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2 risposte

Prima lezione

Introduzione alla gnoseologia e all’etica tomista


Tommaso D’Aquino: le virtù della conoscenza


Iniziamo il discorso su Tommaso con una domanda: si può amare senza conoscere?

Per rispondere procediamo a piccoli passi spiegando che cosa significa conoscere e amare nella filosofia tomista.

Va detto che l’amore sarà considerato come virtù, ossia un’attività volta a fare il bene, quindi si andrà oltre al concetto d’amore sentimentale-sessuale diffuso nella cultura contemporanea.



La conoscenza

Per Tommaso la conoscenza parte dai sensi e dall’esperienza che questi fanno della realtà, il suo pensiero non ammette l’innatismo di origine platonica e pertanto lo possiamo definire aristotelico.

Dalla conoscenza sensibile di un oggetto, ad es. questo foglio, si passa alla conoscenza intellettuale dell’oggetto che ci da l’idea (l’universale) di foglio, ossia dopo aver fatto l’esperienza di un foglio, quel foglio, in me, soggetto conoscente, è presente l’idea di foglio valida universalmente, per cui quando incontrerò un altro foglio lo riconoscerò come tale pur non essendo quel foglio che ho esperito la prima volta.

Tale passaggio gnoseologico avviene attraverso l’astrazione dell’intelletto che dall’immagine (fantasma) dell’oggetto produce l’universale:







SCHEMA 1 (PDF)





A questo punto sorge un problema, se la conoscenza intellettiva avviene mediante concetti universali, come sarà possibile conoscere gli oggetti particolari? Ovvero quali sono i presupposti dello schema 1 ?

La risposta si trova nell’ontologia tomista che riprende quella aristotelica. Ogni ente è composto da due elementi: forma e materia. Per il discorso sulla conoscenza tale distinzione vale sia per il soggetto conoscente sia per l’oggetto da conoscere. Ogni ente sarà composto da un elemento che costituisce la sua essenza e da un elemento che costituisce la sua esistenza. L’essenza è l’elemento rappresentante l’universalità, l’esistenza è l’elemento rappresentante la particolarità, pertanto ogni ente è ontologicamente vero e razionale in quanto è capace, per tutto se stesso, di entrare con l'intelletto in quel rapporto d'identità che è la verità logica: ogni ente è adeguato all'intelletto, razionale, conoscibile, mentre dall'altra parte la conoscenza è l'adeguazione effettiva dell'intelletto all'ente: ens et verum convertuntur; idem est intellectus in actu ac intellectum in actu.

Nel soggetto conoscente la particolarità (questo foglio) sarà conosciuta dai sensi (prima tappa) e l’universalità (la foglieità – l’idea di foglio - ) dall’intelletto (2° tappa). Ved. SCHEMA 1

La gnoseologia di Tommaso è perfettamente coerente con tutta la sua antropologia: l’uomo, unità di anima e corpo, esercita la sua attività conoscitiva con il simultaneo concorso dei sensi e dell’intelletto.

Questa gnoseologia si collega all’etica dell’agere sequitur esse (l’agire segue l’essere), detto altrimenti la deontologia nasce dalla ontologia, quindi nella misura in cui si conosce l'essere si scopre anche quello che si deve fare, ma le cose non sono così semplici, infatti la conoscenza può essere errata o dubbiosa e qualora fossero eliminati gli errori e i dubbi bisognerebbe comunque fare i conti con il libero arbitrio dell’uomo che potrebbe scegliere qualcosa di diverso dal bene che gli ha presentato l’intelletto.

Per vedere quali sono i meccanismi delle facoltà intellettuali che regolano l’agire etico introduciamo il discorso sulle virtù.



Le virtù come abito a operare

La virtù è innanzitutto un “abito”,ovvero una qualità che caratterizza l’essere del soggetto: si può definire anche come un tratto del carattere, un modo di vivere, che contraddistingue una persona. La virtù nasce dall’esercizio continuo e consapevole del soggetto, che compie una serie di atti da cui nasce l’habitus.

Anche i vizi nascono allo stesso modo: sono un abito cattivo dato dalla ripetizione di atti moralmente scorretti.

Le virtù (e i vizi) non nascono con il soggetto, ma sono il risultato del suo agire, della sua libera volontà che si trasforma in azioni buone o cattive. Non esiste dunque per Tommaso la virtù senza libertà.

Essa è una qualità stabile dell’uomo ma anche un abito operativo: con ciò Tommaso vuole specificare che le virtù e i vizi sono tipici dell’essere umano in quanto essere libero, diverso dall’animale dove prevale la fisicità.

La virtù è il realizzarsi delle potenzialità che abbiamo, è un “perfezionamento della potenza”, per usare il linguaggio tomista. Esistono due tipi di potenze, quindi due tipi di virtù: la potenza dell’essere e la potenza a operare.

La prima riguarda la materia e indica il compiersi delle finalità, come per esempio la salute del corpo, e ciò accomuna uomini e animali.

La seconda è specifica dell’uomo che agisce in quanto uomo e riguarda la forma. La forma dell’uomo (notate l’uso di una terminologia prettamente aristotelica) è l’anima razionale: le virtù realizzano la potenza al libero agire, sono gli abiti operativi buoni che caratterizzano ognuno di noi.

Bisogna precisare, però, che Tommaso non vuole squalificare la nostra parte fisica, anzi, afferma che l’esercizio delle virtù coinvolge l’uomo nella sua interezza.







Seconda Lezione



Per fare del bene è più importante l’intelligenza o la volontà?

Unità didattica di filosofia medievale

Le virtù della conoscenza in Tommaso D'Aquino









Daniele Ravasi

Gedeone Martini

Mariagrazia Girolimetto



mi sembra che la domanda sia caratterizzata da due condizioni di base:
la fede e, la stessa, riposta verso una dottrina, in questo caso il cattolicesimo.
poste queste due condizioni come pregiudiziali c'è la domanda, cui ho cercato di dare una risposta indiretta, inserendo un riferimento trovato in un sito internet che mi sembra pregevole, perchè forse potrebbe sintetizzare sia la domanda esplicita, che la risposta già ricevuta.
io penso che quando si parli di gnoseologia si parla di una conoscenza ed esperienza non limitata alla rappresentazione e esistenza di un'idea, ma della sua tendenziale attuazione reale nell' evento umano. Se ciò non accade e, per millenni, si torna sempre a degli insoluti, ove solo la fede in un dogma possa risolverli, secondo me, non si può parlare nè di gnosi, nè di gnoseologia. Ritengo quindi che nel rispetto della esistenza umana, il contributo del pensiero e quindi della conoscenza gnoseologica di esso, sia fondamentale se esso si rifletta nel proprio intimo in modo tale da poterci far intraprendere un percorso dal quale, però, non si torna indietro perchè rappresenta una vera e propria mutazione esistenziale. Dopo di che il nostro passato e qualunque espressione del pensiero sia rimasta solo teorica potrebbe essere interpretata e più giustamente inserità nella realtà umana e non solo nel desiderio di una realtà.

2007-03-15 22:45:38 · answer #1 · answered by rockpopmetal 3 · 0 0

Questa spiegazione dev'essere integrata con quella relativa alla rappresentazione di Dio nell'Ortodossia e nel Cattolicesimo agostiniano-tomista. È infatti importante correlare tra loro le due spiegazioni perché una richiama l'altra. Infatti nel Cristianesimo quando si parla di Dio si richiama necessariamente l'uomo e viceversa. Anche in questa spiegazione si fa un parallelo tra la prospettiva ortodossa patristica e quella cattolica agostiniano-tomista. Tale parallelo aiuta a cogliere le differenze e aiuta a capire perché nel mondo ortodosso si privilegia la spiritualità, l'ascesi e la vita mistica fino alla non curanza degli aspetti intellettuali mentre in quello occidentale cattolico si privilegia la speculazione e il pensiero teologico fino al deprezzamento della spiritualità e della mistica. La spiegazione non si addentra nei particolari per la sua stessa natura divulgativa ma riflette con fedeltà i dati fondamentali.

2007-03-15 13:56:01 · answer #2 · answered by ♥ღ♥MELISSA♥ღ♥ 5 · 0 0

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