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Vi sono malattie, come l’Alzheimer, in cui chi ne resta colpito, perde irreversibilmente ogni capacità di riconoscimento di sé e di qualunque oggetto, anche se il corpo continua a vivere in stato di veglia ed è ancora capace di rispondere a stimoli senza alcuna consapevolezza ed emozione. Resta solo un manichino semovente e l’anima, come coscienza e memoria di sé, scompare definitivamente. Si può ritenere che in questi casi l’anima muoia prima del corpo? Che si dissolva o trasmigri in un’altra dimensione lasciando un corpo scollegato che continua a sopravvivere? Oppure questo dimostra che l'anima, la nostra stessa individualità, è solo una particolare funzione cognitiva ed emotiva creata da alcune strutture del corpo ed esistente solo finché queste strutture continuano a funzionare?

2007-11-25 23:27:09 · 18 risposte · inviata da etcetera 7 in Società e culture Religione e spiritualità

Posso essere d'accordo con chi afferma che l'anima non è l'intelletto, ma in questa malattia viene compromessa la stessa sfera emotiva. Se l'anima è il pianista, il piano continua a suonare da solo, sempre lo stesso insulso motivo, come una pianola meccanica guasta, e allora che ci sta a fare il pianista? Che ne è dell'anima individuale? resta semplicemente lì in attesa che la pianola smetta di suonare chiusa in quella pianola senza poter far nulla? L'ipotesi, come dice El Gringo sarebbe terribile. Forse ci potranno essere speranze di guarigione in futuro, forse le famose ricerche sulle cellule staminali, forse quando ancora il cervello non è profondamente intaccato, ma resta davvero difficile immaginare come l'anima potrebbe continuare a riconoscersi e se continua a riconoscersi, pur rimanendo rinchiusa in un corpo che non è più suo, come non può non soffrirne in modo indicibile?

2007-11-26 05:56:51 · update #1

ciccio c, in effetti l'anima nel suo significato originario è il respiro, la vita stessa. Però in tal caso dovremmo pensare che tutto ciò che respira e vive ha un'anima, oppure è solo la vita umana ad essere animata? E' comunque estremamente difficile concepire un'anima senza un io (anche se tu dici che l'anima è l'io), nel malato di Alzheimer l'io non compare. Dove è finito quell'io? E' una risposta a cui io non so dare risposta logica, se non ammettendo che l'io è solo una costruzione rappresentativa del corpo e non un omunculo spirituale che vive dentro di noi. Non riesco davvero a immaginare un pianista che se ne sta lì a guardare, mentre la pianola suona il suo motivetto meccanico, prigioniero della pianola stessa, del tutto impossibilitato sia a comunicare con il mondo, sia ad andarsene da quel corpo.

2007-11-26 23:25:30 · update #2

18 risposte

in mezzo a tanti dotti e sensibili amici , dinanzi ad una domanda che mi ha calamitato , io porto solo l'esperienza della vita e della morte di un malato di alzhaimer.
La mente perde colpi , uno sull'altro , fino a confondere la moglie con la madre , il figlio con il fratello .
il corpo ritorna alla posizione del feto , e di adulto non ha che la grandezza in una culla di misura maggiore.
il cuore batte più lento , perchè conosce lo strazio della malattia .
e l'anima ? l'anima...
la sua anima si trasforma in una lacrima consapevole, quando lo baci per l'ultima volta e ancora non sai che non lo rivedrai più.
Resiste e si aggrappa alla vita , l'anima balbetta , non discorre più , pronuncia frasi sconnesse forse , ma gli occhi , quelli non mentono .
L'anima resiste .
Anche se avrei preferito mille volte sapere il contrario .

scusatemi ...

2007-11-28 05:05:33 · answer #1 · answered by fara 7 · 4 0

Abbiamo 2000 anni di teorici che si spremono le meningi su questo punto, partendo forse da Platone, passando da Cartesio con la res cogitans e la res extensa a Galimberti con "Gli equivoci dell´anima".

Platone scriveva che l'anima gioca su un doppio registro, coniugandola da un lato con la costruzione della ragione e il governo di sé, dall'altro con l'abisso della follia e la dissoluzione dell'individuo. Da allora in poi questi due registri non hanno cessato di condizionare la costruzione dei saperi.

Cartesio sosteneva che anima e corpo sono certamente scissi, per cui una delle conseguenze é che gli animali non hanno di certo anima e coscienza di sé. Scandaloso se si pensa che un animale indubbiamente possa soffrire, e la presenza di una sofferenza presuppone un tipo di coscienza.

Galimberti muove i primi passi del libro, almeno se ben ricordo (sono passati 12 anni almeno dall´esame orale di filosofia 2!), partendo proprio da Platone. Ma ti consiglio di leggere il suo libro e non voglio anticiparti troppo, ti assicuro che é denso di spunti che solleticheranno il tuo amore per la riflessione.

Il quesito che poni é terribile perché ci costringe tutti a fare i conti con la propria sensibilitá per i portatori di questa malattia. É terribile perché la risposta spontanea é che loro hanno perso la coscienza di sé e che quindi sono corpi senza anima. E anche se viviamo in una societá materialista questo ci terrorizza. Forse proprio perché ci rendiamo conto di essere caduti in un materialismo profondo e l´unico appiglio a una dimensione piú elevata dell´umanitá é rappresentato proprio dalla nostra anima. É l´unica cosa che ancora possiamo scegliere di non vendere. Si comprano corpi, di bambini, di donne, di cadaveri, o in forma separata in organi confezionati per trapianti legali o illegali. Ma l´anima no, anche se ci sono casi in letteratura, ancora non mi risulta che qualcuno sia riuscito a comprare o a vendere la propria anima, nella dimensione di merce come la intendiamo nell´economia contemporanea.
Come rispondere al tuo interrogativo? Beh, in modo chiaro: io credo che l´autocoscienza derivi da una struttura neuronale specifica che, anche se solo in forma basilare, é presente anche negli animali. Sono convinto che gli animali abbiano coscienza di sé. A livelli diversi naturalmente, una formica suppongo sia "meno" cosciente di sé di un gatto. Piú articolata é questa struttura, piú coscienza si ha di sé. Credo che la nostra autocoscienza non sia il massimo esprimibile dell´autocoscienza in sé e che quindi ci siano differenze in questo aspetto anche tra i diversi esseri umani. Per cui, banalizzando con un esempio banale, un semplice contadino del Medioevo aveva meno coscienza di sé di un Leonardo da Vinci. E un uomo preistorico ne aveva meno di un antico romano. É questione di sviluppo. Temporale e qualitativo.
Questo lungo ragionamento per sostenere che piú é basilare la struttura neuronale, meno si percepisce il sé. Se un malato di Alzheimer é colpito direttamente proprio in quella struttura neuronale, allora sí, é sempre meno cosciente della sua esistenza.
In fondo, quella struttura é basata sulla memoria. Noi siamo coscienti di noi stessi perché abbiamo memoria di quello che siamo stati e tratteggiamo immaginarie linee vettoriali di connessione tra passato e presente riuscendo a dirigerle verso un futuro possibile.

Chi saremmo noi, come potremmo trovare un´identitá vivendo il presente e perdendone completamente il ricordo un istante dopo, una volta divenuto passato? Come potremmo sperare in un futuro e con le speranze da esso generate capire anche meglio noi stessi? La nostra identitá non é forse fatta da ricordi, rimorsi, compiacimenti, speranze, desideri, obiettivi?

Non c´é senso in una sopravvivenza di un corpo disabitato dall´anima. É terribile il rendersene conto, perché quello stesso corpo ERA abitato da un´anima, ERA vita, coscienza, intelletto, memoria.

Caro Maral, ci inchiodi a un muro con questa domanda...

2007-11-27 09:30:49 · answer #2 · answered by Samsara 5 · 1 0

La domanda mi sembra che presupponga un problema implicito insito nella salvezza del sè. Mi sembra di cogliere un'esigenza di comprendere più profondamente di cosa siamo fatti noi in realtà . Dato che un corpo senza apparentemente un'anima sembra inutile ciò potrebbe provocare un disagio..perchè lo mostra proprio come un qualcosa che nulla ha a che vedere con l'eterno e quindi con l'ottica religiosa cattolica..per la quale corpo ed anima risorgono insieme..
La mia cognizione in tal senso è questa. l'esistenza non è fine a se stessa nè, tanto meno, esclusivamente biologica..L'esistenza umana è un atto di coscienza profondo del sè, dell'essere..non sarà certamente l'unico..ma si può dire che sia una delle occasioni che l'essere ha per essere se stesso...L'individuo è una partecipazione di questo atto originario che si è frantumato in miriadi di atti e che ha prodotto l'esistenzialità di se stesso..così come noi riusciamo a coglierlo nello studio della tradizione antica...
Ora , a ben vedere il problema esiste ma anche non è propriamente un problema..è un modo di percepire l'esistenza. E' evidente che se la persona colpita da una malattia grave perde il CONTATTO con il proprio strumento propedeutico alla manifestazione biologica questo certo non può lasciarci indifferenti..Però se approfondiamo la conoscenza potremmo comprendere che lo strumento biologico sta funzionando ai minimi..L'anima c'è..ma non riesce ad esprimersi completamente perchè lo strumento glielo impedisce..Se potessimo agire in astrale ci renderemmo meglio conto del problema..Per cui la persona in effetti biologicamente è, diciamo così, in fin di vita, in un coma che non è come quello che siamo abituati a riconoscere come tale..ma è pressochè simile..E da questo stato comatoso non si risveglierà più..l'anima è come condizionata a restare in un limbo dal quale si distacca quando lo strumento biologico riposa..e , naturalmente , quando muore.

2007-11-27 05:58:25 · answer #3 · answered by rockpopmetal 3 · 1 0

Si potrebbe dire, come diceva un personaggio del "Fu Mattia Pascal" di Pirandello, che l'anima è come un pianista e il corpo come un pianoforte. Se il pianoforte si rompe, il pianista, per quanto bravo, può solo ricavarne note stonate.

Ma forse le cose stanno invece diversamente.
"Anima" potrebbe essere semplicemente una parola inventata per indicare quella tenace illusione, basata sulla sensazione errata che il nostro ego sia qualcosa di reale e permanente.

In realtà, forse, siamo molto di meno e al tempo stesso molto di più di ciò che identifichiamo con il nostro prezioso "io".

2007-11-26 03:35:15 · answer #4 · answered by House 4 · 1 0

Perché tu consideri l'anima in quanto coscienza di sé.
L'anima va ben oltre.
Non esce da un corpo prima che questo sia morto.
L'anima è infusa nel nostro corpo nell'istante del concepimento e vola al cospetto di Dio nell'istante della morte.
Solo perché non la vedi o non riesci a riconoscerla, non significa che non ci sia.

2007-11-26 01:11:32 · answer #5 · answered by Anonymous · 2 1

Il fatto è che il concetto di anima non è limitato al solo intelletto, l'anima è qualcosa di sfuggevole, qualcosa che comprende in sè il grande mistero della vita. Siamo poi così sicuri che una persona, che non sembra più riconoscere, avere emozioni o quant'altro, sia realmente priva di anima? Io non sono in grado di rispondere, troppe volte ho ritrovato sprazzi di lucidità, in cui quello che tu definisci, l'intelletto e la consapevolezza, tornavano a galla dopo mesi e mesi di totale assenza. Allora che cosa devo pensare? Se ritenevo quella persona priva di anima che debbo dire, che l'anima va e viene come le garba? No, mi mancano elementi, non posso proprio rispondere in alcun modo. Non so cosa sia l'anima e quindi non posso parlare di corpo disabitato da essa fintantochè in quel corpo c'è vita.

2007-11-26 00:27:08 · answer #6 · answered by Chorus 5 · 3 2

Visto che lo scrivi in religione immagino tu voglia una spiegazione connessa. Per la Chiesa l'anima non è l'intelletto e sono cose ben diverse. Infatti riconosce l'anima a tutti gli animali che si differenziano dall'uomo per l'intelletto (non so se sia il termine specifico, comunque rende l'idea). Con la Morte cerebrale non si perde l'anima, bensì l'intelletto e la ragione. Tieni poi presente che nel caso del morbo di Alzheimer si perde la ragine, ma rimane un contatto con il mondo esterno, solo non si hanno le facoltà per interepretarlo.

2007-11-26 00:04:29 · answer #7 · answered by GGG 2 · 2 1

Hai posto una bellissima domanda, per niente semplice da rispondere.
Secondo il mio punto di vista personale, in questi casi si perde coscienza della propria anima, è come se si scollegasse dagli stimoli nervosi legati al corpo però questo non prova inconfutabilmente che non esista...
Ti saluto con stima.

2007-11-25 23:45:31 · answer #8 · answered by lady ky 3 · 2 1

anch'io mi ero posta questa domanda....non so cosa dirti, io credo nell'esistenza dell'anima, secondo me non può andarsene comunque prima della morte fisica, se è come qualcuno un giorno mi ha detto, siamo qui apprendere, probabilmente dobbiamo apprendere anche questo.....

2007-11-25 23:40:03 · answer #9 · answered by pritty 3 · 2 1

Non credo: l'anima è il pianista. A volte il pianoforte può essere scordato, a volte no. Se è scordato, ciò non toglie al pianista la propria bravura, ma soltanto la capacità di esprimerla.
Cito il complesso dualismo potenza-atto.

2007-11-26 01:40:34 · answer #10 · answered by Abrasax 2 · 1 1

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