Prima di rispondere a questa domanda, ci sono alcune questioni da mettere in chiaro. Molti scienziati hanno riscontrato che negli organismi viventi, nel corso del tempo e con il susseguirsi delle generazioni, avvengono lievi variazioni. Charles Darwin chiamò questo fenomeno “discendenza con modificazioni”. Tali variazioni sono diventate oggetto di osservazione diretta nonché di riscontro mediante esperimenti, e sono state impiegate ingegnosamente nella selezione di piante e animali. Si può affermare che si tratta di fatti. Tuttavia gli scienziati definiscono questo insieme di processi “microevoluzione”. Il termine stesso presuppone che, come asseriscono molti di loro, tali lievi variazioni costituiscano la prova di un processo totalmente diverso, che nessuno ha mai potuto osservare, definito macroevoluzione.
Darwin, partendo da questi cambiamenti osservabili, si spinse molto più in là. Nel suo noto libro, L’origine delle specie, scrisse: “Concepisco tutti gli esseri non come creazioni speciali, bensì come discendenti diretti di alcuni, poco numerosi, esseri”. Darwin sosteneva che nel corso di lunghi intervalli di tempo questi ‘esseri poco numerosi’, le cosiddette forme di vita semplici, si fossero lentamente evolute nei milioni di diverse forme di vita esistenti sulla terra per mezzo di “modificazioni estremamente leggere”. Secondo gli evoluzionisti questi piccoli cambiamenti si sarebbero sommati e avrebbero prodotto i grandi cambiamenti necessari perché i pesci si evolvessero in anfibi e le scimmie in esseri umani. Questo processo ipotetico che comporta grandi cambiamenti è detto macroevoluzione. Molti lo considerano plausibile. Fanno questo ragionamento: ‘Se all’interno di una specie possono avvenire piccoli cambiamenti, perché l’evoluzione non potrebbe produrre grandi cambiamenti in lunghi periodi di tempo?’
La teoria della macroevoluzione poggia su tre presupposti principali:
1. Le mutazioni provvedono la materia prima necessaria alla formazione di nuove specie.
2. La selezione naturale porta alla formazione di nuove specie.
3. Le testimonianze fossili documentano cambiamenti macroevolutivi in piante e animali.
Le prove a sostegno della macroevoluzione sono tali da poterla considerare un fatto?
Le mutazioni possono produrre nuove specie?
Molte caratteristiche di una pianta o di un animale sono determinate dalle informazioni contenute nel suo patrimonio genetico, il codice racchiuso nel nucleo di ogni cellula. I ricercatori hanno scoperto che le mutazioni, o variazioni casuali, del codice genetico possono provocare cambiamenti ereditari nelle piante e negli animali. Nel 1946 Hermann J. Muller, premio Nobel e pioniere dello studio delle mutazioni genetiche, affermò: “La somma delle numerose variazioni, rare e di solito lievi, non solo è il mezzo principale con cui si inducono miglioramenti nelle piante e negli animali, ma, cosa ancora più importante, è il modo in cui è avvenuta l’evoluzione naturale, sotto la guida della selezione naturale”.
Quindi la teoria della macroevoluzione poggia sul presupposto che le mutazioni possano produrre non solo nuove specie, ma intere famiglie di organismi vegetali e animali. Questa asserzione è dimostrabile? Vediamo cosa hanno rivelato circa cento anni di ricerche nel campo della genetica.
Alla fine degli anni ’30 del secolo scorso gli scienziati conclusero che se la selezione naturale poteva produrre nuove specie di piante da mutazioni casuali, la selezione artificiale delle mutazioni avrebbe potuto farlo in modo ancor più efficace. “L’entusiasmo contagiò i biologi in generale, ma soprattutto i genetisti e gli esperti di tecniche di selezione”, ha detto il ricercatore Wolf-Ekkehard Lönnig, che lavora in Germania presso l’Istituto Max Planck per la Ricerca sul Miglioramento Genetico delle Piante Coltivate. Perché un tale entusiasmo? Lönnig, che da circa 28 anni studia le mutazioni genetiche nelle piante, afferma: “Quei ricercatori pensarono fosse venuto il momento di rivoluzionare i metodi tradizionali con cui si selezionavano piante e animali. Ritenevano che inducendo e selezionando mutazioni vantaggiose si potessero generare organismi vegetali e animali migliori”.
Scienziati di Stati Uniti, Asia ed Europa avviarono programmi di ricerca ben finanziati, usando metodi volti ad accelerare i tempi dell’evoluzione. Dopo oltre 40 anni di intensa ricerca quali sono stati i risultati? “Nonostante gli ingenti capitali investiti”, afferma il ricercatore Peter von Sengbusch, “il tentativo di ottenere varietà sempre più produttive tramite irradiazione si è dimostrato in linea generale un fallimento”. Lönnig dice: “Intorno agli anni ’80 le speranze e l’entusiasmo dei ricercatori naufragarono in un insuccesso globale. Nei paesi occidentali la selezione artificiale mediante induzione di mutazioni (mutation breeding) come ramo di ricerca a sé stante fu abbandonata. Quasi tutti gli organismi modificati riportavano ‘caratteri di selezione indesiderati’, cioè morivano o erano più deboli delle varietà presenti in natura”.
I dati raccolti dopo circa cento anni di ricerca nel campo delle mutazioni in generale e settanta anni di selezione artificiale mediante induzione di mutazioni permettono agli scienziati di tirare le somme riguardo alla possibilità che le mutazioni producano nuove specie. Dopo aver preso in esame le prove, Lönnig ha concluso: “Le mutazioni non possono trasformare una specie [vegetale o animale] in una interamente nuova. Tale conclusione concorda con tutti gli esperimenti e le ricerche effettuate sulle mutazioni nel XX secolo, oltre che con il calcolo delle probabilità. Quindi la legge della variazione ricorrente indica che le specie geneticamente distinte hanno barriere ben precise che non possono essere eliminate o superate da alcuna mutazione casuale”.
Pensate a ciò che comporta quanto detto sopra. Se esperti ricercatori non sono in grado di produrre nuove specie inducendo delle mutazioni e selezionando quelle desiderabili, è plausibile che un processo casuale faccia di meglio? Se le ricerche mostrano che le mutazioni non possono trasformare una specie in una interamente nuova, allora come sarebbe avvenuta la macroevoluzione?
La selezione naturale porta alla formazione di nuove specie?
Darwin riteneva che il fenomeno da lui definito selezione naturale favorisse le forme di vita più adatte all’ambiente, con la conseguente estinzione di quelle meno adatte. Oggi gli evoluzionisti sostengono che, con la diffusione e l’isolamento delle specie, la selezione naturale abbia favorito quelle che erano divenute più adatte a vivere nel nuovo ambiente in seguito a mutazioni genetiche. Di conseguenza ipotizzano che questi gruppi isolati si siano infine evoluti in specie totalmente nuove.
Come già detto, quanto dimostrato dalle ricerche indica chiaramente che le mutazioni non possono produrre specie vegetali o animali completamente nuove. Ma quali prove adducono gli evoluzionisti per dimostrare l’asserzione secondo cui la selezione naturale privilegerebbe le mutazioni desiderabili per produrre nuove specie? Un opuscolo pubblicato nel 1999 dall’Accademia Nazionale americana delle Scienze afferma: “Un esempio di speciazione [formazione di nuove specie] particolarmente interessante riguarda le 13 specie di fringuelli studiati da Darwin alle Galápagos, ora noti come fringuelli di Darwin”.
Negli anni ’70 del secolo scorso un gruppo di ricercatori guidati da Peter e Rosemary Grant si mise a studiare quei fringuelli e scoprì che dopo un anno di siccità quelli con il becco leggermente più grande erano sopravvissuti meglio degli altri. Dato che la classificazione delle 13 specie di fringuelli è determinata principalmente dalle dimensioni e dalla forma del becco, tali scoperte furono ritenute significative. L’opuscolo continua: “I Grant calcolarono che, se sull’isola si fosse verificato un periodo di siccità una volta ogni 10 anni, in soli 200 anni circa avrebbe potuto comparire una nuova specie di fringuelli”.
L’opuscolo summenzionato, tuttavia, non riporta alcuni fatti significativi ma scomodi. Negli anni successivi al periodo di siccità la popolazione di fringuelli col becco più piccolo era di nuovo dominante. Nel 1987 Peter Grant e il dottorando Lisle Gibbs scrissero sul periodico scientifico Nature che avevano osservato “un’inversione di tendenza nella selezione”. Nel 1991 Grant scrisse che “la popolazione soggetta alla selezione naturale subisce oscillazioni” ogni volta che cambiano le condizioni climatiche. I ricercatori notarono anche che “specie” diverse di fringuelli si incrociavano dando vita a una progenie le cui probabilità di sopravvivenza erano più elevate di quelle delle specie dei genitori. Peter e Rosemary Grant conclusero che, se gli incroci fossero continuati, le due “specie” avrebbero potuto fondersi in una sola entro 200 anni.
Nel 1966 George Christopher Williams, biologo evoluzionista, aveva scritto: “Peccato che la teoria della selezione naturale sia stata inizialmente formulata per spiegare i cambiamenti evolutivi. È molto più efficace per spiegare la conservazione dei cambiamenti dovuti all’adattamento”. Nel 1999 l’evoluzionista Jeffrey Schwartz scrisse che, se le conclusioni di Williams sono corrette, la selezione naturale aiuterebbe le specie ad adattarsi ai cambiamenti delle condizioni ambientali, ma “senza dare origine a nulla di nuovo”.
In effetti i fringuelli di Darwin non stanno diventando “nulla di nuovo”. Sono sempre fringuelli. E il fatto che si incrocino tra di loro mette in dubbio i criteri che gli evoluzionisti usano per definire le specie. Inoltre mostra che persino prestigiose accademie scientifiche possono mancare di obiettività nel riportare i fatti.
La documentazione fossile registra cambiamenti macroevolutivi?
L’opuscolo dell’Accademia Nazionale americana delle Scienze lascia intendere che i fossili rinvenuti dagli scienziati comprovino la macroevoluzione in maniera più che soddisfacente. Dichiara: “Sono state scoperte così tante forme di vita intermedie tra pesci e anfibi, tra anfibi e rettili, tra rettili e mammiferi e nell’albero genealogico dei primati che spesso è difficile determinare con certezza quando è avvenuta la transizione tra una specie e l’altra”.
Questa audace dichiarazione lascia perplessi. Perché? National Geographic del novembre 2004 descrive la documentazione fossile come “un film sull’evoluzione da cui siano stati tagliati 999 fotogrammi su 1000”. I “fotogrammi” rimanenti provano davvero il processo della macroevoluzione? Cosa rivela in realtà la documentazione fossile? Niles Eldredge, evoluzionista convinto, ammette che secondo le testimonianze fossili per lunghi periodi di tempo “in molte specie si sono verificati pochissimi cambiamenti evolutivi se non nessuno”.
Finora scienziati di tutto il mondo hanno rinvenuto e catalogato circa 200 milioni di grandi fossili e miliardi di microfossili. Molti ricercatori concordano nel dire che stando a tale documentazione vasta e dettagliata tutti i principali gruppi di animali sono comparsi all’improvviso e sono rimasti sostanzialmente invariati, e molte specie sono scomparse in maniera altrettanto improvvisa. Dopo aver riesaminato le prove fossili, il biologo Jonathan Wells ha scritto: “Ovviamente a livello di regni, phylum e classi la discendenza con modificazioni da antenati comuni non è un fatto dimostrato. A giudicare dai fossili e dalle prove molecolari non è nemmeno una teoria ben suffragata”.
Evoluzione: fatto o fantasia?
Perché molti eminenti evoluzionisti insistono nel presentare la macroevoluzione come un fatto? Dopo aver criticato alcune argomentazioni di Richard Dawkins, il noto evoluzionista Richard Lewontin scrisse che molti scienziati sono propensi ad accettare affermazioni scientifiche che vanno contro il buon senso perché sono “in primo luogo devoti alla causa del materialismo”. Molti scienziati rifiutano anche solo di prendere in considerazione l’idea che esista un Progettista perché, come scrisse Lewontin, “non possiamo permetterci di aprire la porta a Dio”.
A questo riguardo il sociologo Rodney Stark dice: “Per 200 anni è stata propagandata l’idea che una persona dalla mente scientifica dev’essere libera dalle catene della religione”. Fa anche notare che negli ambienti accademici “i credenti tengono la bocca chiusa”, mentre “i non credenti dettano legge”. Secondo Stark “chi non è credente viene in qualche modo favorito nelle alte sfere” della comunità scientifica. — Scientific American.
Prendere per buona la teoria della macroevoluzione significa credere che scienziati agnostici o atei non si lascino influenzare dalle loro convinzioni personali nell’interpretazione delle scoperte scientifiche. Significa credere che le mutazioni e la selezione naturale abbiano prodotto tutte le complesse forme di vita, sebbene un secolo di ricerche volte allo studio di miliardi di mutazioni mostri che queste non hanno mai trasformato una specie propriamente detta in una completamente nuova. Significa credere che tutte le creature si siano gradualmente evolute da un antenato comune, benché la documentazione fossile indichi chiaramente che le principali categorie vegetali e animali sono comparse all’improvviso e non si sono evolute in altre categorie, nemmeno nel corso di miliardi di anni. Vi pare che questo significhi basarsi sui fatti o affidarsi alla fantasia?
2007-03-07 09:31:33
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answer #1
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answered by Out 5
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Nessuno mai e poi mai può permettersi di dubitare della teoria dell' evoluzionismo di Darwin.
Tantomeno gli pseudo intellettualoidi religiosi che vogliono addirittura eliminare l' insegnamento delle teorie di Darwin dalle scuole.
Pensa che qualche anno fa l' ex ministro dell' istruzione Moratti su ordine del clero vaticano stava per attuare questo delitto.
2007-03-07 09:36:51
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answer #2
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answered by Anonymous
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se intendevi Darwin si... altrimenti...
2007-03-07 09:27:35
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answer #3
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answered by marta 4
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potresti benissimo confrontare la storia degli ultimi 2000 anni per vedere l'evoluzione umana, si sono fatte moltissime scoperte, lo sviluppo ha anche avuto una forte impennata nell'ultimo secolo, eppure, l'uomo continua a commettere sempre gli stessi errori, quindi in realtà l'uomo non si evolve, si evolve a sua immagine solo l'ambiente in cui vive, ma lui è sempre lo stesso.
2007-03-07 11:05:33
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answer #4
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answered by Anonymous
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L'evoluzione è un fatto accertato e solo pochi non lo riconoscono... quei pochi che preferiscono continuare a credere nel creazionismo a causa delle loro convinzioni bibliche...
2007-03-07 09:41:23
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answer #5
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answered by Heart of Darkness 6
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no, e' una teoria, molto buona, che e' stata rivoluzionaria al punto da coinvolgere la totalita' del pensiero scientifico
come tutte le teorie e' in continua evoluzione (ahah ho fatto il gioco di parole) la scienza, d'altronde, non ha bisogno di dogmi, per quelli c'e' la religione
giuseppe, la prossima volta basta che metti il link, o sei pagato a cartelle?
2007-03-07 09:31:41
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answer #6
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answered by Anonymous
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a proposito di evoluzione , ti consiglio un libro che puoi scaricare gratis da internet:
http://www.med-bz.it/ext/genesi.html
2007-03-11 07:22:00
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answer #7
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answered by maryann 6
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se si chiama teoria e non scienza dell'evoluzione ci sarà un motivo no?
Quando lo proveranno darò loro ragione, ma per ora essere la discendenza di un pesce mi lascia dubbiosa
2007-03-07 11:03:17
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answer #8
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answered by Anonymous
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Sì, è una certezza.
E il fatto che si chiami teoria? anche la gravitazione universale lo è. Ma non per questo ci buttiamo da un terrazzo. O, nel lanciare un razzo nello spazio, ne prescindiamo.
Guarda che solo qualche rozzo americano e pochi altri, per fanatismo religioso, non credono che sia avvenuta l'evoluzione.
Anche nel dibattito in USA sul "disegno intelligente" non si nega che l'evoluzione sia avvenuta. Se ne discutono i meccanismi.
2007-03-07 20:13:41
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answer #9
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answered by ? 7
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Come la Teoria Evolutiva spiega i FATTI della vita sulla terra
Charles Darwin non concepi’ la teoria evolutiva perche’ aveva una vivida immaginazione. Come tutti gli scienziati, le sue scoperte si posano sulle spalle di quegli illustri e coraggiosi personaggi che vennero prima di lui e che, come lui, amarono la scoperta della verita’ e non si lasciarono intimidire dalle idee superstiziose del loro tempo.
Il primo evento che lancio’ la storia della paleontologia avvenne un bel giorno del 1666 quando dei pescatori presero uno squalo gigante al largo della costa di Livorno. Il duca ordino’ di fare esaminare lo scualo da Niels Stensen, un anatomista danese conosciuto come Steno che lavorava a Firenze. Steno per primo riconobbe i denti dello scualo come identici alle pietruzze triangolari che tutti potevano trovare in abbondanza sulle spiagge toscane. Nel 1666 presumere che materia vivente potesse trasformarsi in pietra era oltre l’immaginabile, e poi trovarla incastonata nella roccia ben al di sopra del livello del mare era ancor mai strabigliante. Questo evento rivoluziono’ il concetto popolare che i fossili erano caduti misteriosamente dal cielo, o erano anomalie della natura.
Per quasi due secoli dopo Steno, i geologi ebbero difficolta’ nel ricostruire l’ordine naturale degli strati rocciosi semplicemente guardando il terreno. William Smith, verso il 1800, nei sui lavori di rilievi degli scavi dei canali in Inghilterra noto’ che esisteva sempre una stessa sequenza nella distribuzione dei fossili che venivano recuperati durante gli scavi. Le scoperte di Smith, di Cuvier, Brongniart, Sedgwick suggerirono che in qualche modo, all’inizio di ogni nuovo strato, nuove forme di vita vennero ad esistere, e che le prime erano sempre piu’ semplici delle susseguenti, e che le susseguenti erano modifiche anatomiche delle prime. Questa sequenza permise a questi scienziati di creare la prima mappa geologica che organizzava la storia della vita sulla terra in una serie di capitoli, dal periodo Cambriano degli stranissimi invertebrati ai dinosauri del Giurassico ed ai mammiferi negli strati piu’ recenti. Darwin riconobbe per primo che i fossili ci mostrano l’evoluzione e l’estinzione delle forme di vita durante un lungo periodo di tempo.
Un altro problema da risolvere era quello dell’eredita’. Com’e’ che i bambini finiscono con avere somiglianza, ma non uguaglianza, ai genitori? Darwin era affascinato e innervosito dal non essere capace di risolvere questo mistero, perche’ aveva capito che l’eredita’ era al centro del processo evolutivo.
Senza scambiarsi idee, ironicamente, mentre Darwin pubblicava “L’Origine delle Speci” Gregor Mendel scopriva il processo biologico dell’eredita.’ I suoi esperimenti intorno al 1850 dimostrarono come nelle specie di piselli i caratteri dominanti e recessivi funzionano per ottenere specie distinte di piante o formare ibridi e come questi caratteri passano da una generazione alla prossima.
Dopo la pubblicazione dell’ Origine, la teoria che le specii discendono da antenati comuni venne accettata dalla comunita’ scientifica, ma l’idea della selezione naturale ebbe difficolta’ ad essere compresa nella sua interezza. Anche gli scienziati che si ritenevano darwinisti preferivano infatti seguire le spiegazioni di Lamark che si basavano su speculazioni. Lamark credeva che l’evoluzione era guidata da regole predeterminate, come quelle dell’embrione. La vita, insomma, lotta sempre per evolversi da forme di cellule semplici a quelle piu’ complesse, allo stesso modo di come succede nello sviluppo di un embrione. Ci vollero le due scoperte grandiose dei geni e delle mutazioni nel venetsimo secolo per mettere la selezione naturale della teoria darwiniana non gia’ come una spiegazione scientifica, ma come una spiegazione scientifica inevitabile e confermata.
Quando Darwin pubblico’ il primo libro “Origine delle Speci” scelse di non parlare dell’evoluzione umana. Alfred Wallace gli chiese in una lettera nel 1857 se l’origine dell’umanita’ facesse parte del suo trattato, ma Darwin rispose, “Penso che sia meglio evitare per ora questo argomento, poiche’, anche se io ne sono interessato moltissimo, bisogna fare i conti con i pregiudizi sociali.” Bisogno’ aspettare fino al 1871 per metter insieme la raccolta limitata di fossili umani per delineare la storia dell’origine umana. Darwin lo fa questo nel suo libro “La discesa dell’uomo e la selezione in relazione al sesso.” A questo punto, Alfred Wallace si scandalizza dell’idea che Darwin espone nel suo libro e prende una posizione diversa. Darwin dice che l’uomo ha un comune discendente con altri primati e che la selezione sessuale (la preferenza di scelta di accoppiamento) ha influenzato profondamente la diversita’ nelle razze umane; Wallace pensa invece che il cervello umano era di superiroita’ maggiore a tutti i primati e che quindi era fondamentalmente diverso e proveniente da fonti divine.
Entro il 1886 piu’ fossili umani, piu’ completi, inclusi quelli del Neandertal furono catalogati. Ma quando fossili di crani appartenenti a scimmie erette di Java e di altre parti dell’Asia furono trovati si aggiunsero gli ominidi tra cui Homo erectus. Il ventesimo secolo indico’ che l’origine dell’umanita’ era l’Africa, proprio come Darwin aveva predetto nel suo libro. Inoltre, l’evoluzione ominide avvenne in rami fitti di diverse specii che sono coesistite per centinaia di migliaia di anni ad eccezione degli ultimi 30,000 anni. Questa conoscenza ottenuta con l’evidenza dei fossili si appaio’ poi alle comparazioni fatte del DNA umano e degli altri primati che dimostrano al di sopra di ogni dubbio quello che i fossili hanno dimostrato da soli: la storia dell’evoluzione umana.
Si deve arrivare al 1953 per scoprire la struttura molecolare dei geni del DNA e solo piu’ tardi gli scienziati scoprono come il codice del DNA e’ usato dalle cellule per creare le proteine. Il paradosso che tormento’ gli scienziati per anni si dissipo’ quando si scopri che i geni non sono di due versioni semplici, le mutazioni possono creare molte versioni differenti dello stesso gene (conosciute come alleli). Mentre una mutazione singola puo’ a volte creare un cambiamento drastico di un organismo, la maggior parte delle mutazioni non possono. Questo perche le caratteristiche di un organismo sono spesso il frutto della combinazione di diversi geni che cooperano.
70 anni dopo la pubblicazione dell’Origine, sembro’ che l’ombra di Lamarck dovette continuare ad annebbiare per sempre la teoria di Darwin nel suo punto centrale. Diversi biologi continuarono a pensare che ci deve essere qualcosa d’interno a dirigere le variazioni di salti tra un allele ed un altro, e non graduali cambiamenti per selezione naturale. Ma negli anni intorno al 1920 i geneticisti come Ronald Fischer, JBS Haldane e Sewall Wright mostrarono come la selezione naturale poteva operare in un mondo Mendellianio. Anche un lieve favoreggiamento puo’ potenziare un allele a propagarsi rapidamente in un gruppo di piante o animali e spingere altre forme all’estinzione. L’evoluzione, dunque, avviene per piccole mutazioni, poiche’ mutazioni grandi quasi sempre sono dannose.
La genetica mostro’ che la selezione naturale poteva produrre cambiamenti evolutivi senza l’aiuto di forze Lamarckiane immaginarie. Infatti, gli esperimenti genetici hanno permesso di decifrare i codici di certe malattie ereditarie, come l’anemia sickle-cell, per esempio, che e’ causata quando i bambini ereditano due copie difettive di un gene quando viene prodotta l’emoglobina. Tuttavia, una copia unica di questo allele puo’ dare protezione contro la malaria. La selezione naturale, quindi, si bilancia tra lo svantaggio riproduttivo di nascere con due copie del allele e il vantaggio di averne una. Queste malattie genetiche sono infatti il prodotto agonizzante della selezione naturale che agisce sui nostri antenati.
Ronald Fischer e i suoi colleghi comprovarono il concetto di selezione naturale di Darwin con una nuova fondazione genetica. Quello che doveva essere fatto ora era il problema di spiegare il linguaggio dei geni.
Le ricerche di Dobzhansky e di Mayer spiegano l’origine delle speci per mezzo della genetica. Negli anni che seguirono, le scoperte di Francis Cirick e James Watson nel campo genetico hanno fatto del DNA la lingua dell’evoluzione. La ricetta per la produzione delle diverse speci della vita si trova nella catena del doppio helix che si apre quando una cellula si divide ed il DNA si replica. Prima della scoperta del DNA, gli scienziati potevano scoprire soltanto l’albero evolutivo della vita facendo una comparazione trai corpi e le cellule delle differenti speci. Adesso possono fare coparazioni del codice genetico e lavorare all’indietro fino alle radici piu’ profonde della vita che risalgono a miliardi di anni.
La Moderna Sintesi della teoria dell’evoluzione della vita stabilisce quello che Darwin aveva scoperto, che la selezione naturale agendo su mutazioni puo’ generare nuove speci. Ma le scoperte moderne hanno perfezionato e confermato la teoria evolutiva ancora di piu’. Lynn Margulis, per esempio, negli anni sessanta, mostro’ che era possibile che un evento fondamentale nella storia dell’organizzazione evolutiva fu il mergere di due o piu’ lineaggi di organismi attraverso la simbiosi cellulare che spiega l’origine della complesita’ di molte forme di vita. Le alghe, per esempio, hanno ingerito simbioticamente dei batteri per formare nuove colonie di cellule diversificate mostrando che l’evoluzione avviene in modi assai piu’ flessibili di quanto non si abbia mai pensato.
Il punto finale della validita’ della teoria evolutiva viene ancorpiu’ provato dai risultati della sequenza dei geni e la mappa del genome umano e degli animali. Quest’ultimo progresso scientifico ci da’ la possibilita’ di capire lo sviluppo della vita con precisione in quanto, anche se non avessimo i fossili come evidenza, la classificazione degli organismi in sequenza evolutiva e’ ancora piu’ ovvia quando si prende in considerazione la vicinanza o distanza genetica tra un organismo ed un altro e il loro antenato comune.
2007-03-07 18:53:31
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answer #10
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answered by DrEvol 7
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Non ti senti un chiaro esempio di evoluzione????????????
2007-03-07 10:25:53
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answer #11
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answered by Anonymous
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