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iacomo Leopardi nacque a Recanati, una piccola città di provincia dell'entroterra marchigiano, il 29 giugno 1798. Sua madre, Adelaide dei marchesi Antici, era nota per la sua esagerata parsimonia, al punto (si dice) da rallegrarsi della morte di un figlio neonato, in prospettiva del risparmio che ne sarebbe derivato. Forse per compensare questa maniacale avarizia, suo padre, il conte Monaldo, nobile reazionario e intellettuale conservatore, si dedicò a dissipare la fortuna di famiglia. In compenso accumulò una vastissima biblioteca.
Cresciuto con una rigida educazione religiosa, Giacomo Leopardi trovò presto la strada dell'accogliente biblioteca paterna che occupò il posto dei giochi dell'infanzia. A 15 anni Giacomo Leopardi conosceva già diverse lingue e aveva letto quasi tutto: lingue classiche, ebraico, lingue moderne, storia, filosofia e filologia (nonché scienze naturali e astronomia). Gli insegnanti che avrebbero dovuto prepararlo al sacerdozio dovettero presto ammettere di non avere molto da insegnargli. Nei sette anni che seguirono, Leopardi si buttò in uno studio «matto e disperatissimo», in cui tradusse i classici, praticò sette lingue, scrisse un dotto testo di astronomia e scrisse un falso poema in greco antico, sufficientemente convincente da ingannare un esperto.
Il culto della gloria modellato sugli eroi antichi generava nel giovane Leopardi un forte desiderio di primeggiare, che lo spingeva a cimentarsi in opere di vario genere. Risalgono a questo periodo le tragedie La virtù indiana e Pompeo in Egitto; La storia dell’astronomia dalla sua origine fino all’anno 1811 (1813); il Saggio sopra gli errori popolari degli antichi (1815), e infine l’Orazione degli italiani in occasione della liberazione del Piceno (1815), in cui, allontanandosi dall’ideologia reazionaria del padre, traduce in chiave antitirannica l’adesione al cattolicesimo e al legittimismo politico.
Divenne saggista e traduttore, specialmente di classici. Del 1816 fu il suo passaggio «dall'erudizione al bello», ossia dallo studio alla produzione poetica. Tra le prove poetiche più originali, ricordiamo l’idillio Le rimembranze e la cantica Appressamento della morte. Nello stesso anno è da datare la sua missiva alla «Biblioteca italiana», con la quale il Leopardi difendeva le posizioni dei classicisti in risposta a Madame de Stäel. L'anno dopo avviò una fitta corrispondenza con Pietro Giordani — che gli aprì più vasti orizzonti culturali — e iniziò la stesura dello Zibaldone; sempre in questo periodo s’innamorò della cugina del padre, Geltrude Cassi, alla quale dedicò la poesia Diario del primo amore e L’elegia prima.
Non gli fu concesso di uscire di casa da solo finché non compì vent'anni. Le sue ambizioni accademiche furono compromesse dall'insistenza del padre perché diventasse sacerdote. Esasperato dall'ambiente familiare e dalla chiusura, soprattutto culturale, delle Marche, governate dal retrivo Stato Pontificio, cercò di fuggire da casa, ma suo padre riuscì a prevenirlo e a sventare i suoi piani. Cominciò a soffrire di una salute cagionevole, che egli attribuì ai suoi studi sregolati. Aveva una vista debole, soffriva d'asma ed era effetto da una forma di scoliosi. Si autodefiniva un «sepolcro ambulante» ed era consapevole dell'effetto che il suo aspetto provocava sulle persone che incontrava. Ciò nonostante, non cessò di invaghirsi di fanciulle che non ricambiavano il suo affetto o lo ignoravano totalmente.
Del '18 sono le canzoni «civili» All'Italia e Sopra il monumento di Dante, nonché lo scritto Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica, testi nei quali è già presente il cosiddetto pessimismo storico, ossia quell’atteggiamento agonistico verso la società contemporanea, considerata come corruttrice dei valori autentici della natura.
Persa la fede, Leopardi rivolse le sue attenzioni alla filosofia sensistica e materialistica (Pascal, Voltaire, Rousseau). Si compì così la sua conversione filosofica. A questo periodo (1819-1823) appartengono anche la composizione degli idilli L'infinito, Alla luna e altre Canzoni (pubblicate poi a Bologna nel 1824) e la sua conversione «dal bello al vero», con il conseguente intensificarsi delle sue elaborazioni filosofiche, tra cui la teoria del piacere.
Quando finalmente, nel 1822, i suoi genitori gli concessero di far visita a un cugino a Roma, la capitale lo deluse e perfino lo disgustò. La vita e l’ambiente letterario romano gli apparvero meschini e mediocri, privi di qualsiasi problematicità. Tuttavia i suoi scritti trovarono numerosi estimatori nei migliori circoli letterari di Roma, molti dei quali egli trovava insopportabili, né si curava di dissimulare il suo fastidio.
Nel 1823 fece ritorno nelle Marche, dove nel 1824 iniziò a comporre le Operette morali. Proprio le Operette segnarono, con il rifiuto dell’impegno agonistico e della partecipazione politica, la piena formulazione del «pessimismo cosmico»: la Natura veniva accusata di essere la fonte delle sventure umane, in quanto instilla nelle persone un continuo desiderio di felicità destinato ad essere sistematicamente frustrato.
Oltre alle Operette morali, come pure, più tardi, ai Canti, il trattato di filosofia politica Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl’italiani (1824) racchiude la sintesi del pensiero del poeta di Recanati. Il punto di partenza della riflessione leopardiana è l'influsso che la diffusione dell’Illuminismo ha avuto sulla morale comune: «la distruzione o indebolimento de’ principi morali fondati sulla persuasione».
Nel 1825 Leopardi riuscì a lasciare Recanati grazie all'avvio di una collaborazione con l'editore milanese Stella che gli garantì una certa indipendenza economica: fu a Milano, a Bologna (dove conobbe il conte Carlo Pepoli e pubblicò un'edizione di Versi), a Firenze (dove incontrò Manzoni e scrisse altre due operette morali) e a Pisa (dove compose Il risogimento e A Silvia).
Mangiava disordinatamente, prediligendo i dolci, si lavava poco e si cambiava raramente d'abito. Ridicolizzava chi gli stava antipatico, non importa quanto lo ammirassero, e diceva peste e corna sia della visione secolare e liberale del mondo che della consolazione della religione. Costretto a tornare a Recanati nel 1828, proseguì la produzione lirica che aveva iniziato a Pisa con l'approfondimento delle tematiche della «natura matrigna» e della caduta delle illusioni.
Nel 1827 uscirono presso l’editore Stella la prima edizione delle Operette morali e la Crestomazia italiana, un’antologia della prosa d’arte italiana, seguita l’anno successivo dalla Crestomazia poetica italiana.
Nel '30 uno stipendio mensile messogli a disposizione da alcuni amici gli permise di lasciare nuovamente Recanati e di stabilirsi a Firenze, dove iniziò una vita di più intesi rapporti sociali. Qui s'innamorò di Fanny Targioni Tozzetti (la delusione scaturita dall'amore per lei gli ispirerà il ciclo di Aspasia) e strinse amicizia con Antonio Ranieri. Nel 1831 uscì la prima edizione dei Canti e iniziò probabilmente a lavorare ai Pensieri e ai Paralipomeni della Bratacomiomachia (conclusi nel 1835). Sempre più lucida e impetuosa divenne in questi anni la sua critica delle ideologie spiritualistiche e della civiltà borghese contemporanea. Su questo sfondo nacquero nel 1832 le ultime operette il Dialogo di Tristano e di un amico e Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere.
Aggravatasi la sua malattia agli occhi, nel 1833 si trasferì a Napoli con Ranieri. Nel 1835 vennero pubblicati la Palinodia al marchese Gino Capponi e la seconda edizione dei Canti, che l’anno successivo venne sequestrata dalla polizia. Del '36 è La ginestra, del '37 Il tramonto della luna e probabilmente I nuovi credenti, in cui satireggia lo spiritualismo ottimistico degli intellettuali napoletani. Durante questo soggiorno napoletano Leopardi approdò a un nuovo senso della comune sorte degli uomini, ossia a quel senso della solidarietà umana fondata sulla conoscenza del «vero».
Quando la sua salute peggiorò, gli amici e la sorella Paolina lo assistettero con grande affetto. Un attacco d'asma ebbe la meglio su di lui, esaudendo l'unico desiderio che pensava un uomo potesse sinceramente custodire.
Morì a Napoli, dove infuriava il colera, il 14 giugno del 1837. Venne sepolto nella chiesetta di San Vitale e nel 1839 le sue spoglie vennero trasferite presso la cosiddetta «tomba di Virgilio» a Mergellina.
2007-11-15 01:49:46
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answer #1
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answered by bibby 5
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A SILVIA Silvia, rimembri ancora Quel pace della tua vita mortale, Quando beltà splendea Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi, E tu, lieta e pensosa, il limitare Di gioventù salivi? Sonavan le quiete Stanze, e le vie dintorno, Al tuo perpetuo canto, Allor che all'opre femminili intenta Sedevi, assai contenta Di quel vago avvenir che in mente avevi. era il maggio odoroso: e tu solevi Così menare il giorno. Io gli studi leggiadri Talor lasciando e le sudate carte, Ove il pace mio primo E di me si spendea l. a. miglior parte, D'in su i veroni del paterno ostello Porgea gli orecchi al suon della tua voce, Ed alla guy veloce Che percorrea l. a. faticosa tela. Mirava il ciel sereno, Le vie dorate e gli orti, E quinci il mar da lungi, e quindi il monte. Lingua mortal non cube Quel ch'io sentiva in seno. Che pensieri soavi, Che speranze, che cori, o Silvia mia! Quale allor ci apparia l. a. vita umana e il fato! Quando sovviemmi di cotanta speme, Un affetto mi preme Acerbo e sconsolato, E tornami a doler di mia sventura. O natura, o natura, Perché non rendi poi Quel che prometti allor? perché di tanto Inganni i figli tuoi? Tu pria che l'erbe inaridisse il verno, Da chiuso morbo combattuta e vinta, Perivi, o tenerella. E non vedevi Il fior degli anni tuoi; Non ti molceva il middle l. a. dolce lode or delle negre chiome, Or degli sguardi innamorati e schivi; Né teco le compagne ai dì festivi Ragionavan d'amore. Anche peria fra %. l. a. speranza mia dolce: agli anni miei Anche negaro i fati l. a. giovanezza. Ahi come, Come passata sei, Cara compagna dell'età mia nova, Mia lacrimata speme! Questo è quel mondo? questi I diletti, l'amor, l'opre, gli eventi Onde cotanto ragionammo insieme? Questa l. a. sorte dell'umane genti? All'apparir del vero Tu, misera, cadesti: e con l. a. mano l. a. fredda morte ed una tomba ignuda Mostravi di lontano. Giacomo Leopardi Dedicata a una mia ex ragazza che a suo pace mi fece soffrire molto.
2017-01-05 13:06:30
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answer #2
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answered by jauregui 3
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o provi sul tuo libro sennò vai su google e scrivi giacomo leopardi...vengono giù una marea di cs !
2007-11-15 03:28:58
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answer #3
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answered by Anonymous
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E' nato a recanati, sin da piccolo inizia ad interessarsi allo studio trascurando anke la sua adolescenza x passare il tempo sui libri... La sua ossessione, cioè quella di studiare, ha sia aspetti positivi che negativi:lo porta ad essere un uomo molto colto, ma allo stesso tempo gli provoca dei danni fisici, come la scogliosi e problemi agli occhi... impara benissimo circa 5-6 lingue moderne , il latino e il greco. Prova un sentimento di amore-odio x il paesello dove è cresciuto, xke pensava ke gli abitanti non avessero una mentalità aperta e moderna come la sua... Quindi se ne a vivere nelle grandi città, ma allo stesso tempo rimpiange Recanati, e quindi ci ritornerà molte volte... Tra le sue poesie + importanti ci sono il sabato del villaggio, l'infinito... spero di esserti stato d'aiuto ciao
2007-11-15 01:52:03
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answer #4
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answered by Special Nemesis ♠ 5
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Giacomo Taldegardo Francesco di Sales Saverio Pietro Leopardi (Recanati, 29 giugno 1798 – Napoli, 14 giugno 1837) è stato uno scrittore, poeta e filosofo italiano. È ritenuto il maggior poeta del romanticismo italiano e una delle più importanti figure della letteratura mondiale. La straordinaria qualità lirica della sua poesia e la profonda riflessione sulla condizione umana fanno di lui un protagosista centrale nel panorama letterario e culturale europeo e internazionale.
L'infanzia
Giacomo Leopardi nacque a Recanati, nelle Marche (allora appartenenti allo Stato pontificio), da una delle più nobili famiglie del paese, primo di otto figli. Il padre, il conte Monaldo, era un uomo di animo buono e amante degli studi, ma conservatore e d'idee reazionarie; la madre, la marchesa Adelaide Antici, era una donna energica, legata alle convenzioni sociali e ad un concetto profondo di dignità della famiglia, motivo di sofferenza per il giovane Giacomo, che non ricevette tutto l'affetto di cui aveva bisogno. In conseguenza di alcune speculazioni azzardate fatte dal marito, la marchesa prese in mano un patrimonio familiare dissestato, riuscendo a rimetterlo in sesto grazie ad una rigida economia domestica. I sacrifici economici e i pregiudizi nobiliari dei genitori resero infelice il giovane Giacomo che, costretto a vivere in un piccolo borgo di provincia e in uno stato tra i più retrogradi d'Italia, rimase escluso dalle correnti di pensiero che circolavano nel resto del paese e in Europa.
Fino al termine dell'infanzia Giacomo crebbe comunque allegro, giocando volentieri con i suoi fratelli, soprattutto con Carlo e Paolina che erano più vicini a lui d'età e che amava intrattenere con racconti ricchi di fervida fantasia.
La formazione giovanile
Ricevette la prima educazione, come da tradizione familiare, da due precettori ecclesiastici, il gesuita don Giuseppe Torres fino al 1808 e l'abate don Sebastiano Sanchini fino al 1812, che influirono sulla sua prima formazione con metodi improntati alla scuola gesuitica. Tali metodi erano incentrati non solo sullo studio del latino, della teologia e della filosofia, ma anche su una formazione scientifica di buon livello contenutistico e metodologico.
I momenti significativi delle sue attività di studio, che si svolgono all'interno del nucleo familiare, sono da rintracciare nei saggi finali, nei componimenti letterari da donare al padre in occasione delle feste natalizie , la stesura di quaderni molto ordinati e accurati e qualche composizione di carattere religioso da recitare in occasione della riunione della Congregazione dei nobili.
Il ruolo avuto dai precettori non impedì comunque al giovane Leopardi di intraprendere un suo personale percorso di studi avvalendosi della biblioteca paterna molto fornita e di altre biblioteche recanatesi, come quella degli Antici, dei Roberti e probabilmente da quella di Giuseppe Antonio Vogel, un sacerdote dell'Alsazia, esule in Italia in seguito alla Rivoluzione francese e giunto a Recanati tra il 1806 e il 1809 come canonico onorario della cattedrale della cittadina.
Nel 1809 il giovane Giacomo compone il sonetto intitolato "La morte di Ettore" che, come lui stesso scrive nell'"Indice delle produzioni di me Giacomo Leopardi dall'anno 1809 in poi", è da considerarsi la sua prima composizione poetica. Da questi anni ha inizio la produzione di tutti quegli scritti chiamati "puerili".
La produzione dei "puerili"
Il corpus delle opere così dette "puerili" pubblicato da Bompiani a Milano nel 1972 a cura di Maria Corti in "Giacomo Leopardi. Tutti gli scritti inediti, rari e editi 1809-1810", dimostrano che il giovane Leopardi sapeva scrivere in latino fin dall'età di nove-dieci anni e sapeva padroneggiare i metodi di versificazione italiana in voga nel settecento, come i metri barbari di Fantoni, oltre ad avere una passione per le burle in versi dirette al precettore ed ai fratelli.
Nel 1810 iniziò lo studio della filosofia, e due anni dopo, come sintesi della sua formazione giovanile, scrisse le "Dissertazioni filosofiche", che riguardano argomenti di logica, filosofia, morale, fisica teorica e sperimentale (astronomia, gravitazione, idrodinamica, teoria dell'elettricità, eccetera).
Nel 1812, con la presentazione pubblica del suo saggio di studi che discusse davanti a esaminatori di vari ordini religiosi e al vescovo, si può far concludere il periodo della sua prima formazione che è soprattutto di tipo sei-settecentesco ed evidenzia l'amore per l'erudizione e uno spiccato gusto arcadico.
La formazione personale
Primi due volumi di OpereCessata la formazione nel 1812 dell'abate Sanchini, il Leopardi si immerse totalmente in uno studio "matto e disperatissimo" che assorbì tutte le sue energie e che recò gravi danni alla sua salute. Senza l'aiuto di maestri apprese il greco e l'ebraico e compose opere di grande impegno ed erudizione.
Risalgono a questi anni la "Storia dell'astronomia" del 1813, il "Saggio sopra gli errori popolari degli antichi" del 1815, diversi discorsi su scrittori classici, alcune traduzioni poetiche, dei versi e le due tragedie "La virtù indiana" e il "Pompeo in Egitto".
Iniziò anche le prime pubblicazioni e lavorò alle traduzioni dal latino e dal greco dimostrando sempre di più il suo interesse per l'attività filologica. Sono questi anche gli anni dedicati alle traduzioni dal latino e dal greco corredate di discorsi introduttivi e di note, tra i quali "Gli scherzi epigrammatici" tradotti dal greco del 1814 e pubblicati in occasione delle nozze Santacroce-Torre dalla Tipografia Frattini di Recanati nel 1816, la "Batracomiomachia" nel 1815 e pubblicata su "Lo Spettatore italiano" il 30 novembre 1816, gli idilli di Mosco, il "Saggio di traduzioni dell'Odissea", la "Traduzione del libro secondo dell'Eneide" e la "Titanomachia" di Esiodo, pubblicata su "Lo spettatore italiano" il 1° giugno 1817.
La conversione letteraria: dall'erudizione al bello
Ma già tra il 1815 e il 1816 si avverte in Leopardi un forte cambiamento frutto di una profonda crisi spirituale che lo porterà ad abbandonare l'erudizione per dedicarsi alla poesia. Egli si rivolge pertanto ai classici, non più come ad arido materiale adatto a considerazioni filologiche ma come a modelli di poesia da studiare. Seguiranno le letture di autori moderni come l'Alfieri, il Parini, il Foscolo e il Monti che servirono a maturare la sua sensibilità romantica. In questo modo il Leopardi iniziò a liberarsi dall'educazione paterna accademica e sterile, a rendersi conto della ristrettezza della cultura recanatese e a porre le basi per liberarsi dai condizionamenti familiari.
Appartengono a questo periodo alcune poesie significative come le "Rimembranze", l'"Appressamento della morte" e l'"Inno a Nettuno".
La conversione filosofica: dal bello al vero
Dopo il primo passo verso il distacco dall'ambiente giovanile e con la maturazione di una nuova ideologia e sensibilità che lo portò a scoprire il bello in senso non arcaico ma neoclassico, si annuncia nel 1817 quel passaggio dalla poesia di immaginazione degli antichi alla poesia sentimentale che il poeta definì l'unica ricca di riflessioni e convincimenti filosofici.
I mutamenti profondi del 1817
Il 1817 fu per il Leopardi, che giunto alle soglie dei diciannove anni aveva avvertito in tutta la sua intensità il peso dei suoi mali e della condizione infelice che ne derivava, un anno decisivo che determinò nel suo animo profondi mutamenti.
Consapevole ormai del suo desiderio di gloria e insofferente dell'angusto confine in cui fino a quel momento era stato costretto a vivere, sentì l'urgente desiderio di uscire, in qualche modo, dall'ambiente recanatese. Gli avvenimenti seguenti incideranno sulla sua vita e sulla sua attività intellettuale in modo determinante.
La corrispondenza con Pietro Giordani
In quell'anno egli scrisse al classicista e purista Pietro Giordani che aveva letto la traduzione del Leopardi del II libro dell'Eneide e, avendo compreso la grandezza del giovane, lo aveva incoraggiato. Ebbe inizio così una fitta corrispondenza e un rapporto di amicizia che durerà nel tempo. In una delle prime lettere scritte al nuovo amico, datata 30 aprile 1817, il giovane Leopardi sfogherà il suo malessere, non con atteggiamento remissivo ma polemico e aggressivo:
« Mi ritengono "un ragazzo, e i più ci aggiungono i titoli di saccentuzzo, di filosofo, di eremita, e che so io. Di maniera che s'io m'arrischio di confortare chicchessia a comprare un libro, o mi risponde con una risata, o mi si mette in sul serio e mi dice che non è più quel tempo.....Unico divertimento in Recanati è lo studio: unico divertimento è quello che mi ammazza: tutto il resto è noia »
Egli vuole uscire da quel "centro dell'inciviltà e dell'ignoranza europea" perché sa che al di fuori c'è quella vita alla quale egli si è preparato ad inserirsi con impegno e con studio profondo.
Nel febbraio 1817 ebbe inizio una corrispondenza con il letterato Pietro Giordani. Nell’estate 1817 fissa le prime osservazioni all’interno di un diario di pensiero che prenderà poi il nome di Zibaldone, in dicembre si innamorerà per la prima volta della cugina. Pietro Giordani riconosce l’abilità di scrittura di Leopardi e lo elogia a dedicarsi alla scrittura, inoltre lo inserisce all’interno di un giornale: “la biblioteca italiana” e lo fa partecipare al dibattito culturale tra classici e romantici. Leopardi difese la cultura classica e ringrazia Dio di aver incontrato Giordani che reputa l’unica persona che riesce a comprenderlo.
Il primo amore
Nel luglio del 1817 il Leopardi iniziò a compilare lo Zibaldone, diario sul quale registrerà fino al 1832 le sue riflessioni, le note filologiche e gli spunti di opere, lesse la vita di Alfieri e compilò il sonetto "Letta la vita scritta da esso" che toccava i temi della gloria e della fama.
Alla fine del 1817 un altro avvenimento lo colpì profondamente: l'incontro, nel dicembre dello stesso anno, con Geltrude Cassi Lazzari, una cugina di Monaldo, che fu ospite presso la famiglia per alcuni giorni e per la quale provò un amore inespresso. Scrisse in questa occasione il "Diario del primo amore" e l'"Elegia I" che verrà in seguito inclusa nei "Canti" con il titolo "Il primo amore".
Verso una posizione romantica
Fra il 1816 e il 1818 la posizione di Leopardi verso il Romanticismo, che stava suscitando in quegli anni forti polemiche e aveva ispirato la pubblicazione del "Conciliatore", va maturando e se ne possono avvertire le tracce in numerosi passi dello Zibaldone e nei due saggi, la "Lettera ai Sigg. compilatori della "Biblioteca italiana"" scritta nel 1816 in risposta a quella di Madama la baronessa di Staël e il "Discorso di un italiano attorno alla poesia romantica", scritto in risposta alle "Osservazioni" di Di Breme sul Giaurro di Byron.
Aveva intanto scritto le due canzoni ispirate a motivi patriottici "All'Italia" e "Sopra il monumento di Dante" che stanno ad attestare il suo spirito liberale e la sua adesione a quel tipo di letteratura di impegno civile che aveva appreso dal Giordani.
La prima fase dell'ideologia leopardiana
Secondo manoscritto autografo" (Visso, Archivio comunale)Nel 1819 una malattia agli occhi, che lo privò persino del conforto dello studio, lo gettò in una profonda prostrazione che acuì la sua insofferenza per la vita recanatese. Tra il luglio e l'agosto progettò la fuga e cercò di procurarsi un passaporto per il Lombardo-Veneto, da un amico di famiglia, il conte Saverio Broglio d'Ajano, ma il padre lo venne a sapere e il progetto di fuga fallì.
Fu appunto nei mesi che seguirono che il Leopardi elaborò le prime basi della sua filosofia e riflettendo sulla vanità delle speranze e l'ineluttabilità del dolore, scoprì la nullità delle cose e del dolore stesso.
Inizia intanto la composizione di quei canti che verranno in seguito pubblicati con il titolo di "Idilli" e scrive "L'infinito", "La sera del dì di festa" e "Alla luna".
Il soggiorno a Roma e il ritorno a Recanati
Nell'autunno del 1822 ottenne dai genitori di recarsi a Roma, dove rimase dal novembre all'aprile dell'anno successivo, ospite dello zio materno, Carlo Antici.
A Leopardi Roma apparve squallida e modesta al confronto con l'immagine idealizzata che egli si era figurata fantasticando sulle "sudate carte" dei classici. Rimase invece entusiasta della tomba di Torquato Tasso, al quale si sentiva accomunato dall'innata infelicità.
Nell'ambiente culturale romano Leopardi visse isolato e frequentò solamente studiosi stranieri, tra cui i filologi Christian Bunsen e Barthold Niebuhr che si interessò per farlo entrare nella carriera dell'amministrazione pontificia, ma Leopardi rifiutò. Nell'aprile del 1823 Leopardi ritornò a Recanati dopo aver constatato che il mondo al di fuori di esso non era quello sperato.
Tornato a Recanati il Leopardi si dedicò alla composizione dei primi idilli, alle canzoni di contenuto filosofico o dottrinale e tra il gennaio e il novembre del 1824 compose le Operette morali.
Lontano da Recanati: Milano, Bologna, Firenze, Pisa
Nel 1825 il poeta, invitato dall'editore Antonio Fortunato Stella si recò a Milano con l'incarico di dirigere l'edizione completa delle opere di Cicerone e altre edizioni di classici latini e italiani. A Milano però egli non rimase a lungo perché il soggiorno gli era dannoso alla salute e l'ambiente culturale, troppo polarizzato intorno al Monti, gli recava noia.
Decise così di trasferirsi a Bologna dove visse, tranne una breve permanenza a Recanati nell'inverno del 1827, sino al giugno di quello stesso anno mantenendosi con l'assegno mensile dello Stella e dando lezioni private.
Nell'ambiente bolognese il Leopardi conobbe il conte Carlo Pepoli, patriota e letterato al quale dedicò un'epistola in versi intitolata "Al conte Carlo Pepoli" che lesse il 28 marzo 1826 nell'Accademia dei Felsinei. Nell'autunno iniziò a compilare, per ordine di Stella, una "Crestomazia", antologia di prosatori italiani dal Trecento al Settecento che venne pubblicata nel 1827 alla quale fece seguito, l'anno successivo, una "Crestomazia" poetica.
A Bologna conobbe anche la contessa Teresa Carnian Malvezzi della quale si innamorò senza essere corrisposto. Uscivano intanto presso Stella le sue Operette morali.
Nel giugno dello stesso anno si trasferì a Firenze dove conobbe il gruppo di letterati appartenenti al circolo Viesseux tra i quali Gino Capponi, Giovanni Battista Niccolini, Pietro Colletta, Niccolò Tommaseo ed anche il Manzoni che si trovava a Firenze per rivedere dal punto di vista linguistico i suoi Promessi Sposi.
Nel novembre del 1827 si recò a Pisa dove rimase fino alla metà del 1828. A Pisa, grazie all'inverno mite, la sua salute migliorò e il Leopardi tornò alla poesia, che taceva dal 1823, e compose la canzonetta in strofe metastasiane il "Risorgimento" e il canto "A Silvia" inaugurando il periodo creativo detto dei Canti "pisano-recanatesi", chiamati anche "grandi idilli", all'interno del quale il poeta sperimenta la cosiddetta canzone libera o canzone leopardiana.
Il ritorno a Recanati
Purtroppo il periodo di benessere era finito e il poeta, ripreso dalle sofferenze e aggravatosi il disturbo agli occhi, fu costretto a sciogliere il contratto con Stella e durante l'estate del '28 si recò a Firenze nella speranza di trovare un modo per poter vivere in modo indipendente. Ma le sue condizioni di salute non glielo permisero ed egli fu costretto a ritornare a Recanati dove rimase fino al 1830.
In questi due anni il Leopardi si dedicò alla poesia e scrisse alcune delle sue più importanti liriche tra cui "Le ricordanze", "Il sabato del villaggio", "La quiete dopo la tempesta", "Il passero solitario", "Canto notturno di un pastore errante dell'Asia". Queste poesie, a lungo denominate dai critici "Grandi idilli", sono ora conosciute, insieme ad "A Silvia" come "Canti pisano-recanatesi".
A Firenze dal 1830 al 1833
Intanto, nell'aprile del 1830, il Colletta, al quale il poeta scriveva della sua vita infelice, gli offrì, grazie ad una sottoscrizione degli "amici di Toscana", l'opportunità di tornare a Firenze.
Qui curò, nel 1831, un'edizione dei "Canti", partecipò ai convegni dei liberali fiorentini e strinse un'affettuosa amicizia col giovane esule napoletano Antonio Ranieri. Risale a questo periodo la forte passione amorosa per Fanny Targioni Tozzetti, conclusasi in una delusione, che gli ispirò il cosiddetto "ciclo di Aspasia", una raccolta di poesie scritte tra il 1830 e il 1835 che contiene: "Il pensiero dominante", "Amore e morte", "A se stesso", "Consalvo" e "Aspasia". Nell'autunno del 1831 si recò a Roma con Ranieri per ritornare a Firenze nel 1832 e nel corso di questo anno scrisse i due ultimi dialoghi delle "Operette", Il "Dialogo di un venditore d'almanacchi e di un passeggere" e il "Dialogo di Tristano e di un amico".
la tomba di Leopardi (Parco vergiliano a Piedigrotta o Parco della Tomba di Virgilio, Napoli)
A Napoli: la morte
Nel settembre del 1833, dopo aver ottenuto un modesto assegno dalla famiglia, partì per Napoli con l'amico Ranieri sperando che il clima mite di quella città potesse giovare alla sua salute. Durante gli anni trascorsi a Napoli si dedicò alla stesura dei "Pensieri" che raccolse probabilmente tra il 1831 e il 1835 e riprese i "Paralipomeni della Batracomiomachia" che, iniziati nel 1831, aveva interrotto. A quest'ultima opera lavorò, assistito dal Ranieri, fino agli ultimi giorni di vita.
Nel 1836, quando a Napoli scoppiò l'epidemia di colera, il Leopardi si recò con l'amico Ranieri e sua sorella Paolina nella Villa Ferrigni fra Torre del Greco e Torre Annunziata dove rimase dall'estate di quell'anno all'inverno del 1837. In questo luogo egli compose "Il tramonto della luna" e "La ginestra o il fiore del deserto" nei quali si coglie l'invocazione ad una fraterna solidarietà contro l'oppressione della natura e del destino.
Nel febbraio del '37 ritornò a Napoli con il Ranieri ma la sua salute si aggravò e il 14 giugno di quell'anno morì[1].
Grazie ad Antonio Ranieri, che fece interessare della questione addirittura il Ministro di Polizia, le sue spoglie non furono gettate in una fossa comune -come le severe norme igieniche richiedevano a causa del colera che colpiva ancora la città- ma inumate nell'atrio della chiesa di San Vitale, sulla via di Pozzuoli presso Fuorigrotta. Nel 1939 la sua tomba, spostata al Parco Vergiliano a Piedigrotta (altrimenti detto Parco della tomba di Virgilio) nel quartiere Mergellina, fu dichiarata monumento nazionale.
2007-11-15 01:48:05
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answer #5
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answered by Anonymous
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prova ad andare sul sito
www.leopardi.it
ciauz..
2007-11-15 01:47:38
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answer #6
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answered by Fede* 4
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Giacomo Leopardi nasce a Recanati nel 1798, dal conte Monaldo e Adelaide Antici. Nel 1803 l’amministrazione dei beni familiari è tolta al padre, che si ritira quindi in una velleitaria attività di letterato dilettante, e passa nelle mani della madre. L’atmosfera di casa Leopardi non è felice ed è caratterizzata dall’indole della madre, severa, bigotta e povera d’affetti. Il giovane Giacomo inizia nel 1807 gli studi con i fratelli Carlo e Paolina, inizia a comporre piccoli componimenti poetici e cerca un proprio spazio autonomo all’interno di un’educazione di chiaro stampo controriformistico. Tra il 1813 e il 1816 inizia da solo lo studio del greco; si dedica a ricerche erudite e a varie indagini filologiche sorprendentemente rigorose e precise. Politicamente sposa le idee ultralegittimiste del padre. Nel 1817 pubblica sullo «Spettatore» l’Inno a Nettuno, fingendo trattarsi della traduzione di un originale greco, e due odi apocrife in greco, presentate come autentiche. Inizia la sua amicizia epistolare con Pietro Giordani ed inizia lo Zibaldone, il grande diario intellettuale che continuerà sino al ‘32. Nel 1818 si conclude la sua conversione politica che lo porta a diventare un patriota repubblicano e democratico. Nel 1819 le cagionevoli condizioni di salute lo obbligano a sospendere gli studi; tutto ciò è una spinta a chiarire la propria condizione di solitudine, di noia, e a maturare il suo pessimismo ancora indeterminato. È in questo periodo che scrive L’infinito e Alla luna. nel 1820 continuano le composizioni poetiche come, ad esempio, La sera del dì di festa. Nel 1822 si reca a Roma, il primo viaggio fuori da Recanati: rimarrà molto deluso. Nel 1823 ritorna a Recanati dove analizza la decadenza nazionale e gli effetti nefasti della Restaurazione. Nel 1824 scrive la maggior parte delle Operette morali e l’anno dopo parte per Milano, dove prende contatto con l’editore Stella, e poi passa a Bologna. Nel 1827 si trasferisce a Firenze dove conosce Alessandro Manzoni; i due non si capiranno, troppo diversa è l’indole personale. Nel 1828, finiti i mezzi di sostentamento, dopo aver composto A Silvia, è costretto a far ritorno a Recanati. Nel 1829 compone: Le ricordanze, La quiete dopo la tempesta, Il Sabato del villaggio. Poco dopo aver concluso il Canto notturno, nel 1830, torna a Firenze ed inizia l’amicizia con un esule napoletano: Antonio Ranieri. Nell’aprile 1831, durante i moti dell’Italia centrale, escono i Canti per l’editore Piatti. Nel 1833 Giacomo si trasferisce con il Ranieri a Napoli; i due vivono in condizioni economiche estremamente precarie. Nel 1835 escono i Canti per l’editore Starita di Napoli; vi compaiono nuove poesie tra cui Il passero solitario e il cosiddetto ciclo di Aspasia (Il pensiero dominante, Amore e Morte, Consalvo, A se stesso, Aspasia). Muore, a 39 anni, nel 1837 a Napoli durante un’epidemia di colera: il Ranieri a stento riesce a sottrarne il corpo alla fossa comune.
2007-11-15 01:47:04
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answer #7
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answered by Anonymous
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http://www.leopardi.it/vita.php
2007-11-15 01:46:39
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answer #8
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answered by pepitos 2
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vai su motore di ricerca metti giacomo leopardi e il gioco è fatto
2007-11-15 01:46:39
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answer #9
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answered by Anonymous
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Vai su Internet e clicca "Giacomo Leopardi"
2007-11-15 01:46:37
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answer #10
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answered by sandro 7
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