IRAQ1991
Quando l'Italia restò' col fiato sospeso per Bellini e Cocciolone
L'evento:
L’Italia entra in guerra contro l’Iraq il 25 settembre 1990, schierando presso la base di AL DHAFRA (Emirati Arabi Uniti) 8 velivoli Tornado del:
6° stormo
36° stormo
50° stormo
Partecipando alla operazione “Desert Storm”.In un primo tempo i nostri Tornado hanno il compito di assicurare la copertura aerea al gruppo navale della Marina Militare Italiana, schierata nelle acque del golfo da molti mesi, questa protezione viene svolta egregiamente dai nostri piloti. Successivamente i compiti vengono estesi anche ad azioni offensive, su decisione del nostro Governo insieme alla forza multinazionale. I nostri 8 Tornado si levano in volo nella notte tra il 17-18 gennaio dalla base aerea “Locusta” per un azione di bombardamento su un centro comunicazioni e un deposito di munizioni Irachene a nord di Kuwait city. Si incontrano con altri velivoli alleati per un rifornimento da una cisterna KC.135E dell'USAF. Ma le condizioni meteorologiche sono proibitive per il rifornimento, ed impongono al grosso del gruppo di ritornare alla base compresi gli aerei alleati.
Un solo Tornado riesce ad effettuare il rifornimento, è quello del magg. pilota Bellini con il cap.pilota
Cocciolone, che effettua la sua missione di sgancio a bassa quota centrando l’obbiettivo assegnatogli. Nella manovra di disimpegno per sfuggire dall’offesa Irachena, i due piloti hanno un dialogo concitato è tecnico…
“Bellini, chaffa - chaffa”
“Cocciolone, sto chaffando - sto chaffando” - “Cocciolone, vai così”
“Bellini, Eject – Eject – Eject”!
Il Tornado viene colpito dalla contraerea, e i due membri dell’equipaggio si lanciano con i loro sedili
Martin Baker MK-10A
atterrando nella piena oscurità del deserto Iracheno.
Vengono catturati dai soldati nemici e fatti prigionieri, L’Italia apprende questa notizia dalla TV, con le pietose immagini del cap. Cocciolone, con il viso tumefatto
che ripete “my name is Maurizio Cocciolone and is a captain of the Italian Air Force”del magg.Bellini
non si saprà più niente fino alla loro liberazione avvenuta alla fine delle ostilità.
Questa e in sintesi lo svolgimento degli eventi che ci è stato trasmesso dalla tv e dalla stampa,
anche specializzata in quei giorni tragici per la nostra Aeronautica.
Riflessione:
Eppure mi chiedo… che evoluzione hanno avuto i sistemi di espulsione in 50 anni...
Cosa prova oggi un pilota che si lancia dal suo aereo ultramoderno, rispetto ai suoi predecessori che pilotando aerei semplici e scarni rischiavano di più nel lanciarsi.. che rimanere in cabina! il pilota doveva effettuare quattro operazioni prima di lanciarsi, sganciare il tettuccio, girare l’aereo, sganciare la cintura del sedile, aprire il paracadute!... “povero diavolo” tutto questo se aveva il tempo.. e se le condizioni glielo permettevano!…
..Oggi per un pilota che deve lanciarsi, basta che tira una “maniglia” e si ritrova in pochi secondi penzolone al suo paracadute con viveri è soccorso SAR in arrivo.
L'Incontro:
Alla fine di Giugno mi sono recato con una volato insieme sul golfo di Salerno…
Associazione Aeronautica in un Aeroclub di ovviamente con un modesto P-66c charlie
Salerno, e lì ho avuto il privilegio di incontrare come riportano le foto sotto.
il Col. Bellini, persona affabile è disponibile, Ho chiesto al col. Bellini di descrivere
abbiamo scambiato due chiacchiere, rievocan- quei fatti, e portare la sua esperienza
do nei limiti del lecito quei tragici momenti, a tutti noi appassionati.....
(il col.Bellini è ancora in servizio..) e poi si è
La descrizione del col. Bellini:
Mi è stato chiesto di scrivere un’introduzione ad un articolo che mi riguarda e che fa parte un po’ della mia vita ossia la guerra del Golfo del 91 che mio malgrado ci ha visti (a me ed al Cap Cocciolone) protagonisti.
Ho chiesto all’autore dell’articolo su cosa doveva essere incentrata la mia introduzione e mi è stato detto di parlare delle ultime fasi di quel volo del 18 gennaio che si sono concluse con il lancio in pieno deserto e della sensazione che prova un pilota nel momento del lancio. Vi racconterò perciò quelle ultime concitate fasi anche se, del momento effettivo del lancio, io non ho nessun ricordo ma ho solo quella testimonianza data dall’ascolto della scatola nera del mio Tornado.
Dopo aver effettuato il rifornimento in volo ed aver scoperto che il mio “leader”, per una rottura meccanica, stava rientrando alla base, senza aspettare che il velivolo del mio leader lasciasse la formazione, spensi tutte le luci esterne e diressi il velivolo verso nord, verso il punto della navigazione prima dell’attacco. Appruai verso il nero più nero confidando ciecamente negli strumenti. Il “coccio” mi batteva la quota per ricordarmi che alla fine di quel nero c’era la superficie dell’acqua del mare arabico. Livellammo a 250 piedi dal livello dell’acqua e procedemmo ai controlli da effettuare prima dell’attacco. Staccammo la radio di emergenza dal seggiolino (consente di individuare l’equipaggio lanciatosi con il paracadute attraverso un segnale radio di emergenza. Se il lancio avviene in territorio nemico essere individuati non è la cosa migliore.) ed effettuammo i controlli del TF (Terrain Following - apparato che consente di volare seguendo l’orografia del terreno in modo automatico ed in ogni condizione metereologica).
Ci dirigemmo velocemente verso Kuwait City e cominciai a vedere i contorni della costa e l’illuminazione a giorno della città. Dissi all’interfono che mi aspettavo Kuwait City oscurata rallegrandomi che invece non lo fosse.
Entrati su terra iniziammo l’avvicinamento al nostro obiettivo assumendo la configurazione tattica prevista. Incrementammo la velocità e scendemmo, usando la strumentazione di bordo, ulteriormente di quota.
La CONTRAEREA era molto attiva e ricordo di aver effettuato una chiamata al COORDINATORE TATTICO
della MISSIONE a bordo di un AWACS
con il nominativo POMKA, dicendogli che LEAGION 14
(nominativo radio del numero 4 la formazione di velivoli di quella notte) proseguiva per la missione. In risposta ricevetti un “ROGER”.
Alle 04.30 ho sganciato come previsto il carico bellico, composto da 5 MK 83 ritardate con il Sistema MATRA, sull’obiettivo, e 40 secondi dopo sono stato colpito violentemente dalla contraerea irachena ai comandi di volo del velivolo costringendomi al lancio.
Tutta questa concitata fase è stata ricavata dal crash recorder del Tornado abbattuto in quanto di quei momenti non mi rimangono se non vaghi ricordi, una cosa però è certa e cioè che aver dato l’ordine di eiezione deve essermi costato moltissimo. Ogni pilota durante la missione, fa del suo velivolo il rifugio più sicuro e confortevole del mondo. Lasciarlo non può che costare tantissimo dal punto di vista psicologico ed è per questo che il lancio in genere si effettua quando tutte le altre opzioni vengono meno.
Il punto di impatto del velivolo e quindi presumibilmente anche il punto di atterraggio dei due paracadute, era a circa 20 Km Nord—Ovest di Kuwait City. Il luogo era alla periferia del complesso di Caserme Irachene che costituiva l’altro Target.
La cattura da parte delle Truppe Irachene è stata immediata, data la vicinanza dell’impatto dalle installazioni logistiche.
Appena presi io ed il Navigatore Cap. Maurizio COCCIOLONE siamo stati divisi e tenuti in luoghi separati. Io sono stato tenuto nella postazione di comando di una Batteria ZSU 234 che il nostro velivolo al momento dell’impatto aveva distrutto.
Lì sono stato spogliato di tutto e sono stato vestito con biancheria di fabbricazione ungherese e con la nota tuta gialla dei prigionieri di guerra
La Tuta da Volo, Pistola Beretta CAL.9, due Caricatori, Scarponi, Tuta Anti—G, Casco, Cosciale, Pugnale, Orologio e biancheria intima mi sono stati confiscati.
Dal lancio fino al momento della liberazione non ho più incontrato COCCIOLONE di cui conoscevo la sorte.
12/luglio/2004
Col. Gianmarco Bellini
2006-09-22 11:17:45
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answer #1
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answered by giocolatore 4
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