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4 risposte

Le sindromi mieloproliferative sono disordini di tipo neoplastico accomunati dal fatto che si originano da cellule staminali pluripotenti del midollo osseo, cioè cellule che dividendosi possono formare diversi tipi di cellule del sangue. Le sindromi mieloproliferative sono distinte in quattro tipi: la leucemia mieloide cronica, la policitemia vera, la trombocitemia essenziale, e la mielofibrosi idiopatica. Queste malattie prediligono l’età media o avanzata e condividono alcune manifestazioni cliniche e caratteristiche istopatologiche.

Ci sono dei sintomi comuni a tutte e quattro le malattie: febbre, sudorazione profusa, astenia (mancanza di forze), perdita di peso, e attacchi gottosi. Spesso vi è ingrandimento della milza, che talvolta è massiva e causa una sensazione di sconforto o dolore addominale. Altre manifestazioni sono: ingrandimento del fegato, petecchie (emorragie puntiformi della pelle), ingrandimento delle ghiandole linfonodali, fenomeni trombotici (trombosi venosa profonda, embolia polmonare, ictus o attacchi ischemici transitori, infarti miocardici), ed emorragie, soprattutto emorragia nasale, ecchimosi cutanee, ed emorragie gengivali. E’ da ricordare infine che molti pazienti con sindromi mieloproliferative sono del tutto asintomatici, soprattutto se si trovano in una fase iniziale della malattia.

La terapia di scelta dipende dalla malattia specifica. Sintetizzando, possiamo dire che:
a) Nella leucemia mieloide cronica, l’unica possibilità di cura è rappresentata dal trapianto di midollo, che però risulta disponibile solo per una minoranza di pazienti. Negli altri casi, si usa l’interferone alfa.
b) Nella trombocitemia essenziale, si somministrano idrossiurea, interferone, e anagrelide.
c) Nella policitemia vera si utilizzano idrossiurea, interferone, e salassi.
d) Nella mielofibrosi idiopatica si utilizzano l’interferone, la splenectomia o, nei casi con fattori prognostici sfavorevoli, il trapianto di midollo.

2006-07-14 02:05:25 · answer #1 · answered by *la vale* 1 · 1 1

Ciao Maryxsempre,
innanzitutto ti auguro di stare meglio al più presto e poi ti dico che non so rispondere alla tua domanda.
Potrei fare una ricerca on line e farti un copia incolla di qualche esauriente divulgazione, ma non mi sembra il caso.
Prima di tutto perchè potresti spaventarti immotivatamente e poi perchè anche se fossi un medico (non lo sono) la deontologia professionale me lo vieterebbe, credo..
Non aver paura, chiedilo al medico che ti ha in cura, secondo me è meglio :-)

2006-07-14 04:04:20 · answer #2 · answered by Pollon 6 · 1 0

Quando si parla di sindromi mieloproliferative acute ci si riferisce ad un gruppo di neoplasie che originano dalle cellule mieloidi del midollo osseo, sia da quelle staminali totipotenti che da quelle cellule staminali che sono già in qualche modo indirizzate verso un processo differenziativo ben determinato che, in condizioni normali, dovrebbe portare alla produzione dei granulociti neutrofili, eosinofi, basofili e dei monociti. Queste condizioni neoplastiche sono anche note con il nome di leucemie acute non linfoidi o leucemie mieloidi acute. Poiché dalle cellule mieloidi prendono anche origine sia i globuli rossi che le piastrine nel gruppo possiamo anche inserire l'eritroleucemia (globuli rossi o eritrociti) e la leucemia megacariocitica (piastrine, che derivano dai megacariociti). Queste due forme leucemiche sono però rare.
Le leucemie mieloidi acute nel complesso rappresentano le più comuni forme leucemiche acute dell'adulto.
Poiché le cellule possono subire mutazioni neoplastiche a differenti stadi di differenziazione, da quelli indifferenziati a quelli parzialmente differenziati, è importante lo studio dettagliato delle loro caratteristiche per poter stabilire esattamente di che tipo di leucemia si tratta. Potrebbe essere una forma indifferenziata, o una promielocitica, o monocitica… Questo potranno dirglielo i medici che hanno in cura sua madre dopo una serie di test che renderanno possibile conoscere le caratteristiche morfologiche, immunologiche e citogenetiche delle cellule stesse.
Le cause di queste neoplasie sono poco note. Cause predisponenti sono: fattori genetici, esposizione a sostanze chimiche (benzene), precedenti chemioterapie con agenti alchilanti, radiazioni, sindromi mieloproliferative croniche, sindrome di Down, sindromi caratterizzate da instabilità cromosomica ed altre ancora.
In queste forme leucemiche, il fatto che le cellule tumorali proliferino piuttosto lentamente rispetto alle cellule normali in fase di maturazione, fa si che le stesse si accumulino nel midollo e progressivamente distruggano quello normale. Le conseguenze sono l'anemia, la leucopenia (riduzione del numero dei globuli bianchi normali) e la trombocitopenia (riduzione del numero delle piastrine). Ciò espone i portatori di questa patologia al rischio di infezioni (il rischio è alto) ed emorragie. L'accumulo di cellule neoplastiche nella milza, nel fegato e nei linfonodi porta a splenomegalia, epatomegalia e a linfoadenopatia di grado naturalmente variabile. E' possibile il coinvolgimento del sistema nervoso centrale per l'invasione delle meningi.
La prognosi della malattia varia a seconda dell'età del paziente (sopra i 60 anni è meno buona), del numero di cellule tumorali presenti in circolo al momento della diagnosi.
In genere la remissione si ottiene in una percentuale variabile tra il 70 e il 75% dei pazienti. Dopo 5 anni di remissione sono possibili le ricadute.
La terapia classica si avvale dell'uso dei chemioterapici e del trapianto di midollo osseo. Nuovi farmaci stanno comunque dando buoni risultati nella terapia di questa malattia.

Le sindromi mieloproliferative

a cura di: Dott. Giampaolo Talamo


Cosa è una sindrome mieloproliferativa?

Le sindromi mieloproliferative sono disordini di tipo neoplastico accomunati dal fatto che si originano da cellule staminali pluripotenti del midollo osseo, cioè cellule che dividendosi possono formare diversi tipi di cellule del sangue. Le sindromi mieloproliferative sono distinte in quattro tipi: la leucemia mieloide cronica, la policitemia vera, la trombocitemia essenziale, e la mielofibrosi idiopatica. Queste malattie prediligono l’età media o avanzata e condividono alcune manifestazioni cliniche e caratteristiche istopatologiche.

Quali sono le manifestazioni cliniche di una sindrome mieloproliferativa?

Ci sono dei sintomi comuni a tutte e quattro le malattie: febbre, sudorazione profusa, astenia (mancanza di forze), perdita di peso, e attacchi gottosi. Spesso vi è ingrandimento della milza, che talvolta è massiva e causa una sensazione di sconforto o dolore addominale. Altre manifestazioni sono: ingrandimento del fegato, petecchie (emorragie puntiformi della pelle), ingrandimento delle ghiandole linfonodali, fenomeni trombotici (trombosi venosa profonda, embolia polmonare, ictus o attacchi ischemici transitori, infarti miocardici), ed emorragie, soprattutto emorragia nasale, ecchimosi cutanee, ed emorragie gengivali. E’ da ricordare infine che molti pazienti con sindromi mieloproliferative sono del tutto asintomatici, soprattutto se si trovano in una fase iniziale della malattia.

Qual è la terapia di una sindrome mieloproliferativa?

La terapia di scelta dipende dalla malattia specifica. Sintetizzando, possiamo dire che:
a) Nella leucemia mieloide cronica, l’unica possibilità di cura è rappresentata dal trapianto di midollo, che però risulta disponibile solo per una minoranza di pazienti. Negli altri casi, si usa l’interferone alfa.
b) Nella trombocitemia essenziale, si somministrano idrossiurea, interferone, e anagrelide.
c) Nella policitemia vera si utilizzano idrossiurea, interferone, e salassi.
d) Nella mielofibrosi idiopatica si utilizzano l’interferone, la splenectomia o, nei casi con fattori prognostici sfavorevoli, il trapianto di midollo.

Quali sono le complicazioni dei salassi in un paziente con policitemia vera?

Il salasso terapeutico consiste nella rimozione lenta di circa mezzo litro di sangue dalla vena di un paziente. Si tratta in genere di una procedura ben tollerata. Talvolta può complicarsi da scompenso emodinamico, specialmente nei pazienti cardiopatici, per cui in questo gruppo di pazienti è preferibile limitare a 250 mL la quantità di sangue asportato. Inoltre, i salassi determinano inevitabilmente uno stato di ferrocarenza, che si può manifestare con pica, cioè la tendenza ad ingerire sostanze non commestibili (sabbia, tessuto, ghiaccio, ecc.). A meno che non sia sintomatica, la carenza di ferro indotta dai salassi non va mai corretta, perché essa è proprio uno degli obbiettivi da raggiungere per controllare la policitemia.

E’ stato recentemente pubblicizzato un nuovo farmaco per la leucemia mieloide cronica, l’STI571. Che speranze può fornire?

L’STI571 è un farmaco sperimentale che può fornire grandi speranze. Si tratta di un composto che ha la capacità di agire a livello molecolare sulla proteina bcr-abl, inibendone l’attività. La proteina bcr-abl è sintetizzata dalle cellule leucemiche ed è direttamente responsabile della leucemia mieloide cronica. I dati ''in vitro'', cioè in sistemi di colture cellulari, sono molto buoni, perché hanno mostrato una attività antileucemica dell’STI571 specificamente nei confronti di cellule di pazienti con questa leucemia. Ma si tratta pur sempre di terapia sperimentale, e quindi la reale efficacia clinica di questo composto è ignota. Sono attualmente in corso le prime sperimentazioni nell’uomo, e per ora non possiamo far altro che consigliare ai pazienti con leucemia mieloide cronica (ovviamente quelli privi di un donatore di midollo compatibile), di arruolarsi nei protocolli di ricerca clinica, adesso disponibili anche in Italia.

SINDROMI MIELOPROLIFERATIVE CRONICHE
Chemioterapia intensificata con supporto di cellule staminali periferiche autologhe per il trattamento della mielofibrosi con metaplasia mieloide in fase acuta

SCHEMA
Tipo di studio: studio pilota
Razionale dello studio: la mielofibrosi idiopatica con metaplasia mieloide e` caratterizzata da fibrosi midollare ingravescente e splenomegalia progressivamente ingravescente per sostituzione del parenchima da parte di tessuto emopoietico. La sopravvivenza dei pazienti affetti da tale patologia puo` variare da 3 (pazienti ad alto rischio) a 10-15 anni a seconda della aggressivita' della malattia. Le terapie standard non modificano in modo significativo tale sopravvivenza. Il trapianto di midollo allogenico, gravato peraltro in questa patologia da un’elevata mortalita', e' indicato/fattibile in un numero limitato di soggetti. Questo studio pilota e' stato proposto al fine di: confermare la buona tollerabilita` del trattamento e di ottenere una riduzione della splenomegalia, una riduzione della fibrosi midollare con ripresa della ematopoiesi fisiologica, un miglioramento della sopravvivenza. L’articolazione del protocollo terapeutico tiene conto della particolare chemiosensibilita` di questa patologia, con rischio di aplasia prolungata e dell’aumentato rischio trombotico di questi pazienti. Per tale motivo e` stata prevista una raccolta di cellule staminali periferiche senza chemioterapia di mobilizzazione, un basso dosaggio dei farmaci impiegati, la reinfusione di una quota adeguata di cellule staminali periferiche (raccolte prima dell’inizio delle terapie) ad ogni ciclo somministrato.
Pazienti arruolabili: pazienti con diagnosi di mielofibrosi con metaplasia mieloide ad alto rischio (Hb < 10 g/dl, milza > 10 cm e/o sintomi sistemici e/o malattia non responsiva al trattamento standard o evoluta da altra sindrome mieloproliferativa cronica). Eta` fra 18 e 65 anni. Condizioni fisiche adeguate.
Schema di trattamento:
Prima fase: raccolta di cellule staminali periferiche
Seconda fase: ciclo chemioterapico con Idarubicina + ARA-C (il ciclo si articola su 3 giorni) per un totale di 3 cicli con reinfusione dopo ogni ciclo di PBSC.
Sperimentatore principale: Dott.ssa Enrica Morra

http://www.google.it/search?hl=it&q=sindrome+mieloproliferativa&btnG=Cerca&meta=lr%3Dlang_it

2006-07-14 02:06:58 · answer #3 · answered by ღMiss Lillyღ 5 · 1 0

non ne ho idea ma ti auguro di guarire presto

2006-07-14 01:58:38 · answer #4 · answered by NIKITA 3 · 0 1

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