L'Islam (in arabo إسلام da pronunciare "Islàm", che significa sottomissione [a Dio]), chiamato anche Islamismo, è una religione monoteista sorta a Mecca (Penisola Araba) nel VII secolo d.C. in seguito alla predicazione di Maometto/Muhammad (in arabo ﻣﺣﻤﺪ, italianizzato in Maometto), considerato l'ultimo e definitivo profeta inviato da Dio (in arabo الله, Allāh) al mondo intero, cioè a tutti i popoli, incluse le comunità religiose precedenti. Secondo i musulmani, la parola 'Islàm' non si riferisce solamente alla religione istituita da Muhammad, bensi' denota, in essenza, il rapporto di subordinazione che caratterizza tutte le religioni rivelate (es. Giudaismo, Cristianesimo). Per inciso, nel Corano si descrivono i profeti Abramo, Mose', Gesu' come profeti dell'Islam.
Quali siano stati i modelli ispiratori è ancora argomento di discussione fra gli storici delle religioni. Se infatti si parla, talora semplicisticamente, di debiti nei confronti del Giudaismo e dello stesso Cristianesimo orientale e, più ancora, delle comunità ebraico-cristiane attive nella stessa penisola Araba - debiti per molti versi e in diversa misura del tutto innegabili - non manca però chi sostiene, non senza ragione, l'esistenza di una matrice indigena sud-arabica che affrancherebbe l'Islam da una sorta di tutela puramente allogena. Del resto non sono episodiche le prove, epigrafiche, artistiche (statuaria votiva) e archeologiche, circa l'esistenza di culti monoteistici negli ambienti culturali sud-arabici e il loro lento accostamento a forme sempre più spiccatamente monoteistiche. Assieme a Ebraismo e Cristianesimo, l'Islam viene classificato come religione abramitica.[1][2]
Stati con popolazione di religione islamica. Il colore più o meno intenso indica una percentuale maggiore o minore di fedeliQuanto al lessico impiegato, se in contesti linguistici diversi da quello italiano la differenza fra il termine Islam e Islamismo è abbastanza sfumata, in Italiano una diversità sostanziale invece esiste, perché con la parola Islam s'intende quell'insieme di atti di fede, di pratiche rituali e di norme comportamentali che è praticato da sunniti e sciiti che, insieme, rappresentano quasi il 99% dei fedeli musulmani, mentre il termine Islamismo indica di fatto una concezione dell'uomo e del mondo che s'ispira ai valori dell'Islam ma che si esprime a livello politico.
I Pilastri dell'Islam
Per approfondire, vedi la voce Cinque pilastri dell'Islam.
Il nome di Allāh in lingua arabaGli arkān al-Islam ("Pilastri dell'Islam") sono quei doveri assolutamente cogenti per ogni musulmano osservante (pubere e sano di corpo e di mente) per potersi definire a ragione tale. La loro intenzionale evasione comporta una sanzione morale o materiale. Essi sono:
la shahāda, o "testimonianza di fede" (affermazione, rettamente intenzionata, che esiste un solo Dio e che Maometto è il suo profeta);
la zakāt, o versamento a scopo pio di un'imposta di "purificazione" della ricchezza, attualmente devoluta volontariamente a organizzazioni di carità o aventi come fine l'islamizzazione all'interno o all'esterno dei paesi islamici;
la ṣalāt, preghiera canonica da effettuare 5 volte al giorno, in precisi momenti (awqāt) che sono scanditi dal richiamo del muʾadhdhin (مؤذن, muezzin) delle moschee;
ṣawm ramaḍān, ﺻﻮﻡ ﺭﻣﻀﺎﻥ, ovvero digiuno del mese di Ramadan per chi sia in grado di sostenerlo;
Ḥajj, ﺣﺞ, pellegrinaggio canonico nel mese di Dhū l-hijja a Mecca e dintorni, anch'esso per chi sia in grado di sostenerlo fisicamente ed economicamente.
[modifica] Obblighi morali e sociali
Oltre a questi obblighi, il musulmano ha il diritto-dovere di assolvere al jihād, ﺟﻬﺎﺩ, l' "impegno sulla strada di Dio", nella speranza di vedere nell'Aldilà il Suo Volto, che si esprime - nella sua forma principale (detta "maggiore") nella lotta contro le proprie pulsioni negative del corpo e dello spirito. Come "jihād minore" s'intende invece la continua ricerca di espandere i confini fisici e spirituali della Umma. Combattere contro chi vi si oppone con forza può assumere forme violente.
Il "jihād maggiore" costituisce il sesto pilastro dalla scuola giuridica (madhhab) sunnita del Hanbalismo e dall'intero Sciismo. Per spiegazioni più dettagliate si rinvia al relativo lemma.
Moschea del Profeta a Medina, seconda città sacra dell'IslamGenerico obbligo è il compiere il bene e combattere il male ovunque essi si trovino, ricorrendo a ogni mezzo lecito e necessario (con la mano, la parola, la penna o la spada), laddove il bene e il male sono determinati esplicitamente da Dio nel Corano, dovendosi intendere come Bene la sua volontà e Male il disobbedirgli.
Nessuna "teologia naturale" è ammessa, che possa far presumere all'intelligenza umana di penetrare razionalmente i confini tra il Volere di Dio e la Sua non-Volontà, essendo la creatura umana tenuta ad assoggettarsi senza distinguo al dettato coranico. In senso letterale, la parola "Islàm" significa infatti sottomissione, abbandono o obbedienza a Dio. Abbandono a un Progetto divino che concerne l'umanità intera e che l'uomo non può conoscere per la sua intrinseca limitatezza, al quale tuttavia esso si dovrà abbandonare, fiducioso della bontà e della misericordia divina.
Dio - al contrario di quanto pensavano i mutaziliti - non concede il libero arbitrio all'uomo, essendo ogni atto (compreso quello umano) creato da Dio. Egli dà all'uomo tutt'al più il possesso ( iktisāb ) dell'atto compiuto e il presumere di poter creare qualcosa o di penetrare l'insondabile Volontà divina sono peccati di massima superbia, con la conseguenza che il Volere divino dovrà essere accettato senza condizione alcuna da parte delle Sue creature.
Questo avviene non solo nelle pratiche di culto (modalità minuziose nell'assolvimento della preghiera, senza osservare con precisione le quali l'obbligo non si considera convenientemente assolto; precise ritualità da osservare nel corso del pellegrinaggio obbligatorio a Mecca e nei suoi dintorni) ma anche nell'ottemperare alle precise e cogenti norme alimentari che, secondo lo schema vetero-testamentario, non si giustificano con motivazioni di carattere razionale, in grado cioè di essere percepite dall'intelligenza umana, ma che devono essere accettate come tutto il resto "senza chiedersi il come e il perché" (bi-lā kayfa).
[modifica] Scuole teologiche e culto
Folla di pellegrini nella Spianata Sacra di Mecca, la città più santa dell'Islam a causa della KaʿbaLe correnti principali dell'Islam non ammettono né riconoscono clero e tanto meno gerarchie (indirettamente una forma di ambiente clericale esiste però nell'ambito sciita) dal momento che si crede non possa esistere alcun intermediario fra Dio e le Sue creature. Ognuno è quindi sacerdote di se stesso e responsabile dei suoi errori. Questo fa sì che il discrimine fra quanto è considerato consono all'Islam e quanto gli è contrario potrà scaturire solo dall'approfondito dibattito fra esperti "dottori" ( ʿulamāʾ ). Esiste pertanto un pluralismo di scuole giuridiche e teologiche, con numerose diverse interpretazioni di una stessa fattispecie (salvo, ovviamente, nel caso degli assetti dogmatici che non sono discutibili e contestabili per non incorrere nella pronuncia di kufra (infedeltà massima) che fa conseguire la qualifica di "eretico" ( kāfir, pl. kāfirūn ). Tutte le cosiddette "scienze religiose" (ʿulūm dīniyya ) tendono alla formazione di un consenso maggioritario circa la via interpretativa da dare al disposto coranico e sciaraitica. Essa però potrà sempre mutare in caso si esprima una nuova maggioranza.
Mentre il culto è immutabile ed indifferente all'epoca ed allo spazio fisico in cui esso è praticato, tutto il resto potrà invece adattarsi al tempo e al luogo in cui il fedele vive. L'Islam si propone come una religione wusta, cioè "mediana" fra gli estremi. Equilibrata perché, per affermazione di Muhammad, essa aborre gli eccessi e il fanatismo, basandosi sull'assunto, più volte ribadito, nel Corano che "Dio non ama gli eccessivi".
[modifica] Testi fondamentali
La Cupola della Roccia a Gerusalemme, la terza città santa dell'IslamI testi fondamentali a cui fanno riferimento i musulmani sono, in ordine di importanza:
il Corano, pur non essendo scritto esplicitamente è considerato dai musulmani espresso parola per parola, in arabo, da Dio (Allāh), come Sua Parola. I musulmani ritengono che Muhammad abbia ricevuto il Corano da Dio attraverso l'Arcangelo Gabriele, che glielo avrebbe rivelato in lingua araba; questa interpretazione è stata contestata, recentemente, da Cristoph Luxenberg[3], il quale - nel solco della corrente degli studiosi iper-scettici che fa capo a Wansbrough - considera invece che la composizione originale del Corano sia avvenuta in siro-aramaico. È per questo che i fondamentali atti liturgici islamici sono recitati in tale idioma in tutto il mondo musulmano. Dopo la Rivelazione ricevuta da Muhammad l'Islamismo crede, per dogma, che nessun altro profeta sarà più identificato da Dio fra gli uomini.
la Sunna (lett. "consuetudine"), basata su hadīth (tradizioni). Essa raccoglie i detti di Muhammad ed è rintracciabile nei Sei libri (al-kutub al-sitta), i più importanti dei quali sono quelli di Bukhārī e di Muslim ibn al-Ḥajjāj mentre gli altri furono composti da Ibn Māja, al-Nasāʾī, al-Tirmidhī; e Abū Dāwūd al-Sījistānī. La Sunna raccoglie gli episodi della vita di Muhammad, le sue parole e i suoi atti.
I musulmani credono che siano d'ispirazione divina, ma corrotti dal tempo o dagli uomini:
il Vangelo;
i Salmi;
la Tōrāh;
Il dilemma se trattare gli induisti come politeisti cui offrire l'opportunità fra conversione o morte fu superata grazie all'interpretazione di numerosi dotti musulmani, secondo cui anche i Veda sarebbero stati un testo d'origine divina, per quanto particolarmente corrottisi.
[modifica] Profeti
I musulmani dichiarano che la loro religione si riallaccia direttamente alle tradizioni religiose che sarebbero state predicate dal patriarca biblico Abramo, considerato da Maometto come il suo più autorevole predecessore. È per questo che, in chiave puramente formale, l'Islam viene classificato come religione abramitica, al pari dell'Ebraismo e del Cristianesimo.
Il primo profeta islamico sarebbe peraltro stato Adamo e, dopo di lui, Nūh (Noè). Sono annoverati fra i tanti profeti islamici, dopo Ibrāhīm (Abramo), i suoi figli Isḥāq (Isacco) e Ismāˁīl (Ismaele), Yaˁqūb (Giacobbe), Yūsuf (Giuseppe), Mūsà (Mosè), Dāwūd (Davide), Sulaymān (Salomone), Yaḥyà (Giovanni Battista) e, prima di Muhammad, ˁĪsà ibn Maryam, Gesù di Nazareth, (vedi Gesù secondo l'Islam) figlio di Maryam, (Maria), considerata nel Corano come esempio sublime di devozione femminile a Dio.
Dopo Muhammad, chiamato per questo "il sigillo dei profeti" ( khātim al-rusul ), la profezia avrebbe avuto termine.
[modifica] Gruppi religiosi
I musulmani vengono differenziati in:
Sunniti, che sono la grande maggioranza in quasi tutti i paesi islamici.
Sciiti, che costituiscono la minoranza più consistente (circa il 10%). Essi si richiamano all'eredità di ʿAlī ibn Abī Tālib, cugino e genero di Muhammad, e dei suoi figli al-Hasan b. ʿAlī e, più in particolare, di al-Husayn b. ʿAlī.
Gli sciiti si dividono a loro volta in:
un gruppo maggioritario (duodecimano, o imamita o ithnaʿashariyya),
un gruppo minoritario (ismailita, o settimano o sabaʿiyya)
un gruppo ancor più esiguo, detto "zaydita", che teorizza la possibilità che a guidare legittimamente la Comunità Islamica (Umma) possa essere qualsiasi discendente del Profeta purché questi agisca concretamente contro i musulmani reprobi, con deciso impegno militante e che non si abbandoni a un comodo quietismo limitandosi a un'attività puramente teoretica.
Dominante in Persia, lo sciismo è maggioritario in Iraq, in Libano e in Bahrein.
Gruppi di ismailiti sono presenti in India mentre lo Zaydismo è prevalente in Yemen.
kharigiti, un tempo abbastanza diffusi, specialmente in Nordafrica, Iraq e Penisola Araba, si dividevano in numerosi sottogruppi - sufriti, Azraqiti, Najadāt, Nukkariti - di cui sussistono solo gli:
Ibaditi
Di derivazione islamica ma considerati eterodossi sono invece:
gli Alawiti, appartenenti a una setta minoritaria d'ispirazione sciita ma con forti tratti gnosticheggianti. Esprime il gruppo dirigente in Siria fin dall'epoca del Presidente Ḥāfiẓ al-Asad.
i Drusi, sorti in età fatimide, all'epoca dell'Imàm al-Hākim e presenti in Libano, nella regione montagnosa dello Shūf, in Siria (Golan, Gebel Druso) e Israele.
gli appartenenti all'Ahmadiyya di Qādyān (India settentrionale) e Lahore (Pakistan), fondata da Mirza Ghulam Ahmad.
I Bahá'í, a loro volta gemmati dal Babismo, costretti dalla Rivoluzione Islamica dell'Iran a rifugiarsi in India e in Occidente (soprattutto Canada e Stati Uniti). Sono considerati tuttavia appartenenti a una religione completamente distaccata dall'Islam, e non una sua setta.
l'Ahl-e Haqq.
[modifica] Concezione del mondo
Questa dottrina esposta è la tradizionale concezione dell'Islam elaborata dai pensatori musulmani nei primi cinque secoli (il Corano non ne fa infatti il minimo accenno). Il mondo sarebbe diviso per essa in tre parti
La Casa della Pace, "Dār al-Salām" o "Dār al-Islām", "la Casa dell'Islam", dove vivono i musulmani sotto la protezione della Legge islamica e i popoli sottomessi (dhimmī), appartenenti a fedi diverse da quella islamica e sottoposti al pagamento di un tributo personale, la jizya, che garantisce loro la "protezione" da parte dello Stato islamico.
Le interpretazioni dei teologi musulmani differiscono sulla possibilità di accettare come dhimmī fedeli di religioni differenti da quella dei cristiani, ebrei, zoroastriani e sabei ma, storicamente, si accettò anche l'Induismo come religione proteggibile, in quanto esso poteva vantare un testo scritto (i Veda) che fu considerato anch'esso ispirato divinamente.
La Casa della Tregua, "Dār al-Hudna", dove vivono i popoli non sottomessi con i quali è stata conclusa una tregua temporanea nell'attesa di riprendere le ostilità per l'affermazione universale dell'Islamismo.
La Casa della Guerra, "Dār al-ḥarb", dove vivono tutti i popoli non sottomessi.
[modifica] Bibliografia (ordine alfabetico)
Sadik J. Al-Azm, L'illuminismo islamico, Roma, Di Renzo Editore, 2001.
Alessandro Bausani, Islam, Milano, Garzanti,
Leone Caetani, Annali dell’Islam, Milano-Roma, Hoepli–Fondazione Caetani della Reale Accademia dei Lincei, 1905-1926, 10 voll.
Claude Cahen, Der Islam I. Vom Ursprung bis zu den Anfängen des Osmanenreiches, Frankfurt a/M-Hamburg, Fischer Bücherei GmbH, 1968 (trad. ital. L’Islamismo I, Milano, Feltrinelli, 1969.
Giovanni Delle Donne, Maometto, il Profeta dell'Islam, e il suo tempo, Milano, Simonelli Editore, 2005.
Gerhard Endress, Introduzione alla storia del mondo musulmano, Venezia, Marsilio, 1994.
Toufiq Fahd, «L’Islam», su: Storia delle religioni, a cura di H.-C.-Puech, Bari, Laterza, vol. IX, 1977 (rist. dalla stessa casa editrice sotto il titolo Storia dell’islamismo).
Giancarlo Finazzo, I musulmani e il cristianesimo - Alle origini del pensiero islamico (secc. VII-X), Roma, Edizioni Studium, 2005.
Francesco Gabrieli, Maometto e le grandi conquiste arabe, Milano, Il Saggiatore, 1967.
Gustave E. von Grunebaum, Classical Islam: a History 600 AD to 1258 AD, Chicago, 1970.
Philip Hitti, History of the Arabs, Londra, 1956 (trad. it. Storia degli Arabi, Firenze, La Nuova Italia, 1966).
Hugh Kennedy, The Prophet and the Age of the Caliphates, London-New York, Longman, 1986.
Ira M. Lapidus, Storia delle società islamiche, Torino, Einaudi, 1993-1995 (vol. I. Le origini dell'Islam; vol. II. La diffusione dell'Islam; vol. III. I popoli musulmani).
Giorgio Levi Della Vida, Arabi ed Ebrei nella storia, Napoli, Ricciardi, 1984.
Bernard Lewis, Uno sguardo dal Medioriente, Roma, Di Renzo Editore, 1999.
Claudio Lo Jacono, Storia del mondo islamico (VII-XVI secolo), Torino, Einaudi, 2004.
C. Lo Jacono, Kh. F. Allam, A. Ventura, Islam - Storia delle religioni (curata da G. Filoramo), Roma-Bari, Laterza (Biblioteca Universale), 1999.
Robert Mantran, L’espansione musulmana dal VIII all’XI secolo, Milano, Mursia, 1978.
Felix Maria Pareja, Islamologia, in coll. con L. Hertling, A. Bausani, T. Bois, Roma, Orbis Catholicus, 1951.
Laura Veccia Vaglieri, L'Islam da Maometto al secolo XVI, Milano, Vallardi, 1974.
I Pilastri dell'Islam
Per approfondire, vedi la voce Cinque pilastri dell'Islam.
Il nome di Allāh in lingua arabaGli arkān al-Islam ("Pilastri dell'Islam") sono quei doveri assolutamente cogenti per ogni musulmano osservante (pubere e sano di corpo e di mente) per potersi definire a ragione tale. La loro intenzionale evasione comporta una sanzione morale o materiale. Essi sono:
la shahāda, o "testimonianza di fede" (affermazione, rettamente intenzionata, che esiste un solo Dio e che Maometto è il suo profeta);
la zakāt, o versamento a scopo pio di un'imposta di "purificazione" della ricchezza, attualmente devoluta volontariamente a organizzazioni di carità o aventi come fine l'islamizzazione all'interno o all'esterno dei paesi islamici;
la ṣalāt, preghiera canonica da effettuare 5 volte al giorno, in precisi momenti (awqāt) che sono scanditi dal richiamo del muʾadhdhin (مؤذن, muezzin) delle moschee;
ṣawm ramaḍān, ﺻﻮﻡ ﺭﻣﻀﺎﻥ, ovvero digiuno del mese di Ramadan per chi sia in grado di sostenerlo;
Ḥajj, ﺣﺞ, pellegrinaggio canonico nel mese di Dhū l-hijja a Mecca e dintorni, anch'esso per chi sia in grado di sostenerlo fisicamente ed economicamente.
[modifica] Obblighi morali e sociali
Oltre a questi obblighi, il musulmano ha il diritto-dovere di assolvere al jihād, ﺟﻬﺎﺩ, l' "impegno sulla strada di Dio", nella speranza di vedere nell'Aldilà il Suo Volto, che si esprime - nella sua forma principale (detta "maggiore") nella lotta contro le proprie pulsioni negative del corpo e dello spirito. Come "jihād minore" s'intende invece la continua ricerca di espandere i confini fisici e spirituali della Umma. Combattere contro chi vi si oppone con forza può assumere forme violente.
Il "jihād maggiore" costituisce il sesto pilastro dalla scuola giuridica (madhhab) sunnita del Hanbalismo e dall'intero Sciismo. Per spiegazioni più dettagliate si rinvia al relativo lemma.
Moschea del Profeta a Medina, seconda città sacra dell'IslamGenerico obbligo è il compiere il bene e combattere il male ovunque essi si trovino, ricorrendo a ogni mezzo lecito e necessario (con la mano, la parola, la penna o la spada), laddove il bene e il male sono determinati esplicitamente da Dio nel Corano, dovendosi intendere come Bene la sua volontà e Male il disobbedirgli.
Nessuna "teologia naturale" è ammessa, che possa far presumere all'intelligenza umana di penetrare razionalmente i confini tra il Volere di Dio e la Sua non-Volontà, essendo la creatura umana tenuta ad assoggettarsi senza distinguo al dettato coranico. In senso letterale, la parola "Islàm" significa infatti sottomissione, abbandono o obbedienza a Dio. Abbandono a un Progetto divino che concerne l'umanità intera e che l'uomo non può conoscere per la sua intrinseca limitatezza, al quale tuttavia esso si dovrà abbandonare, fiducioso della bontà e della misericordia divina.
Dio - al contrario di quanto pensavano i mutaziliti - non concede il libero arbitrio all'uomo, essendo ogni atto (compreso quello umano) creato da Dio. Egli dà all'uomo tutt'al più il possesso ( iktisāb ) dell'atto compiuto e il presumere di poter creare qualcosa o di penetrare l'insondabile Volontà divina sono peccati di massima superbia, con la conseguenza che il Volere divino dovrà essere accettato senza condizione alcuna da parte delle Sue creature.
Questo avviene non solo nelle pratiche di culto (modalità minuziose nell'assolvimento della preghiera, senza osservare con precisione le quali l'obbligo non si considera convenientemente assolto; precise ritualità da osservare nel corso del pellegrinaggio obbligatorio a Mecca e nei suoi dintorni) ma anche nell'ottemperare alle precise e cogenti norme alimentari che, secondo lo schema vetero-testamentario, non si giustificano con motivazioni di carattere razionale, in grado cioè di essere percepite dall'intelligenza umana, ma che devono essere accettate come tutto il resto "senza chiedersi il come e il perché" (bi-lā kayfa).
[modifica] Scuole teologiche e culto
Folla di pellegrini nella Spianata Sacra di Mecca, la città più santa dell'Islam a causa della KaʿbaLe correnti principali dell'Islam non ammettono né riconoscono clero e tanto meno gerarchie (indirettamente una forma di ambiente clericale esiste però nell'ambito sciita) dal momento che si crede non possa esistere alcun intermediario fra Dio e le Sue creature. Ognuno è quindi sacerdote di se stesso e responsabile dei suoi errori. Questo fa sì che il discrimine fra quanto è considerato consono all'Islam e quanto gli è contrario potrà scaturire solo dall'approfondito dibattito fra esperti "dottori" ( ʿulamāʾ ). Esiste pertanto un pluralismo di scuole giuridiche e teologiche, con numerose diverse interpretazioni di una stessa fattispecie (salvo, ovviamente, nel caso degli assetti dogmatici che non sono discutibili e contestabili per non incorrere nella pronuncia di kufra (infedeltà massima) che fa conseguire la qualifica di "eretico" ( kāfir, pl. kāfirūn ). Tutte le cosiddette "scienze religiose" (ʿulūm dīniyya ) tendono alla formazione di un consenso maggioritario circa la via interpretativa da dare al disposto coranico e sciaraitica. Essa però potrà sempre mutare in caso si esprima una nuova maggioranza.
Mentre il culto è immutabile ed indifferente all'epoca ed allo spazio fisico in cui esso è praticato, tutto il resto potrà invece adattarsi al tempo e al luogo in cui il fedele vive. L'Islam si propone come una religione wusta, cioè "mediana" fra gli estremi. Equilibrata perché, per affermazione di Muhammad, essa aborre gli eccessi e il fanatismo, basandosi sull'assunto, più volte ribadito, nel Corano che "Dio non ama gli eccessivi".
[modifica] Testi fondamentali
La Cupola della Roccia a Gerusalemme, la terza città santa dell'IslamI testi fondamentali a cui fanno riferimento i musulmani sono, in ordine di importanza:
il Corano, pur non essendo scritto esplicitamente è considerato dai musulmani espresso parola per parola, in arabo, da Dio (Allāh), come Sua Parola. I musulmani ritengono che Muhammad abbia ricevuto il Corano da Dio attraverso l'Arcangelo Gabriele, che glielo avrebbe rivelato in lingua araba; questa interpretazione è stata contestata, recentemente, da Cristoph Luxenberg[3], il quale - nel solco della corrente degli studiosi iper-scettici che fa capo a Wansbrough - considera invece che la composizione originale del Corano sia avvenuta in siro-aramaico. È per questo che i fondamentali atti liturgici islamici sono recitati in tale idioma in tutto il mondo musulmano. Dopo la Rivelazione ricevuta da Muhammad l'Islamismo crede, per dogma, che nessun altro profeta sarà più identificato da Dio fra gli uomini.
la Sunna (lett. "consuetudine"), basata su hadīth (tradizioni). Essa raccoglie i detti di Muhammad ed è rintracciabile nei Sei libri (al-kutub al-sitta), i più importanti dei quali sono quelli di Bukhārī e di Muslim ibn al-Ḥajjāj mentre gli altri furono composti da Ibn Māja, al-Nasāʾī, al-Tirmidhī; e Abū Dāwūd al-Sījistānī. La Sunna raccoglie gli episodi della vita di Muhammad, le sue parole e i suoi atti.
I musulmani credono che siano d'ispirazione divina, ma corrotti dal tempo o dagli uomini:
il Vangelo;
i Salmi;
la Tōrāh;
Il dilemma se trattare gli induisti come politeisti cui offrire l'opportunità fra conversione o morte fu superata grazie all'interpretazione di numerosi dotti musulmani, secondo cui anche i Veda sarebbero stati un testo d'origine divina, per quanto particolarmente corrottisi.
[modifica] Profeti
I musulmani dichiarano che la loro religione si riallaccia direttamente alle tradizioni religiose che sarebbero state predicate dal patriarca biblico Abramo, considerato da Maometto come il suo più autorevole predecessore. È per questo che, in chiave puramente formale, l'Islam viene classificato come religione abramitica, al pari dell'Ebraismo e del Cristianesimo.
Il primo profeta islamico sarebbe peraltro stato Adamo e, dopo di lui, Nūh (Noè). Sono annoverati fra i tanti profeti islamici, dopo Ibrāhīm (Abramo), i suoi figli Isḥāq (Isacco) e Ismāˁīl (Ismaele), Yaˁqūb (Giacobbe), Yūsuf (Giuseppe), Mūsà (Mosè), Dāwūd (Davide), Sulaymān (Salomone), Yaḥyà (Giovanni Battista) e, prima di Muhammad, ˁĪsà ibn Maryam, Gesù di Nazareth, (vedi Gesù secondo l'Islam) figlio di Maryam, (Maria), considerata nel Corano come esempio sublime di devozione femminile a Dio.
Dopo Muhammad, chiamato per questo "il sigillo dei profeti" ( khātim al-rusul ), la profezia avrebbe avuto termine.
[modifica] Gruppi religiosi
I musulmani vengono differenziati in:
Sunniti, che sono la grande maggioranza in quasi tutti i paesi islamici.
Sciiti, che costituiscono la minoranza più consistente (circa il 10%). Essi si richiamano all'eredità di ʿAlī ibn Abī Tālib, cugino e genero di Muhammad, e dei suoi figli al-Hasan b. ʿAlī e, più in particolare, di al-Husayn b. ʿAlī.
Gli sciiti si dividono a loro volta in:
un gruppo maggioritario (duodecimano, o imamita o ithnaʿashariyya),
un gruppo minoritario (ismailita, o settimano o sabaʿiyya)
un gruppo ancor più esiguo, detto "zaydita", che teorizza la possibilità che a guidare legittimamente la Comunità Islamica (Umma) possa essere qualsiasi discendente del Profeta purché questi agisca concretamente contro i musulmani reprobi, con deciso impegno militante e che non si abbandoni a un comodo quietismo limitandosi a un'attività puramente teoretica.
Dominante in Persia, lo sciismo è maggioritario in Iraq, in Libano e in Bahrein.
Gruppi di ismailiti sono presenti in India mentre lo Zaydismo è prevalente in Yemen.
kharigiti, un tempo abbastanza diffusi, specialmente in Nordafrica, Iraq e Penisola Araba, si dividevano in numerosi sottogruppi - sufriti, Azraqiti, Najadāt, Nukkariti - di cui sussistono solo gli:
Ibaditi
Di derivazione islamica ma considerati eterodossi sono invece:
gli Alawiti, appartenenti a una setta minoritaria d'ispirazione sciita ma con forti tratti gnosticheggianti. Esprime il gruppo dirigente in Siria fin dall'epoca del Presidente Ḥāfiẓ al-Asad.
i Drusi, sorti in età fatimide, all'epoca dell'Imàm al-Hākim e presenti in Libano, nella regione montagnosa dello Shūf, in Siria (Golan, Gebel Druso) e Israele.
gli appartenenti all'Ahmadiyya di Qādyān (India settentrionale) e Lahore (Pakistan), fondata da Mirza Ghulam Ahmad.
I Bahá'í, a loro volta gemmati dal Babismo, costretti dalla Rivoluzione Islamica dell'Iran a rifugiarsi in India e in Occidente (soprattutto Canada e Stati Uniti). Sono considerati tuttavia appartenenti a una religione completamente distaccata dall'Islam, e non una sua setta.
l'Ahl-e Haqq.
[modifica] Concezione del mondo
Questa dottrina esposta è la tradizionale concezione dell'Islam elaborata dai pensatori musulmani nei primi cinque secoli (il Corano non ne fa infatti il minimo accenno). Il mondo sarebbe diviso per essa in tre parti
La Casa della Pace, "Dār al-Salām" o "Dār al-Islām", "la Casa dell'Islam", dove vivono i musulmani sotto la protezione della Legge islamica e i popoli sottomessi (dhimmī), appartenenti a fedi diverse da quella islamica e sottoposti al pagamento di un tributo personale, la jizya, che garantisce loro la "protezione" da parte dello Stato islamico.
Le interpretazioni dei teologi musulmani differiscono sulla possibilità di accettare come dhimmī fedeli di religioni differenti da quella dei cristiani, ebrei, zoroastriani e sabei ma, storicamente, si accettò anche l'Induismo come religione proteggibile, in quanto esso poteva vantare un testo scritto (i Veda) che fu considerato anch'esso ispirato divinamente.
La Casa della Tregua, "Dār al-Hudna", dove vivono i popoli non sottomessi con i quali è stata conclusa una tregua temporanea nell'attesa di riprendere le ostilità per l'affermazione universale dell'Islamismo.
La Casa della Guerra, "Dār al-ḥarb", dove vivono tutti i popoli non sottomessi.
[modifica] Bibliografia (ordine alfabetico)
Sadik J. Al-Azm, L'illuminismo islamico, Roma, Di Renzo Editore, 2001.
Alessandro Bausani, Islam, Milano, Garzanti,
Leone Caetani, Annali dell’Islam, Milano-Roma, Hoepli–Fondazione Caetani della Reale Accademia dei Lincei, 1905-1926, 10 voll.
Claude Cahen, Der Islam I. Vom Ursprung bis zu den Anfängen des Osmanenreiches, Frankfurt a/M-Hamburg, Fischer Bücherei GmbH, 1968 (trad. ital. L’Islamismo I, Milano, Feltrinelli, 1969.
Giovanni Delle Donne, Maometto, il Profeta dell'Islam, e il suo tempo, Milano, Simonelli Editore, 2005.
Gerhard Endress, Introduzione alla storia del mondo musulmano, Venezia, Marsilio, 1994.
Toufiq Fahd, «L’Islam», su: Storia delle religioni, a cura di H.-C.-Puech, Bari, Laterza, vol. IX, 1977 (rist. dalla stessa casa editrice sotto il titolo Storia dell’islamismo).
Giancarlo Finazzo, I musulmani e il cristianesimo - Alle origini del pensiero islamico (secc. VII-X), Roma, Edizioni Studium, 2005.
Francesco Gabrieli, Maometto e le grandi conquiste arabe, Milano, Il Saggiatore, 1967.
Gustave E. von Grunebaum, Classical Islam: a History 600 AD to 1258 AD, Chicago, 1970.
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2007-04-16 06:11:53
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