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8 risposte

E' una forma di difesa del nostro organismo.
Poichè l'emozione provata è una forma di energia (come una scarica elettrica) che viene percepita in maniera troppo forte per il nostro normale status, e quindi l'organismo cerca di reagire con un meccanismo che tenda a "scaricare" questo accumolo extra, non altrimenti gestibile, di energia, mettendo in atto una reazione come il pianto o le lacrime. Se ci fai caso, dopo aver pianto ci si sente molto più rilassati.

2006-09-12 06:19:33 · answer #1 · answered by Ramacharaka 4 · 1 0

Gli stimoli del riso e del pianto hanno origini simili e i segnali di inizio di una fragorosa risata, così come di un pianto dirotto, partono da una stessa zona cerebrale. La teoria che il riso faccia bene alla salute, in quanto sembra che riduca certi inibitori delle difese immunitarie, è avallata da dai risultati di numerose ricerche, che rafforzano la convinzione dell'esistenza di importanti interazioni fra la mente e il sistema immunitario.
Nel Cervello è una zona specifica a trasmettere il segnale: si tratta di particolari strutture, il limbo e l'ippocampo in cui si trovano i circuiti legati alle emozioni.

2006-09-12 06:30:56 · answer #2 · answered by elival64 6 · 0 0

Il pianto è un’espressione di se stessi e delle proprie emozioni.
Allora è importante avere una consapevolezza e una comprensione di quale pianto è, perché si piange e come si piange; perché esistono tre tipi di pianto:
C’è il pianto per dolore, ed è molto riconoscibile, è quello del bambino che si fa male e piange per dolore. Il pianto per dolore è determinato da un dolore fisico, quindi è inutile rassicurare il bambino, bisogna risolvere il suo dolore fisico. Spesso basta far cambiare immediatamente idea al bambino, se gli si riesce a far pensare a qualcos’altro il dolore scompare come per magia; se il bambino continua vuol dire invece che il dolore fisico è molto forte allora si deve accompagnarlo per le cure necessarie. Il pianto per dolore è molto evidente proprio perché è forte, eccitato;
· c’è il pianto come lamento sommesso che è il pianto più pericoloso: il bambino non piange in modo eclatante, piange spesso con grossi singhiozzi interni, é lamentoso. Se è il pianto sommesso si chiama “d’ansia” o “d’angoscia”, e questo richiede un intervento adeguato in tempi immediati. Il pianto è lamentoso, angoscioso, viene dallo stomaco; il bambino piange spesso in silenzio. Il bambino starà a scuola ma non in modo felice, consapevole e gioioso, costruttivo, soddisfacente. Con questo pianto, nell’inserimento, è fondamentale che ci siano i genitori; è importante stare vicino al bambino senza parlare, come presenza fisica; se parlate rovinate tutto.
· c’è il pianto per capriccio: ogni tanto il bambino piange, poi smette, poi ripiange un po’ a gettone, no? Piange, vede la situazione, poi ripiange ecc.

Il testo che cito e di cui do il link è limitato ai bambini, ma io trovo che gli adulti piangono per gli stessi motivi.

http://www.descrittiva.it/calip/dispensa.pdf

2006-09-12 06:28:56 · answer #3 · answered by ocima 7 · 0 0

penso per sfogarci....infatti dopo un pianto uno si sente meglio....almeno a me succede così...

2006-09-12 06:21:12 · answer #4 · answered by ? 2 · 0 0

E' una forma di difesa e di debolezza per un evento negativo che non sappiamo come superare.

2006-09-12 06:18:09 · answer #5 · answered by Anonymous · 0 0

forse x lo stesso motivo x cui istintivamente qnd siamo felici allarghiamo la bocca in un sorriso.....

2006-09-12 06:17:39 · answer #6 · answered by PPrKuT 3 · 0 0

perche siamo spaventati dal fatto che non sappiamo cosa succede esattamente nel nostro corpo e come migliorare la situazione!

2006-09-12 06:14:53 · answer #7 · answered by Asve 4 · 0 0

Piangere è umano: ecco perché può accadere per gioia o dolore, commozione o rabbia, rimane comunque peculiarità della nostra specie. Secondo i medici è un fenomeno ancora troppo poco studiato, rispetto all'importanza che assume anche nel rapporto tra paziente e terapeuta. Scopriamone i meccanismi, fisiologici e psicologici

Il pianto, come il pollice opponibile e la razionalità, è prerogativa esclusiva della condizione umana. Sovente è legato alla patologia e alla sofferenza, eppure - al contrario di artisti, poeti, clown - medici e ricercatori hanno studiato raramente il fenomeno. Si chiama dacriologia la scienza che studia le lacrime. L'unico riferimento sistematico nella letteratura scientifica è costituito dalle ricerche neurofisiologiche condotte, a partire dagli anni Settanta, presso il Centro Medico di San Paul Ramsey dell'Università del Minnesota, da William H. Frey. Tuttavia, recenti studi in Svezia, Texas, Australia, hanno sottolineato la grande frequenza del pianto nell'ambito delle relazioni medico-paziente e infermiere-paziente, lamentando la mancanza di corsi di formazione specifici nelle facoltà di Medicina e nelle scuole professionali.
"Ripercorrendo le mie esperienze di ostetrico", racconta Salvatore Garzarelli, primario di Ostetricia e Ginecologia al San Paolo di Savona, "mi sono accorto che non avevo mai riflettuto sul significato e la funzione del pianto che sempre accompagna la nascita. Si nasce piangendo e il pianto è la prima forma di comunicazione. La sala parto è un luogo di lacrime: dolorose, gioiose, liberatorie, a seconda delle situazioni. La madre, al momento del distacco, prova emozioni ambivalenti. Anche nella gioia c'è una sofferta ambivalenza, in questa circostanza come in altre, quando la realtà si distingue dal sogno e si consuma la separazione: da un figlio tenuto dentro di sé, da un amore ardente, da un desiderio coltivato con tenacia, da una persona cara... Nel parto la tensione di un'attesa amorosa si scioglie con la nascita e già suggella la separazione, la perdita dell'unicità madre-figlio, e prelude al richiamo di un confronto immediato con una creatura diventata materia autonoma. E' il pianto, poi, che segnala la vitalità del neonato. Noi medici spesso rifuggiamo le lacrime. Pure di fronte a eventi dolorosi, cerchiamo di cavarcela con una pacca sulla spalla, e tentiamo di reprimere le nostre e altrui lacrime, mentre sarebbe meglio interagire col paziente in modo diverso".
Ma cos'è una lacrima? "Abraham Werb, chirurgo oftalmico londinese", precisa Paolo Nucci, oculista, docente all'Università di Milano, "ha descritto le lacrime come un sandwich fluido, con uno strato interno di mucina a contatto con la superficie dell'occhio, uno strato acquoso intermedio e uno esterno composto da oli che impediscono alle lacrime di evaporare troppo rapidamente". I fisiologi distinguono le lacrime in tre categorie: basali, riflesse e psicologiche.
Le lacrime basali sono quel velo permanente che lubrifica i nostri occhi. Le lacrime riflesse sono quelle provocate da un corpo estraneo. Le lacrime psicologiche o emotive esprimono un particolare stato d'animo e traggono origine da quell'emozione. "Queste ultime svolgono una funzione psicofisiologica", spiega Gioia Marzi, psichiatra e micropsicoanalista, responsabile dell'Unità Operativa per i Disturbi dell'Alimentazione e Psicopatologia di Genere presso il Dipartimento di Salute Mentale della ASL di Frosinone, "la difesa somatica, cioè, assume anche un "incarico psichico" volto all'abbassamento o all'eliminazione della tensione che il soggetto avverte come dolore-dispiacere. Numerosi studi affrontano le analogie fra due forme apparentemente contrastanti del comportamento umano: il riso e il pianto, entrambi sono accompagnati dall'aumento dell'enkefalina, una sorta di anestetico prodotto dall'organismo. Il sollievo che si prova è in relazione al suo incremento stimolato dal pianto. Trova quindi conferma con i dati di biologia molecolare l'affermazione che il pianto cerca di pulire l'anima eliminando psicobiologicamente un eccesso di tensione e che, in questo senso, esso ha una funzione limite tra il soma e la psiche".
Queste le prime risposte. Una ricerca più approfondita svela molte sorprese. Con l'aiuto dei tre specialisti che in Italia hanno affrontato l'argomento da diverse prospettive, abbiamo intrecciato le informazioni nel tentativo di costruire una mappa di questa piccola catastrofe della vita corporea, strumento essenziale della comunicazione umana.


(Fonte: Salute di Repubblica del 23 marzo 2006)

2006-09-12 06:18:40 · answer #8 · answered by Special Agent HQ 3 · 0 1

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