ti metto qualche link che può esserti utile, spero
http://www.swif.uniba.it/lei/personali/pievatolo/platone/fenicio.htm
http://bfp.sp.unipi.it/dida/resp/ar01s18.html
secondo me il migliore è il primo.
è più chiaro, anche visivamente, distingue i blocchi di argomenti con sfondi colorati diversi (sembra una cavolata e invece serve)
a quel che ho capito (sono secoli che non ho a che fare con la filisofia, dal liceo, figurati! si perde nella notte dei tempi!),
Socrate, tramite Platone che ne trascrive gli insegnamenti, racconta un mito che spiegherebbe perchè gli uomini sono diversi e perchè DEBBONO essere diversi.
ma il mito è falso e Socrate lo sa e lo dice!
dice che va raccontato al popolo per tenerlo buono, per convincerlo che le diseguaglianze sociali sono giuste perchè sono volute dagli dei, ma lo dice "con imbarazzo", come se si vergognasse dell'inganno.
secondo questo mito "fenicio" tutti noi nasciamo dalla Madre Terra così come siamo, o governanti o soldati o artigiani o contadini.
è per questo che tutti dobbiamo difendere il sacro suolo di cui tutti siamo figli (e quindi fra noi fratelli, i più bravi e i meno bravi)
noi siamo quello che siamo per destino "innato", perchè se siamo destinati ad essere governanti la divinità che ci plasma aggiunge al nostro "impasto" dell'oro, se siamo destinati ad essere guerrieri o "ausiliari" aggiunge dell'argento, se artigiani del bronzo, se contadini del ferro.
queste nostre caratteristiche dovremmo trasmetterle geneticamente ai nostri figli, ma a volte non accade così e allora, se siamo governanti, dobbiamo essere spietati e rimandare i nostri eredi alla classe a cui appartengono per doti innate, cioè alla classe più bassa, NON dobbiamo trasmettere loro il potere, perchè...
"esiste un oracolo per cui la polis sarebbe destinata a perire, quando la sua custodia fosse affidata al guardiano di ferro o a quello di bronzo".
viceversa dagli ausiliari o anche dagli artigiani (ai contadini non ci arriva!) possono nascere figli con "aggiunte" di oro o di argento, cioè con doti superiori innate a quelle dei loro genitori, e allora devono salire di grado.
è un discorso anti-aristocratico che apre la possibilità a miglioramenti di classe per meriti personali.
dice anche però che chi nasce in una classe inferiore ha poche possibilità di accedere a conoscenze superiori e quindi di migliorarsi.
tutto questo avrebbe un senso, anche se piuttosto antidemocratico e razzista, se non che sappiamo, per ammissione stessa di Platone, che il mito è falso!
e allora perchè raccontarlo?
bella domanda.
mi fa proprio piacere che tu l'abbia fatta...
... non si sa!
io l'ho capita così, ma non ci giurerei.
tu, comunque, controlla i link che ti ho postato e... buon lavoro!
ciao.
P.S. sai che è proprio una bella domanda?!
brava!
2007-03-25 10:24:51
·
answer #1
·
answered by annamaria l 6
·
1⤊
0⤋
Il racconto fenicio, anzi, "un qualcosa di fenicio", è un mito di fondazione, che si differenzia dai miti narrati dai poeti perché è artificiale e dichiaratamente falso, tanto che Socrate lo espone con esitazione e vergogna. La sua funzione è la legittimazione della gerarchia politica, prima per i governati e, dopo una generazione, anche per i governanti.
Cercherò di persuadere prima gli stessi governanti e i soldati, poi anche il resto dei cittadini, che tutta quell'educazione fisica e spirituale che noi davamo loro, essi credevano di sentirla e di riceverla, ma non erano che dei sogni; e veramente allora essi si trovavano entro la terra, già plasmati e allevati, essi stessi, le loro armi e tutto il resto del loro equipaggiamento. E quando in ogni dettaglio fu ultimata la loro preparazione, la terra loro madre li mise alla luce: ora essi sono tenuti a provvedere e a difendere la terra che abitano come se fosse la loro madre e nutrice, se qualcuno l'assale, e a considerare gli altri cittadini come fratelli e "nati dalla terra"...
Continuando il racconto, diremo loro così: voi tutti nella polis siete fratelli, ma il dio, mentre vi plasmava, a quelli di voi che hanno attitudine al governo mescolò, nella loro generazione, dell'oro, e perciò altissimo è il loro pregio; agli ausiliari, argento; ferro e bronzo agli agricoltori e agli altri artigiani. Per questa generale comunanza di origine, dovreste generare flgli per lo più simili a voi; ma c'è caso che da oro nasca prole d'argento, e da argento prole d'oro, e così reciprocamente nelle altre nascite. Perciò il dio ordina prima e particolarmente ai governanti di non essere di nessuno tanto buoni guardiani e di non custodire nulla con tanto impegno quanto i figli, osservando attentamente quale fra questi metalli si trova mescolato nelle anime loro; e se uno stesso loro figlio ha in sé alla nascita bronzo o ferro, di non averne nessuna pietà, ma di usare alla physis il riguardo dovutole e di respingerlo tra gli artigiani; e reciprocamente, se da costoro nascono figli che abbiano in sé oro e argento, di rendere loro gli onori dovuti e d'innalzare questi ai compiti di custodia, quelli ai compiti di difesa; perché esiste un oracolo per cui la polis sia destinata a perire, quando la sua custodia sia affidata al guardiano di ferro o a quello di bronzo.
Nel primo volume di The Open Society and Its Enemies (1945), Popper ribattezza questo racconto, con una assonanza nazista, come il "mito del Sangue e del Suolo", e lo interpreta come una prova del razzismo e del totalitarismo di Platone. Il Socrate platonico, tuttavia, ha cura di precisare che il racconto fenicio, con il suo insistito esotismo, è una menzogna, vergognosa, ancorché nobile.
Il racconto fenicio è una curiosa anomalia, proprio perché si precisa che è una artificiosa menzogna. Platone non era affatto obbligato a far compiere al suo Socrate questa precisazione: per esempio, nel Gorgia, il mito del giudizio dei morti viene trattato come un logos con l'apparenza di mythos; il mito dell'anello di Gige, o anche quello narrato all'inizio del Protagora, sono invece espedienti per rendere immaginosamente un argomento razionale. Platone avrebbe potuto scegliere di trattare in modo analogo anche questa storia così fenicia.
Contro Trasimaco, Socrate deve dire che il soggetto morale da lui presupposto non è un dato naturale, ma un prodotto dell'educazione. Il racconto fenicio, pertanto, deve essere falso perché fa rispuntare dalla terra un'idea di natura umana che contrasta con il carattere determinante dell'educazione per la formazione del cittadino. Franco Trabattoni (Platone, Carocci, Roma, 1998, p. 188) sostiene che il contenuto del mito è anti-aristocratico: l'aristocrazia non è quella della nascita o della ricchezza, ma quella fornita da attitudini che ci sono date, e che possono essere in contrasto con la classe sociale che ci ha generato. Un agricoltore può avere come figlio un uomo d'oro, e un filosofo può essere padre di un uomo di ferro. In questa prospettiva, l'espediente retorico della nascita dalla terra e della conseguente "naturalizzazione" dell'educazione dovrebbe essere finalizzato a far "digerire" una simile idea a un uditorio portato a trovarla inaccettabile: si pensi, ad esempio, al significato sociale della parola physis. Se confrontiamo il racconto fenicio con l'apologo di Menenio Agrippa, un patrizio meno eterodosso di Platone, possiamo effettivamente renderci conto che quest'ultimo è orientato in senso assai più organicistico e gerarchico. Menenio Agrippa dà per scontato sia che l'organismo sociale esista, sia che, al suo interno, i plebei, e proprio loro, debbano essere mani asservite a stomaci patrizi.
Il Socrate della Repubblica propone un modello unitario di soggetto morale, che vale addirittura sia per il singolo uomo, sia per la polis, ma il suo mito artificiale introduce una gerarchia basata sull'inclusione e sull'esclusione in base a caratteristiche innate. In primo luogo, infatti, i cittadini vengono distinti dagli altri esseri umani, in quanto solo essi possono dirsi nati dalla terra. In secondo luogo, la gerarchia tripartita si basa su differenze fortissime e irrevocabili: il racconto fenicio della nascita e della fondazione vede le differenze fra le tre classi tanto ineluttabili e determinate quanto la costituzione materiale degli oggetti: come una cosa forgiata col bronzo non può diventare d'oro, così chi è nato artigiano non può diventare filosofo. La graduatoria di valore dei metalli con i quali gli individui vengono plasmati è giustificata solo dalle preferenze del dio demiurgo e dal fatto che gli uomini stessi condividano tali preferenze. Si potrebbe pertanto concludere che un ideale di autonomia viene attuato nella forma di una società gerarchica e soggetta alla manipolazione, ancorché ostile all'aristocrazia come veniva tradizionalmente intesa.
Lo spessore semantico del mito in Platone mi induce a suggerire un'altra ipotesi: il racconto falso serve a far capire che ogni ideale di autonomia, quando pretende di rispecchiarsi in una incarnazione storica, acquisisce un carattere ambiguo e ingannevole. Il regno della libertà realizzata, proprio in quanto si pretende tale, e produce i suoi propri miti fenici, è il più grande nemico delle libertà possibili.
Da una parte, l'autonomia non è una cosa che spunta dalla terra, ma si conquista in un lungo e doloroso processo di educazione e di confronto con gli altri; dall'altra, ogni immagine sociale e politica dell'autonomia così conquistata è una, pur necessaria, limitazione, e richiede una forma di manipolazione; dunque, per così dire, è una bugia. Per questo Trasimaco non può mai veramente essere messo a tacere.
La menzogna di Socrate è nobile, proprio perché ci rende avvertiti di questo aspetto problematico, che esiste perfino in una polis costruita nei discorsi. Sarebbe stato assai più ignobile trattare il racconto fenicio come una storia vera, in modo da conservare una reputazione di onestà intellettuale che non necessariamente - o quasi mai - coincide con l'essere davvero onesti.
2007-03-28 08:02:21
·
answer #2
·
answered by Irene N 5
·
0⤊
0⤋