Il giorno della terra è un momento percelebrare i guadagni che abbiamo fatto e generare le nuove visioni accelerare il progresso ambientale. Nel giorno della terra si protegge il pianeta. Il giorno della terra è il 22 aprile.
L'Earth Day nasceva, dunque, con un progetto illuministico, fondato, per così dire, sull'"ottimismo della ragione". La coscienza di massa avrebbe risolto il problema ecologico. A trent'anni di distanza, quel progetto è stato realizzato?
Solo in parte. Non c'è dubbio, infatti, che nei trent'anni che ci separano dal primo Earth Day, l'ecologia è diventata coscienza diffusa, almeno negli opulenti paesi dell'Occidente. Questa coscienza di massa ha prodotto notevoli risultati. L'ambiente è diventato un tema fondante delle relazioni internazionali. Sono stati stipulati importanti trattati. Il più grande evento nella storia della diplomazia mondiale si è concretizzato intorno ai problemi ecologici: oltre un centinaio tra capi di stato e/o di governo furono presenti nel 1992 a Rio de Janeiro in occasione della "Conferenza delle Nazioni Unite sull'Ambiente e lo Sviluppo". Una nuova e ricca economia è nata per soddisfare le domande ambientali. Anzi, si è affermato una nuovo concetto, lo sviluppo sostenibile, che lega indissolubilmente sviluppo economico, equa distribuzione della ricchezza e salvaguardia dell'ambiente. Lo stato di salute di molti ecosistemi locali è decisamente migliorato, rispetto al 1970.
Tuttavia, se diamo uno sguardo all'insieme, se consideriamo lo stato di salute dell'intero pianeta e dei suoi maggiori ecosistemi, dobbiamo constatare che, malgrado trent'anni di coscienza ecologica diffusa (sempre più diffusa), di impegno politico generoso e di ricerca dello sviluppo sostenibile, la situazione è peggiorata. L'umanità sta imprimendo un'accelerazione al cambiamento del clima sempre più forte e, ormai, senza precedenti negli ultimi diecimila anni. Sta inoltre causando la più rapida e profonda estinzione di massa degli ultimi 65 milioni di anni di storia della vita. Tutti i grandi ecosistemi globali, sta rilevando l'indagine Page, la più grande indagine scientifica sullo stato di salute del pianeta che sarà resa completamente pubblica il prossimo autunno dalle Nazioni Unite, sono in condizioni di grave sofferenza. Condizioni che sono peggiorate negli ultimi trent'anni.
Nè la qualità della vita degli uomini è molto migliorata, rispetto a trent'anni fa (a eccezione degli abitanti delle opulente regioni del Nord del pianeta). La ricchezza mondiale non si è redistribuita ma si è vistosamente concentrata, non solo in pochi paesi, ma addirittura nelle mani di pochi individui. I duecento uomini più ricchi del mondo possiedono più della metà, la metà più povera, dell'intera popolazione mondiale. Ancora oggi 800 milioni di persone, tra cui 125 milioni di bambini, soffrono la fame. Oltre un miliardo di persone non hanno accesso a quantità minime di acqua potabile. Nell'Africa sub-sahariana è in corso un'epidemia, quella provocata dal virus Hiv, che non solo ha già contagiato 23 milioni di persone, ma che potrebbe sterminare per Aids un'intera generazione in un intero continente senza che il resto del mondo provi realmente a contrastarla.
Il concetto di sviluppo sostenibile è certamente emerso,, ma non si è affatto affermato in questi trent'anni. Nè nella sua componete di sviluppo equilibrato, nè nella componente di sostenibilità ecologica. Perchè ha fallito, finora, quell'"ottimismo della ragione" che informava di sè le illuministiche volontà dei partecipanti al primo Earth Day?
Probabilmente perchè la visione economica di quegli uomini e di quelle donne era piuttosto ingenua. Lo sviluppo sostenibile comporta un ripensamento piuttosto radicale dei modelli di produzione e di consumo. Così che, per imporre lo sviluppo sostenibile al pianeta, per convincere centinaia di milioni di uomini a modificare le proprie aspettative e i propri stili di vita, non bastano la coscienza lucida e la volontà generosa anche di grandi movimenti di massa.
Occorre una forte capacità della politica (ovvero della maggioranza della società) di indirizzare l'economia e di progettare non il futuro a breve e brevissimo tempo (il tempo che passa tra un'elezione e l'altra), ma il futuro a medio e lungo periodo (il periodo in cui avvengono i cambiamenti ecologici).
E' questa capacità che è mancata nei trent'anni che ci separano dal primo Earth Day. La coscienza ecologica è diventata sì diffusa, ma non è diventata un vivo bisogno di massa. Non della maggioranza della popolazione, almeno. Lo sviluppo sostenibile non è riuscito a conquistare la centralità politica che merita.
Questo ha fatto sì che trent'anni di generosa azione da parte del movimento ecologista abbia prodotto risultati sostanzialmente deludenti. E questi risultati deludenti ora espongono il movimento ecologista a un rischio. Quello di sbagliare l'analisi. E di attribuire le colpe del fallimento non alle cause strutturali di origine politica ed economica, ma alla loro fenomenologia, ovvero alla innovazione tecnica e scientifica.
Se questo errore venisse compiuto, il movimento ecologista che, nelle sue componenti principali, ha finora puntato sull'uso sapiente e consapevole della scienza e della tecnica per affrontare il problema dello sviluppo sostenibile, rischia di individuare proprio nella scienza e nella tecnica i suoi avversari. E di trasformarsi da movimento progressista in movimento conservatore, se non reazionario. Evitare questo rischio, oggi, deve essere considerato uno degli obiettivi principali di quanti hanno partecipato all'Earth Day. Ecco un prerequisito per rilanciare un nuovo progetto: dare uno sbocco politico alla coscienza ecologica di massa imponendo la centralità dello sviluppo sostenibile.
2007-03-23 07:30:23
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answer #1
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answered by Anonymous
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