I migliori oggetti di arte povera sono i sandali dei frati del convento di San Benedict in Olanda. Là i frati zuzzurrelloni si rincorrono giocando a mosca e battendo rumorosamente i tacchi sul selciato del chiostro. Ogni tanto qualcuno perde la trebisonda scivola e si incrania dentro il pozzo centrale. Si dice che per penitenza i frati che riemergono vengono colpiti ripetutamente sulla tonsura dagli altri confratelli a ritmo di tamburo con gli zoccoli di legno. (cfr. www. artpovrolanda.ndr)
2007-02-06 07:10:24
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answer #1
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answered by ehitucucca 5
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Con il termine Arte Povera si definisce un movimento sviluppatosi in Italia nella seconda metà degli anni '60, con significativi punti di contatto con la Minimal Art, corrente prevalentemente americana, tendente alla semplificazione del linguaggio, all'impoverimento dell'alfabeto segnico, per un'arte puramente pragmatica nella quale prevalga il processo creativo piuttosto che il risultato finale e nella quale l'esperienza personale dell'artista si propaghi all'osservatore come coinvolgimento emotivo e partecipazione concettuale.
Alla ricerca delle fonti primigenie dell'ispirazione, degli archetipi elementari del linguaggio artistico, l'Arte Povera vuol essere semplice nei contenuti e nei materiali, usa elementi primari, terra, ferro, legno, gesso, tessuti, spesso di recupero, ricavandone opere di valore esplicitamente concettuale, talvolta deperibili, che durano lo spazio di un evento, attribuendo proprio alla fase di progettazione e realizzazione dell'opera il vero significato artistico, che non risiede più nell'oggetto prodotto: è facile riconoscere in tutto questo tracce di molteplici correnti di quegli anni, dalla Land Art all'Happening al Concettualismo, o radici del Dadaismo e della Pop Art, ma a differenza della Pop Art, l'Arte Povera ha una maggior austerità morale, vuole esprimere, nella nuda semplicità degli elementi compositivi, una posizione critica autentica, non ironica nè demistificatoria, ma consapevole e cosciente della caducità della vita e della vanità delle apparenze.
Teorico di questa tendenza è in Italia il critico Germano Celant organizzatore, nel '67 a Genova, della prima mostra storica di un gruppo di giovani artisti, fra i quali Alighiero Boetti, Luciano Fabro, Giulio Paolini e Jannis Kounellis, che segna la nascita ufficiale del movimento, il suo riconoscimento da parte della critica, la sua autorevolezza nel confronto con i paralleli movimenti internazionali.
Poco dopo, altri artisti si cimentano nell'Arte Povera, Gilberto Zorio, Giovanni Anselmo, Mario Merz, Michelangelo Pistoletto e Giuseppe Penone, tutti accomunati da un profondo desiderio di rinnovamento che passi attraverso la depurazione del linguaggio artistico e recuperi l'unico valore autentico di ogni evento creativo, il suo divenire, il suo generarsi, il concetto, l'idea, che vive nei materiali quotidiani, i più semplici e più umili, nobilitati dall'uso che l'artista saprà farne, secondo una scelta precisa che mette in relazione sia l'artista che lo spettatore con la parte più autentica e genuina della natura.
Eliminata ogni sovrastruttura intellettuale, prevale la ricerca sensoriale nella massima libertà del mezzo, come ci raccontano gli igloo di Merz, le mappe di Boetti, l’Italia alla rovescia di Fabro, le provocazioni di Pistoletto e Paolini, i materiali “poveri” di Kounellis: è un'arte in-progress, in rapporto dialettico con la realtà e con la tradizione, che per la prima volta evidenzia la presenza dell’arte contemporanea italiana a livello internazionale.
I singoli artisti del gruppo sono forse più interessanti del movimento in sè, per la molteplicità degli accenti e l'originalità dei linguaggi, fermo restando che tema centrale comune resta l'autenticità dell'emozione e l'autenticità della creazione in un'arte essenziale, ricondotta alle sue origini, di povertà integrale e radicale, in profonda simbiosi con l’energia primitiva della natura, dove "............ il mare è acqua, una stanza è un perimetro d’aria, il cotone è cotone, il mondo è un insieme impercepibile di nazioni, l’angolo è una convergenza di tre coordinate, il pavimento è una porzione di mattonelle, la vita è una serie di azioni"
2007-02-06 16:33:05
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answer #2
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answered by glamour802003 2
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L'arte povera è:
L'arte povera (o arte processuale) è un movimento sorto negli anni sessanta. L'intento di questa corrente è la valorizzazione dell'arte nella sua semplicità, lasciando in secondo piano l'oggetto o il processo creativo.
Esplode in tutto il mondo il fenomeno di un'arte realizzata attraverso l'uso di materiali primari, fortemente incentrata sull'esperienza personale dell'artista ma tendente anche a coinvolgere emotivamente e concettualmente lo spettatore.
In Italia la declinazione di questo particolare momento ha trovato la sua espressione più complessa negli artisti riuniti sotto la comune definizione di "Arte Povera": Giulio Paolini, Gilberto Zorio, Alighiero Boetti, Claudio Parmiggiani, Pierpaolo Calzolari, Gino De Dominicis rappresentano al meglio questa stagione, e in particolare il suo versante più esplicitamente concettuale : a parte il caso di Zorio (creatore di "macchine" energetiche dal forte impatto visivo e sensoriale), infatti, la ricerca di Calzolari, Boetti, Paolini, Parmiggiani e De Dominicis si è sempre indirizzata verso una sofisticata riflessione intorno ai meccanismi del vedere, senza mai rinunciare all'elaborazione di un'immagine di grande suggestione emotiva.
Tra i grandi pilastri dell'arte povera Piero Manzoni, l'artista milanese scomparso giovanissimo, che attraverso le sue provocazioni intellettuali e i suoi azzeramenti cromatici ha contribuito in maniera decisiva a rinnovare il panorama della ricerca artistica italiana nei primi anni Sessanta.
2007-02-06 15:46:03
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answer #3
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answered by Tex 3
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Dai poveri?Baci.
2007-02-06 15:43:56
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answer #4
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answered by MAMU 6
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E’ nel 1976 che il critico Germano Celant forgia il termine
"Arte Povera". Con questa accezione lo studioso identifica
quegli artisti che lavorano materiali di scarto: carta, stracci,
ferro, zinco, pietra; inusuali per le composizioni artistiche,
salvo che per alcuni scultori. Ma la portata innovativa dell’Arte Povera risiede nella forma in cui tali materiali sono plasmati.
Non si crea con una struttura mimetica, né astratta:
l’Arte Povera realizza una fusione tra causalità (o fatalità )
della Natura e arbitrio umano.
In altri termini, quando si piegano allo spirito creativo materiali apparentemente inutilizzabili, e quando questi vengono
plasmati dall’usura del Tempo e manipolati da una
logica umana concreta si parla allora di Arte Povera.
Ecco allora che "i poveristi" si appropriano di carta, stracci, materiali lasciati all’incuria, ma soprattutto permettono che
nelle loro opere riecheggino altre discipline scientifiche: l’antropologia, l’alchimia, la psicanalisi, la biologia, tutte
categorie della conoscenza che affiancano la Storia dell’Arte.
Insieme a queste prerogative l’Arte Povera assume in sé
anche gli stilemi intellettuali dell’Arte Concettuale, così da integrare alle forme, spesso complesse da decodificare, un significato nascosto e comunque leggibile con i giusti mezzi.
Un esempio paradigmatico di Arte Povera sono gli specchi
di Michelangelo Pistoletto, dove lo spettatore si riconosce nel quadro-immagine-specchio con una funzione dell’opera verso
lo spettatore (e viceversa) di "do ut des".
Artisti italiani che comunicano con l’Arte Povera sono:
Gilberto Zorio, Mario e Marisa Merz, Giulio Paolini, Pietro Gilardi, Alighiero Boetti, Emilio Prini, Gianni Piacentino, Paolo Calzolai, Giovanni Anselmo, Mario Ceroli, Jannis Kounnelis, Pino Pascali.
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2007-02-06 15:01:05
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answer #5
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answered by Anonymous
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da chi, senza usare grandissime risorse, cercava di fare arte con mezzi economicissimi o appunto poveri
2007-02-06 15:00:23
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answer #6
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answered by Fabio B 2
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Arte povera è un movimento artistico sorto in Italia intorno alla metà degli anni '60 tra Roma e Torino.
Il movimento nasce nell'ambito della cosiddetta arte concettuale in aperta polemica con l'arte tradizionale, della quale rifiuta tecniche e supporti per fare ricorso, appunto, a materiali "poveri" come terra, legno, ferro, stracci, plastica, scarti industriali, con l'intento di evocare le strutture originarie del linguaggio della società contemporanea dopo averne corroso abitudini e conformismi semantici. Un'altra caratteristica del lavoro degli artisti del movimento è il ricorso alla forma dell'installazione, come luogo della relazione tra opera e ambiente, e a quella dell'"azione" performativa.
Germano Celant, il critico d'arte al quale si deve il nome, mutuato dal teatro di Jerzy Grotowski, e la teoria del movimento, afferma che l’arte povera si manifesta essenzialmente "nel ridurre ai minimi termini, nell’impoverire i segni, per ridurli ai loro archetipi".
Gran parte degli artisti del gruppo – Giovanni Anselmo, Jannis Kounellis, Mario Merz, Giuseppe Pennone - manifestano un interesse esplicito per i materiali utilizzati mentre alcuni – segnatamente Alighiero Boetti e Giulio Paolini – hanno fin dall’inizio una propensione più concettuale.
L'arte povera si inserisce nel panorama della ricerca artistica dell’epoca per le significative consonanze che mostra non soltanto rispetto all’arte concettuale propriamente detta, che in quegli anni vedeva sorgere l’astro di Joseph Beuys, ma anche rispetto a esperienze come pop, minimal e Land Art (Richard Long).
Alcuni esponenti del movimento furono Giovanni Anselmo, Giuseppe Pennone,Mario Ceroli Mario Merz,Piero Gilardi, Giulio Paolini, Sergio Lombardo, Cesare Tacchi, Fabio Mauri, Michelangelo Pistoletto, Pino Pascali, Pier Paolo Calzolari, Gilberto Zorio,Luciano Fabro, Jannis Kounellis e Gino Marotta. L'obiettivo di questi artisti era quello di superare l'idea tradizionale secondo cui l'opera d'arte occupa un livello di realtà sovratemporale e trascendente. Per questo motivo risulta importante la provocazione che deriva dall'opera di Giovanni Anselmo Scultura che mangia (1968, collezione Sonnabend, New York), formata da due blocchi di pietra che schiacciano un cespo di lattuga, vegetale il cui destino inevitabile è quello di deperire. Frequente è l'uso di oggetti viventi,come in Kounellis, il quale fissò un vero pappagallo su una tela dipinta, a dimostrazione del fatto che la natura dispone di più colori di qualsiasi opera pittorica.
Un'altra critica portata avanti dagli artisti dell'Arte Povera fu quella contro la concezione dell'unicità ed irripetibilità dell'opera d'arte: Mimesis, di Paolini, consiste in due identici calchi di gesso rappresentanti una scultura dell'età classica, posti l'uno di fronte all'altro con lo scopo di fingere una conversazione.
Durante la guerra del Vietnam, l'Arte Povera si avvicinò ai movimenti di protesta a sfavore dell'intervento degli USA: l'opera Vietnam di Pistoietto (1965, collezione Menil, Houston) raffigura un gruppo di manifestanti pacifisti, rappresentati con delle sagome fissate ad uno specchio, in modo tale che i visitatori della galleria si riflettessero in esso. Così facendo, la gente diventava parte integrante dell'opera stessa, venendosi a creare una sorta di interazione tra la creazione artistica ed il pubblico spettatore.
L'attenzione agli stili di vita delle molteplici culture diverse da quella occidentale è presente nelle opere di Merz: i suoi tanti igloo, creati con differenti materiali ( ad esempio metallo, vetro, legno,...), puntualizzano la capacità di adattamento di un popolo al suo determinato ambiente.
La natura è un altro dei temi trattati da diversi artisti, come Marotta e Gilardi ( Orto, 1967), una natura, però, rivisitata in chiave artificiale, come per attualizzare la materia e renderla più vicina ad un sentimento di cambiamento epocale che coinvolge l'uomo e la sua percezione del mondo. Percezione che è resa incerta nei quadri specchianti di Pistoletto, che si aprono letteralmente al mondo assorbendo tutto ciò che vi si trova di fronte e cambiando al variare dell'ambiente che li contiene. Al contrario di questi, gli "schermi" privi di immagine con i quali Muri riproduce il telone cinematografico e che influenzeranno i primi lavori di Schifano. Tuttavia le sue creazioni si aprono, talvolta, sulla realtà quotidiana più popolare ( Casetta Objects Achetés, 1960), o sugli avvenimenti di cronaca più impressionanti ( La luna, 1968), che lo porteranno a sviluppare una profonda riflessione su arte e storia.
Molti artisti lavorano sull'idea di un'immagine stereotipata, come Ceroli ( Si/No, 1963), che tratta in modo seriale silhoutte prese dalla storia dell'arte, o insiemi di figure umane moltiplicate o serializzate con una tecnica che ricorda il bricolage. Sono considerati stereotipi anche i "gesti tipici" di Lombardo ( Gesti tipici-Kennedy e Fanfani, 1963), i ricalchi di immagini di Mambor o le scene da rotocalco o di quadri famosi rivisitate in stoffa variopinta da Tacchi ( Quadro per un mito, 1965).
2007-02-06 14:59:03
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answer #7
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answered by twinalien 3
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