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Esame su Kant..Help Me!!

2007-03-24 04:49:44 · 9 risposte · inviata da TinHell 1 in Arte e cultura Filosofia

9 risposte

Chi ha decretato tale principio?
Il termine stesso [in tedesco Noumenon] è stato introdotto da Kant...ad indicare l'oggetto della conoscenza intellettuale pura [che è poi la cosa in sé].
"L'oggetto della sensibilità è il sensibile: ciò che non contiene nulla che non possa essere conosciuto dall'intelligenza è l'intelligibile. Il primo dalle scuole degli antichi era detto "fenomeno", il secondo Noumeno"*.
Negli antichi, soprattutto in Platone, in Aristotele e nei Neoplatonici, l'uso del termine più frequente è chiaramente "intelligibile" , ma veniva contrapposto a sensibile e non a fenomeno.
In verità il concetto di Noumeno è solo un concetto limite [in tedesco: Grenzbegriff] per circoscrivere le pretese della sensibilità e di uso perciò puramente negativo. Questa funzione puramente negativa della Cosa in sè [espressa chiaramente nella Critica della Ragion pura, Analitica dei Principi, cap. III] è rimasta un caposaldo della dottrina kantiana della conoscenza : perché è rimasta a garantire, in tale dottrina, il carattere finito [cioè non creativo] della conoscenza umana.

2007-03-24 05:38:25 · answer #1 · answered by Pasquale P 2 · 3 0

Te lo spiego in parole molto semplici. Della realtà noi vediamo solo il fenomeno, cioè cio che ci appare, ma questo fenomeno lo vediamo secondo il nostro modo di conoscere la realtà, cioè attraverso la "griglia delle categorie", che è dentro di noi, e non nell'oggetto della conoscenza. Ciò nonostante qualcosa che colpisce i nostri sensi esiste, secondo Kant, solo che di questo qualcosa noi vediamo e percepiamo solo quello che passa attraverso il "filtro" delle categorie, che è quello che ci permette di conoscere, ma non si esaurisce in quello e possiamo solo ipotizzarlo perchè sfugge alle nostre possibilità di conoscere il mondo. Per fare un esempio terra terra, è come se le categorie fossero la nostra possibilità di vedere lo spettro della luce visibile. Questa possibilità ci permette di vedere il mondo, ma solo in parte, perché ci sono gli ultravioletti, gli infrarossi, i raggi x le onde radio e le onde corte che noi non vediamo. Ecco Tutto il campionario delle cose che non possiamo vedere del mondo è il noumeno, mentre ciò che vediamo è il fenomeno.

2007-03-24 05:52:12 · answer #2 · answered by Anonymous · 11 0

La pagina che segue conclude il cap.3 della seconda sezione dell'Analitica trascendentale. In essa Kant mette a tema uno dei problemi più caratteristici del proprio pensiero: la distinzione di fenomeno‑noumeno. La sua importanza va posta in relazione alla parabola della filosofia moderna ed al ruolo che Kant gioca rispetto ad essa. Come si è già visto, Cartesio, cercando nel pensiero il criterio dell'evidenza a partire dal quale costruire la filosofia, ha poi finito per elaborare una prospettiva gnoseologica secondo la quale il soggetto conosce idee e non oggetti, aprendo una frattura tra il pensiero e la realtà che la filosofia faticherà a ricomporre nei secoli successivi. Tale frattura, cui si dà il nome di dualismo gnoseologico o gnoseologismo, attraversa l'intero pen­siero moderno e proprio in Kant trova il proprio estremo raffinato sostenitore. Nel criticismo non vale più che l'oggetto della conoscenza siano le idee: oggetto della conoscenza è il materiale di sensazione, opportunamente "lavorato" dalla sensibilità. Ciò nonostante, e proprio in virtù della "rivoluzione copernicana", il problema di Kant rimane analogo a quello di Cartesio. Se noi conoscia­mo gli oggetti secondo i modi della nostra conoscenza, questo significa che, in senso proprio, noi non conosciamo gli oggetti come essi sono in realtà, ma come ci appaiono, come essi risultano dall'incontro con le nostre strutture conoscitive. La realtà in sé rimane consegnata all'inconoscibi­lità. Tale realtà in sé è definita da Kant noumeno ("pensabile", participio medio del verbo greco noéo, pensare): essa è ciò che in senso proprio non si può conoscere ma che tuttavia è necessario pensare come concetto‑limite (Grenzbegriff) del nostro conoscere. Cerchiamo, allora, di seguire at­tentamente Kant nel suo discorso per verificare quanto abbiamo qui rapidamente anticipato.

L'uso trascendentale di un concetto, in un principio qualsiasi, è questo: che esso vien riferito alle cose in generale e in se stesse, laddove l'uso empirico si ha quando esso vien riferito solo a fenomeni, cioè a oggetti di una esperienza possibile. Ma che, in ogni caso, solo il secondo sia possibile, si vede da questo. Per ogni concetto si richiede in primo luogo la forma logica di un concetto (del pensiero in generale), e poi, in secondo luogo, anche la possibilità di dargli un oggetto al quale esso si riferisca. Senza quest'ultimo, è privo di senso e affatto vuoto di contenuto, sebbene possa sempre contenere la funzione logica di for­mare da certi dati un concetto. Ora l'oggetto non può esser dato a un concetto se non nell'intuizione; e quantunque una intuizione pura sia possibile anche prima dell'oggetto, a priori, nondimeno né anche essa può avere il suo oggetto, e quindi validità oggettiva, se non per mezzo dell'intuizione empirica, della qua­le è la semplice forma. Sicché tutti i concetti, e con essi tutti i princìpi, per quan­to siano possibili a priori, pure si riferiscono a intuizioni empiriche, cioè a dati per l'esperienza possibile. Senza di che non hanno mai validità oggettiva di sorta ma si riducono a un semplice giuoco, o della immaginazione o dell'intelletto, con le loro rispettive rappresentazioni. Si prendano, ad esempio, i concetti della matematica, e prima nelle loro intuizioni pure. Lo spazio ha tre dimensioni, fra due punti non ci può essere se non una sola linea retta, e così via. Sebbene tutti questi princìpi, e la rappresentazione dell'oggetto di cui questa scienza si occupa, sian prodotti interamente a priori nello spirito, tuttavia essi non significherebbe­ro nulla, se noi non potessimo sempre additare il loro significato nei fenomeni (oggetti empirici). Quindi si richiede, altresì, che si renda sensibile un concetto astratto, cioè che si presenti nell'intuizione l'oggetto che gli corrisponde, poiché senza di questo il concetto rimarrebbe, come si dice, senza senso, cioè senza significato. La matematica adempie questa esigenza con la costruzione della fi­gura, la quale è un fenomeno presente ai sensi (sebbene prodotta a priori). Il concetto della quantità cerca, nella stessa scienza, il suo punto d'appoggio e il suo significato nel numero, e questo, alla sua volta, nelle dita, nei coralli del pallottoliere, o nei trattolini e punti che vengon messi dinanzi agli occhi. Il con­cetto rimane sempre prodotto a priori, insieme coi princìpi o con le formule sintetiche che ne derivano; ma il loro uso e la loro relazione con presunti oggetti non possono infine esser cercati altrove che nell'esperienza, di cui essi contengo­no a priori la possibilità (per la forma).

Che avvenga lo stesso delle categorie tutte e dei princìpi che ne derivano, risulta anche dal fatto che di nessuna di esse noi possiamo dare una definizione reale cioè rendere comprensibile la possibilità del suo oggetto, senza ricorrere subito a condizioni della sensibilità, quindi alla forma dei fenomeni, come quelli ai quali di necessità debbono limitarsi, come a loro unico oggetto; poiché, se vien tolta questa condizione, cade ogni significato, cioè ogni rapporto all'ogget­to, e non possiamo più comprendere con nessun esempio, qual genere di cosa si intenda propriamente con siffatti concetti.

L'Analitica trascendentale pertanto ha questo importante risultato, che l'intelletto a priori non può mai far altro che anticipare la forma di una esperienza possibile in generale: e poiché ciò che non è fenomeno non può essere oggetto dell'esperienza, l'intelletto non può mai sorpassare i limiti della sensibilità, den­tro i quali soltanto ci sono dati oggetti. I suoi sono semplicemente princìpi dell'esposizione dei fenomeni, e l'orgoglioso nome di Ontologia, che presume di dare in una dottrina sistematica conoscenze sintetiche a priori delle cose in gene­rale (per es., il principio di causalità), deve cedere il posto a quello modesto di semplice Analitica dell'intelletto puro.

Tuttavia nel nostro concetto, quando denominiamo certi oggetti, come fenomeni, esseri sensibili (phaenomena), distinguendo il nostro modo di intuirli dalla loro natura in sé, c'è già che noi, per dir così, contrapponiamo ad essi o gli oggetti stessi in questa loro natura in sé (quantunque in essa noi non li intuia­mo), o anche altre cose possibili, ma che non sono punto oggetti dei nostri sensi, come oggetti pensati semplicemente dall'intelletto, e li chiamiamo esseri intelligibili (noumena). Ora, si domanda se i nostri concetti puri dell'intelletto rispetto a questi ultimi non abbiano un valore, e se di essi non possano essere una specie di conoscenza.

Ma qui si presenta subito un equivoco, che può dare occasione a un grosso malinteso, e cioè: che poiché l'intelletto, quando chiama semplicemente feno­meno un oggetto che è in una relazione, si fa ad un tempo, fuori di questa relazione, ancora una rappresentazione di un oggetto in sé, e quindi si immagina di potersi parimenti far dei concetti di tali oggetti; e poiché l'intelletto non for­nisce altri concetti che le categorie, l'oggetto, nell'ultimo significato, si immagi­na che debba poter esser pensato almeno mediante codesti concetti puri dell'in­telletto; ma così è indotto a ritenere un concetto affatto indeterminato di un essere intelligibile, come qualcosa in generale al di là della nostra sensibilità, per un concetto determinato di un essere, che noi possiamo in qualche modo cono­scere mercé dell'intelletto. Se noi intendiamo per noumeno una cosa, in quanto essa non è oggetto della nostra intuizione sensibile, astraendo dal nostro modo d'intuirla, essa è un noumeno in senso negativo. Ma, se per esso invece intendia­mo l'oggetto d'una intuizione non sensibile, allora supponiamo una speciale maniera di intuizioni, cioè l'intellettuale, la quale però non è la nostra, e della quale non possiamo comprendere nemmeno la possibilità; e questo sarebbe il noumeno in senso positivo.

Se io sottraggo ogni pensiero (per categorie) da una conoscenza empirica, non resta più nessuna conoscenza di un qualsiasi oggetto; giacché con la sola intuizione nulla assolutamente vien pensato, e il fatto che c'è in me questa affezione della sensibilità, non costituisce relazione di sorta di tale rappresentazione con un qualsiasi oggetto. Se invece io sottraggo ogni intuizione, mi rimane an­cora la forma del pensiero, cioè la maniera di assegnare un oggetto al molteplice d`una intuizione possibile. Le categorie quindi si estendono più in là dell'intui­zione sensibile, poiché pensano oggetti in generale, senza ancora guardare alla speciale maniera (di sensibilità), nella quale gli oggetti possono esserci dati. Ma esse non determinano perciò una sfera di oggetti più grande, poiché non è am­missibile che tali oggetti possano esser dati senza presupporre come possibile una specie di intuizione diversa dalla sensibile; al che non siamo in nessun modo autorizzati.

Chiamo problematico un concetto che non contiene contraddizione, e che, come limitazione di concetti dati, si connette anche con altre conoscenze ma la cui verità oggettiva non può essere in alcun modo conosciuta. Il concetto di un noumeno, cioè di una cosa che deve esser pensata non come oggetto dei sensi, ma come cosa in sé (unicamente per l'intelletto puro), non è per niente contrad­dittorio; giacché non si può della sensibilità asserire che sia l'unico modo possi­bile di intuzione. Anzi, questo concetto è necessario, acciò l'intuizione sensibile non venga estesa fino alle cose in sé, e sia così limitata la validità oggettiva della conoscenza sensibile; (giacché le restanti cose, a cui quella non giunge, si chia­mano appunto per ciò noumeni, per indicare così che tale conoscenza non può estendere il suo dominio anche a ciò che pensa l'intelletto). Ma, in fine, nemme­no della possibilità di tali noumeni è possibile punto rendersi conto e il territorio di là dalla sfera dei fenomeni (per noi) è vuoto; cioè, noi abbiamo un intelletto, che si estende al di là problematicamente, ma non una intuizione, e neppure il concetto d'una possibile intuizione, onde possano esser dati oggetti fuori del campo della sensibilità, e l'intelletto possa essere usato al di là di essa in modo assertorio. Il concetto di noumeno è dunque solo un concetto limite (Grenzbe­griff), per circoscrivere le pretese della sensibilità, e di uso, perciò, puramente negativo.[6] Ma esso tuttavia non è foggiato ad arbitrio, sibbene si connette colla limitazione della sensibilità, senza poter nondimeno porre alcunché di positivo al di fuori del dominio di essa. Non può dunque ammettersi punto in senso positivo la divisione degli oggetti in fenomeni e noumeni, e del mondo in sen­sibile e intelligibile, sebbene i concetti consentano sempre di esser divisi in sen­sibili e intellettuali; giacché a questi ultimi non si può assegnare nessun oggetto, né essi perciò possono valere oggettivamente. Se ci si allontana dai sensi come concepire che le nostre categorie (che sarebbero i soli concetti rimanenti per i noumeni) significhino ancora qualche cosa dal momento che per il loro rapporto ad un qualsiasi oggetto dovrebbe esser dato qualcosa più che la semplice unità nel pensiero e cioè inoltre una intuizione possibile, a cui applicarle? Il concetto di noumeno, preso solo problematicamente, rimane, ciò malgrado, non soltanto ammissibile, ma anzi inevitabile, come concetto che limita la sensibilità. Ma, al­lora, esso non è un particolare oggetto intelligibile per il nostro intelletto; ma un intelletto, al quale esso appartenesse, sarebbe già di per sé un problema, in quan­to intelletto capace di conoscere il proprio oggetto non discorsivamente, me­diante le categorie, ma in modo intuitivo, con una intuizione non sensibile; né della possibilità di tale oggetto noi possiamo farci la più piccola idea. Ora il no­stro intelletto riceve in tal modo una estensione negativa, cioè non viene limitato dalla sensibilità, ma piuttosto la limita, pel fatto che chiama le cose in sé (non considerate come fenomeni) noumeni.

2007-03-25 05:05:00 · answer #3 · answered by Irene N 5 · 2 0

parole solo parole come tutta la filo
in generale....

2007-03-24 06:06:23 · answer #4 · answered by Galena PbS 5 · 1 0

è una cosa senza senso, tanti paroloni che alla fine non significano niente, come tutta la filosofia di kant

2007-03-24 04:54:23 · answer #5 · answered by Anonymous · 3 2

... è un concetto dai caratteri problematici che si riferisce ad una realtà inconoscibile ed indescrivibile che, in qualche modo, si trova "al fondo" dei fenomeni che osserviamo, sullo sfondo, al di là dell’apparenza (di come cioè le cose ci appaiono).

2007-03-25 08:51:26 · answer #6 · answered by Piti 4 · 0 0

Nella filosofia di Platone, il noumeno (da nooúmenon in greco, "ciò che viene pensato") rappresenta una specie intellegibile o idea e indica tutto ciò che non può essere percepito nel mondo tangibile ma a cui si può arrivare solo tramite il ragionamento. Il noumeno, come concetto, fonda l'idea di metafisica in Platone.

Il noumeno compare anche nella filosofia di Immanuel Kant (dove è anche chiamato cosa in sé, in tedesco Ding an sich). In Kant il noumeno è un concetto dai caratteri problematici che si riferisce ad una realtà inconoscibile ed indescrivibile che, in qualche modo, si trova "al fondo" dei fenomeni che osserviamo, sullo sfondo, al di là dell’apparenza (di come cioè le cose ci appaiono).

Ad esso può essere contrapposto il termine "fenomeno", che nell'accezione di Kant indica “la realtà così come possiamo farne esperienza”. Kant spiega che la ragione non può accedere al noumeno se non come a un “concetto-limite”, del quale possiamo solo dire che è a fondamento di tutto ciò di cui facciamo esperienza, motivo per il quale è impossibile fondare razionalmente alcuna metafisica (intesa come scienza di ciò che si trova al di là dell’apparenza sensibile).

L’esplicazione delle relazioni che intercorrono tra la realtà noumenica e quella fenomenica è una delle questioni più spinose della filosofia di Kant. Nella sua Critica della ragion pura, Kant spiega la struttura della comprensione che abbiamo della realtà a partire dalle categorie a priori (che non significa affatto innate, ma al di là dell'esperienza anche se attivabili dall'esperienza) della mente.

Estratto da "http://it.wikipedia.org/wiki/Noumeno"

2007-03-24 06:49:50 · answer #7 · answered by Anonymous · 0 0

ahah pasquale ne sa sempre troppo xD...mi dispiace di nn poter essere utile ma ho visto che hai già tre risp interessanti :)

2007-03-24 05:52:51 · answer #8 · answered by Anonymous · 0 0

http://it.wikipedia.org/wiki/Noumeno
qui trovi la risp...
in bocca al lupo x l'esame

2007-03-24 04:58:23 · answer #9 · answered by babe4vale 3 · 0 0

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