Io discendo da una famiglia, da parte di padre, di contadini, di fabbri, carrettieri e panettieri. Mio nonno era fabbro, ed alcuni suoi fratelli (una volta, sopratutto in ambiente contadino era facile trovare famiglie con dieci e più figli) erano carrettieri, cioè gli odierni camionisti. Portavano merci, botti di vino, di granaglie, sopratutto nelle grandi città, nel mio caso a Milano, e ricordo ancora che quando arrivavano ai confini del paese dove sono nato, coi loro carri vuoti o con qualche fagotto di articoli comperati nella 'grande città', coi loro grandi e robusti cavalli da tiro, si sentiva in lontananza, dato che gli unici rumori esistenti erano i canti delle donne, i versi dei vari animali da cortile o i rumori di martello ed altri strumenti da artigiano, lo schiocco ritmato delle loro fruste. Ormai erano dei maestri con quello 'strumento', lo utilizzavano anche per fare gare o per accompagnare ritmicamente quando, per qualche festa, c'era qualche orchestrina che suonava. Mia nonna, mi raccontava che ognuno di loro aveva una serie di schiocchi personali che era un po' il loro codice per dire 'sto arrivando moglie, prepara l'acqua nel catino, la camicia pulita e la cena'. E così era, arrivava il carro, i saluti, gli scambi di come era andata la giornata, la rimessa del cavallo, la cura accurata, il rifocillamento, quattro pacche sulla groppa, il carro posto sotto il portico e poi via sotto il portico delle varie residenze, tutti assieme a rinfrescarsi e lavarsi il sudore e la polvere. La nonna che arrivava con la camicia bianca senza collo, una spazzolata al classico gilet nero con gesti rudi, abitudinari, ma che per l'epoca era un gesto che dava l'idea dell'amore e della solidità famigliare, poi tutti a tavola sotto il portico, grandi piatti di minestrone con dentro anche pezzi di cotenna, mangiato con grosse fette di pane 'giallo' (grandi pagnotte tonde), mezzo o un bicchiere di vino, solo per gli uomini perchè il vino era considerato, nei pranzi casalinghi, un alimento, (per dissetarsi, solo acqua fresca del pozzo), poi forse, qualche uovo e non in tutte le case, della verdura, delle insalate, enormi casseruole a ciascuno, con tanta cipolla o porri, olio denso come miele, aceto e sale pestato al mortaio perchè c'era solo quello grosso, e al venerdì le aringhe sotto sale, che l'ambulante vendeva al giovedì passando col suo carretto carico di questi tolloni, come fossero stati enormi scatolette di tonno odierno. Caffè non si usava e nemmeno, come certo cinema folcloristico fà vedere, la grappa, almeno nella pianura padana. Alla domenica tutti a Messa, gli uomini di qui, le donne di là, l'abito bello, la cravatta per gli uomini o un fazzoletto annodato al collo, le donne col velo e con qualche gioiello della 'dote'. Poi il pranzo, finalmente del pollo, della carne e dei sottaceti fatti in casa, forse una torta o comunque un dolce casereccio, poi un sigaro, il famoso 'toscano', biascicato in bocca, tirato da sotto i baffoni tra quattro chiacchere, dondolandosi sulla sedia, parlando del tempo, delle colture, degli affari fatti in settimana, la moglie seduta vicino. Quindi il pisolino pomeridiano prima di andare alla cooperativa a bere qualche bicchiere di vino e una partita a bocce con gli amici, mentre le donne, sotto l'ombra del portico intente finalmente a prendersi un po' di riposo, perchè alla domenica non si lavora, raccontandosi vita, morte e miracoli su tutto e tutti, intonando qualche canto e i bambini, tutti assieme, curati da tutti, che giocavano in piena libertà a diventare grandi. Mi sono dilungato un po', ma le dita mi hanno preso la mano, spero comunque di averti dato qualcosa, non per rimpiangere ma per ricordare e non far morire ciò che i nostri nonni hanno fatto, perchè noi ora potessimo essere ciò che siamo ed avere ciò che abbiamo. Ciao.
2007-03-18 19:32:26
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answer #3
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answered by ombra mattutina 7
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