Senza svelare troppo della mia famiglia (anche se in fin dei conti non sarebbe sbagliato) abbiamo avuto i seguenti personaggi:
1. ufficiale di carriera prussiano – arma cavalleria/carristi, trasferito nella Luftwaffe (prima come pilota poi per aver criticato lo stile militare del Führer, negli elementi paracadutisti d’assalto) – arma dei Fallschirmjäger – Sturmbattallion – il suo reggimento è stato impiegato in Russia, in Creta, in Sicilia, a Cassino e nella Delta del Po sia contro unità nemiche regolari, sia contro partigiani locali. Dai ricordi di famiglia e dai suoi racconti ha sempre avuto un grande rispetto per “l’arma silenziosa” costretta dagli avvenimenti ad agire nella clandestinità e non condivideva la definizione propagandista di “Banditen”. Quando tornava con una pattuglia decimata, l’unica critica che esprimeva era verso i comandanti partigiani che mettevano i civili in pericolo, sparando dal riparo delle loro case e l’unico rammarico, quello delle rappresaglie, considerate necessarie ma incivili. Questo ramo della famiglia, sicuramente “illuminata” (un cugino è stato tra gli attentatori del luglio 1944) ha perso tutti i propri congiunti rimasti nella Prussia orientale.
2. portaordini motociclista austriaco sul fronte russo (Kradmelder) – ha subito molte imboscate di partigiani durante il servizio ed è stato decorato con la VKII, senza aver mai sparato un colpo. Dai suoi racconti emerge “gente coraggiosa i partigiani, ma anche incosciente perché usavano donne e bambini come staffette e provocavano dure rappresaglie quando sparavano dalle case”. Una volta ha salvato un ragazzino dalla cattura facendogli montare sulla sua moto. Da allora le fucilate su di lui diminuirono. La lotta partigiana ha diviso intere famiglie tra i “volontari” (Hiwis) e “banditi” (partigiani), che venivano inquadrati nell’Armata rossa.
3. ufficiale medico bersagliere italiano sul fronte atlantico – dopo l’8 settembre si è rifugiato in una famiglia francese, poi ha raggiunto i Maquis, ove ha agito come medico fino all’arrivo degli alleati. Dai suoi racconti era gente coraggiosa, che metteva il gioco la propria vita per l’onore di un paese vinto ma indomito. Riconoscevano il rischio “giustificato” delle rappresaglie.
4. ufficiale medico alpino italiano sul fronte Abissino – ha curato molti “guerriglieri ribelli”, autodefiniti “partigiani”, ma chiamati “banditi” da molti suoi commilitoni. Li trovava molto coraggiosi e fieri e condivideva la loro scelta di resistere ad un invasore, anche se vinti sul campo.
5. ufficiale d’artiglieria britannico sul fronte italiano: ha assistito molti partigiani dietro il fronte, quando il suo reparto ha svolto azioni “volontarie” per fornire materiale e mezzi ai combattenti locali (linea Gotica romagnola). Li ha trovati coraggiosi, efficienti e pieni di entusiasmo. Si è, però, disgustato all’apparizione di tanti neo-partigiani dopo l’Armistizio del 24 aprile ed ha partecipato al loro disarmo.
6. segretaria del fascio italiana, nella delta del Po: ha nascosto due vicini di casa “partigiani” in casa propria, salvandogli la vita e poi li ha “arruolati” tra i lavoratori “a Reno” , impedendo il loro trasferimento in Germania. La sorella, sotto gli occhi della famiglia, ha cucito divise e bandierine per i partigiani e nessuno ha avuto da ridire su questa strana “combinata” tra le due ragazze. Dopo l’armistizio, quando sono emersi tanti “neo partigiani”, è stata “condannata a morte” da uno dei tanti “tribunali partigiani” emersi come funghi. E’ riuscita a raggiungere il comando britannico, dove, in compagnia di una parente stretta inglese rimasta nella clandestinità, ha potuto ottenere un processo ufficiale “giusto” ed un assoluzione con formula piena, grazie alla testimonianza di 3 famiglie ebraiche ed una comunista (amici nascosti nella sua casa – peraltro Comando della locale Luftwaffe – ove gli ufficiali lo sapevano ed accettavano questa decisione coraggiosa). Le posate d’oro, con stemma nobiliare di famiglia, sono finite in casa del locale capo partigiano, ove vengono tuttora utilizzate.
Verdetto: la guerra partigiana è una tragedia, per i cacciatori, costretti ad impiegare mezzi brutali; per i resistenti, costretti alla clandestinità. Per la “lotta storica italiana” - mettiamoci una pietra sopra e ringraziamo il cielo che le rivalità politiche odierne siano più “civili”. Per le crudeltà di simili sistemi guardiamo i Balcani, l’Iraq e l’Afghanistan
2007-12-26 05:30:45
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answer #1
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answered by Cycwynner 6
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Penso che sia sbagliato considerarli tutti eroi e altrettanto sbagliato considerarli tutti delinquenti. C'erano gruppi che ci lasciavano le penne combattendo coraggiosamente contro i crucchi, altri che saccheggiavano i villaggi in nome del popolo, poi provocavano i soliti crucchi e si ritiravano lasciando la popolazione inerme alle rappresaglie.
Sono stati una realtà di fatto, realtà che personalmente considero negativa. Purtroppo dire che i partigiani non erano solo dei santi martiri viene considerato quasi una bestemmia, e la cosa mi fa pensare che ci sia molto di vero in quanti li hanno criticati dopo la guerra, e che non fossero poi questi grandi martiri che ci han fatto credere.
Questa è una di quelle situazioni in cui VORREI sbagliarmi.
2007-12-25 08:20:16
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answer #2
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answered by thor_themighty 5
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molti li criticano ancora oggi ma io credo che dovremmo tacere solo per il fatto che non possiamo capire le condizioni di quel momento passato da loro e che forse anche noi in situazioni di guerra faremmo delle scelte che sicuramente farebbero discutere le generazioni future. perchè a guerra finita è facile fare considerazioni, ciò che è difficile è viverla.
2007-12-25 08:08:10
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answer #3
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answered by chrisss 4
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liberatori.
i Partigiani non bisogna definirli solo combattenti di sinistra,i gruppi comunisti di liberazione erano forse la maggioranza (anche il pci al tempo diede loro un grande aiuto),ma come loro c' erano altri gruppi che di sinistra non erano come il gruppo "giustizia e libertà".
2007-12-25 08:39:25
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answer #5
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answered by Anonymous
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