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El oráculo de Delfos fue un gran recinto sagrado dedicado principalmente al dios Apolo que tenía en el centro su gran templo, al que acudían los griegos para preguntar a los dioses sobre cuestiones inquietantes. Situado en Grecia, en el emplazamiento de lo que fue la antigua ciudad llamada Delfos (que hoy ya no existe), al pie del monte Parnaso, en medio de las montañas de la Fócida, a 700 m sobre el nivel del mar y a 9,5 km de distancia del golfo de Corinto.

De las rocas de la montaña brotaban varios manantiales que formaban distintas fuentes. Una de las fuentes más conocidas desde muy antiguo era la fuente de Castalia, rodeada de un bosquecillo de laureles consagrados a Apolo. La leyenda y la mitología cuentan que en el monte Parnaso y cerca de esta fuente se reunían algunas divinidades, diosas menores del canto, la poesía, llamadas musas junto con las ninfas de las fuentes, llamadas náyades. En estas reuniones Apolo tocaba la lira y las divinidades cantaban.

El oráculo de Delf

2006-08-16 13:10:43 · 10 respuestas · pregunta de Enrique 1 en Maternidad y embarazo Niños en edad preescolar

Enserio alguien se molesta en siquiera leerlo?

2006-08-16 13:19:00 · update #1

Es el articulo de mi tarea pero ya no hubo espacio para hacer la pregunta

2006-08-16 13:47:22 · update #2

10 respuestas

Alla fine del 13° secolo la Platea Episcopalis, il complesso episcopale fiorentino, presentava i tre edifici che ancora la compongono in redazioni e rapporti spaziali completamente differenti. L'attuale Piazza S. Giovanni era poco più di uno slargo attorno al Battistero di San Giovanni, allora il vero fulcro del complesso, appena completato col suo attico ed il tetto in marmo a piramide ottagonale. Ad est, subito fuori della Porta del Paradiso, non ancora ornata dalle porte bronzee del Ghiberti, il portico della chiesa di Santa Reparata, che disponeva all'estermità orientale di un vero e proprio coro armonico munito di due campanili.

A coronamento della Platea Episcopalis sorgevano anche l'antica chiesa di San Michele Visdomini, poi spostata più a nord, che si trovava sullo stesso asse Duomo-Battistero, ed il più antico Spedale Fiorentino; a sud sorgevano le abitazioni dei Canonici, organizzate intorno ad un chiostro centrale

La Cattedrale di Santa Reparata, pur antica e veneranda, non conveniva più come chiesa cattedrale di una città in fortissima espansione, ricca e potente, che aveva appena regolato i suoi conti con la rivale Siena (Battaglia di Colle Val d'Elsa, 1269) ed imposto, sia pure a fatica, la sua egemonia nel caotico scacchiere toscano. Santa Reparata veniva descritta dal Villani come molto di grossa forma e piccola a comparazione di sì fatta cittade e nei documenti del comune come Cadente per estrema età. Tra l'altro, come in altre strutture religiose, vi venivano tenute anche le sedute del governo del Comune di Firenze che, infine, nel 1294, decise la ricostruzione della chiesa con dimensioni tali da eclissare le cattedrali delle città avversarie, tra cui Pisa e Siena.
Venne posto un particolare accento alla ricchezza della fabbrica così da usarla come una icona della potenza cittadina.

Il cardinale Pietro Valeriano, legato di papa Bonifacio VIII, pose solennemente la prima pietra della nuova basilica nella festa della Natività della Madonna del 1296. La costruzione dell'edifico fu un vasto progetto che durò almeno 170 anni (molti di più se si considera fino alla realizzazione della facciata dell'Ottocento), vi parteciparono numerosi artisti importanti e fu al centro degli sforzi collettivi di molte generazioni.

La costruzione di Santa Maria del Fiore, uno dei momenti di maggiore importanza nello sviluppo dell'ingegneria moderna, è quindi frutto di un cantiere durato secoli e che ha risentito delle alterne vicende della storia politica ed economica di Firenze, dei cambiamenti di gusto e delle diverse personalità dei capomaestri che si sono alternati alla guida del cantiere.

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I problemi con gli studi sul cantiere
Lo studio di questo cantiere, oltretutto, risente del fatto che si tratta di uno dei massimi capolavori dell'architettura (e che contiene capolavori assoluti di scultura, pittura, etc.) e che, quindi, più che ad un oscuro lavoro di verifica, invitava alla formulazione di teorie generali valide per l'intera storia dell'arte italiana. Gli studiosi che vi si sono dedicati non hanno, se non raramente, rivolto la loro attenzione ai dati scientifici e d'archivio che la ricerca forniva e che continua a fornire. Avviene così che, ancora oggi, si basino descrizioni e teorie su dati obsoleti e spesso inesatti. Le piante e le sezioni di G. B. Nelli, che non riflettono affatto la reale forma della cattedrale ma ne costituiscono una versione regolarizzata, che non registra i cambi di direzione nell'asse della Cattedrale rispetto all'asse di Santa Reparata, le larghezze variabili dei valichi del corpo basilicale o le notevoli differenze di larghezza tra i vari spicchi della Cupola, sono ancora oggi regolarmente usate. Così come le ipotesi di Camillo Boito sulla pianta prevista da Arnolfo sono ancora oggi usate come se riflettessero un dato di fatto, mentre già gli scavi del Toker mostrarono la scarsa rispondenza dell'ipotesi alla realtà.

Nonostante in anni recenti una mole di dati sia stata resa disponibile, non sono poche le pubblicazioni recenti che preferiscono ricorrere ancora alle vecchie ma ormai consolidate teorie, che riflettono, più che il vero stato di cose, l'impostazione ottocentesca dei primi studiosi che le formularono.

L'impronta arnolfiana

Santa Maria del Fiore secondo il presunto progetto di Arnolfo, o forse dello stesso autore degli affreschi, Andrea di Bonaiuto, affreschi del 1369 - 50 anni prima della realizzazione della cupola (Cappellone degli Spagnoli, Santa Maria Novella)I lavori iniziarono con lo scavo delle fondazioni, poi con l'elevazione dei muri delle navate laterali; si procedette così per lasciare il più a lungo possibile la chiesa di Santa Reparata in grado di funzionare come cattedrale.

A capo del cantiere venne posto Arnolfo di Cambio che già aveva probabilmente lavorato alla vasta chiesa di Santa Croce in Firenze e nello stesso torno di tempo dirigeva la costruzione del Palazzo della Signoria. Sono ancora in discussione sia la questione della reale esistenza di un progetto di Arnolfo di Cambio, sia della sua visibilità nella struttura odierna: alla luce dei pochi ed incompleti scavi condotti non è possibile dare una risposta certa, ma nel complesso è innegabile che alcuni caratteri della cattedrale attuale paiano fortemente arnolfiani anche se furono eseguiti da altri capomaestri, quindi l'esistenza di un progetto originario è probabile.

Si ritiene tradizionalmente che nella rappresentazione della Chiesa trionfante negli affreschi di Andrea di Bonaiuto nel Cappellone degli Spagnoli in Santa Maria Novella, sia presente una plausibile raffigurazione del modello ligneo presentato da Arnolfo. Non mancano, comunque, le perplessità: il campanile, troppo simile a quello veramente realizzato, è più tradizionalmente "spostato" nell'area absidale; la cupola, seppure gotica nell'ornamentazione, è una tradizionale cupola semisferica; inoltre, potrebbe più semplicemente riflettere, più che il modello di Arnolfo, quello presentato all'Opera del Duomo dallo stesso autore dell'affresco.

Probabilmente, già Arnolfo aveva pensato una chiesa dotata di una grande cupola, ispirata al modello romano di Santa Maria della Rotonda (il Pantheon), e con l'intento di superare le dimensioni del Battistero. Nonostante alcune incertezze dei critici, gli scavi hanno confermato che le prime fondazioni che sia possibile attribuire a Santa Maria del Fiore si trovano sotto l'attuale facciata (il cosiddetto muro 100) e sotto i muri laterali, estendendosi poi a sud della facciata, venendo così a confermare l'ipotesi che Arnolfo avesse progettato una chiesa larga quanto l'attuale, seppur con asse ruotato pochi gradi più a sud, e munita di un campanile isolato a sud della facciata. L'esiguo spessore di queste fondazioni rende probabile una altezza progettata assai inferiore a quella poi raggiunta. La facciata fu subito iniziata, nonostante secondo la prassi fosse un elemento generalmente posposto rispetto alla costruzione di altre parti della chiesa, perché con la demolizione della prima campata di Santa Reparata, decisa per lasciare maggiore spazio al Battistero, si rese necessario chiudere l'antica chiesa in modo da garantirne un uso provvisorio più lungo possibile.

Anche il grande ballatoio sporgente, pur essendo stato eseguito materialmente da Francesco Talenti, è un indizio di carattere tipicamente arnolfiano. I critici lo accostano al cornicione di Santa Croce (tradizionalmente attribuitagli) ed a quello di altre opere analoghe come il Duomo di Orvieto e quello di Siena. In particolare, Angiola Maria Romanini, studiosa dello scultore, sottolinea come il cornicione-ballatoio sia una costante immancabile [...] in tutte le architetture arnolfiane.

Alla morte di Arnolfo (1302), contemporanea a quella di altri promotori del cantiere, come il Vescovo Monaldeschi e il Cardinale Matteo d'Aquasparta, legato papale, i lavori subirono un rallentamento e furono in seguito sospesi per circa 30 anni.

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L'aspetto dell'antica facciata

Ricostruzione della facciata di Arnolfo di Cambio
La lunetta di B. Poccetti, nel Museo Nazionale di San MarcoOggi si tende ad essere d'accordo circa la presenza di una facciata incompiuta progettata e in parte eseguita da Arnolfo di Cambio, pur se accresciuta e inglobata dall'opera dei capomastri successivi, anche se la questione è stata oggetto di forti controversie in passato.

Nel Museo dell'Opera del Duomo sono conservate numerose statue e frammenti, molte di altissima qualità e di chiara mano di Arnolfo che provengono probabilmente in massima parte da Santa Maria del Fiore. La decisione del Governo del Comune di Firenze di esentare Arnolfo dal pagamento di tributi per se e per i suoi rimane un forte indizio dell'apprezzamento per i primi lavori per la nuova cattedrale: Magnifico et visibili principio. Poiché onori del genere erano tutt'altro che consueti nell'oculata amministrazione cittadina, bisognerà credere che si trattasse di costruzioni davvero impressionanti, per quanto solo abbozzate.

Sopravvivono anche alcune testimonianze[1] che, oggetto di recenti studi, hanno portato ad una ricostruzione virtuale dell'aspetto della facciata trecentesca. La fascia basamentale ad ornati cosmateschi e gli straordinari gruppi scultorei delle lunette dei portali sono così attribuibili, senza alcuna discussione, all'opera di Arnolfo. Restano i dubbi su quanta parte della facciata distrutta fosse da riferirsi al progetto originale, visto che le proporzioni della costruzione erano state nel frattempo radicalmente alterate.

Secondo la ricostruzione proposta nel 2005, in occasione di una esibizione temporanea all'Opera del Duomo, da Erica Neri e Silvia Moretti, la facciata sarebbe stata caratterizzata nei livelli portati a termine da grandi protiri pensili sovrastanti i tre portali, seguiti da un registro di bifore cuspidate, che simulavano una galleria aperta; mosaici in stile cosmatesco, una novità per Firenze, ma una costante dell'opera arnolfiana, che a Roma era stato in contatto con le famiglie dei marmorari romani, adornavano lo zoccolo basamentale tra i portali con fasce di false finestre (ritrovati in parte nel 1970 rimuovendo alcuni lastroni riutilizzati per il pavimento). Arnolfo impiantò una struttura su scala monumentale che culminava nella grandiosa decorazione statuaria delle grandi lunette che sovrastavano le entrate.

Nelle tre lunette raffigurò il ciclo mariano, già consolidato iconograficamente, che iniziava con la Nascita della Vergine a sinistra, seguito dalla Madonna in trono e santi nel portale centrale, dove figuravano i santi fiorentini come San Zanobi e Santa Reparata, infine la cosiddetta Dormitio Virginis, cioè il Compianto sulla Vergine nel momento della morte, raffigurata nell'atto di addormentarsi. Sui pilastri aggettanti erano stati collocate le statue di quattro profeti e degli apostoli. Nella galleria del secondo registro erano, invece, stati collocati (in epoca più tarda, circa nel 1390, quindi forse secondo un progetto diverso) i santi protettori di Firenze.

Le statue, in parte disperse, sono, comunque, conservate in larga parte nelle collezioni del Museo dell'Opera del Duomo. Arnolfo impiegò tutta la sua maestria tecnica nella realizzazione delle sculture, dando forte tridimensionalità ai rilievi pur impiegando lastre di spessore piuttosto contenuto. Concepite per essere osservate dal basso, creavano una sorta di effetto trompe l'oeil (effetto col quale in pittura si simulano decorazioni tridimensionali) , che è stato accostato agli effetti ricercati in alcuni affreschi opera di Giotto ed altri.


Dettaglio dello schema dell'antica facciata ricostruita

la Natività della Vergine, ricostruzione della prima lunetta con Madonna della natività e due angeli adoranti

Madonna in trono e santi, ricostruzione della lunetta centrale con Angelo, Madonna in trono con bambino, Santa Reparata e San Zanobi

Compianto sulla Vergine, ricostruzione della terza lunetta con Apostoli, Madonna della dormitio e apostolo e Testa di Cristo e dell'Animula della Vergine


L'antica facciata arnolfiana è testimoniata da: 1) l'affresco del primo trecento rappresentante la Madonna della Misericordia visibile nel Museo del Bigallo; 2)un disegno preparatorio per una lunetta di Bernardo Poccetti, eseguita poco prima della distruzione del 1587; questo disegno, il più citato, lascia irrisolte molte questioni, poiché i due lati della decorazione non sono simmetrici e la costruzione avrebbe forti problemi statici; anche qualora la descrizione fosse accuratissima si tratterebbe comunque non tanto della facciata di Arnolfo, ma dello stato finale della facciata dopo le probabili grandi modifiche apportate dai successivi capomaestri dell'Opera. 3) un disegno di Alessandro Nani del XVII secolo, copia da Bernardo Poccetti; 4) una miniatura con Storie di San Zanobi (1335); 5) un affresco attribuito a Piero Nelli conservato nel Museo di Santa Croce.
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La costruzione del Corpo Basilicale

L'interno, con le volte a crocieraNel 1330 il ritrovamento sotto Santa Reparata delle reliquie del venerato vescovo di Firenze San Zanobi diede nuovo impeto alla costruzione. L’Arte della Lana, che aveva ricevuto l’incarico di sovrintendere alla costruzione, nel 1334 affidò la direzione dei lavori a Giotto, assistito da Andrea Pisano. Giotto si concentrò sul Campanile di cui fornì un progetto (un disegno conservato nell'Opera del Duomo di Siena ne è probabilmente un riflesso; anche il programma iconografico dei rilievi basamentali è almeno in parte suo) e riuscì ad iniziare la costruzione, ma morì dopo soli 3 anni nel 1337. Andrea Pisano continuò i lavori, anch'egli soprattutto sul campanile, ma morì con l'arrivo della peste nera nel 1348 e i lavori furono di nuovo bloccati.

Non si aspettò molto per riprendere i lavori e già nel 1349 il progetto passò a Francesco Talenti, al quale si deve il completamento del campanile ed un nuovo progetto che alterò quello arnolfiano muovendo dalla facciata, con una intricata (e costosissima) decorazione marmorea delle pareti laterali. Talenti, tra critiche, dibattiti e minacce (gli operai proposero di multarlo per costringerlo ad essere più presente sul cantiere) mise a punto il modello dei titanici pilastri della navata, realizzando i primi due valichi.

Dopo il 1359 gli successe alla direzione dei lavori Giovanni di Lapo Ghini (1360–1369) che ultimò le prime tre campate, la cui principale caratteristica era la pianta pressoché quadrata in luogo delle tradizionali campate a pianta rettangolare molto pronunciata del gotico francese, allora il modello dominante. Le immense campate fiorentine (appena due metri più basse delle volte di Beauvais le più alte del gotico francese) dovevano coprire un immenso spazio con pochissimi sostegni. La navata era, quindi, pensata come una sala in cui i vuoti prevalevano sulle pur ragguardevoli strutture architettoniche. Il ritmo dei sostegni era decisamente diverso dalla foresta di pietra tipica del gotico d'oltralpe, o di chiese fedeli a quel modello, come il Duomo di Milano. Non vi sono precedenti per dimensioni e struttura che possano essere citati come antefatti di questo progetto. La costruzione del corpo basilicale deve essere vista come un'opera corale, in cui capomastri e operai, che sapevano bene di avventurarsi in un'opera mai tentata prima, procedettero con cautela, chiedendo consulti, facendo prove in scala, decidendo modifiche in corso d'opera, preparando modelli alternativi e discutendo con grande continuità durante tutto l'arco della costruzione. Altri architetti impegnati furono in seguito Alberto Arnoldi, Giovanni d'Ambrogio, Neri di Fioravante e l'Orcagna. Nel 1375 l'antica chiesa di Santa Reparata fu definitivamente abbattuta. Le navate furono completate con la copertura tra il 1378 ed il 1380.

Le mura esterne furono coperte con una sfarzosa decorazione a marmi policromi da Campiglia, poi Carrara (marmo bianco), Prato ( serpentino verde), Siena e Monsummano (rosso), Lavenza e qualche altra località. Le bande in marmo ripresero sia la decorazione del Battistero, sia quella del Campanile.

Furono realizzate quattro porte laterali, fra le quali spiccavano per bellezza la Porta dei Canonici verso sud, in stile gotico fiorito, e la Porta della Mandorla verso nord, detta così per l'elemento contenuto nella cuspide gotica con l'altorilievo dell'Assunta, opera di Nanni di Banco (1414-1421). La porta della Mandorla è considerata la palestra di tutti gli scultori della nuova generazione fiorentina, che introdurrà il rinascimento nel cantiere; Donatello, forse Jacopo della Quercia, che scolpisce anche il rilievo della lunetta, poi sostituito dal mosaico del Ghirlandaio, Luca della Robbia. Le sei bifore laterali, dal disegno tipicamente gotico con fini ornamenti, sono piazzate al centro di specchiature scandite da lesene; le ultime quattro verso il transetto danno luce all'interno. Talenti, che probabilmente doveva fronteggiare alcuni problemi statici, chiuse le altre, che d'altronde, a causa dell'ondivago andamento dei lavori, non sarebbero risultate simmetriche se viste dall'interno. Infatti la realizzazione dell'esterno dell'edificio non rispecchia il ritmo delle campate all'interno; è questo uno dei motivi che portò infine alla rimozione di Talenti, richiamato più tardi per dedicarsi esclusivamente al ballatoio.

Le finestre superiori della navata centrale sono invece occhi circolari, una caratteristica dettata dalla volontà di evitare di alzare troppo la navata maggiore e assicurare comunque una buona illuminazione. Le aperture circolari, inoltre, erano meno problematiche dal punto di vista strutturale. Le necessità statiche resero indispensabile il ricorso ad archi rampanti per scaricare parte del peso delle volte della navata centrale nei muri esterni; tali espedienti, già previsti forse da Arnolfo (si ritrovano ben in vista nel dipinto di Andrea da Bonaiuto), non dovevano proprio andar giù ai fiorentini, che alla fine decisero di occultarli rialzando le pareti laterali con un attico a rettangoli di pietra verde appena riquadrati di bianco; la soluzione univa la volontà di imitare l'attico del Battistero alla coloritura scura che rendeva meno evidente l'espediente. Tale attico è generalmente (ed erroneamente) indicato come la prova del fatto che i muri esterni furono cominciati secondo un progetto arnolfiano e poi furono rialzati dal Talenti. La prova definitiva della falsità di questo assunto è stata data dalla scoperta che le fitte lesene della prima parte del muro erano inizialmente previste anche per la navata maggiore (sono ancora visibili nei sottotetti) che sappiamo progettata e in parte eretta dal Talenti.

Infine, venne innalzato il tamburo ottagonale con le stesse grandi finestre circolari. Nel 1421 la basilica era terminata e restava solo da costruire la cupola.

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La Cupola
Per approfondire, vedi la voce Cupola del Brunelleschi.

La cupola domina la piana di Firenze
Lo schema della cupola secondo la ricostruzione arbitrariamente regolarizzata del NelliEra rimasta nella cattedrale una grande cavità larga 43 metri e posta su un tamburo ad un'altezza di circa 60 metri, alla cui copertura nessuno ,fino ad allora, si era ancora posto il problema di trovare una vera soluzione.

Nel 1419 fu indetto un concorso pubblico per la progettazione della cupola, o anche solo di macchine atte al sollevamento di pesi alle altezze mai raggiunte prima da una costruzione a volta, cui parteciparono numerosi concorrenti; il concorso, generalmente considerato come l'inizio della costruzione della cupola non ebbe alcun vincitore ufficiale. Il cospicuo premio messo in palio non fu infatti assegnato. Filippo Brunelleschi che era tornato da Roma appositamente per lavorare alla cupola stava già (come gli archivi registrano) costruendo un modello per conto dell'Opera. Alla fine venne deciso di affidare la costruzione a Lui e a Lorenzo Ghiberti, il quale aveva già strappato a Brunelleschi il contratto per la Porta del Paradiso. Nella descrizione dei lavori che Filippo stilerà per gli Operai dell'Arte della Lana (responsabili del buon andamento della costruzione) si stabilisce che si comincerà a costruire la cupola fino all'altezza di trenta braccia e poi in base al comportamento delle murature si deciderà come continuare. L'altezza indicata è quella alla quale i mattoni avrebbero dovuto essere posati ad un angolo tale (rispetto all'orizzontale) da non poter essere trattenuti al loro posto dalle malte a lenta presa conosciute ai muratori dell'epoca (la tecnica romana della pozzolana non era più in uso) con conseguente rischio gravissimo di scivolamento all'interno della muratura. Un grave problema era anche la differenza in larghezza dei lati del tamburo, che richiedevano così una estrema precisione per la posa dei letti di mattoni in modo da non creare pericolosissime interruzioni nella tessitura muraria. A ricordare i pericoli di una costruzione poco accurata bastava guardare alcuni metri più in basso per vedere la vistosa crepa che si era aperta nella muratura ancora fresca di una delle semicupole del grande triconco basamentale.

Il 7 agosto 1420 ebbe inizio la costruzione della cupola, e, dopo un diverbio fra i due architetti, nel 1425 Ghiberti venne estromesso dai lavori che passarono interamente in mano a Brunelleschi.

Quest'ultimo aveva un'idea ben precisa di come realizzare l'impresa, avendo potuto studiare il Pantheon a Roma. Costruì un modello ligneo con l'aiuto di Donatello e Nanni di Banco (alcuni ritengono sia quello oggi al Museo dell'Opera del Duomo). Fra i prototipi creati per convincere della fattibilità dell'opera il Vasari racconta anche che il grande architetto accettò la commissione di costruire una cappella per la famiglia Rinuccini dotandola di una versione in miniatura della cupola; tale cappella si trovava nella chiesa di San Jacopo Soprarno ed è, purtroppo, andata perduta. In ogni caso, una cupola con un diametro di pochi metri non costituiva affatto un modello probante per l'immensa costruzione in progetto.

Il vero problema della costruzione della cupola è nella sua forma, che non è una "cupola di rotazione", come nel Pantheon, ma una volta cupoliforme (cioè con la chiave di volta ad una altezza molto superiore a quelle degli archi d'imposta) a pianta ottagonale. Mentre costruire senza sostegni una cupola del primo tipo è sempre possibile, non si può fare a meno di centinatura per costruire una cupola come quella della Cattedrale fiorentina. Il problema era che sarebbe stato necessario usare una quantità colossale di legname per costruire impalcati e centine di quella dimensione a quell'altezza, e che travi della lunghezza necessaria sarebbero state praticamente impossibili da reperire. Brunelleschi risolse, però, tutti questi problemi costruendo con successo una cupola interna con uno spessore enorme (due metri e mezzo alla base!) ed anche una cupola esterna di spessore inferiore ad un metro; quest'ultima serve solo per proteggere la cupola interna dalla pioggia e farla apparire, secondo le parole dell'architetto più magnifica e gonfiante all'esterno. Il "segreto" che rese possibile la costruzione della cupola fu compreso pienamente solo negli anni sessanta, e descritto nei loro lavori (vedi bibliografia) da Mainstone e Di Pasquale. Un cantiere di restauro aveva reso necessaria la rimozione delle tegole che coprono uno degli spicchi della cupola, il che consentì di osservare come le facce dei mattoni non erano perfettamente parallele, ma sistemate lungo rette originate da un punto situato al centro dell'ottagono di base della cupola. La disposizione dei mattoni a spinapesce serviva soprattutto a creare un appiglio per le file dei mattoni con la malta ancora fresca in modo da impedirne lo scivolamento fino alla presa della malta. Numerosi rinforzi di pietra e metallo consolidarono la struttura.

Un altro fattore di primaria importanza nella costruzione della cupola fu la necessità di progettare macchine innovative per il sollevamento di migliaia di tonnellate di materiali da costruzione alla vertiginosa altezza della cupola; Brunelleschi diede prova di genio assoluto disegnando numerose macchine che facevano uso di demoltipliche e ingranaggi di tipo assolutamente nuovo. Molti artisti che videro quelle macchine in funzione per anni - furono, infatti, usate, anni dopo la morte dell'architetto, per issare la sfera in cima alla cupola, poi rimasero in vista a marcire perché era impossibile destinarle ad altri scopi - le studiarono e disegnarono con grande attenzione; fra loro il giovane Leonardo da Vinci, nei cui codici si trovano ancora alcuni disegni di macchine brunelleschiane attribuite così al da Vinci da numerosi entusiasti.

I lavori terminarono nel 1436 e la chiesa fu solennemente consacrata da Papa Eugenio IV il 25 marzo, il capodanno fiorentino.

Per realizzare la lanterna fu bandito un nuovo concorso, vinto anche questa volta da Brunelleschi, con un progetto sempre basato sulla forma ottagonale che si ricollega con le colonne e gli archi alle linee dei costoloni bianchi della cupola. La costruzione della lanterna iniziò nel 1446, pochi mesi prima della scomparsa di Brunelleschi. Dopo un lungo periodo di stallo, durante il quale vennero anche proposte numerose modifiche, fu terminata definitivamente da Michelozzo nel 1461. In cima alla copertura a cono fu posta nel 1469 una grande sfera dorata opera di Verrocchio. La sfera cadde nel 1492 (si dice che fu un infausto presagio della vicina morte di Lorenzo il Magnifico) e di nuovo durante una tempesta la notte del 17 luglio 1600. Un disco di marmo bianco sul retro di Piazza del Duomo ricorda ancora il punto dove si arrestò la sfera, che fu sostituita con quella ancora più grande che si può ammirare ancora oggi (ricollocata nel 1602)..

La decorazione con il ballatoio, visibile solo sullo spicchio est, fu realizzata nel Cinquecento da Baccio d'Agnolo, ma interrotta presto per via dell'opposizione di Michelangelo che la definì una gabbia pe' i' grilli, intendendo che la ridondanza di questa decorazione avrebbe fatto assomigliare la cupola ad una di quelle gabbiette ornate che si usano per la Festa del grillo.

A questo punto del cantiere della cattedrale rimaneva solo la facciata incompiuta dopo una parziale costruzione decorativa che risaliva addirittura ad Arnolfo di Cambio.

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La nuova facciata

La facciata odiernaLa facciata di Santa Maria del Fiore è stata per secoli il grande problema irrisolto del complesso episcopale fiorentino; circondata da capolavori dell'architettura di tutti i tempi, tutti coperti di una veste smagliante di marmi multicolori, la facciata incompiuta in pietraforte spiccava in modo inaccettabile.

Fra il 1587-1588 il Granduca Francesco I ordinò all'architetto di corte Bernardo Buontalenti di rimuovere tutti i marmi e le sculture, coprire la martoriata facciata con un soprammattone su cui fosse eseguita una facciata dipinta, di gusto manierista, la quale giunse fino al XIX secolo. Nessuno dei progetti presentati all'epoca (oltre a quello del Buontalenti stesso, uno di Giovanni Antonio Dosio ed uno del Giambologna) fu accettato ed un concorso pubblico si risolse in un grande scandalo di corruzione.


Decorazione delle porte bronzeeUna nuova competizione si svolse nel 1864, per la quale pervennero a Firenze i più disparati progetti, da quelli di gusto neogotico d'oltralpe, a quelli più rispettosi dello stile italiano, ad altri di gusto pienamente eclettico tipico dell'epoca. Questi progetti si possono oggi vedere al Museo dell'Opera del Duomo. Il vincitore fu Emilio De Fabris (1808-1883) scelto nel 1871. I lavori iniziarono nel 1876 e furono completati nel 1887. L'infelice facciata a marmi policromi (definita, fra gli altri, da Enzo Carli uno degli episodi tragici del cantiere della cattedrale) si armonizza cromaticamente con gli edifici vicini, campanile e battistero, ma forse tradisce la sua modernità nell'eccessiva presenza di decorazioni. Inoltre, fu utilizzata una proporzione maggiore di marmo rosso di Siena, rispetto ai fianchi della cattedrale, per motivi patriottici legati al tricolore della appena riunificata Italia.

Il tema dominante della decorazione è il tributo a Maria. Le tre grandi porte bronzee risalgono al periodo dal 1899 al 1903 e sono decorate con scene della vita della Madonna. Le lunette a mosaico sopra la porta furono disegnate da Niccolò Barabino e raffigurano (da sinistra): La Carità fra i fondatori delle istituzioni filantropiche fiorentine, Cristo in trono con Maria e San Giovanni Battista e Artigiani, mercanti e umanisti fiorentini rendono omaggio alla Vergine. Nel frontone sul portale centrale è stato collocato un bassorilievo di Tito Sarrocchi con Maria in trono con uno scettro di fiori. Nella parte alta della facciata corre una serie di nicchie con i dodici apostoli e, nel mezzo, una Madonna con bambino. Fra il rosone e il timpano è stata realizzata una galleria di busti di fiorentini illustri.

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L'interno
La cattedrale è costruita sul modello della basilica, con un'elaborazione della tipica pianta a croce latina con le absidi disposte in cerchio con una forma che dall'alto ricorda quella di un fiore. È divisa in tre navate sorrette al centro da quattro paia di grandi pilastri compositi.

Le dimensioni sono enormi: 153 metri di lunghezza per una larghezza di 38 metri (90 all'altezza del transetto). L'altezza delle volte nella navata è di 23 metri, mentre dal pavimento alla cime della cupola interna è di 90 metri.

L'interno, piuttosto semplice ed austero, dà una forte impressione di vuoto aereo.

Molte delle decorazioni della chiesa sono state rimosse nel corso del tempo, a volte distrutte a volte spostate nel vicino Museo dell'Opera del Duomo, come le magnifiche cantorie di Luca della Robbia e di Donatello.


Il famoso dipinto di Dante con in mano la Divina CommediaAlcune opere della cattedrale rispecchiano la sua funzione pubblica, con monumenti dedicati ad illustri uomini ed a comandanti militari di Firenze. Nel Quattrocento, infatti, il cancelliere fiorentino Coluccio Salutati vagheggiava il progetto di trasformarlo in una sorta di Pantheon, ricco di opere d’arte celebrative ed a quel periodo risalgono, per esempio:

Dante con in mano la Divina Commedia di Domenico di Michelino (1465), interessante anche per la precisa veduta cittadina del 1465.

Il dipinto della Statua equestre di Niccolò da TolentinoAffreschi staccati dei condottieri, sulla parete sinistra, raffiguranti i monumenti a due figure eroiche in cavalcatura trionfante. Entrambi presentano una prospettiva incerta, con due punti di fuga diversi per il piedistallo e la statua equestre; inoltre, i cavalli non potrebbero in realtà stare in piedi perché hanno le zampe alzate entrambe dallo stesso lato. Lo strappo è stato fatto nel XIX secolo.
Statua equestre di John Hawkwood (Giovanni Acuto) di Paolo Uccello (1436). Dipinto in bicromia con terra verde.
Stauta equestre di Niccolò da Tolentino di Andrea del Castagno (1456), in pendant con il precedente, disegnato a imitazione del marmo, forse più bello nella decorazione e nel senso di movimento dell'altro.
Busti, realizzati tra il XV e il XVI secolo (tranne quello di De Fabris), nella navata sinistra:
Busto di Emilio de Fabris (fine del XIX secolo)
Busto di Antonio Squarcialupi (celebre organista della cattedrale)
Busto di Arnolfo di Cambio
Busti nella navata destra:
Busto di Giotto (di Benedetto da Maiano)
Busto di Brunelleschi (del Buggiano - 1447),
Busto di Marsilio Ficino
Sopra il portale centrale un grande disco dell'orologio affrescato con ritratti di evangelisti di Paolo Uccello (1443). L'orologio, di uso liturgico, è uno degli ultimi funzionanti che usa la cosiddetta hora italica, un giorno diviso in 24 "ore" di durata variabile a seconda delle stagioni, che comincia al suono dei vespri, in uso fino al XVIII secolo. I ritratti degli evangelisti non sono identificabili col tradizionale ausilio degli animali-simbolo, ma attraverso i tratti fisionomici che richiamano l'animale (o, nel caso di Matteo, l'angelo) simbolico.

Le 44 vetrate colorate antiche sono fra le più importanti in Italia relativamente al periodo fra il Trecento e il Quattrocento. Le bifore della navata e del transetto ritraggono Scene di santi del Vecchio e Nuovo Testamento, mentre le finestre circolari sul tamburo rappresentano scene mariane. Numerosi artisti rinascimentali disegnarono i cartoni per le finestre, fra i quali Donatello (l'Incoronazione della Vergine sul tamburo, l'unica visibile dalla navata), Lorenzo Ghiberti, Paolo Uccello e Andrea del Castagno. Il rosone raffigura Cristo incorona Maria su disegno di Gaddo Gaddi (inizio del Trecento). La vetrata ovest del tamburo è la sola rimasta non istoriata.


Tomba di Antonio d'Orso, opera di Tino da CamainoIl bel monumento funebre al vescovo Antonio d'Orso (1323), vescovo di Firenze, fu realizzato da Tino da Camaino.

Il Crocifisso dell'altare maggiore è di Benedetto da Maiano (1495-1497). Gli stalli del coro attorno all'altare maggiore sono forse l'opera più riuscita dello scultore Baccio Bandinelli. I dodici pannelli bronzei della porta della sacrestia furono realizzati da Luca della Robbia, che realizzò anche le due terracotte policrome invetriate all'interno della medesima: angelo con candeliere e Resurrezione di Cristo. All’interno delle sacrestie delle messe, sulla destra, le tarsie lignee dal forte valore prospettico ed illusionistico furono disegnate, sul lato frontale, da Alesso Baldovinetti, Maso Finiguerra ed Antonio del Pollaiolo e messe in opera da Giuliano e Benedetto da Maiano.

Sul retro dell'abside centrale è presente l'altare dedicato a San Zanobi, primo vescovo di Firenze. Il sacrario d'argento è un capolavoro di Lorenzo Ghiberti e contiene le reliquie del santo. Il comparto centrale raffigura il miracolo della resurrezione di un bambino, che sarebbe avvenuto in città nell'attuale Via del Corso (una targa commemora ancora l'episodio sul cosiddetto Palazzo dei Visacci). Il dipinto sovrastante è un'Ultima cena di Giovanni Balducci, mentre il mosaico in pasta di vetro del Busto di San Zanobi un tempo qui, oggi si trova nel Museo dell'Opera del Duomo.

Nelle pareti interne che sostengono la cupola sono state collocate 8 statue di apostoli, realizzate nel Cinquecento, dopo che Michelangelo abbandonò la commissione lasciando un San Matteo soltanto abbozzato, oggi al Museo dell'Accademia.

Fra le decorazioni del XVI secolo, relative al periodo granducale, figurano il pavimento marmoreo, attribuito a Baccio d'Agnolo e Francesco da Sangallo (1520-26). Durante i restauri effettuati in seguito all'alluvione del 1966 si scoprì che nel pavimento furono usati, capovolti, alcuni marmi presi dalla facciata incompiuta, demolita in quegli anni.

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La decorazione interna della Cupola
Inizialmente la cupola serebbe dovuta essere decorata da mosaici dorati, per riflettere al massimo la luce proveniente dalle finestre del tamburo, come suggerito dal Brunelleschi. La sua morte mise da parte questo costoso progetto e si provvide a intonacare semplicemente di bianco l'interno. Il Granduca Cosimo I de' Medici scelse il tema del Giudizio Universale per affrescare l'enorme calotta, ed affidò il compito a Giorgio Vasari. I lavori durarono dal 1572 al 1579 e furono terminati, dopo la morte del Vasari avvenuta nel (1574) da Federico Zuccari e collaboratori, come Domenico Cresti. Alla maestosa figura del Cristo, visibile dall'interno della chiesa, fa da contrappunto la scena infernale con Satana nella superficie opposta. Nella parte più vicina alla lanterna sono raffigurati i Ventiquattro anziani dell'Apocalisse, interamente dipinti dal Vasari; altre porzioni rappresentano Coro di angeli, Cristo, Maria e i santi, Le Virtù, i doni dello Spirito Santo e le Beatitudini; nella parte inferiore Inferno ed i sette vizi capitali. Questi affreschi, se visti da vicino durante il percorso della salita alla cupola, mostrano le deformazioni prospettiche e di colore usate per ottimizzare la veduta dal basso. La tecnica usata è mista: affresco per il Vasari, tecniche a secco per lo Zuccari, che qui ha eseguito il suo capolavoro.


Il giudizio universale

Il Cristo in Trono di Federico Zuccari

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Il livello sotterraneo
Per approfondire, vedi la voce Santa Reparata.

Tomba di Filippo BrunelleschiSotto la cattedrale furono realizzati dei difficili lavori di scavo fra il 1965 e il 1974. La zona sotterranea della cattedrale fu usata per la sepoltura dei vescovi fiorentini per secoli. Recentemente è stata ricostruita la storia archeologica di quest'area, dai resti di abitazioni romane, ad una pavimentazione paloecristiana, fino alle rovine della vecchia cattedrale di Santa Reparata. Si accede agli sacvi da una scala nella navata sinistra, e vicino all'entrata è presente la tomba di Filippo Brunelleschi, a riprova della grande stima dei fiorentini verso il grande architetto della cupola.

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Elenco dei principali artisti che decorarono la cattedrale
Baccio Bandinelli, bassorilievi del recinto dell'altare
Tino da Camaino (monumento funebre a Antonio d'Orso)
Benedetto e Giuliano da Maiano (crocifisso, pannelli nella sacrestia, busti di fiorentini illustri)
Andrea del Castagno (affresco di Niccolò da Tolentino sulla parete destra, disegno per alcune vetrate delle finestre a occhio)
Luca della Robbia (rilievi in bronzo della Resurrezione e dell'Ascensione sulle porte della sacrestia; lavori nella sacrestia con Michelozzo; cantoria, ora nel Museo dell'Opera del Duomo).
Nanni di Banco (rilievi dell'Assunzione della Vergine, esterno, lato sud)
Domenico di Michelino (Dante con in mano la Divina Commedia, parete di destra)
Donatello (teste di profeti e sibille, esterno parete sud; cantoria, oggi nel Museo dell'Opera del Duomo; disegno per la vetrata di una finestra)
Lorenzo Ghiberti (disegni per le finestre della navata, Arca di San Zanobi)
Davide e Domenico Ghirlandaio (mosaico dell'Annunciazione porta sud, esterno)
Michelangelo (San Matteo, opera incompiuta per la decorazione del coro, oggi al Museo dell'Accademia; Pietà, oggi al Museo dell'Opera del Duomo)
Michelozzo (lavori sulla porta della sacrestia, con Luca della Robbia)
Paolo Uccello (decorazione dell'orologio nella controfacciata; affresco di Statua equeste di Sir John Hawkwood sulla parete destra; disegno per le vetrate di due finestre a occhio)
Giorgio Vasari e Federico Zuccari (affreschi del Giudizio Universale, interno della cupola)
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Avvenimenti storici avvenuti nella Cattedrale
Nella cattedrale si svolse il Concilio di Firenze del 1438-1439, durante il quale Cosimo il Vecchio presiedette alla riunificazione fra la chiesa latina, rappresentata da Papa Pio II, e quella bizantina, rappresentata dall'Imperatore Giovanni VIII Paleologo e dal patriarca Gennadio. In realtà, questo accordo rimase solo sulla carta ed era il tentativo disperato dell'Imperatore di Bisanzio di ottenere aiuto dall'occidente in vista dell'assedio sempre più stretto dei turchi alla sua capitale (l'Impero Romano d'Oriente cadrà infatti poco dopo nel 1453). Nonostante ciò, l'arrivo degli illustri personaggi segnò la raggiunta importanza di Firenze a livello europeo e l'esotico corteo dei dignitari stranieri ebbe un notevole impatto sugli artisti della città, come raffiguarato nella Cappella dei Magi di Benozzo Gozzoli.

Il momento più tragico della storia del Duomo si ebbe con la Congiura dei Pazzi, quando fu teatro del brutale assassinio di Giuliano de' Medici e del ferimento di suo fratello adolescente Lorenzo, il futuro Magnifico. Il 26 aprile 1478, giorno di Pasqua, dei sicari si appostarono durante la messa per colpire i rampolli di casa Medici, su mandato della famiglia dei Pazzi con aiuti esterni, di papa Sisto IV e di suo nipote Girolamo Riario, tutti interessati a bloccare l'egemonia medicea. Uno dei sicari di professione, però, si rifiutò di agire in un luogo consacrato, così fu sostituito da uno di minor esperienza. Mentre Giuliano cadeva sotto le numerose coltellate, Lorenzo riuscì, così, a fuggire nella Sacrestia barricandosi dentro, mentre la popolazione fiorentina, favorevole ai Medici, si accaniva contro gli assassini e sui presto scoperti mandandi, in giornate molto drammatiche nelle quali la folla inferocita impiccò alcuni dei responsabili.

Dal 1491 in Santa Maria del Fiore, inoltre, pronunciò le sue famose orazioni Girolamo Savonarola, frate del Convento di San Marco, improntate al'assoluto rigorismo morale ed ispirate da un grande fervore religioso, durante le quali esprimeva tutto il suo disgusto per la decadenza dei costumi, per il rinato paganesimo e per la sfrontata ostentazione della ricchezza.

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Astronomia in Cattedrale
La cupola del Brunelleschi ospita anche uno strumento astronomico per lo studio del sole, rappresentato dal grande gnomone creato da Paolo Toscanelli e restaurato da Leonardo Ximenes. Più di uno gnomone vero e proprio, inteso come asta che proietta un'ombra su una zona illuminata, si tratta di un foro gnomonico presente sulla lanterna ad un'altezza di 90 metri, che dà una proiezione del sole su una superficie in ombra, in questo caso il pavimento della cattedrale.

Uno strumento del genere esisteva anche nel Battistero di San Giovanni già attorno all'anno Mille (oggi il foro è stato chiuso), ma nel 1475 l'astronomo Toscanelli approfittò del completamento della cupola per installare una lastra bronzea con un foro circolare di circa 4 centimetri di diametro, che desse un'immagine ottima dell'astro. Studiando infatti il rapporto tra altezza e diametro del foro si ottenne una vera a propria immagine solare stenopeica, cioè in miniatura, capace di mostrare anche le macchie solari o l'avanzare delle eclissi in corso, oppure il raro passaggio di Venere tra il sole e la terra. L'utilizzo più importante dello gnomone al tempo della sua creazione fu quello di stabilire il solstizio esatto, cioè la massima altezza del sole nel cielo a mezzogiorno durante l'anno e, quindi, la durata dell'anno stesso, osservazioni che porteranno insieme ad altre analoghe rilevazioni, come quella del 1510 ricordata da un disco di marmo nel pavimento della cappella Della Croce nell'abside destra della cattedrale, a convincere papa Gregorio XIII circa la necessità di riformare il calendario, allineando la data solare con quella ufficiale e creando il calendario gregoriano (1582).

Nei secoli successivi, lo strumento ebbe modo anche di essere usato per indagini più ambiziose, come quella promossa dall'astronomo della corte granducale Leonardo Ximenes nel 1754, che si propose di studiare se l'inclinazione dell'asse terreste variasse nel corso del tempo, una questione molto dibattuta dagli astronomi del tempo. Le sue osservazioni, confrontate con quelle del 1510 furono incoraggianti e, ripetute per più anni, gli permisero di calcolare un valore dell'oscillazione terrestre congruente con quello odierno. Fu lui che tracciò la linea meridiana in bronzo sul pavimento della stessa Cappella dove è presente il disco di Toscanelli. Alla sua morte lasciò una rendita per l'istituzione di una cattedra di astronomia sperimentale, che divenne il nucleo primordiale dell'Osservatorio Ximeniano, pochi decenni dopo, però, lo gnomone di Santa Maria del Fiore divenne obsoleto, sia per la scoperta di nuove strumentazioni che permettevano osservazioni più precise con l'ingombro di pochi metri, sia perché ci si accorse che le misurazioni erano anche influenzate dai piccoli movimenti della cupola dovute alla temperatura esterna.

Oggi la rievocazione di tali osservazioni ha un carattere prettamente storico e spettacolare, ed ha luogo ogni anno il 21 giugno alle 11 (dato che il vero mezzogiorno avviene un'ora prima rispetto all'ora legale). Per la presenza di ponteggi sul lato sud della lanterna, l'osservazione non si è potuta tenere nel 2005 e 2006.

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Bibliografia
Giuseppe Richa, Notizie Istoriche delle Chiese Fiorentine., Firenze 1757; rist. anast. Roma, Multigrafica, 1989
Cesare Guasti, Santa Maria del Fiore - La costruzione della Chiesa e del Campanile, Firenze, Ricci, 1887; rist. anast. Bologna, A Forni, 1974
Giuseppe Rocchi Coopmans de Yoldi, Santa Maria del Fiore - Piazza, Battistero, Campanile. Firenze, Università degli Studi, 1996
Francesco Gurrieri, La Cattedrale di Santa Maria del Fiore a Firenze Firenze 1994
Angiola maria Romanini, Arnolfo di Cambio, Milano 1969
Francesca Corsi Masi, Il ballatoio interno della Cattedrale di Firenze, Pacini, Pisa, 2005
Per la biografia riguardante la Cupola, si veda la bibliografia della voce Cupola del Brunelleschi.

campanile è una struttura architettonica a forma di torre, in genere attigua ad una chiesa o ad un palazzo pubblico (in questo caso si parla generalmente di torre civica), che ospita una o più campane. Una chiesa può anche avere più di un campanile. Il termine "campanile" si riferisce specificamente ad una torre isolata, separata dall'edificio principale, tipo architettonico di origine italiana, assai poco diffuso altrove. Molto più frequente all'estero il tipo della torre campanaria o torre nolare, incorporata all'edificio principale, che può occupare differenti posizioni nella pianta: può trovarsi sopra la navata, sormontare il centro del transetto, con la cosiddetta torre di crociera o l'atrio dell'edificio. In quest'ultimo caso, fa spesso parte di un blocco architettonico elaborato, spesso con più di una torre, detto "opera occidentale" dal tedesco westwerk, westbau.

Un caso particolare, detto Coro Armonico, prevede due torri campanarie che rinserrino l'abside maggiore della chiesa.

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Origine del tipo architettonico

Un tipico esempio di westbau, Abbazia di Maria Laach, GermaniaLa tradizione attribuisce a San Paolino (V secolo), vescovo di Nola, la paternità dell'uso delle campane come richiamo per le adunate, ma risale al 561 la prima segnalazione di Gregorio di Tours che attesta l'uso della campana posta su un'apposita torretta per richiamare i fedeli. Questa costruzione si diffuse rapidamente a partire dall'VIII secolo da quando papa Stefano II fece costruire una torre campanaria dotata di tre campane nella Basilica di San Pietro.

Allo scopo di segnalare le funzioni religiose si aggiunse poi, soprattutto con la diffusione degli orologi meccanici, quella di segnare il passare delle ore con i rintocchi delle campane. Con il sorgere dei comuni nacquero i primi "campanili" non legati alle attività di culto quando si dotarono di campane le torri dei palazzi comunali.

I campanili più famosi del mondo si trovano in Italia e sono la Torre di Pisa, il Torrazzo di Cremona (che è uno dei più alti campanili in laterizio del mondo e ospita il più grande orologio astronomico esistente), il Campanile di Giotto a Firenze, Il campanile di San Marco a Venezia, totalmente (e non troppo fedelmente) ricostruito nel XX secolo dopo il crollo del campanile quattrocentesco, e quello del Duomo di Messina costruito dopo il terremoto del 1904 e munito di un altro grandissimo orologio astronomico con numerose figure animate.

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Campanile a vela
Una diversa tipologia, detta Campanile a vela diffusa per lo più in chiese di modesta dimensione o importanza, o in casi in cui si voglia evitare ostentazione (chiese francescane) prevede una struttura costituita da un muro semplice, elevato sopra la copertura della chiesa, forato da un'apertura nella quale sono ospitate le campane, che vengono mosse da una fune collocata all'interno della chiesa. L'assenza di cassa di risonanza e la struttura semplice fanno sì che non sia possibile alloggiare in questo tipo di campanile grandi campane, né che il suono giunga a grande distanza.
Preistoria
Le prime tracce di insediamenti risalgono alla cultura dell'uomo di Neanderthal.

Nella zona di Roma sono stati effettuati diversi ritrovamenti il più antico dei quali, si riferisce al sito della Valchetta, con resti risalenti a 650.00 anni fa. Nella zona di Casal de' Pazzi, uno scavo ha restituito ossa di animali risalenti a circa 20.000 anni fa, mentre in via di Torre Spaccata, durante lo scavo per la costruzione di un istuto tecnico, sono stati scoperti resti di un insediamento umano risalente a circa 6.000 anni fa.

Le tracce successive risalgono all'età del ferro e sono riferibili all'arrivo di genti di stirpe indoeuropea (Latini) nel quadro di un generale fenomeno di migrazione che sembra essersi svolto nella penisola italiana in due ondate successive (prima il gruppo latino-falisco e quindi il gruppo umbro-sabello).

Le genti del gruppo latino-falisco, si spostarono dalla penisola balcanica in seguito all'arrivo delle popolazioni illiriche e in epoca storica si insediarono nella parte occidentale tirrenica dell'Italia centro-meridionale.

I Falisci occupavano la valle del Tevere tra i monti Cimini e i Sabatini, mentre i Latini si erano stanziati in una piccola zona, detta Latius vetus ("Lazio antico"), che andava dalla riva destra del corso finale del Tevere ai Colli Albani, giungendo fino alla costa .

Il loro territorio confinava con quello di diverse altre popolazioni, la più importante delle quali era sicuramente quella degli Etruschi, a nord del Tevere.

I Volsci, di origine osca, occupavano la parte meridionale del Lazio e i monti Lepini; gli Aurunci la costa tirrenica a cavallo dell'attuale confine tra Lazio e Campania; a nord, sull'Appennino, si trovavano i Sabini; a est gli Equi. Nella valle del Trero, gli Ernici controllavano la via commerciale per la Campania e tra Ardea ed Anzio erano stanziati i Rutuli.

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Fondazione della città
Per approfondire, vedi la voce Fondazione di Roma.

Schizzo con i sette colli di RomaI primi insediamenti nella zona della futura città di Roma sorsero sul colle Palatino intorno al X secolo a.C., mentre successivamente vennero occupati anche i colli Esquilino e Quirinale.

La città si venne formando attraverso un un fenomeno di sinecismo durato vari secoli, che vide, in analogia a quanto accadeva in tutta l'Italia centrale, la progressiva riunione in un vero e proprio centro urbano degli insediamenti dispersi sui vari colli.

La data tradizionale alla metà dell'VIII secolo a.C., corrisponde al momento in cui i dati archeologici disponibili indicano la creazione di una grande necropoli comune sull'Esquilino, che sostituisce i precedenti luoghi di sepoltura nelle zone libere tra i villaggi, ormai considerate parte integrante dello spazio urbano.

La data ufficiale fu fissata da Marco Terenzio Varrone, secondo il quale la città era stata fondata da Romolo e Remo il 21 aprile del 753 a.C.. Altre fonti riportano tuttavia date diverse: Quinto Ennio nei suoi Annales colloca la fondazione nell'875, lo storico greco Timeo di Tauromenio nel'814 (contemporaneamente, quindi, alla fondazione di Cartagine), Fabio Pittore all'anno 748 e Lucio Cincio Alimento nel 729.

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Età romana
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Età regia
Per approfondire, vedi la voce Re di Roma.

I primi re di Roma, sembrano figure soprattutto mitiche. Ad ogni sovrano viene generalmente attribuito un particolare contributo nella nascita e nello sviluppo delle istituzioni romane e dello sviluppo socio-politico dell'urbe. Contemporaneamente venivano fondati i primi edifici di culto e si insediavano sui colli periferici gli abitanti delle vicine città che venivano man mano conquistate e distrutte.

In particolare nel VI secolo, periodo di grande prosperità per la città sotto l'influenza etrusca e il dominio degli ultimi tre re, si realizzano le prime importanti opere pubbliche: tempio di Giove Ottimo Massimo sul Campidoglio, il santuario arcaico dell'area di Sant'Omobono, la costruzione della Cloaca Massima, che permise la bonifica dell'area del Foro Romano e la sua prima pavimentazione, che lo rese il centro politico, religioso e amministrativo della città.

A Servio Tullio si deve la prima suddivisione della città in quattro regioni e la costruzione della prima cinta di mura.

L'influenza etrusca lasciò a Roma un'influenza durevole su Roma, sia per le forme architettoniche dei templi, per l'introduzione del culto della Triade Capitolina (Giove, Giunone e Minerva, ripresa dagli dèi etruschi: Uni, Menrva e Tinia). Attraverso l'influsso etrusco giunsero inoltre nella città i primi elementi della cultura greca.




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Età repubblicana
Per approfondire, vedi la voce Repubblica romana.

Pianta di Roma antica in epoca repubblicanaDopo l'invasione gallica (390 a.C.) venne costruita una grande cinta muraria, tuttora conservata in alcuni tratti, e nota con l'erroneo nome di mura serviane. La città venne rapidamente ricostruita e a questa rapida ricostruzione gli storici romani attribuirono l'aspetto disordinato dell'urbanistica della città; in effetti questo si dovette alla sua crescita continua, che non seguì alcun piano preordinato, con gli edifici e le vie che si adattavano all'orografia.

All'età repubblicana risale la fondazione di diversi edifici pubblici e templi, soprattutto nell'area del Foro Romano, che conosciamo solo nelle loro fasi successive. Si creano le prime strade consolari e i loro ponti sul Tevere e i primi acquedotti.

Solo a partire dal II secolo a.C. si andarono sviluppando le prime trasformazioni monumentali inserite in piani urbanistici coerenti (per esempio i templi repubblicani dell'area sacra di Largo Argentina, costruiti separatamente e unificati dall'inserimento in un grande portico.

Nacquero contemporaneamente i tipi edilizi della basilica civile e dell'arco onorario. Per la prima volta viene applicata la tecnica edilizia del cementizio, che consentirà all'architettura romana di avere un suo originale sviluppo, e inizia l'importazione del marmo come ornamento degli edifici. Il primo tempio interamente in marmo, fortemente influenzato dalle forme greche, è il tempio rotondo del Foro Boario.

I personaggi che conquistano grande prestigio personale e si contendono il potere iniziano a sviluppare progetti urbanistici di respiro sempre maggiore, a partire dai grandi portici della zona del Circo Flaminio, al Tabularium di Silla, che tuttora fa da sfondo al Foro Romano verso il Campidoglio, insieme al restauro del tempio capitolino. Pompeo lascia la sua traccia nella città con la costruzione di un grande teatro in muratura. Giulio Cesare crea una nuova piazza a suo nome, il Foro di Cesare, in contemporanea con il restauro della Curia, sede del Senato.

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Età imperiale romana
Per approfondire, vedi la voce Impero romano.

Il maggiore sviluppo urbanistico e monumentale si ebbe nell'età imperiale.

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Roma augustea

Roma sotto l'impero di Augusto in una mappa tedesca del 1888Con Augusto la città venne divisa in 14 regioni. Si completarono gli interventi di Cesare e si avviarono nuovi grandi progetti urbanistici, a partire dalla costruzione di un nuovo Foro di Augusto e dalla regolarizzazione della piazza del Foro Romano con la costruzione del tempio del Divo Giulio e della basilica Giulia e il rifacimento della basilica Emilia.

Con l'aiuto di Agrippa, suo amico e consigliere, Augusto si occupò anche della sistemazione del Campo Marzio, che si andò arricchendo di edifici pubblici e monumenti. Nella zona più periferica venne costruito il suo mausoleo al quale erano inoltre simbolicamente collegati un grande orologio solare, che usava un obelisco come gnomone e l'Ara Pacis.

Nell'area del Circo Flaminio venne costruito il teatro dedicato al nipote Marcello, in prossimità del ricostruito Portico di Ottavia, dedicato in nome della sorella Ottavia, madre di Marcello, e del tempio di Apollo Sosiano.

Innumerevoli infine i restauri e gli adattamenti degli edifici più antichi, che permisero ad Augusto di affermare di aver trovato una città di mattoni e di lasciarla di marmo.

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I e II secolo d.C.

Pianta del centro monumentale di Roma antica in epoca imperialeLa monumentalizzazione della città proseguì sotto i successori di Augusto. Nel 64, sotto il regno di Nerone uno spaventoso incendio quasi rase al suolo l'intera città. Per favorire un'ordinata ricostruzione e impedire le condizioni che favorivano il diffondersi degli incendi, venne emanato un nuovo piano regolatore, attuato però solo in parte. Approfittando della distruzione Nerone costruì la sua Domus Aurea e occuperà gli spazi compresi tra Celio, Esquilino (Oppio) e Palatino con un enorme villa.

Dopo la morte di Nerone, gli imperatori Flavi, restituirono ad uso pubblico parte degli spazi occupati dalla sua residenza, costruendo le terme di Tito sul colle Oppio e il Colosseo. Sotto i Flavi si eressero inoltre, l'arco di Tito, il tempio della Pace, il foro di Nerva, i palazzi imperiali sul Palatino ("Domus Flavia e "Domus Augustana") e uno Stadio di Domiziano, oggi ricalcato da piazza Navona.

Con Traiano si completò la serie dei Fori Imperiali con la grande piazza del Foro di Traiano, nel quale venne collocata la celebre Colonna coclide ,e il contiguo complesso dei Mercati di Traiano. Vennero inoltre costruite le terme sul colle Oppio.

Ad Adriano si deve il Pantheon nel suo attuale aspetto e la costruzione di un Mausoleo, oggi trasformato in Castel Sant'Angelo, ma l'attività edilizia rallentò considerevolmente. Si ebbero ancora il tempio di Adriano, inserito più tardi nel Palazzo della Borsa, il tempio di Antonino e Faustina nel Foro Romano, la Colonna antonina dedicata a Marco Aurelio. Sotto i Severi furono innalzati l'arco di Settimio Severo e le terme di Caracalla.

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Crisi del III secolo d.C. e periodo tardo-imperiale
Nel corso del III secolo, quando per la grande crisi politica e militare gli imperatori non furono quasi mai presenti nella capitale dell'impero, l'attività edilizia si arrestò quasi del tutto. Vennero tuttavia però costruite le mura Aureliane volute dall'imperatore Aureliano a partire dal 272 d.C.: dopo secoli si teme nuovamente per la sicurezza della città. Le mura saranno successivamente rialzate e rafforzate più volte fino a raggiungere l'attuale e monumentale aspetto.

Con la Tetrarchia si ebbe una ripresa dell'attività edilizia, con la costruzione delle terme di Diocleziano, della basilica e della grande villa di Massenzio sulla via Appia. La sconfitta di Massenzio ad opera di Costantino fu celebrata con la costruzione dell'arco di Costantino.

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Da Roma imperiale a Roma cristiana
I primi edifici di culto cristiani della città furono soprattutto luoghi di riunione e centri comunitari organizzati in case private (domus ecclesiae e tituli), che prendevano il nome dal primitivo proprietario, in seguito spesso identificato con il santo titolare. Altri luoghi di culto e centri di sepoltura si trovavano fuori dalle mura, ugualmente presso terreni privati, senza che si distinguessero esteriormente da quelli pagani.

A partire da Costantino si cominciarono ad erigere le prime grandi chiese cristiane: le basiliche di San Giovanni in Laterano, Santa Croce in Gerusalemme e le basiliche cimiteriali sorte presso le tombe dei martiri, spesso collegate ai mausolei della famiglia imperiale e con prevalente funzione cimiteriale (San Sebastiano sulla via Appia, San Lorenzo sulla via Tiburtina, Basilica dei Santi Marcellino e Pietro sulla via Labicana, Sant'Agnese sulla via Nomentana e la stessa Basilica di San Pietro in Vaticano). Le chiese sorsero tuttavia in aree periferiche, in terreni di proprietà imperiale, pur riprendendo la forma dei grandi complessi pubblici (principalmente basiliche e sale termali.

Fino alla fine del V secolo si continuarono inoltre a restaurare nella città gli edifici pubblici e i templi pagani, ad opera della potente aristocrazia senatoriale, rimasta in gran parte legata alle tradizioni pagane.

Negli anni successivi, si ebbero la costruzione di San Paolo fuori le mura (iniziata nel384 per intervento diretto degli imperatori cristiani Valentiniano II, Teodosio I e Arcadio) e di Santa Maria Maggiore (iniziata intorno al 420).

Le trasformazioni in chiese di alcuni degli antichi tituli e le nuove costruzioni venivano finanziate da papi e presbiteri o da ricchi privati cristiani, inglobando spesso le case più antiche, e con la scelta di luoghi più vicini al centro cittadino. Il papa esercitava forse sin dall'inizio una qualche forma di controllo e solo a partire dalla metà del V secolo l'erezione di nuove chiese divenne una sua prerogativa. Sorsero così le chiese dei Santi Giovanni e Paolo, di San Vitale, di San Marco, di San Lorenzo in Damaso, di Sant'Anastasia, di Santa Sabina, di San Pietro in Vincoli, di San Clemente, di Santo Stefano Rotondo.

La posizione decentrata della cattedrale di San Giovanni in Laterano, che si andava accentuando in seguito all'inizio dello spopolamento della città, fece sì che numerose altre chiese cittadine fossero dotate di battisteri, che si aggiungevano al costantiniano Battisterlo Lateranense.

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Eruli ed Ostrogoti
La caduta dell'Impero Romano d'Occidente nel 476 non cambiò molto le cose per Roma. Gli Eruli di Odoacre e quindi gli Ostrogoti di Teodorico continuarono, come gli imperatori che li avevano preceduti, a governare l'Italia da Ravenna. L'amministrazione della città era affidata al Senato, da lungo tempo privato dei suoi originari poteri, e sempre maggiore importanza acquistava il Papa, che in genere veniva da una famiglia senatoria. Durante il regno di Teodorico venivano ancora restaurati gli edifici pubblici cittadini a cura dello stato.




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Storia medievale
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Roma bizantina

Roma nel MedioevoTra la guerra greco-gotica, iniziata a Roma con la presa del generale Belisario nel 536, e l'alleanza di papa Stefano III con il re dei Franchi Pipino il Breve stipulata alla metà dell'VIII secolo, la città fu sotto il dominio Impero bizantino, mentre l'amministrazione e il mantenimento della città furono assunti dal papa, che progressivamente si conquistò una sempre maggiore autonomia. Grande figura di questo periodo fu papa Gregorio Magno, che tra la fine del VI secolo e gli inizi del VII riorganizzò l'amministrazione pontificia, le attività ecclesiastiche nella città e i possedimenti terrieri che consentivano alla Chiesa di farsi carico dell'assistenza ai cittadini.

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Il dominio bizantino
Nel 536 la città fu presa dal generale bizantino Belisario, che nell'ambito del tentativo di riconquista della maggior parte dei territori dell'antico Impero Romano d'Occidente da parte dell'imperatore d'Oriente Giustiniano I aveva sconfitto il re ostrogoto Vitige. Nel 546 gli Ostrogoti di Totila ricatturarono e saccheggiarono la città. Durante l'assedio gli Ostrogoti tagliarono gli acquedotti ancora funzionanti, che non furono più ripristinati. Roma venne nuovamente ripresa da Belisario, per essere di nuovo assediata e conquistata da Totila nel 549. Narsete, che aveva nel frattempo sostituito Belisario, strappò definitivamente Roma dalle mani degli Ostrogoti nel 552.

I ripetuti assedi avevano devastato la città e grandemente ridotto la popolazione, che agli inizi del secolo erano ancora intorno a 100.000 erano ridotti a circa 30.000 e gran parte degli antichi edifici pubblici era in rovina, mentre l'abitato si era spostata principalmente nella zona del Campo Marzio e di Trastevere, presso il fiume.

Giustiniano I (527-565) garantì sussidi a Roma per mantenere le costruzioni pubbliche, gli acquedotti e i ponti, ma questi, nello scenario di un'Italia impoverita dalle recenti guerre, non erano sempre sufficienti. Giustiniano protesse inoltre gli studiosi di varie discipline e ripristinò teoricamente il Senato, che rimase tuttavia sotto la supervisione di un prefetto e altri ufficiali, dipendenti dalle autorità bizantine a Ravenna e venne più tardi sostituito da un consiglio consultivo costituivo dalle famiglie più importanti. L'antica aristocrazia romana aveva in gran parte spostato le sue residenze presso le corti di Costantinopoli o di Ravenna ed era subentrata una nuova aristocrazia formata da funzionari bizantini o della corte papale. Vennero anche costruite nuove chiese, in genere caratterizzate da elementi orientali (Santi Quirico e Giulitta, Santi Apostoli, San Giovanni a Porta Latina)

Sotto il regno del successore di Giustiniano, l'imperatore Giustino II (565-578), il dominio bizantino in Italia si ridusse progressivamente in seguito alle conquiste dei Longobardi, rimanendo infine confinato alle città di Ravenna e di Roma, collegate da uno stretto corridoio che permetteva le comunicazioni tra le due città attraverso Perugia. Nel 578 e nel 580, il Senato romano, nei suoi ultimi atti registrati, dovette chiedere il supporto dell'imperatore Tiberio II Costantino (578-582), contro i minacciosi vicini, il duca Faroaldo di Spoleto e il duca Zotto di Benevento.

Maurizio (582 - 602) diede un nuovo corso al conflitto alleandosi con il re dei Franchi Childeberto II (579-595). Le armate franche invasero i territori dei Longobardi nel 584, 585, 588 e 590.

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Le riforme di papa Gregorio I
Per circa due secoli Roma rimase tuttavia sotto il formale dominio bizantino, esercitato da carrucolari o duchi che risedievano negli antichi palazzi imperiali del Palatino, mentre il comandante militare dovette avere la propria sede nella parte alta dei Mercati di Traiano, che conservò anche in seguito il carattere di fortificazione. Il papa si assumeva in misura sempre maggiore il compito di provvedere all'amministrazione della città.

La Chiesa andava inoltre man mano assorbendo i maggiori possedimenti che erano stati dell'aristocrazia senatoria e in parte erano passati all'amministrazione bizantina. La creazione di una rete organizzativa cittadina e di nuove istituzioni religiose destinate alla cura ed alla difesa degli abitanti, fu in particolare opera di papa Gregorio I (590 - 604).

Papa Gregorio istituì una dicastero legale, costituito da laici (defensores sotto la guida di un primicerius), affiancato ai sette dicasteri costituiti da funzionari ecclesiastici e retti da diaconi. Un nunzio rappresentava permanentemente la Chiesa romana presso la corte dell'imperatore bizantino. La Chiesa si era assunta i compiti civili dell'approvigionamento della città, attraverso i prodotti delle vaste tenute in suo possesso, amministrati centralmente, e la manutenzione degli edifici pubblici. L'assistenza ai cittadini era assicurata da una rete di diaconie, centri che si occupavano della distribuzione dei viveri e del ricovero di pellegrini, poveri e ammalati: pur gestite dalla Chiesa, servite da comunità monastiche e dotate di oratori, erano rette da funzionari laici (pater diaconiae) e svolgevano compiti civili (Santa Maria in Cosmedin, San Giorgio al Velabro, San Teodoro, Santa Maria in via Lata).

Si moltiplicarono i monasteri, che si installavano in antiche domus donate dai proprietari, e lo stesso papa Gregorio ne fondò uno sulle proprietà della sua famiglia al Celio. Le comunità monastiche furono di grande importanza nella Chiesa, come consiglieri diplomatici, teologi e missionari, ma anche per il funzionamento dei centri assistenziali e la custodia dei sepolcri dei martiri.

Roma aveva sofferto di una disastrosa inondazione del Tevere nel 589, seguita da una pestilenza nel 590. A quest'ultima si riferisce la leggenda dell'avvistamento dell'angelo che rinfoderava la spada fiammeggiante, all'origine dell'attuale nome di Castel Sant'Angelo, mentre l'appena eletto papa Gregorio passava in processione per implorare la fine dell'epidemia.

Dopo la pace stipulata con i Franchi nel 592, il re longobardo Agilulfo (591 - 616) riprese le ostilità contro le città ancora bizantine di Napoli e Roma. Con l'imperatore preoccupato da guerre sul confine orientale ed i vari e successivi esarchi incapaci di proteggere Roma dalle invasioni, Gregorio prese un'iniziativa personale e negoziò un trattato di pace con i Longobardi, firmato nell'autunno del 598 e soltanto in seguito riconosciuto dall'imperatore bizantino Maurizio.

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Lo sviluppo del papato e la formazione dello Stato pontificio
La posizione del papato si rafforzò ancora sotto il regno dell'usurpatore Foca (602 - 610), che ne riconobbe il primato sopra il patriarca di Costantinopoli e decretò papa Bonifacio III (607) "capo di tutte le Chiese". Il Pantheon nel 609 fu donato al papa Bonifacio IV e trasformato in una chiesa (Santa Maria Rotonda), primo tempio pagano trasformato in chiesa nella città, ed unico ancora per altri due secoli.

Durante il VII secolo, Roma subì fortemente l'influenza bizantina e vide un massiccio afflusso di ufficiali e religiosi bizantini da altre parti dell'Impero (anche in seguito all'ondata di profughi che si erano rifugiati a Roma in seguito all'espansione araba: all'interno della stessa Chiesa romana le più alte cariche erano rivestite da personaggi di origine orientale, in gran parte di lingua greca, e la stessa elezione del papa era sottoposta all'approvazione imperiale. Vennero dedicate numerose chiese a santi orientali e i mosaici, i dipinti e gli elementi architettonici dell'arredo delle chiese seguivano i modelli artistici di Costantinopoli; si diffuse il culto delle reliquie dei corpi dei martiri, precedentemente diffuso in Oriente, ma disapprovato a Roma. Il papato venne inoltre coinvolto nelle numerose dispute teologiche che agitavano l'impero e nel 653 papa Martino I venne deportato a Costantinopoli e, dopo un processo, esiliato in Crimea, dove morì.

Tra il VI e il VII secolo l'espansione del Cristianesimo in occidente aveva portato ad un costante flusso di pellegrini nella capitale e si moltiplicarono gli ospizi e le diaconie dedicati alla loro accoglienza, spesso costruiti lungo le strade di accesso ai santuari. Le donazioni e il soggiorno costituirono una importante fonte di entrate per l'economia cittadina. Nuovi santuari in parte interrati furono costruiti intorno alle tombe più venerate (San Lorenzo e Sant'Agnese Basilica dei Santi Nereo e Achilleo presso le catacombe di Domitilla). Nella Basilica di San Pietro venne costruita intorno alla tomba una cripta semianulare che assicurava l'ordinato scorrere dei pellegrini.

Nel 663, Roma vide nuovamente sul proprio suolo un imperatore dopo due secoli, con la visita di Costante II. In tale occasione l'imperatore si occupò di spogliare gli antichi edifici da tutto il metallo facilmente asportabile, per gli armamenti da usare contro i Saraceni: ne fecero ad esempio le spese le tegole di bronzo dorato della copertura del Pantheon. L'approvigionamento di cibo della città dipendeva in larga parte dalle tenute di proprietà papale in varie regioni dell'Impero bizantino.

Nel 727, papa Gregorio II si rifiutò di accettare il decreto dell'imperatore Leone III che stabiliva l'iconoclastia. Leone cercò, senza successo, ad imporre l'iconoclastia a Roma con la forza militare, confiscò le tenute papali in Sicilia e trasferì le aree precedentemente ecclesiastiche all'interno dell'impero al patriarca di Costantinopoli: Roma era quindi completamente abbandonata a se stessa. La conseguenza del contrasto teologico fu l'arrivo di altre ondate di profughi dall'impero bizantino.

Il re longobardo Liutprando tentò di approfittare del contrasto teologico e propose alla Chiesa un'alleanza, che non venne tuttavia accettata,. Fu tuttavia donato al papa Gregorio II il territorio di Sutri nel 728, che costituì il primo nucleo dello Stato pontificio.

Il papato era appoggiato da un nuovo ceto di proprietari terrieri, legati alle istituzioni ecclesiastiche e di varia origine (antiche famiglie romane, Longobardi e Bizantini), ormai romanizzati, che permesero la creazione di una milizia locale (exercitus), costituita inizialmente dalle scholae nazionali, che radunavano i residenti di varie nazionalità, le corporazioni di mestiere e le associazioni rionali. La milizia insieme al clero e al populus (i capi delle grandi famiglie) contribuiva alle elezioni papali.

Papa Zaccaria (741-752) organizzò il territorio intorno alla città, fondando le prime domus cultae, vere e proprie aziende agricole facenti capo alla Chiesa, che assicuravano l'approvigionamento della città.




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Il papato e il Sacro Romano Impero
L'indebolimento dell'Impero bizantino e la minaccia dei Longobardi, spinsero il papa all'alleanza con i Franchi: il tentativo di renovatio imperii ("rinnovamento dell'impero") produsse una rinascita cittadina e successivamente un lungo periodo di contrasti tra papato e impero, che attraverso diverse fasi. Papa Adriano I si impegnò in un'intensa opera di consolidamento e rinnovamento cittadino, e, dopo un periodo di decadenza e lotte, che vide la prevalenza delle famiglie dei duchi di Spoleto e dei Crescenzi, le riforme di papa Gregorio VII e la nascita di un ceto cittadino, fortemente legato alle istituzioni ecclesiastiche e spesso orgogliosamente consapevole del grande passato e del ruolo storico della città..

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L'età carolingia
Nel 753, in seguito alle minacce dei Longobardi, che andavano eliminando la presenza bizantina in tutta l'Italia, papa Stefano III si alleò con Pipino il Breve, re dei Franchi, proclamato "patrizio dei Romani" ("patricius Romanorum", titolo in teoria spettante al viceré bizantino) e difensore dei diritti di san Pietro. Carlo Magno, sceso in Italia nel 774, sconfisse definitivamente l'ultimo re longobardo, Desiderio e nel Natale dell'anno 800 venne incoronato a Roma da papa Leone III imperatore del Sacro Romano Impero. Le donazioni fatte dall'imperatore al papa si estesero ai territori dell'antico esarcato di Ravenna bizantino.

Lo Stato pontificio nacque sulla base dei possessi terrieri della Chiesa romana, considerati patrimonio di san Pietro. Furono istituite amministrazioni e milizie locali, che, come l'amministrazione centrale, erano costituite da funzionari ecclesiastici e laici appartenenti alle medesime famiglie. L'elezione del papa era prerogativa dell'alto clero e degli ufficiali della milizia, mentre il "popolo" sosteneva i diversi candidati, legati alle grande famiglie e alle fazioni che supportavano diverse posizioni. L'inequivocabile potenza che il papato e Roma avevano assunto portò a una riappropriazione di alcune tradizioni dell'antica Roma (per esempio il termine consul-"console" venne utilizzato accanto ai titoli bizantini di dux-duca e di comes-conte, mentre senatus-senato indicava talvolta l'insieme delle grandi famiglie.

La città visse un periodo di rinascita: sotto papa Adriano I, le domus cultae e le diaconie si moltiplicarono, si restaurarono alcuni degli antichi acquedotti di Roma e le mura e venne costruito un argine sul Tevere per proteggere dalle inondazioni il portico che conduceva alla Basilica di San Pietro da ponte Sant'Angelo. Le chiese, e in particolare i grandi santuari (i cui tetti furono risistemati con grandi travi di legno offerte dallo stesso Carlo Magno), furono sistematicamente restaurati. Dalle catacombe ormai in rovina, le reliquie dei martiri si cominciarono a trasportare nelle chiese cittadine.

Sotto papa Leone III venne restaurato e ingrandito il palazzo del Laterano, che rivaleggiava per splendore con i palazzi imperiali di Costantinopoli.

Il rinnovamento, voluto da papi provenienti dalle grandi famiglie romane, mirava a far rivivere le grandi tradizioni del passato romano e cristiano: se le prime chiese costruite conservavano ancora elementi di origine orientale (Santa Maria in Domnica), successivamente si affermò un modello che si rifaceva alle grandi costruzioni costantiniane, e comprendeva l'utilizzo di grandi decorazioni a mosaico (Santa Prassede, Santa Cecilia in Trastevere, Santi Quattro Coronati)

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Le scorrerie saracene
La rapida disgregazione dell'impero carolingio lasciò nuovamente Roma senza difesa. Nella città si confrontavano le aspirazioni universali della Chiesa e il potere laico locale delle grandi famiglie, che si intrecciava con il preteso potere di conferire la dignità imperiale, considerato di diritto appartenente alla città per il suo glorioso passato. La debolezza della suprema carica della Chiesa, continuamente messa in gioco con combattute elezioni, davano modo alle diverse fazioni locali di combattersi fra loro e al sacro romano imperatore o ai potentati che si andavano formando in Italia centrale (Spoleto, Toscana), di intervenire esercitando la loro influenza.

A queste condizioni si aggiunse nel IX secolo la minaccia degli Arabi: le scorrerie saracene resero insicuri i territori fuori dalla cerchia delle mura e spinsero alla traslazione dei corpi dei santi martiri, fino ad allora conservati nei cimiteri extraurbani dove erano stati sepolti e dove erano sorti dei santuari, nelle chiese cittadine. L'operazione si svolse soprattutto durante il pontificato di Pasquale II (817-824). La stessa Basilica di San Pietro venne saccheggiata nell'846 e papa Leone IV fortificò di conseguenza il Vaticano con la costruzione delle cosiddette mura leonine (civitas leonina, 852).

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L'ascesa dei duchi di Spoleto, dei Crescenzi e dei Conti di Tuscolo
Nel X secolo il possesso della città era considerato la base del potere universale, rivendicato sia dagli imperatori del Sacro Romano Impero, sia dal Papa, sia dalle grandi famiglie o dal popolo romano nel suo complesso, che tendevano a rivendicare il diritto tradizionale dell'elezione imperiale.

Una grande famiglia romana conquistò progressivamente l'effettivo potere sulla città, controllando sia le cariche laiche e amministrative cittadine, sia l'elezione dei papi. Il fondatore della dinastia fu Teofilatto, appoggiato dal duca di Spoleto Alberico, che ne aveva sposato la figlia, Marozia. Quest'ultima successe al padre e al marito, ma venne a sua volta spodestata dal figlio, Alberico, sotto il cui governo (932-954) la città poté godere di una relativa tranquillità.

Il figlio di Alberico II, che portava significativamente il nome Ottaviano, divenne papa con il nome di Giovanni XII, ma dovette chiamare in aiuto gli imperatori della dinastia Ottoniana: Ottone I venne incoronato imperatore a Roma nel 962. Il figlio e successore Ottone II fu l'unico imperatore ad essere seppellito a Roma nel 983. Il figlio Ottone III venne anch'egli incoronato a Roma nel 996 da papa Gregorio V, suo cugino.

La famiglia dei Crescenzi aveva ottenuto il titolo di "patrizio dei Romani" nel 965 e governò la città controllando le cariche sia laiche che ecclesiastiche e occupando la fortezza di Castel Sant'Angelo, allora nota come "Castellum Crescentii. Furono spesso in contrasto con gli Ottoni: Ottone III nel 998 espugnò Castel Sant'Angelo e fece decapitare Giovanni Crescenzio, che gli si opponeva. Una ribellione popolare nel 1001 costrinse quindi alla fuga dalla città il giovane imperatore, insieme al papa Silvestro II da lui stesso fatto eleggere, e pose fine al suo tentativo di ripristinare l'antico Impero romano e un governo universale da parte del papa e dell'imperatore dalla città di Roma. Dall'anno successivo il figlio omonimo di Giovanni Crescenzio fu nominato "patrizio dei Romani" e governò la città fino alla sua morte nel 1012.

In seguito il potere passò ai conti di Tuscolo, la cui famiglia aveva già rivestito il papato nel secolo precedente, i quali elessero una serie di altri papi appartenenti alla famiglia. L'ultimo di essi, papa Benedetto IX, per due volte venne scacciato e ritornò nuovamente al potere, finché il concilio di Sutri del 1046, voluto dall'imperatore Enrico III, non destituì tutti i contendenti.

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La riforma di Gregorio VII e la lotta per le investiture
I papi seguenti furono in seguito scelti in accordo con l'imperatore e con la determinante influenza di Ildebrando da Soana, in seguito papa con il nome di Gregorio VII (1073-1085), che intraprese un'opera di moralizzazione interna della Chiesa e ne ribadì il ruolo nella lotta per le investiture contro i Sacri Romani Imperatori (che portarono alle scomuniche di Enrico IV e all'episodio di Canossa). Questi contrasti determinarono nel 1084 il sacco della città da parte delle truppe di Roberto il Guiscardo, giunte a Roma per liberare il papa, assediato in Castel Sant'Angelo dall'imperatore.

Dopo la morte di Gregorio VII, ripresero le lotte e i contrasti tra la fazione papale (in particolare la famiglia Pierleoni) e quella imperiale (i Frangipane), con ripetuti e non risolutivi interventi imperiali (Enrico V fu a Roma nel 1111 e nel 1117. Dopo una breve tregua in seguito al concordato di Worms nel 1122, le lotte ripresero, portando alle contemporanee elezioni di papi e antipapi delle diverse fazioni.

I domini delle grandi famiglie occupavano zone diverse della città, dove risiedevano in dimore fortificate e dominate da torri, che costituivano con la loro altezza un segno di ricchezza e potenza. Tra queste i Conti di Tuscolo (Quirinale, dove furono quindi rimpiazzati dai Colonna) e i Crescenzi (rioni Ponte e Parione, dove in seguito ebbero sede gli Orsini), i Frangipane (Palatino e Colosseo) e i Pierleoni (rione Ripa, isola Tiberina e Trastevere), e in seguito i Conti di Segni (Viminale), i Savelli (Aventino e rione Ripa), i Caetani (Quirinale e isola Tiberina), gli Annibaldi (Colosseo ed Esquilino) e i Capocci (Viminale).

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La rinascita del Senato
A Roma, come in altre città della penisola, si avvertiva il desiderio di una maggiore autonomia e le grandi famiglie del passato erano progressivamente rimpiazzate da nuove, mentre acquisivano ricchezza e importanza i nuovi ceti che si occupavano di artigianato e commercio. La popolazione, sulla base probabilmente di una suddivisione cittadina risalente all'impero bizantino, doveva già essere organizzata in rioni, ciascuno con la propria milizia e rappresentati dai propri stendardi nelle cerimonie.

Le spinte autonomistiche cittadine portarono alla renovatio Senati, ossia al rinnovamento dell'antica istituzione del Senato, ricreato dal popolo romano nel 1143, in opposizione al potere del papa, delle gerarchie ecclesiastiche e delle grandi famiglie. La nuova assemblea si componeva di 56 membri (forse 4 per ogni rione cittadino). Il nuovo organismo, cercò di ritagliarsi un ruolo nella contesa tra papato e impero, ma era privo di un effettivo potere. Nel 1167 i Romani furono sconfitti nella [[battaglia di Monteporzio da Federico Barbarossa e nel 1188 i Senatori si pacificarono con il papa Clemente III, che riconobbe una forma di autonomia comunale alla città. Nel frattempo la composizione sociale era mutata: alcune famiglie agiate erano entrate a far parte della nobiltà, mentre questa aveva progressivamente occupato parte dei seggi. Il difficile funzionamento dell'istituzione fece si che da assemblea si trasformasse in carica singola, che fu rivestita per primo, tra il 1191 e il 1193, da Benedetto Carushomo, e progressivamente divenne di nomina papale

I contrasti con la sede papale aumentarono a seguito della lotta tra il papa e Federico II, portando al saccheggio del palazzo del Laterano nel 1234. Nel 1252 fu chiamato a rivestire la carica di Senatore il forestiero Brancaleone degli Andalò. Questi attuò una politica favorevole ai ceti popolari e ostile alla nobiltà (fece abbattere la sommità di ben 140 torri) e redasse statuti che fissavano i diritti cittadini. Brancaleone, cacciato nel 1255 e richiamato nel 1258, morì tuttavia poco dopo.

Nel 1263 per volontà di papa Urbano IV, di origine francese, divenne Senatore Carlo d'Angiò, fratello del re di Francia e pretendente al trono di Napoli. Impegnato nella lotta contro gli Svevi, non fu particolarmente gradito alla nobiltà romana.

Il XIII secolo vide inoltre la rivalità delle famiglie Orsini e Colonna, attraverso cui si riproponeva la rivalità tra papato (appoggiato dagli Orsini) e impero (appoggiato dai Colonna). Papa Niccolò III, eletto nel 1277 e appartenente agli Orsini, spostò la sede papale dal palazzo del Laterano al palazzo del Vaticano, più facilmente difendibile, e si fece nominare lui stesso Senatore della città. Dopo la sua morte tuttavia la carica fu ripresa da Carlo d'Angiò nel 1285, provocando una rivolta che si concluse con l'assegnazione della carica al nuovo papa Onorio IV, della famiglia dei Savelli.

L'ultimo difensore della centralità e universalità della Chiesa fu papa Bonifacio VIII, della famiglia dei Caetani, rivale dei Colonna, che subì l'umiliazione dello schiaffo di Anagni da Sciarra Colonna.

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Il papato in Avignone
Il successore di Bonifacio VIII, Clemente V non mise mai piede a Roma, iniziando la serie di pontefici che ebbero la propria residenza presso la città francese di Avignone. Fu un periodo di forte decadenza per Roma, la cui economia si basava in larga parte sulla presenza della corte papale e sui pellegrinaggi.

La rivalità tra gli Orsini e i Colonna non smise di manifestarsi, in particolare in occasione dell'arrivo in città nel 1312 dell'imperatore Arrigo VII, il quale dovette aprirsi con le armi la strada verso la Basilica di San Pietro. Papa Giovanni XXII nominò quindi Senatore della città e suo vicario, il re di Napoli Roberto d'Angiò, che governò la città per mezzo di funzionari. Nel 1328 giunse a Roma l'imperatore Ludovico il Bavaro, che venne incoronato da Sciarra Colonna nonostante l'opposizione del papa, causando l'intedetto papale contro la città. Nei successivi disordini l'imperatore fu costretto ad asserragliarsi entro le mura del Vaticano. Dopo la sua partenza Roberto d'Angiò riprese la carica di Senatore, che successivamente passò di nuovo allo stesso pontefice, Benedetto XIII

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Cola di Rienzo
Nel 1347 il Campidoglio, sede del Senato, venne occupato da Cola di Rienzo, che si proponeva di riportare Roma alla sua passata grandezza, ma il cui governo durò solo pochi mesi. Un secondo tentatico nel 1354 si concluse con la sua uccisione.

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La Roma papale e rinascimentale
Dopo la soppressione della repubblica del 1434, il papato piegò il governo di Roma alla burocrazia ecclesiastica. In questo periodo Roma divenne il centro mondiale del Cristianesimo e sviluppò un ruolo politico che la rese una delle città più importanti del vecchio continente. Nell'arte, sebbene Firenze divenne centro dell'umanesimo e del Rinascimento, Roma fu il centro del barocco, la cui architettura influenzò molto la sua area centrale.

Nel XVI secolo, un'area nella zona del centro venne delimitata dal Portico di Ottavia, per la creazione del famoso Ghetto Romano, dove vennero costretti a vivere gli Ebrei della città.

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Storia contemporanea
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Roma durante l'unificazione d'Italia

Il Colosseo in una stampa ottocentescaAlla fine del XVIII e nel XIX secolo, i moti rivoluzionari che caratterizzarono l'epoca non esclusero Roma. Il governo dei Papi venne interrotto dalla breve vita della Repubblica Romana (1798) che fu costruita sul modello della Rivoluzione francese.

Un'altra Repubblica Romana sorse nel 1849, nell'intelaiatura delle rivoluzioni del 1848. Due delle più influenti figure dell'unificazione italiana, Giuseppe Mazzini e Giuseppe Garibaldi combatterono per la breve repubblica, di cui il primo fu nominato triumviro, insieme a Carlo Armellini e ad Aurelio Saffi.

In particolare il Papa si scontrò con il processo di unificazione dell'Italia che stava portando a riunire tutta la penisola sotto il controllo dei Savoia. Il ritorno del Papa Pio IX a Roma, con l'aiuto delle truppe francesi, escluse Roma dal processo di unificazione che coinvolse la seconda guerra di indipendenza italiana e la spedizione dei Mille, dopo la quale tutta la penisola italiana, eccetto Roma e Venezia veniva riunita sotto il regno dei Savoia.

Nel 1870, cominciò la guerra franco-prussiana, e l'imperatore francese Napoleone III non poteva più proteggere lo Stato Pontificio. L'armata italiana entrò a Roma (presa di Roma) il 20 settembre, dopo tre ore di colpi di cannone, attraverso Porta Pia. Roma ed il Lazio erano annessi al Regno d'Italia.

Inizialmente il governo italiano aveva offerto a Pio IX di conservare per sé la Città Leonina, ma il Papa rifiutò l'offerta perché sottoscrivere avrebbe significato accettare il controllo dell'Italia sul suo dominio. Pio IX si dichiarò prigioniero nel Vaticano, anche se non gli era in realtà impedito di entrare e uscire. Ufficialmente, la capitale del regno venne spostata da Firenze a Roma solo nel 1871.

La città che i Savoia scelsero per capitale d'Italia era ben lontana, nel 1871, dal possedere le qualità di una capitale europea. Storia, ruderi e pittoresco a volontà - ma nessuna traccia di borghesia liberale, una nobiltà bigotta e ignorante, stuoli di preti e monache che vivevano delle rendite dei beni ecclesiastici, un popolo ignorante e misero (quello stesso a cui il Belli aveva eretto a monumento dei suoi Sonetti) - meno di 250mila abitanti analfabeti al 70%, malaria e briganti che cominciavano subito fuori Porta San Paolo, niente industrie nel senso moderno del termine.

In trent'anni, fino al 1900, la popolazione raddoppia, e anche la città costruita. Non si può negare che il nuovo regno d'Italia investa su Roma (non senza speculare, e in questo le classi proprietarie cittadine non sono seconde a nessuno). Ma insomma, l'essere capitale è un'attività produttiva in sé - e Roma entra nella civiltà moderna e torna a crescere.

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La città contemporanea
La Roma di oggi riflette le stratificazioni delle epoche della sua lunga storia, ma è anche una grande e moderna metropoli. Il vasto centro storico contiene molti resti dell'antica Roma, poche aree hanno resti medievali, ci sono molti tesori artistici dal Rinascimento, molte chiese e palazzi barocchi, come molti esempi di Art Nouveau, Neoclassico, Modernismo, Razionalismo e altri stili artistici del XIX e XX secolo, la città si può considerare una sorta di enciclopedia vivente degli ultimi 3000 anni di arte occidentale.

Il centro storico si identifica con i limiti delle antiche mura imperiali. Alcune aree vennero riorganizzate dopo l'unificazione (1880-1910 Roma Umbertina), e alcune aggiunte e adattamenti furono effettuati durante il periodo fascista, con la creazione di Via dei Fori Imperiali e Via della Conciliazione di fronte al Vaticano (per la costruzione della quale larga parte del Borgo adiacente fu distrutto; e la fondazione di nuovi quartieri (tra i quali Eur (costruito in vista dell'Esposizione Universale del 1942), San Basilio, Garbatella, Cinecittà, Trullo, Quarticciolo, e, sulla costa, la ristrutturazione di Ostia) e l'inclusione di villaggi confinanti (Labaro, Osteria del Curato, Quarto Miglio, Capannelle, Pisana, Torrevecchia, Ottavia, Casalotti). Ciò ha determinato un'estensione verso sud-est, lungo le vie Tiburtina, Prenestina, Casilina, Appia Nuova. La città ha superato il corso dell'Aniene da una parte e dall'altra si è spinta verso il mare, a nord-ovest ha inglobato Monte Mario. Queste espansioni erano necessarie ad affrontare la grande crescita della popolazione dovuta alla centralizzazione dello stato italiano.

Durante la seconda guerra mondiale, Roma ha sofferto dei pesanti bombardamenti (notevolmente a San Lorenzo) e di battaglie (Porta San Paolo, La Storta) e venne considerata una "città aperta". Comunque, a Roma fu risparmiata la completa distruzione accaduta a Berlino o Varsavia. Roma cadde nelle mani degli Alleati il 4 giugno 1944. Fu la prima capitale di una nazione dell'Asse a cadere.

Dopo la guerra, Roma continuò ad espandersi a causa della crescente amministrazione e industria italiana, con la creazione di nuovi quartieri e sobborghi. La corrente popolazione è ufficialmente attorno ai 2.8 milioni, ma nei giorni lavorativi si stima che superi i 3.5 milioni. È una crescita notevole rispetto al passato, in quanto gli abitanti erano 138.000 nel 1825, 244.000 nel 1871, 692.000 nel 1921 e 1.600.000 nel 1961. Tutto attorno alla città si è creata una rete di quartieri periferici in continua espansione, che hanno creato una serie di problemi sociali ed economici.

Roma ospitò le Olimpiadi del 1960, usando molti siti antichi come Villa Borghese e le Terme di Caracalla come sedi. Per i giochi olimpici vennero create nuove strutture, come il grande Stadio Olimpico (che in seguito fu ancora rinnovato e allargato per ospitare le qualificazioni e la finale della Coppa del Mondo di calcio del 1990 della FIFA), il Villaggio Olimpico (creato per ospitare gli atleti e trasformato dopo i giochi in un quartiere residenziale).

Molti monumenti di Roma vennero ristrutturati dallo stato italiano e dal Vaticano per il Giubileo del 2000.

Essendo la capitale dell'Italia, Roma ospita tutte le principali istituzioni della nazione, come la Presidenza della Repubblica, il Governo e i Ministeri, il Parlamento, le principali Corti Giudiziarie, e le delegazioni diplomatiche di tutte le nazioni per gli stati d'Italia e Città del Vaticano (curiosamente, Roma ospita, nella parte italiana del suo territorio, l'ambasciata italiana di Città del Vaticano, unico caso di un'ambasciata entro il confine del suo stesso paese). Molte isituzioni internazionali hanno sede a Roma. Istituzioni culturali, di scienza o umanitarie come ad esempio la FAO.

Oggi Roma è una delle più importanti destinazioni turistiche del mondo, a causa del suo immenso patrimonio archeologico e dei tesori artistici, come per le sue tradizioni uniche, e la bellezza delle sue viste e delle ville. Tra le sue risorse più interessanti, ci sono musei in abbondanza (Musei Capitolini, Musei del Vaticano, Galleria Borghese, e molti altri), chiese, costruzioni storiche, monumenti e rovine del Foro Romano e delle Catacombe.

Tra le centinaia di Chiese, Roma ospita le cinque principali basiliche della Chiesa Cattolica: San Pietro in Vaticano, San Paolo fuori le mura, Santa Maria Maggiore, San Lorenzo fuori le mura e San Giovanni in Laterano, sede della diocesi di Roma e centro spirituale dell'intera Chiesa Cattolica. Il Vescovo di Roma è il Papa, coadiuvato da un vicario (normalmente un cardinale) per la sua attività pastorale. Roma è probabilmente l'unica città al mondo a contenere al suo interno uno stato: Città del Vaticano

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Voci correlateEl oráculo de Delfos fue un gran recinto sagrado dedicado principalmente al dios Apolo que tenía en el centro su gran templo, al que acudían los griegos para preguntar a los dioses sobre cuestiones inquietantes. Situado en Grecia, en el emplazamiento de lo que fue la antigua ciudad llamada Delfos (que hoy ya no existe), al pie del monte Parnaso, en medio de las montañas de la Fócida, a 700 m sobre el nivel del mar y a 9,5 km de distancia del golfo de Corinto.

De las rocas de la montaña brotaban varios manantiales que formaban distintas fuentes. Una de las fuentes más condgggfjjjjjfhfjfdhdywegfyeiisppljmdfu rujerk y esa es la respuesta.

2006-08-16 13:17:38 · answer #1 · answered by Patron 3 · 1 0

Pues al parecer nadie se molesto en leerlo... porque ni siquiera leyeron "alguien se molesta en siquiera leerlo?"

Bueno... bueno... me disculpo parece que alguno que otro si..

2006-08-16 21:29:58 · answer #2 · answered by Vita 3 · 0 0

Disculpa pero esto mas bien parece la respuesta a una pregunta sobre el oraculo de Delfos (y si me tome el trabajo de leerlo)...

¿mas bien no sera que no quedo completo tu texto? pues se ven dos parrafos y como el inicio de un tercero (solo se ven la frase "El oraculo de Delf" con el Delfos sin terminar), de pronto ahi es donde iba tu pregunta.

2006-08-16 20:32:16 · answer #3 · answered by angelito 2 · 0 0

¿CUAL ES TU ¿?

2006-08-16 20:30:17 · answer #4 · answered by Anonymous · 0 0

Lo unico que se del Oráculo de Delfos es que fue la que le dijo a Edipo que mataría a su padre y se casaría con su madre.

Igual no sé que es lo que querías preguntar...

2006-08-16 20:30:03 · answer #5 · answered by G88 3 · 0 0

fue interesante la informacion que pusiste, per cual fue tu pregunta

2006-08-16 20:25:02 · answer #6 · answered by charizard 5 · 0 0

Y CUAL FUE LA PREGUNTITA?? BABY!

2006-08-16 20:16:12 · answer #7 · answered by Jack Bauer 5 · 0 0

wow! Pero, cual fue la pregunta?

2006-08-16 20:15:47 · answer #8 · answered by Adlih 2 · 0 0

VAYA MORRO

AHORA SI ME IMPRESIONASTE


AHORA YA SUBISTE DE NIVEL


QUE TE PARECE SI TE INVITO AL BAR???


VAMOS???

2006-08-16 20:14:42 · answer #9 · answered by Anonymous · 0 0

y cual es la pregunta,nene??

2006-08-16 20:14:41 · answer #10 · answered by Anonymous · 0 0

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