Effettivamente l'eutanasia nn è altro che un discorso contraddittorio da parte della chiesa, perchè tenere in vita una persona che senza le macchine sarebbe già morta da un pezzo è un atto del tutto egoistico da parte dell'uomo; sarebbe come immanettare alla terra una persona che è già stata chiamata da Dio da parecchio tempo.
2006-10-15 06:32:16
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answer #1
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answered by panterinarosa81 6
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accanimento terapeutico ed eutanasia sono due aspetti diversi dello stesso problema:chi e fino a che punto ha diritto di intervenire sulla vita o sulla morte di un paziente?
il medico a volte perde il controllo nel tentativo di salvare la vita del paziente,osando ciò che non dovrebbe anche quando la letteratura scientifica gli impone un freno....d'altra parte è anche vero che quando il medico ha ragione la vita del paziente può essere salvata...ma se il tempo passa senza miglioramenti ed anzi il paziente viene mantenuto in condizioni di vita vegetativa senza ragionevole possibilità di miglioramento,allora si parla di accanimento terapeutico...
Veder soffrire un paziente che si sa dover morire è straziante e terribile...l'impatto emotivo è fortissimo,specie quando è il paziente stesso a chiedere di poter porre fine alle proprie sofferenze,magari quando ormai nemmeno i farmaci hanno più effetto per lenire il dolore....
quel che è certo è che da punto di vista deontologico il medico non può in alcun modo valicare alcuni limiti che la bioetica gli impone..ma spesso è molto difficile stabilire dove finisca il compito del buon medico e dove inizi l'accanimento terapeutico...non tanto per la definizione in sè che è chiara..quanto perchè a volte l'uno si continua nell'altro...e dunque in che momento è giusto smettere di tentare?quando non c'è più speranza?si ma quante volte è accaduto che persone in coma ritenuto irreversibile si siano invece svegliate?(ed è solo uno dei tanti esempi...).
In medicina non è tutto bianco o nero...ci sono infinite tonalità di grigio....e sono quelle che fanno la differenza...
quanto all'eutanasia...sono contraria ad affrettare la morte...ma credo che tenere il paziente sedato il più a lungo possibile ,se lo desidera,sia l'atto più umano e corretto...affrettare la morte,anche solo di pochi istanti no,non è compito che spetti all'uomo...
credo che la vita debba essere sempre protetta e difesa..e se anche c'è solo una minima speranza che una persona possa tornare ad una vita accettabile ,prima di tutto per se stessa,ritengo giusto mantenere viva questa possibilità...ma la valutazione non la può mai fare un singolo medico,spetta ad un comitato etico,che valuterà tutte le possibilità e sceglierà,nell'interesse del paziente e in base alle conoscenze mediche più avanzate,quale sia la scelta più giusta...
sono uomini e possono sbagliare...ma vengono davvero valutati tantissimi parametri e con vari criteri,perciò le decisioni sono sempre abbondantemente motivate,anche laddove possano trovarci in disaccordo....
2006-10-15 07:22:27
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answer #2
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answered by micetta 5
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Cominciamo col dire che sostenere che l’argomento non sia politicamente trattabile e sia di esclusiva pertinenza di medici e scienziati equivale, più o meno, ad affermare che il modo in cui si fa l’amore debba essere di esclusiva conoscenza di ginecologi o pornostar.
Sbagliato, quindi.
Il tema, al contrario, prima che sanitario o scientifico, è sociale, politico, filosofico. Di tutti, quindi. Nella discussione sull’eutanasia entrano inevitabilmente termini lessicali esistenzialmente fondanti: vivere, consapevolezza del vivere, individualità , individuo. Vi entra l’esistenza di un essere umano e, con essa, le esistenze di tutta una società che di quell’individuo è la prima, perdurante, interlocutrice.
La lettera di Piero Welby, il pubblico rilancio del Presidente della Repubblica, hanno finalmente riaperto la maglia di una questione in questi anni davvero malamente ricucita.
Se ne ridiscute, quindi, e Il tono (finora) adottato dal mondo politico nella trattazione pubblica del problema è gradevolmente pieno di sincero pudore, della convinzione che il tema capeggi un intero circuito di esistenze e sfiori o finirà per sfiorare le vite di tutti. E’ una questione che mette in gioco la “possibilità ” solo umana di poter, appunto, creare un vero e proprio rapporto con il proprio essere.
Eutanasia.
Il dolore non c’entra. Non è un problema di dolore. Non è un problema di sua sopportazione.
E’ un problema di essere. Di essere distinguibile dal non essere più.
C’è un coro pubblico e unanime che dice di essere contro l’accanimento terapeutico e a favore della terapia del dolore. Si è contro l’accanimento terapeutico perché si coglie l’”attimo violento” in cui una persona incide nell’esistenza altrui incidendo nella sua inconsapevolezza, nel suo non essere più individuo, nella sua sola e inerte materia biologica.
Parimenti si è a favore della terapia del dolore, perché l’umanità storicizzata possiede il senso della morte imminente e, nelle sue capacità rappresentativa, paragona quel senso a una specie di “viaggio”. Si è favorevoli alla terapia del dolore perché ci si compiace di poter accompagnare qualcuno lungo quel viaggio e renderglielo apparentemente più dolce. Le due situazioni vanno, invece, coniugate. Al soggetto avente diritto le due cose vanno riferite insieme. E spetta a quest’ultimo, se consapevole, di decifrare, con l’intima onestà di chi non può e non vuole rinunciare al suo bene primo e più prezioso, il tratto e il carattere che l’epilogo deve avere.
L’errore più grande sarebbe quello di arrivare a un’etica della situazione. Alla giustificazione attribuibile allo stato di necessità . Al diritto che è solo casistica anomala e non più diritto.
Bisogna dare ampio spazio a questo dibattito. Renderlo più pubblico e partecipato possibile. Bisogna avere il coraggio di valutare penetrando nelle facoltà decisorie più profonde dell’essere umano. Chi vuole l’eutanasia non vuole e non può umanizzare la morte in quanto la morte è già ampiamente umanizzata dal sua esserci nella vita dell’uomo e dall’accompagnarlo con consapevolezza per tutto il suo percorso in terra. Chi vuole l’eutanasia vuole dare più valore all’essere umano, alla sua capacità di cogliere il proprio essere, alla sua possibilità di scegliere, alla capacità di poter amare, amare davvero, prima di tutto se stesso
2006-10-15 07:44:43
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answer #3
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answered by JoySleep 4
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No, non credo. Ne parlavamo in classe l'altro giorno e non mi sembra che siano la stessa cosa. Ciao!!
2006-10-15 06:36:30
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answer #4
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answered by menuccia92 3
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Perché siamo troppo legati alle ideologie della nostra religione...E' inutile accanirsi su una persona che non ha più possibilità di rimettersi...Anche sugli esperimenti sugli ovuli.....quegli ovuli su cui si vorrebbero fare esperimenti verrebbero in ogni caso gettati e inutilizzati senza dare la possibilità per scoprire una possibile cura ad alcune malattie che potrebbe evitare la morte di moltissime persone...Queste cose non le dico così per dire....sono figlio di due medici quindi conosco bene questi aspetti...ma molta gente ha una mentalità bigotta e conservatrice...non dico ovvio di gettare tutti i valori al vento....ma i tempi cambiano e bisogna adeguarsi.....la chiesa e la nostra religione da questo punto di vista devono essere messe da parte....
2006-10-15 06:33:49
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answer #5
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answered by ? 5
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ti parlo da medico che ha vissuto una difficile esperienza con la moglie colpita da una bruttissima forma di cancro alla mammella. dovevo accanirmi a fare altre (forse) inutili terapie che avrebbero debilitato ancor più il fisico di mia moglie o lasciar seguire il corso delle cose? noi medici all'atto della laurea giuriamo con Ippocrate di curare i nostri pazienti fino all'ultimo filo di speranza per cui non centra la religione in queste cose ma la nostra coscienza però è anche da ripensare l'accanimento terapeutico che a volte ci prende la mano. no l'eutanasia no non abbiamo noi il diritto di decidere della vita e della morte di una persona
2006-10-15 08:20:31
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answer #6
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answered by nocerino 2
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