Il Gattopardo narra delle vicende dell'antenato dello stesso autore, Don Fabrizio Corbera, Principe di Casa Salina, e della sua famiglia tra il 1860 e il 1910, in Sicilia (a Palermo e nel feudo agrigentino di Donnafugata). Il romanzo fa un atto di denuncia sociale nei confronti della mentalità dei siciliani operata da parte dell'autore e accertata dalla critica letteraria.
Don Fabrizio è padre di 7 figli ed esponente di un casato. Il principe possedeva forti inclinazioni alle discipline matematiche; aveva applicato queste all'astronomia e ne aveva tratto sufficienti riconoscimenti pubblici. All'inizio del primo capitolo si parla di un cadavere di un giovane soldato rinvenuto nel giardino di Casa Salina.
Nel maggio 1860, dopo lo sbarco di Garibaldi in Sicilia, Don Fabrizio assiste con distacco e con malinconia alla fine del suo ceto. La classe aristocratica capisce che ormai è prossima la fine della sua supremazia: infatti approfittano della nuova situazione politica gli amministratori e i mezzadri, la nuova classe sociale in ascesa. Don Fabrizio, appartenente ad una famiglia di antica nobiltà, viene rassicurato dal nipote Tancredi, che, pur combattendo nelle file garibaldine, cerca di far volgere gli eventi a proprio vantaggio. Quando, come tutti gli anni, il principe con tutta la famiglia si reca nella residenza estiva di Donnafugata, trova come nuovo sindaco del paese Calogero Sedara, un borghese di umili origini, rozzo e poco istruito, che si è arricchito ed ha fatto carriera in campo politico. Tancredi, che in precedenza aveva manifestato qualche simpatia per Concetta, la figlia maggiore del principe, si innamora di Angelica, figlia di don Calogero, che infine sposerà, abbagliato sicuramente dalla sua bellezza, ma attratto anche dal suo notevole patrimonio.
Un altro episodio significativo è l'arrivo a Donnafugata di un funzionario piemontese, il cavaliere Chevalley di Monterzuolo, che offre a Don Fabrizio la nomina a senatore del nuovo Regno d'Italia. Il principe però rifiuta, sentendosi troppo legato al vecchio mondo siciliano, citando come risposta al cavaliere la famosa frase: "Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi". Specchio della realtà siciliana, questa frase simboleggia la capacità di adattamento che i siciliani, sottoposti nel corso della storia all'amministrazione di molti governanti stranieri, hanno dovuto sviluppare.
La vita del principe da allora prosegue in modo monotono e sconsolato, fino alla sua morte che lo coglie in un'anonima stanza di albergo nel 1883, mentre tornava da Napoli, viaggio intrapreso per sottoporsi a visite mediche. Nella sua casa rimarranno le tre figlie nubili, inacidite da una vita chiusa e solitaria.
2007-03-23 00:39:19
·
answer #1
·
answered by Kolja 4
·
0⤊
0⤋