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Qual è il significato di questa affermazione?

2007-08-16 02:47:54 · 6 risposte · inviata da Marc 3 in Società e culture Religione e spiritualità

6 risposte

I numeri sono un mezzo per misurare la realtà, la matematica nello specifico. Può corrispondere a "verità" perchè è sempre coerente con sè stessa ma non è la Verità perchè si basa su corollari universalmente accettati ma non , per questo, veri. Credo.

2007-08-18 04:34:19 · answer #1 · answered by 4 · 1 0

i pitagorici la pensavano cosi....bè,sicuramente ce molta più verità nei numeri che nella chiesa

2007-08-17 10:38:16 · answer #2 · answered by Anonymous · 0 0

Perchè un numero non mente mai, non aumenta o diminuisce al di là di tutti gli attributi migliorativi o peggiorativi che gli puoi aggiungere. Quattro brutti ceffi rimangono comunque quattro, e quella è l'unica verità certa, espressa dalla frase, tutto il resto è un corollario opinabile.

2007-08-16 17:43:09 · answer #3 · answered by ombra mattutina 7 · 1 1

No, la verità non è nei numerii o nella matematica. Nei numeri e nella matematica, c' è solo la perfezione. Ma perfezione, non è un sinonimo di verità. La verità per definizione è solo in Dio. Tutte le altre considerazione, per forza di cose, sono incomplete.

2007-08-16 09:59:40 · answer #4 · answered by Anonymous · 0 1

mi è difficile pensare che esista un numero che corrisponda a verità , avendo questa molte facce . ... sicuramente anche i numeri sono infiniti .quindi sì la verità è nei numeri .
In genere quando tre persone esprimono in momenti non sospetti un concetto ci sono altissime probabilità che sia verità.
grazie per la domanda

2007-08-16 09:56:33 · answer #5 · answered by maria g 6 · 0 1

La correttezza (come definita nella domanda) è una proprietà ritenuta desiderabile per due motivi. Da una parte essa sembra comportare la non contraddittorietà della teoria (o sistema, facendovi rientrare anche i sistemi di calcolo), perché si pensa che un enunciato e la sua negazione non possono essere entrambi veri, qualunque sia la nozione di “vero”; dall'altra sembra riportare la matematica a una dimensione familiare, simile a quella delle affermazioni quotidiane sul mondo. Ma entrambe le aspirazioni si infrangono contro le implacabili leggi della logica, che non fa sconti ai desideri.
Pensiamo a una teoria per i numeri naturali, l'aritmetica. In questa teoria si possono distinguere per semplicità teoremi di due tipi diversi. I più semplici riguardano le operazioni aritmetiche e i risultati delle stesse (analogo discorso vale per programmi che calcolino tali operazioni e la loro correttezza). Per esempio si potrebbe dimostrare “10 + 11 = 101”, supponendo che il linguaggio utilizzi la rappresentazione binaria dei numeri, e la correttezza vuole che in tal caso si abbia in effetti che due più tre sia uguale a cinque. Ma cosa significa che due più tre è uguale a cinque? Di solito non ci si pensa, perché i calcoli aritmetici sono la prima cosa che si impara, e si crede per questo, erroneamente, che i nomi dei numeri siano parte della nostra lingua, che non richiedano teorie o linguaggi speciali, e siano come gli altri nomi, quindi nomi di cose. Di fatto la frase “due più tre uguale a cinque” appartiene anch'essa a una teoria, un'altra teoria in un altro linguaggio.
Di solito, al livello semplice dell'esempio, i calcoli di verifica sono fatti applicando a mano gli algoritmi imparati con i numeri in rappresentazione decimale: la correttezza in questo caso è una traduzione della proposizione in una di un'altra teoria più o meno della stessa forza.
Se si cerca di precisare che cosa è la correttezza, o che cosa si dà per scontato e prioritario, che cosa si assume come termine di riferimento, si vede che c'è sempre una seconda teoria che – si dice - funge da semantica rispetto alla prima: i risultati della prima devono corrispondere a quelli della teoria semantica (anche detta metateoria semantica). Di conseguenza la correttezza è una proprietà relativa, relativa alla metateoria, non assoluta.
Il significato di queste precisazioni si vede nei casi nei quali, per dimostrare una proposizione con un chiaro contenuto numerico (come quella dell'esempio) si faccia uso di principi astratti e di complicati percorsi, che possono lasciare adito a dubbi (si pensi come esempio più realistico al teorema di Fermat dimostrato con difficili risultati della teoria delle curve ellittiche). L'enunciato appartiene alla teoria, o meglio al suo linguaggio, ma la sua dimostrazione no. Se si ha la correttezza rispetto a una metateoria affidabile tuttavia, supposta non contraddittoria, si è almeno certi che nella teoria non si dimostrerà l'opposto.
Se la metateoria è semplice, la correttezza è una qualità auspicabile, e se dimostrata dà una sorta di assicurazione empirica che non si sono fatti errori; se in particolare la metateoria comprende solo manipolazioni concrete di simboli, di carattere quasi fisico, come quando i numeri sono pensati come tacche, e sommare significa solo accostare le tacche, si giustifica anche il dire che in tali casi i teoremi sono veri: è come se fossero fisicamente veri. Così per inciso la intendeva Hilbert quando ha formulato il suo programma per dimostrare la non contraddittorietà dell'aritmetica.
Ma ci sono teoremi più complicati, per esempio quello che afferma che esistono infiniti numeri primi (tecnicamente: quelli che contengono quantificatori). Allora di solito si dice che i teoremi devono essere veri nella struttura N nei numeri naturali; questo è un modo di dire figurato, immaginando di avere ben chiara l'idea della struttura nella sua totalità. Tuttavia lo si può rendere preciso; ma per farlo occorre usare una metateoria semantica abbastanza potente, capace: (i) di parlare di insiemi infiniti, (ii) di definire l'insieme dei numeri naturali e quindi (iii) di definire un'applicazione degli enunciati in {V, F} che si chiama definizione di verità. La definizione deve soddisfare alcune condizioni precisate da Alfred Tarski (ad esempio se un enunciato ha assegnato V la sua negazione ha assegnato F, se un enunciato che sia una congiunzione ha assegnato V anche i due congiunti devono aver assegnato V e così via) ma è possibile, sempre che la metateoria si abbastanza forte da ammettere, oltre agli insiemi infiniti, anche forme adeguate di induzione.
Se una teoria aritmetica è corretta in questo senso tuttavia, non acquista per ciò alcuna garanzia aggiuntiva, perché la metateoria è più problematica della teoria stessa. Infatti per i teoremi di Gödel, non è possibile dimostrare che una teoria è corretta usando solo i suoi strumenti, ne occorrono di più forti (e il programma di Hilbert di usare solo come metateoria la matematica concreta non è realizzabile).
Parlare della verità di enunciati aritmetici in N o in generale in strutture infinite può essere allora solo una comodità di espressione, importante anche dal punto di vista tecnico (perché equivale a usare gli strumenti della teoria più forte), ma soprattutto psicologicamente perché si importa nella matematica un modo di esprimersi preso dalla vita reale, che dà un senso di concretezza a quello di cui si parla, invece di considerare soltanto impalpabili relazioni logiche.
Per quel che riguarda i linguaggi scientifici in genere, la situazione è la stessa, resa solo più complicata dal fatto che non essendoci una formalizzazione completa è spesso difficile isolare teoria e metateoria; ma quando gli scienziati parlano di verità delle loro affermazioni, o si riferiscono a riscontri sperimentali (che corrispondono alle verifiche numeriche sopra accennate), oppure di fatto si riferiscono a modelli della realtà che sono definiti in metateorie matematicamente sofisticate e nello stesso tempo dai contorni non ben definiti, variabili con le esigenze e le conclusioni della ricerca.

tratto da : http://ulisse.sissa.it/chiediAUlisse/domanda/2005/Ucau050419d003/

2007-08-16 10:01:49 · answer #6 · answered by Zio Auo 4 · 0 2

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