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2007-02-04 06:04:55 · 7 risposte · inviata da Anonymous in Scienze sociali Scienze sociali - Altro

7 risposte

In biologia l'evoluzione è il fenomeno del cambiamento, non necessariamente migliorativo, del genotipo (cioè del patrimonio genetico) degli individui di una specie. La teoria dell'evoluzione delle specie è un pilastro fondamentale della biologia moderna, anche se le cause e le modalità del suo manifestarsi sono tuttora oggetto di discussione e di ricerca.

Si parla di evoluzione in senso lato e nella vulgata popolare intendendo un processo di cambiamento, spesso migliorativo, da uno stato ad un altro.

L'evoluzione delle specie è soprattutto dovuta alla selezione naturale, ma anche ad una molteplicità di fattori che interagiscono e si influenzano a vicenda; è per questo che l'evoluzione ha normalmente tempi lunghissimi ed è difficile da riprodurre in laboratorio.

Uno dei pochi fenomeni di evoluzione osservabili, per via della estrema brevità dei cicli vitali in gioco e quindi della rapidità con cui è possibile osservare la successione delle generazioni, è quello relativo alla progressiva resistenza agli antibiotici da parte dei batteri. È necessario utilizzare sempre nuovi antibiotici per assicurare trattamenti efficaci e ciò è dovuto al fatto che i batteri, come tutte le specie, mutano, e in un ambiente a loro ostile come un corpo umano in terapia antibiotica, sopravvivono semplicemente quegli individui le cui mutazioni determinano una maggiore resistenza a quello specifico antibiotico. L'uso diffuso degli antibiotici (sia sugli uomini che sugli animali) non fa che selezionare i ceppi batterici più resistenti, con drammatica diminuzione dell'efficacia. L'introduzione di un nuovo e più potente antibiotico non farà che riproporre lo schema già descritto: tra le infinite mutazioni ve ne saranno sempre alcune che daranno un vantaggio riproduttivo (che renderanno cioè più "adatti") agli individui che le hanno subite. Anche i virus mutano rapidamente, producendo sempre nuovi ceppi, cosa che rende ancor più difficile cercare di contrastarli. Per questo motivo è difficile riuscire a produrre vaccini definitivamente efficaci contro l'influenza, visto che i tempi di mutazione del virus sono paragonabili ai tempi necessari per mettere in commercio un vaccino.

Sin da prima che Charles Darwin, il "padre" del moderno concetto di evoluzione biologica, pubblicasse la prima edizione de L'origine delle specie, le posizioni degli studiosi erano divise in due grandi correnti di pensiero che vedevano, da un lato, una natura dinamica ed in continuo cambiamento, dall'altro una natura sostanzialmente immutabile (la Scala Naturae di Linneo).

Della prima corrente facevano parte scienziati e filosofi vicini all'Illuminismo francese, come Maupertuis, Buffon, La Mettrie, che rielaboravano il meccanismo di eliminazione dei viventi malformati proposto da Lucrezio nel De rerum natura ed ipotizzavano una derivazione delle specie le une dalle altre. Tuttavia, l'interpretazione di tali teorie come veri e proprî preannunci di evoluzionismo è discussa [1].

In ogni modo, ancora alla fine del 1700 la teoria predominante era quella "fissista" dello scienziato Linneo, che definiva le varie specie come entità create una volta per tutte e incapaci di modificarsi o capaci entro ben determinati limiti.

Su questo tema oggi il mondo scientifico non è più diviso: le scoperte di Mendel e Morgan nel campo della Genetica, i progressi della paleontologia e della biogeografia hanno conferito validità scientifica alla teoria dell'evoluzione delle specie.

Il dibattito si è così spostato su un altro tema: ci si interroga sulle modalità e le dinamiche dell'evoluzione e quindi sulle teorie che la possono spiegare.

Oggi sappiamo che l'evoluzione delle specie è avvenuta in seguito a trasformazioni, selezionate poi dall'ambiente; per arrivare a questa affermazione ci sono voluti molti anni.

All'inizio del XIX secolo iniziarono a sorgere, negli studiosi di Scienze Naturali i primi dubbi concreti: negli strati rocciosi più antichi infatti mancano totalmente tracce (fossili) degli esseri attualmente viventi e se ne rinvengono altre appartenenti ad organismi attualmente non esistenti. Nel 1809, il naturalista Lamarck presentò per primo una teoria evoluzionista secondo cui gli organismi viventi si modificherebbero gradualmente nel tempo adattandosi all'ambiente: l'uso o il non uso di determinati organi porterebbe con il tempo ad un loro potenziamento o ad un'atrofia. Tale ipotesi implica quello che oggi viene considerato l'errore di fondo: l'ereditabilità dei caratteri acquisiti (esempio: un culturista non avrà necessariamente figli muscolosi; la muscolosità del culturista è infatti una manifestazione fenotipica, cioè morfologica, derivante dall'interazione dello sportivo con l'ambiente -il continuo sollevare pesi-, ma il particolare sviluppo muscolare non è dettato dal suo patrimonio genetico (genotipo)).

Lamarck trovò opposizione in Georges L. Chretien Cuvier, il quale aveva elaborato la 'teoria delle catastrofi naturali' secondo la quale la maggior parte degli organismi viventi nel passato sarebbero stati spazzati via da numerosi cataclismi e il mondo infatti sarebbe stato ripopolato dalle specie sopravvissute.

Dopo cinquant'anni Darwin formulò una nuova teoria evoluzionista; il noto naturalista, durante il suo viaggio giovanile sul brigantino Beagle, fu colpito dalla variabilità delle forme viventi che aveva avuto modo di osservare nei loro ambienti naturali intorno al mondo. Riflettendo sugli appunti di viaggio e traendo spunto dagli scritti dell'economista Thomas Malthus, Darwin si convinse che la “lotta per la vita” fosse uno dei motori principali dell'evoluzione intuendo il ruolo selettivo passivo dell'ambiente sulle specie viventi. L'ambiente, infatti, non può essere la causa primaria nel processo di evoluzione (come invece sostenuto nella teoria di Lamarck) in quanto tale ruolo è giocato dalle mutazioni genetiche, in gran parte casuali. L'ambiente entra in azione in un secondo momento, nella determinazione del vantaggio o svantaggio riproduttivo che quelle mutazioni danno alla specie mutata, in poche parole, al loro migliore o peggiore adattamento (fitness in inglese).

I principali meccanismi che partecipano in queste situazioni sono:

meccanismi genetici
meccanismi ecologici
La selezione naturale, è il fenomeno per cui organismi della stessa specie con caratteristiche differenti determinano, in un dato ambiente, un diverso successo riproduttivo, e quindi le caratteristiche che tendono ad "avvantaggiare" la riproduzione diventano più frequenti di generazione in generazione. Si ha selezione perché gli individui hanno diversa capacità di utilizzare le risorse dell'ambiente e di sfuggire a pericoli presenti (come predatori e avversità climatiche); infatti le risorse a disposizione sono limitate, e ogni popolazione tende ad incrementare la sua consistenza in progressione geometrica, per cui i cospecifici competono per le risorse (non solo alimentari).

È importante notare che mutazione e selezione, prese singolarmente, non possono produrre un'evoluzione significativa.

La prima, infatti, non farebbe che rendere le popolazioni sempre più eterogenee. Inoltre, per il suo carattere casuale, nella maggior parte dei casi essa è neutrale, oppure nociva, per la capacità dell'individuo che la esibisce di sopravvivere e/o riprodursi.

La selezione, dal canto suo, non può introdurre nella popolazione nessuna nuova caratteristica: tende anzi ad uniformare le proprietà della specie.

Solo grazie a sempre nuove mutazioni la selezione ha la possibilità di eliminare quelle dannose e propagare quelle (poche) vantaggiose. L'evoluzione è quindi il risultato dell'azione della selezione naturale sulla variabilità genetica creata dalle mutazioni (casuali, ovvero indipendenti dalle caratteristiche ambientali). L'azione della selezione naturale e delle mutazioni viene analizzata quantitativamente dalla Genetica delle popolazioni.

È anche importante sottolineare che la selezione è controllata dall'ambiente, che varia nello spazio e nel tempo e comprende anche gli altri organismi.

Le mutazioni forniscono perciò il meccanismo che permette alla vita di perpetuarsi. Infatti gli ambienti sono in continuo cambiamento e le specie scomparirebbero se non fossero in grado di sviluppare adattamenti che permettono di sopravvivere e riprodursi nell'ambiente mutato.

2007-02-04 06:17:54 · answer #1 · answered by Paolo 2 · 1 0

Religione.







Piu breve di cosi........

2007-02-04 09:03:21 · answer #2 · answered by tai pan 1 · 0 0

la teoria dell'evoluzione della specie

2007-02-04 06:23:02 · answer #3 · answered by Ghigo 2 · 0 0

Il darwinismo sociale è una teoria secondo la quale un aspetto particolare della teoria evolutiva o teoria della selezione naturale sarebbe applicabile alle popolazioni umane.

Origine e sviluppo
Herbert Spencer, scienziato contemporaneo di Charles Darwin ed altrettanto popolare, interpreta questa teoria per la «selezione dei più adatti» (Survival of the fittest). Il Darwinismo sociale suggerisce dunque che l'eredità (i caratteri innati) avrebbe un ruolo preponderante in rapporto all'educazione (i caratteri acquisiti). Si tratta quindi di un sistema ideologico che vede nelle lotte civili, nelle ineguaglianze sociali e nelle guerre di conquista nient'altro che l'applicazione alla specie umana della selezione naturale. La teoria fornirebbe quindi una spiegazione biologica alle disparità osservate tra le società nella traiettoria unica della storia umana: i popoli meno «adattati» alla lotta per la sovravvivenza sarebbero rimasti «relegati» allo stadio primitivo concettualizzato dai seguaci dell'evoluzionismo antropologico. Darwin aveva scritto un saggio intitolato "L'origine delle specie" (avente come sottotitolo: "La preservazione delle razze favorite nella lotta per la sopravvivenza"), e per Hitler, che era un fervente evoluzionista, non era rimasto che un piccolo passo da fare per passare dal concetto della "sopravvivenza" a quello della "dominazione" delle razze.

Sul piano politico, il darwinismo sociale servì a giustificare il colonialismo, l'eugenetica, il fascismo e soprattutto il nazismo. In effetti, quest'ideologia considera legittimo che le «razze umane» e gli esseri più deboli scompaiano e lascino il posto alle razze ed agli esseri meglio armati per sopravvivere. Ernst Haeckel Vedi Razza.

Ai nostri giorni, il darwinismo sociale è ancora l'ispiratore di alcune ideologie di estrema destra.


Il darwinismo sociale applicato alle nazioni
Alla fine del XIX secolo, le teorie del darwinismo sociale vennero applicate ai rapporti fra le nazioni.

Questo movimento si sviluppò soprattutto nei paesi anglosassoni, ed in misura minore in Russia. Se queste idee non produssero generalmente movimenti bellicosi in queste nazioni, non fu così in Germania, dove lo scontro fra le nazioni giovani, come veniva vista la Germania stessa, piene di virile vitalità, e le nazioni vecchie, qualificate dai partigiani di questa teoria come decadenti, come la Francia, fu considerato inevitabile.

Per di più, la vitalità di una nazione si deduceva quasi esclusivamente dalla sua crescita demografia: più una nazione era feconda, più essa sarebbe stata forte. Così, la Russia ed i popoli slavi in generale facevano paura a moltissimi uomini politici tedeschi (come ad esempio al cancelliere Bethmann-Hollweg) a causa della naturale crescita della loro popolazione, in quanto doveva essere inevitabile, dal loro punto di vista, una resa dei conti violenta (fobia mediatica del rullo compressore russo). Giunto a questo punto, il darwinismo sociale si confonde con il nazionalismo razziale.

Si è ritenuto che questa visione dei rapporti tra le nazioni, dominante in Germania e in Austria all'inizio del XX secolo, abbia giocato un ruolo essenziale nell'innescare la Prima Guerra mondiale.

Ma l'importanza del darwinismo sociale come ragione dello scoppio della prima guerra mondiale va relativizzato: tale interpretazione è seriamente destituita di fondamento dal lavoro di Léon Schirmann, che, analizzando gli archivi ufficiali dei vari paesi belligeranti (vedi "Mensonges et désinformation, aout 1914, comment on vend une guerre", Léon Schirmann Editions Italiques, 2003), ha identificato le vere responsabilità che hanno portato al primo conflitto mondiale, affermando che esse sono state in realtà più politiche che scientifiche.

2007-02-04 06:15:09 · answer #4 · answered by martaerober 4 · 1 1

è una corrente che prende il nome dal suo fautore charles Darwin, che segue la filosofia dell evoluzionismo, secondo la quale l'uomo il mondo e la natura sono destinati ad un azione di perpetuo miglioramento, ascesa, mutamento positivo.. ((((qualcosa del genere, adesso non ricordo cn precisione)))
Ma ha a che fare anche con l'alternanza e l'evoluzione delle speccie cmq fai una semplice ricerca su google

2007-02-04 06:10:14 · answer #5 · answered by birba1985@yahoo.it 1 · 0 1

wikipedia lo spiega molto bene

2007-02-04 06:08:05 · answer #6 · answered by Star 4 · 0 1

La teoria secondo cui l'evoluzione della specie è dovuta a cambiamenti lenti che si hanno lungo le generazioni e sono determinate dal successo dei cambiamenti sulla specie stessa in relazione alla sua sopravvivenza in un ambiente.


e mi associo a stefania: vai su wikipedia

2007-02-04 06:07:55 · answer #7 · answered by Babo1990 3 · 0 1

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