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salve a tutti...potete cortesemente aiutarmi trovandomi e trascrivendomi il riassunto del III e del IV libro dell'eneide...?vi ringrazio veramente in anticipo e spero possiate aiutarmi...un bacio ciaw

2007-03-21 03:32:20 · 3 risposte · inviata da fakeangel_smile 2 in Scuola ed educazione Scuole primarie e secondarie

3 risposte

Eneide - LIBRO III
L’eroe trova scampo ad Antandro, ai piedi del monte Ida, dove si sono rifugiati altri Troiani. Qui, durante l’inverno, fa costruire una flotta di venti navi sulle quali, al principio della primavera, s’imbarcano tutti i profughi di *****. Hanno inizio così le lunghe peregrinazioni alla ricerca di una nuova patria. Dapprima i Troiani approdano in Tracia, terra amica di *****, dove, mentre Enea s’accinge a fondare una città, da chiamarsi Eneade, si verifica un fatto raccapricciante: dai rami di un mirto sgorga del sangue ed esce una voce lamentosa. E’ Polidoro, l’ultimo figlio di Priamo, che il padre aveva mandato presso Polinestore, re di Tracia, per sottrarlo alla guerra. Ma il re, vista la cattiva sorte toccata a *****, lo aveva ucciso per impadronirsi delle sue ricchezze. Ed ora Polidoro, trasformato in arbusto, esorta Enea a lasciare quella terra maledetta. Data solenne sepoltura a Polidoro, i Troiani riprendono il mare dirigendosi verso Delo, l’isola sacra ad Apollo. Sono accolti benevolmente dal re Anio, vecchio amico di Anchise, e si recano ad interrogare l’oracolo del dio, il quale li ammonisce a “cercare l’antica Madre”. Seguendo il consiglio di Anchise, i profughi si recano a Creta, da cui era partito Tèucro, progenitore dei Troiani. Subito si mettono al lavoro per fondare una nuova città da chiamarsi Pergamèa, quando scoppia una terribile pestilenza che danneggia uomini, animali e mèssi. Convinti d’avere sbagliato, gli esuli decidono di abbandonare anche quel luogo. Durante la notte, i Penati appaiono in sogno ad Enea e gli additano l’Italia come la terra degli avi: l’Italia, donde venne il progenitore Dardano. Ripresa la navigazione, una furiosa tempesta sospinge i Troiani alle Stròfadi, le isole delle Arpie, creature dal volto di donna e dal corpo di uccello. Le quali, insozzando le mense, impediscono loro di magiare, mentre una di esse, Celeno, li atterrisce con funesti presagi. Fuggono di là e, risalendo il mar Ionio, sbarcano sul lido di Azio, dove celebrano giuochi e compiono sacrifici in onore di Apollo. Quindi, rimessisi in mare, giungono a Burtroto, nell’Epiro, dove regna Eleno, figlio di Priamo, che ha sposato Andromaca, la
vedova di Ettore. Essendo indovino, Eleno predice ad Enea le sue future peregrinazioni prima di giungere alla terra promessa dal Fato. Lo istruisce sul percorso da seguire e gli indica i segni per riconoscere il luogo dove dovrà fermarsi e fondare la città. Dopo uno scambio di preziosi doni, i Troiani sono nuovamente in mare e, al mattino seguente, vedono profilarsi all’orizzonte le coste dell’Italia. Prima Acate, e poi tutti gli altri la salutano con un grido di gioia: “Italia!Italia!”. Per evitare gli scogli di Scilla e Cariddi, girano attorno alla Sicilia, approdando ai piedi dell’Etna, nel paese dei Ciclopi dove raccolgono Achemenide, un greco dimenticato a terra da Ulisse. Avvertiti del pericolo cui possono andare incontro, i Troiani hanno appena il tempo di fuggire, che Poliremo urlando si spinge nel mare per inseguirli. Sbarcano quindi a Drepano, l’odierna Trapani e là il vecchio Anchise muore. Salpano di nuovo, ma una violenta tempesta li sbatte sulle coste dell’Africa. E qui finisce il racconto di Enea.

Eneide - LIBRO IV
Didone, ormai innamorata di Enea, trascorre la notte pensando a lui, senza mai trovar riposo. Al mattino si confida con la sorella Anna, che la incoraggia ad assecondare il nuovo sentimento, anche per i vantaggi che deriverebbero al regno dall’unione dei Cartaginesi con i Troiani. Confortata da queste parole, Didone accarezza volentieri l’idea di nuove nozze e, intanto fa sacrifici agli dei per renderseli propizi. Cerca di stare spesso in compagnia di Enea e tratta con affetto materno Ascanio, ma trascura i suoi doveri di regina, per cui nella città il fervore di opere cessa del tutto. Giunone contenta di tenere Enea lontano dall’Italia, favorisce questa passione. D’accordo con Venere, fa si che durante una battuta di caccia, indetta dalla regina per onorare l’ospite scoppi un violento temporale: tutti si sparpagliano in cerca di riparo, mentre Didone ed Enea si ritrovano soli nella stessa grotta, e lì, col favore di Giunone pronuba, l’unione matrimoniale dei due si compie. Preso la notizia si divulga. Jarba, re dei Getuli, che era stato respinto da Didono, si rivolge sdegnato al padre suo, Giove Ammone, chiedendo vendetta per l’affronto subito. E Giove manda Mercurio da Enea per ricordargli la missione che gli è stata affidata dagli dei, per ingiungergli di salpare alla volta dell’Italia. Enea rimane atterrito, ma capisce che deve ubbidire al comando divino. Non trovando il modo di parlare con Didone, decide di partire all’insaputa di lei e, per tanto, ordina ai suoi di allestire in segreto la flotta. Didone però s’accorge dei preparativi e, sdegnata e pazza di dolore investe Enea con parole di rimprovero e di minaccia, ma pure di preghiera e di scongiuro. Enea, irremovibile nel suo proposito, le risponde tergiversando che non voleva partire segretamente, ma che neppure le aveva promesso di rimanere per sempre a Cartagine. Ed aggiunge che, suo malgrado, deve rispettare la volontà del Fato che, avendogli tolto la patria, lo spinge a fondarne una nuova in Italia. Allora Didone, guardandolo torva, gli manifesta tutto il suo disprezzo. Vada pure verso il proprio destino: lei morrà e, ombra implacata, lo seguirà ovunque per maledirlo. Il “pio” Enea sebbene tormentato anche lui dalla passione d’amore, rimane saldo nel suo proposito ed affretta la partenza delle navi. Invano la regina, in un estremo tentativo, manda la sorella Anna a supplicarlo di trattenersi ancora un po’ di tempo, nell’attesa che spirino venti più propizi, per modo che Didone possa abituarsi all’idea del distacco. Allora l’infelice decide di morire. Persuasa da funesti presagi e torturata da sogni minacciosi, studia come attuare il triste proposito senza destare sospetti nella sorella. Dice di voler ricorrere alle arti magiche per liberarsi dalle sofferenze dell’amore. Fa costruire a cielo aperto, un’alta pira di legna resinose e vi fa mettere sopra il letto nuziale, la spada, le vesti e l’effigie dell’eroe amato. Poi, assieme ad una maga, vi gira intorno celebrando rituali magici. Intanto Enea dorme tranquillo sull’alta poppa della nave, quand’ecco Mercurio apparirgli in sogno e, con parole concitate, sollecitarlo a partire perché Didone potrebbe, nella sua furia, dar fuoco alle navi. L’eroe sveglia subito i compagni e taglia con la propria spada gli ormeggi. Allorquando Didone, sul far dell’alba, vede la flotta troiana navigare nel mare aperto, cade in preda alla più cupa disperazione. Invoca dagli dei una tremenda maledizione su Enea: che trovi nella nuova patria guerra e dolori; che muoia anzi tempo; e che perpetua sia la rivalità tra i suoi discendenti ed il popolo dei Tiri, cioè fra Roma e Cartagine. Poi, impaziente di morire, sale sul rogo e si trafigge con la spada avuta in dono da Enea. Pianti ed urli echeggiano nella reggia Anna sale sul rogo in tempo per raccogliere l’estremo respiro della sorella. La morente cerca con gli occhi tremanti la luce che fugge, poi manda un gemito e giace senza vita.

2007-03-22 06:12:02 · answer #1 · answered by Anonymous · 0 0

cercalo con google....su avanti....coraggio....renditi autonoma e fattelo da sola.

2007-03-24 07:29:06 · answer #2 · answered by alfredo 3 · 0 0

Ciao, per quando ti serve? Te lo invio via email?

2007-03-21 03:41:14 · answer #3 · answered by j.k. 2 · 0 0

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