Ne consegue quindi che per l'omeopatia contemporanea, o comunque quella di tradizione tedesca, non tutte le patologie sono risolubili omeopaticamente bensì solo quelle che derivano dalla alterazione o dal malfunzionamento dei vari sistemi di regolazione e difesa del corpo.
La tradizione omeopatica successiva (ad esempio con lo statunitense James Tyler Kent) ha dato molto risalto alla dimensione psicologica della malattia.
I rimedi sono elencati nei repertori omeopatici (la Materia medica), che illustrano per ogni sostanza i sintomi corrispondenti. Il repertorio di Kent (1905) comprendeva circa 700 sostanze. Oggi l'omeopatia impiega circa 3000 rimedi, di cui 150 usati comunemente. I rimedi vengono sperimentati da persone sane, le quali registrano accuratamente i sintomi fisici e psicologici riconducibili alla loro assunzione. I repertori omeopatici registrano successivamente anche i risultati della pratica clinica.
[modifica] Potenza: diluizione e dinamizzazione
La diluizione, concetto fondamentale e sul quale si appuntano le critiche maggiori, viene detta in omeopatia potenza. Le potenze sono in realtà diluizioni o 1 a 100 (potenze centesimali o potenze C) o diluizioni 1 a 10 (potenze decimali o potenze D). In una diluizione C una parte di sostanza viene diluita in 99 parti di diluente e successivamente dinamizzata, ovvero agitata con forza secondo un procedimento chiamato dagli omeopati succussione; in una diluizione D, invece, una parte di sostanza viene diluita in 9 parti di diluente e sottoposta poi alla stessa dinamizzazione. Ogni sostanza omeopatica pronta per l'impiego riporta il tipo di diluizione e la potenza. Ad esempio, in un rimedio con potenza 12C la sostanza originaria è stata diluita per dodici volte, ogni volta 1 a 100, il che equivale dal punto di vista fisico a diluire una goccia della sostanza in una quantità di diluente pari alla quantità d'acqua contenuta nell'intero Oceano Indiano. Una potenza 12D, utilizzata abbastanza comunemente in omeopatia, equivale invece ad una concentrazione nella quale una goccia di sostanza è disciolta in un volume di diluente un milione di milioni di volte superiore e pari circa al volume di 25 piscine olimpioniche. Numerosi preparati omeopatici sono diluiti a potenze ancora maggiori, in qualche caso sino a 30C ed oltre. Nella pratica omeopatica le potenze C e D non sono considerate equivalenti, ovvero 1C non è ritenuto equivalente a 2D dal punto di vista terapeutico, sebbene lo sia da quello numerico.
Le critiche maggiori all'omeopatia vertono sul fatto che a potenze elevate e in particolare a partire proprio da 12C o dal 24D, le leggi della chimica provano che il prodotto finale è così diluito da non contenere più neppure una molecola della sostanza di partenza. Infatti il numero di molecole mediamente contenuto in una mole di sostanza è comunemente fissato dal cosiddetto Numero di Avogadro e pari a circa 1024 molecole/mole: mediante una diluizione 12C o una 24D della stessa mole di sostanza si raggiungerebbero quindi livelli di concentrazione che prevederebbero mediamente al più una sola molecola del farmaco. L'eventuale effetto terapeutico del rimedio omeopatico, pertanto, non sarebbe legato alla presenza fisica del farmaco, ma a "qualcos'altro", che gli stessi sostenitori dell'omeopatia non caratterizzano.
[modifica] Fisica dell'omeopatia
Hanno dato esito negativo gli studi che hanno sottoposto a verifica l'ipotesi che esista una memoria dell'acqua, e che il trattamento cui il composto omeopatico viene sottoposto consenta al solvente di esercitare un effetto riconducibile alla molecola che in esso è stata fortemente diluita. Se tali studi avessero prodotto un risultato positivo si sarebbe trovata una base scientifica per la pratica omeopatica, che sarebbe contraddistinta dal paradosso che l'acqua non dovrebbe conservare memoria di tutte le sostanze con cui è entrata in contatto, ma solo del composto omeopatico utilizzato.
Il primo articolo di taglio scientifico sui meccanismi di funzionamento dell'omeopatia è stato quello pubblicato su Nature. Nell'unico caso della prestigiosa rivista, l'articolo, che riguardava la memoria dell'acqua, fu accettato senza revisioni, ma vennero inviati alcuni osservatori scelti dal giornale, che smentirono tutti i risultati pubblicati. à da notare che uno degli osservatori fu James Randi un noto debunker dello CSICOP e prestigiatore che venne invitato allo scopo di assicurarsi che nessuna truffa fosse messa in atto. Alcuni dei firmatari dell'articolo lavoravano per una delle maggiori ditte che producono rimedi omeopatici. In definitiva, mancano ad oggi spiegazioni scientifiche su quali fenomeni fisici sarebbero alla base dell'omeopatia.
[modifica] Efficacia terapeutica dell'omeopatia
Allo stato attuale, nessuno studio scientifico, pubblicato su riviste di valore riconosciuto ha potuto dimostrare chiaramente che l'omeopatia presenti una seppur minima efficacia per una qualsiasi malattia. Gli unici risultati statisticamente significativi sono confrontabili con quelli derivanti dall'effetto placebo, indotto anche dalla particolare attenzione che l'omeopata presta al paziente e alla sua esperienza soggettiva della malattia e quindi non dal farmaco assunto dal paziente. Nonostante ciò, l'omeopatia si è ampiamente diffusa in Italia e in altri paesi a partire dagli anni '90.
Studi che hanno provato a quantificare il grado di soddisfazione soggettiva dei pazienti in cura omeopatica hanno mostrato risultati ragguardevoli (ad esempio una ricerca compiuta nel 2004 dalla clinica universitaria Charité di Berlino sulla qualità della vita di 3981 pazienti in cura omeopatica) e spiegano il successo sociale di tale pratica terapeutica.
Assai meno univoco è il risultato di studi clinici condotti su singoli rimedi o sul trattamento di specifiche patologie, dove gli esiti appaiono assolutamente in linea col noto effetto placebo.
[modifica] L'articolo della rivista medica Lancet
Una meta analisi pubblicata nell'agosto del 2005 dalla rinomata rivista medico scientifica Lancet ha avuto molto risalto sulla stampa, in quanto screditava l'omeopatia come metodo curativo scientifico in buona sostanza sostenendo che l'efficacia era spiegabile con l'effetto placebo.
Nel dettaglio l'articolo di Lancet si struttura in due parti, che portano a conclusioni distinte tra loro.
Nella prima parte, la meta analisi compara 220 studi clinici (110 omeopatici e 110 presi a caso tra studi con interventi biomedici), e porta alla conclusione che i due gruppi di studi sono di qualità metodologica paragonabile, e che entrambe le classi di trattamento mostrano efficacia superiore al placebo.
Nella seconda parte i ricercatori hanno ristretto la loro meta analisi a 6 studi omeopatici e 8 studi biomedici, selezionati tra tutti secondo degli standard di qualità e di numerosità di partecipanti. Questo filtro, affermano gli autori, è stato compiuto per limitare la presenza di bias negli studi presi in considerazione. I risultati della seconda parte della meta analisi mostrano che esiste una forte evidenza di efficacia dei metodi "classici", ed una evidenza di efficacia più debole per i farmaci omeopatici. Inoltre, quest'ultima evidenza non raggiunge un valore statistico critico (significatività ) necessario per poter dire con sicurezza che il risultato non è dovuto semplicemente a variazioni statistiche.
Gli autori concludono che l'efficacia dei rimedi omeopatici è compatibile (statisticamente) con l'ipotesi che derivino dall'effetto placebo.
Questo studio è stato rigettato dalla comunità omeopatica, e ha provocato la risposta da parte degli omeopati che hanno sollevato dubbi sull'imparzialità dei ricercatori, accusandoli di avere tratto quelle conclusioni per ragioni altre rispetto ai risultati scientifici. In particolare gli omeopati hanno contestato la procedura, sostenendo che la scelta degli studi da confrontare, ed in particolare la scelta del filtro di numerosità , potrebbe essere stata fatta ad hoc per ottenere questo risultato. Inoltre la conclusione della meta analisi può essere legittimamente interpretata, sempre secondo gli omeopati, come la dimostrazione dell'incertezza dell'efficacia dei rimedi piuttosto che la dimostrazione della loro inefficacia. Secondo questa interpretazione il risultato dovrebbe portare ad intensificare gli studi per avere risposte più chiare sull'eventuale efficacia dell'omeopatia.
La risposta a tale affermazione da parte di larga parte della comunità medico scientifica è stata che nessun'altra pratica della medicina verrebbe ancora studiata dopo risultati analoghi (ovvero pochi o nessun effetto scientifico dopo due secoli di test, dei quali almeno 50 con metodi moderni) e che quindi, per quanto sia caratteristica delle verità scientifiche essere non definitive, sarebbe uno spreco di risorse pubbliche continuare ad insistere nella ricerca in questo campo.
[modifica] Alcuni rimedi utilizzati in omeopatia
Aconitum napellus
Aesculus hippocastanum
Anarcadium orientale
Antimonium crudum
Apis mellifica
Argentum nitricum
Arnica montana
Aurum metallicum
Belladonna
Berberis vulgaris
Bryonia alba
Calcarea carbonica
Cantharis
Drosera rotundifolia
Dulcamara
Euphrasia officinalis
Gelsium sempervirens
Hamamelis virginiana
Hydrastis canadensis
Hypericum perforatum
Ipeca
Kali bichromicum
Lachesis
Ledum palustre
Lycopodium clavatum
Mezereum
Natrum muriaticum
Natrum sulfuricum
Nux vomica
Psorinum
pulsatilla
Rhus toxicodendron
Sanguinaria canadensis
Sepia
Silicea
Stramonium
Sulfur
Thuja occidentalis
Vipera redi
Zincum metallicum
La fitoterapia (a volte anche impropriamente definita fitomedicina) è, in senso generale, quella pratica medica umana comune a tutte le culture e le popolazioni sin dalla preistoria, che prevede l’utilizzo di piante o estratti di piante per la cura delle malattie o per il mantenimento del benessere. Data l’antichità di questa pratica, che con tutta probabilità rappresenta il primo esempio di pratica terapeutica umana, e data la sua generalizzata distribuzione geografica, è impossibile dare una descrizione di essa in termini di un sistema terapeutico specifico (come ad esempio è possibile fare per l’omeopatia). Piuttosto è sensato dire che l’utilizzo terapeutico delle piante si ritrova in tutti i sistemi terapeutici umani, da quelli più antichi e basati su osservazione ed empiria, a quelli più sofisticati e con livelli di complessità teorica elevata, fino alla moderna biomedicina. Dal punto di vista terminologico, limitandosi alla Unione Europea, solo da pochi anni, e limitatamente alla Gran Bretagna, esiste una categoria professionale istituzionalizzata di fitoterapeuti, con percorso formatico universitario distinto da quello previsto per la biomedicina, e con protezione legale del nome. Negli altri stati membri della UE il termine fitoterapeuta non ha valore legale, e la fitoterapia non è una branca riconosciuta delle biomedicina. Il termine viene dal greco phyton (pianta) e terapeia (cura).
La fitoterapia è considerata una medicina alternativa o complementare nella maggior parte degli stati membri della UE e negli Stati Uniti, anche se alcune piante e soprattutto alcune frazioni di pianta sono riconosciuti e sfruttati anche dalla medicina scientifica tradizionale. La medicina popolare si serve di queste sostanze da tempi immemorabili. Ippocrate citava il rimedio come terzo strumento del medico accanto al tocco e alla parola.
Principi attivi
Le piante sono fra le principali fornitrici di sostanze medicamentose. Nella loro evoluzione esse hanno sviluppato innumerevoli metaboliti secondari che svolgono per la pianta varie funzioni ecologiche (repellenza, difesa dagli erbivori, lotta contro altre specie vegetali per il controllo delle risorse, difesa dai parassiti, attrazione degli impollinatori, ecc.). Questi stessi metaboliti secondari hanno mostrato importanti attività farmacologiche nell'uomo. Ecco una lista esemplificativa dei vari principi attivi:
fenoli semplici
polifenoli - tannini e flavonoidi
glicosidi (fenilpropanoidi, antrachinoni, glucosinolati, iridoidi, glicosidi cianogeniche )
terpeni
terpenoidi e saponine (fitosteroli, glicosidi cardioattive , triterpeni)
olii essenziali e resine
alcamidi
alcaloidi
Le attività che questi metaboliti possono esercitare sulla fisiologia umana sono molteplici e sarebbe impossibile riassumerle brevemente, tuttavia una lista sommaria comprenderebbe:
sostanze tossiche
sostanze con attività ormonoregolatrici
sostanze ad attività antimicrobica
battericidi
virostatici
fungicidi
sostanze lassative
sostanze antinfiammatorie
sostanze attive sul sistema nervoso centrale e periferico
sostanze antiossidanti
Le moderne preparazioni fitoterapiche (fitorimedi) sono ottenute a partire dal materiale vegetale, sia fresco che essiccato, tramite estrazioni con solventi e metodiche diverse: se il solvente è l'etanolo in percentuali diverse si parla di estratti idroalcolici, solitamente chiamati tinture (o estratti fluidi; se il solvente è l'acqua si parla di infusi, decotti o macerati a freddo; se il solventeè un olio grasso si parla di oleoliti; l'estrazione con solventi diversi e non alimentari (esano, cloroformio, ecc.), che vengono poi eliminati, permette la preparazione di estratti molli e secchi. Alcune preparazioni sono costituite da estratti di singole piante, altri da combinazione di estratti da diverse piante. In particolare in alcuni paesi i fototerapeuti hanno la possibilità di preparare miscele estemporanee di diversi estratti per individualizzare la prescrizione. Le preparazioni in libera vendita devono sottostare a vari standard di tipo qualitativo, mentre gli standard di efficacia e tossicologici vengono applicati (nella UE) solo a quei preparati ai quali venga riconosciuto lo status di farmaci vegetali (herbal medicines). Per i preparati che non rientrano in questa categoria valgono le regolementazioni dei singoli stati membri.
[modifica] Pericoli
L'uso di piante e dei loro derivati può essere utile nella terapia, ma spesso si verifica uno sfruttamento promozionale di piante ed erbe delle quali si vantano proprietà terapeutiche non documentate e delle quali talvolta si ignorano i possibili pericoli. La carenza di una ferrea regolamentazione, frenata anche da interessi commerciali, contribuisce alla confusione. L'equazione "naturale = benefico" è infatti spesso un semplice tranello atto ad abusare della credulità di alcune persone: anche i virus, difatti, sono naturali, come pure i funghi velenosi o la cicuta con cui Socrate si suicidò. Anche le interazioni con i farmaci tradizionali devono essere valutate con attenzione così come gli effetti collaterali.
[modifica] Premesse fitoterapiche
La fitoterapia esclude l'autoprescrizione e richiede quindi competenza e serietà , oltre a facoltà diagnostiche e terapeutiche di altri rami:
ottime conoscenze su indicazioni, controindicazioni ed effetti collaterali di fitorimedi
ottime conoscenze sulla ricettazione di fitorimedi (norme, convenzioni, abbreviazioni, combinazioni, dosaggi) e conoscenza di prodotti reperibili
ottima collaborazione con un farmacista che si dedica ai fitorimedi
buone conoscenze di galenica (preparazioni di piante e loro parti in rimedi galenici)
almeno minime conoscenze di erboristeria (piante, la loro crescità , coltivazione, raccolta, elaborazione e conservazione)
[modifica] Fitoterapia popolare
La fitoterapia popolare ha resistito contro una forte concorrenza di medicina convenzionale (accademica), integrando le recenti conoscenze mediche. Tratta anzitutto malattie e disturbi banali.
L'applicazione pratica di una disciplina medica non convenzionale che si serve delle piante e dei loro derivati per scopi medico-terapeutici può comprendere le seguenti discipline:
[modifica] Ricettazione
Capacità di stilare una ricetta formalmente corretta a seguito di una corretta diagnosi e per una determinata e assicurata patologia di un determinato paziente.
[modifica] Galenica popolare
L'arte di preparare fitorimedi, l'antica disciplina dei farmacisti o speziali, si chiama Galenica (dal nome del medico dell'antichità Galenus). Non è necessario avere delle attrezzature speciali per svolgere questo mestiere, basta una cucina ben attrezzata. Per contro bisogna possedere delle solide conoscenze culinarie ed erboristiche.
[modifica] Erboristeria
L'erboristeria è la capacità di identificare, raccogliere e conservare le piante medicinali. Ai tempi questo era il mestiere dell'erborista. Oggi le poche piante ancora usate come medicamenti grezzi vengono coltivati da contadini specializzati. Raccogliere piante selvatiche con scopi farmaceutici richiede buone conoscenze botaniche ed ecologiche.
spero che ti vadi bene
2006-11-10 15:43:31
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answer #10
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answered by Anonymous
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