Un bambino sogna esattamente come un adulto, le ragioni e i meccanismi del sogno sono identici, anzi un bambino sogna più di un adulto perché non ha il controllo del super io che limita il sogno nell'adulto e lo consente solo quando le contraddizioni superano quel controllo allora deve sognare per risolvere, per sciogliere i nodi emotivi ed emozionali che le contraddizioni, interne alle esperienze concrete, determinano. Si sogna perché l'inconscio ha bisogno di sintonizzarsi con la coscienza e allora simboleggia, visualizza i simboli e traduce in immagini quei simboli. Quando si sogna, tutto ciò che si sogna siamo sempre noi stessi è sempre il nostro, esclusivo modo di vivere emotivamente emozionalmente e razionalmente la realtà e l'esperienza concreta quotidiana. Un bambino elabora in immagini, in sogno quelle esperienze, emotive, emozionali e razionali ed è capace di continuare a sognare anche da sveglio di continuare a immaginare il sogno così come può continuare a sognare da sveglio che, in tal caso, è parte di un processo consocitivo che, anche se non reale, anche se solo immaginata, è sempre esperienza concreta. Comunque lo scopo, la funzione del sogno è identica così come identico è il bisogno di sognare.
2007-02-17 20:04:13
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answer #1
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answered by Anonymous
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Piaget studiando le credenze infantili sul fenomeno del sogno individua tre stadi di comprensione e spiegazione, nel primo (5/6 anni) il sogno è considerato un dato esterno ed oggettivo: è un’immagine o una voce che viene a collocarsi, dal di fuori, davanti ai nostri occhi. “ Quest’immagine non è vera, nel senso che non rappresenta fatti reali, ma esiste obbiettivamente in quanto immagine: è esterna al fanciullo e non ha nulla dell’oggetto mentale.” 1
Prima di questa età il ricordo del sogno non è completamente distinto dai ricordi di veglia e, benché il bambino sia capace semanticamente di attuare una distinzione, dà ad entrambi uno statuto di realtà avvenuta.
È ancora valido questo nel 2000?
Un bambino di tre anni e mezzo, spaventato dal cattivo di turno di un cartone animato chiede: “Cornelius, è vero che non esiste?” Rassicurato dai genitori replica: “Certo perché esiste (nel senso: vive) solo lì dentro”, indicando la videocassetta. Cornelius esiste, è reale, per il bambino, è solo confinato in un luogo. Lo stesso bambino, qualche tempo dopo, piange per un incubo, il padre lo rassicura dicendo che le tigri che ha sognato non esistono; il bambino replica “Si, però loro mi parlano!”. Sembra fare una distinzione tra i personaggi che “non esistono” della videocassetta e i personaggi dell’incubo. Lo statuto di non realtà (ma abbiamo visto cosa significa questa non esistenza) viene dato a quelle realtà su cui si può incidere (la televisione si può spegnere); ma le tigri continuano a “parlargli” (cioè a manifestarsi), anche se lui non vuole: è una realtà diversa, l’evidenza percettiva prevale sulle spiegazioni e le rassicurazioni dell’adulto e il bimbo considera l’evento reale.
Nel 1992 seguii le tesi di laurea di Anna Astesana e Valeria Marchisio riguardanti una ricerca sperimentale sui sogni in età evolutiva. 2 Benchè datata, i risultati della ricerca hanno ancora un loro intesse. Il lavoro si basa sulla raccolta sistematica delle serie oniriche (per la durata di un anno scolastico) di bambini dai 5/6 anni (ultima classe della scuola materna) ai 10/11 anni (quinta elementare) per un totale di 74 bambini.
Prima della raccolta settimanale dei sogni è stata attuata un’intervista semistrutturata volta ad indagare la comprensione cognitiva del fenomeno sogno nelle varie fasce di età.
Da questa emerge come per i piccoli della scuola materna sia difficile la distinzione tra sogno e realtà. In prima elementare il sogno comincia ad essere considerato un fenomeno di origine interna, ma continua a mantenere alcune caratteristiche di naturalità, è un’immagine ma è un’immagine tangibile, con caratteristiche ancora esterne (come un film od una fotografia): il sogno è di origine interna ma si svolge all’esterno. Solo in terza elementare cominciano a comparire risposte relative al terzo stadio ipotizzato da Piaget: il sogno è interno e di origine interna. Solo in quinta però emerge il concetto di casualità dei sogni contrapposto alla credenza del sogno inviato come punizione o premio, credenza espressa dai bambini più piccoli.
Che tipo di sogni fanno i bambini?
Sono stati raccolti, in totale, 692 sogni, differenziati secondo il tono emotivo dominante. Il primo dato significativo riguarda la percentuale dei sogni a contenuto penoso: i sogni di angoscia e di paura sono il 45%. Se poi consideriamo i dati secondo le fasce di età si riscontra che la percentuale sale al 53% sia nei bimbi di 5/6 anni che nei ragazzini di 10/11 anni.
I sogni sono stati elaborati e catalogati con lo strumento dell’analisi strutturale, l’ipotesi era che tutti i sogni raccontati da un soggetto formassero una serie onirica, costituissero cioè un insieme di tentativi di elaborazione, preconscia ed inconscia, di un conflitto psichico o di una fantasia.
L’analisi delle serie oniriche ha fornito dati interessanti riguardo le situazioni emotive interne relative alle varie fasce d’età, in particolare rispetto alle due estreme (5/6 anni e 10/11 anni), dati che paiono confermare sperimentalmente quanto è stato ipotizzato rispetto al conflitto edipico ed al suo risorgere in fase puberale.
Nella prima fascia d’età il tono emotivo predominante e l’angoscia e/o l’aggressività. L’angoscia è raffigurata, in genere, dall’essere coinvolti in situazioni pericolose o nel trovarsi di fronte a soggetti pericolosi (ladri, mostri, fantasmi, animali feroci). Alcuni bambini reagiscono con atti violenti (azioni quali punire, distruggere, uccidere, picchiare). I sogni di aggressività agita sono il 18%, percentuale molto più alta rispetto alle altre fasce d’età. I sogni di aggressività agita diminuiscono bruscamente in latenza, bisogna arrivare ai 10/11 anni perché la percentuale si elevi non raggiungendo però il dato dei piccoli.
Tipici sono i sogni in cui uno dei genitori è in pericolo, sogni d’angoscia che celano l’agire di impulsi aggressivi edipici. Molti sogni lasciano trasparire situazioni chiaramente aggressive nei confronti di fratelli o sorelle minori. La situazione tipo è la seguente: vedere il proprio fratello in pericolo, intervenire in suo aiuto per salvarlo e punire i colpevoli. Questi sogni sembrano mettere in scena il conflitto vissuto dal bambino tra il desiderio di far sparire il rivale ed il senso di colpa per l’impulso aggressivo, senso di colpa che è all’origine dell’azione compensatrice.
Nelle bambine il sentimento di rivalità verso il fratello è spesso sostituito dal desiderio di “impossessarsi” di lui, sostituendosi alla madre.
In molti sogni compare il tema dell’intrusione (ladri, fantasmi, streghe che entrano in casa), sogni penosi nei quali il desiderio di intrudere viene proiettato all’esterno su un oggetto che ha caratteristiche persecutorie.
Anche nei ragazzini di 10/11 anni la maggioranza dei sogni è a carattere penoso (53%).
Uno dei temi ricorrenti è quello della trasformazione: tentativo di elaborazione delle trasformazioni psichiche e somatiche che, a questa età, cominciano a manifestarsi, soprattutto nelle ragazze.
Frequentemente ritornano situazioni come: trovarsi in luoghi sconosciuti o paurosi, manipolare oggetti anormali, indossare maschere, assistere a trasformazioni. Il tema della stranezza (trovarsi in posti strani, assistere a scene curiose o a cose bizzarre) sembra essere un tentativo visualizzare all’esterno le sensazioni perturbanti di un cambiamento interno.
Nei sogni si assiste anche al recupero e alla messa in scena di primitive fantasie infantile riguardanti la sessualità (sogni che, a livello simbolico, mettono in scena parti orali od anali).
Nelle bambine compaiono sogni in cui vengono assalite da animaletti fastidiosi che pizzicano e pungono, trasformazione ansiosa dello stesso desiderio, colpito dal divieto super-egoico, agente nei sogni delle bimbe di 5 anni riguardanti l’impossessarsi del bebè della mamma: il fratellino.
La ricerca, come ho già detto, è datata, ma, che io sappia, attualmente le ricerche sul sogno, tranne quelle neuropsicologiche, sono considerate fuori moda, così come la modalità di ricerca di Piaget. Sempre più si cerca di catalogare i fenomeni segmentandoli, disinteressandosi, di fatto, della globalità dell’essere e dell’esperienza.
Il sogno è sempre più relegato nella stanza dello psicoanalista e anche lì spesso non è più considerato la “via regia per l’inconscio" 3
Ma se quasi il 50% dei sogni di bambini normali sono sogni angosciosi, è lecito ritornare a relegare il sogno ad un epifenomeno? Se è cosi, saremo buoni studiosi, discreti ricercatori ma avremo perso il nostro spirito epistemofilico.
IL SONNO DEL BAMBINO
La prima cosa da sapere è che, il sonno, come l'alimentazione, è uno dei grandi equilibri della vita. Sapersi addormentare quando si è stanchi, dormire a lungo se l'organismo ne ha bisogno, è la base di tutti gli equilibri. La seconda, ancora più importante della prima, è che in genere non si è a conoscenza delle nozioni essenziali sull'importanza, i ritmi, le particolarità del sonno dei neonati nei primi mesi di vita.
Fisiologia del sonno
Il sonno dell'adulto: la prima fase è di "sonno lento'; prima leggero, poi sempre più profondo, e dura da settanta a novanta minuti. Poi si entra nella fase di sonno REM, quello dei sogni (il tracciato encefalografico risulta molto simile a quello di un soggetto sveglio), si potrebbe quasi dire che il corpo, ad eccezione di qualche muscolo del viso e degli occhi, sia "scollegato" dal cervello.
La prima fase di sonno REM è breve (circa 12 minuti); poi c'è una fase di sonno "lento" (settanta/novanta minuti). Man mano che trascorre la notte, le fasi di sonno REM si allungano e il sonno "lento" diventa sempre meno profondo. Queste fasi si rinnovano ogni due ore.
A volte tra le due fasi c'è un breve risveglio di cui non ci si accorge nemmeno ma che rappresenta una "zona fragile" in quanto basta una leggera stimolazione per svegliarsi.
Il sonno REM è il 20/25% del totale.
Il risveglio arriva quasi sempre dopo una fase REM.
Il sonno del neonato è organizzato in modo diverso da quello dell'adulto. Abbiamo sempre cicli di sonno "lento" e sonno REM, che compaiono verso la trentesima settimana di vita fetale, quindi anche nei prematuri.
Nel neonato a termine il sonno "lento" è il 55%; quello REM il 45%.
Le fasi più profonde del sonno "lento" compaiono solo dopo i tre mesi. Almeno nel primo mese di vita questo ritmo è sia diurno che notturno; dorme dalle 16 alle 20 ore al giorno, per periodi che vanno dalle due alle quattro ore; si addormenta sempre in fase REM che dura dai 10 ai 30 minuti; puo' svegliarsi in un momento qualsiasi di una queste fasi.
Una caratteristica del sonno REM del neonato è il suo carattere agitato: è un sonno molto leggero intercalato da piccoli risvegli e riaddormentamenti immediati. L'errore piu'frequente è quello di confondere questi periodi agitati con periodi di veglia; prendere in braccio il bambino, parlargli o tentare di dargli da mangiare.
Questo impedisce al bambino di raggiungere la fase seguente di sonno calmo.
Se accade molto spesso nelle prime settimane, non si verifica il collegamento cerebrale dell'alternarsi dei cicli sonno "lento" sonno REM. E il bambino prende l'abitudine di svegliarsi dopo ogni fase di sonno REM. Ogni mezz'ara nei primi mesi, ogni 2 ore nel giro di un paio d'anni.
Avrà disimparato a dormire per una notte intera.
I ritmi compaiono dopo il primo mese di vita: il sonno è un po' più lungo di notte.
Funzione del sonno
Durante il sonno l'organismo rinnova i tessuti; il cervello rallenta la propria attività.
Nel bambino il sonno molto profondo si accompagna alla secrezione dell'ormone della crescita: STH (somatotropina).
Il sonno REM negli animali superiori e nell'uomo è la fase del sogno. Nel bambino il sogno sembra sia indispensabile alla maturazione cerebrale: una specie di "ginnastica" che permette l'organizzazione del sistema nervoso centrale. Si sviluppano i processi di memorizzazione, apprendimento; sembra che gran parte dei collegamenti neuronali si produca durante il sonno. Nello stato di veglia il bambino fa le "scoperte" necessarie alla sua evoluzione, quando sogna realizza i collegamenti cerebrali relativi.
E' evidente l'importanza del sonno nel bambino, e la tranquillità. Il bambino ha bisogno di tranquillità per costruire il suo cervello e riposarsi. Inoltre, ha le competenze per trovare da solo i propri ritmi di sonno/veglia, e sa quando ha fame.
La pazienza, dolcezza e fermezza della persona che se ne occupa, possono aiutarlo a organizzare il suo sonno nelle prime settimane di vita e, nel giro di qualche mese, i due ritmi fondamentali degli esseri umani: il sonno durante la notte e le alternanze stabili tra le fasi di sonno.
Disturbi del sonno
Possono presentarsi "disturbi del sonno" per:
-cause costituzionali (carattere del bambino, parto difficile..)
-cause organiche (dentizione, dolori di crescita agli arti inferiori, coliche; il massaggio è di aiuto in questi casi)
Le cause emotive più comuni dei risvegli notturni dei bambini tra i due e i cinque anni sono gli incubi. Possono dipendere da cambiamenti nella routine quotidiana, fantasie e violenze della televisione, tensioni all'interno della famiglia. "Disturbi" diurni si riflettono anche la notte. A volte il bambino ha paura di tornare a dormire perché teme possano arrivare altri incubi. Ovviamente cercheremo di ridurre al minimo le esperienze che possono turbare o spaventare il bambino, e riapparire nei sogni.
Bambino ospedalizzato. Se è possibile restiamo con lui la notte. Una brandina per riposare accanto va bene. Senz'altro guarirà più in fretta.
In generale, il creare e sottolineare un "rituale" per mettere a nanna il bambino è di grande aiuto nel rassicurarlo: fiabe, musica, tutto ciò che può contribuire a creare un senso di sicurezza. Le situazioni possono essere varie. E' sempre valido il principio di essere né drastici né arrendevoli ma disponibili.
2007-02-17 12:38:37
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answer #4
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answered by polveretrasparente 5
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