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ciao raga,mi servirebb il riassunto di Nedda di Giovanni Verga e ank le considerazion o il comment.grazie 1000 E aiutatemi!

2007-02-03 22:04:30 · 5 risposte · inviata da Anonymous in Arte e cultura Libri ed autori

la vekkia ediz

2007-02-04 03:50:37 · update #1

5 risposte

La novella si apre con la descrizione del caminetto di fronte al quale Verga è seduto: il focolare gli ricorda quello della fattoria del Pino, dove lavorano le raccoglitrici di olive, tra cui Nedda, la giovane protagonista. La ragazza, sostiene Verga, è “bruna, vestita miseramente, dall’atteggiamento timido e ruvido, a causa della miseria e dell’isolamento”; lavora per procurarsi i soldi con cui curare la madre, malata e in fin di vita, da cui si reca ogni sera mentre le altre raccoglitrici cenano in serenità con la “castalda”, la governante. Le raccoglitrici vengono pagate a fine settimana a seconda delle ore effettivamente lavorate: una settimana piovosa quindi produce un salario magrissimo, in quanto le lavoratrici sono costrette a ripararsi nelle stalle o nelle cucine. Mentre Zio Giovanni aiuta Nedda ad accudire la madre morente, la ragazza conosce e si innamora di Janu, un ragazzo povero e affetto da malaria. Nedda non può sposarlo a causa del lutto e della sua povertà, per cui lavora presso lo zio per costruirsi una dote. Ma Janu cade da un albero, e muore: Nedda, che nel frattempo era rimasta incinta del ragazzo, è scartata dalla società, che la considera una peccatrice. La bambina che nascerà sarà rachitica e morirà di stenti dopo pochi mesi: Nedda rimarrà sola per il resto della vita.
ANALISI
A differenza del personaggio manzoniano di Lucia, la cui rassegnazione è illuminata dalla fede, Nedda non conosce alcuna speranza, in quanto è cosciente che la vita è dolore e rassegnazione. La novella, la prima scritta dal “Verga verista”, differisce dalle altre per diversi aspetti: la parte iniziale è prolissa, troppo artificiosa e complicata, così come il ritratto della protagonista; lo scenario è staccato dai personaggi, il linguaggio non è quello realmente parlato dai personaggi e vi sono spesso osservazioni di tipo moraleggiante, ad esempio circa la critica della società contadina.

Spero d'esser stata d'aiuto :)

2007-02-03 22:11:30 · answer #1 · answered by FigliaDeiFioriDiPlastica 3 · 0 1

ma ci vuole tanto a leggere un libro?

non stupisce che poi non sai nemmeno scrivere in italiano. sembri pugliese "considerazion, comment, orecchiett'".. ma il loro è dialetto. la tua ignoranza.

ahahaah e poi basta guardare gli ignoranti che ti hanno risposto.. che hanno copiato DALLO STESSO SITO il riassunto..!! vergogna..!! ahahahahah

2007-02-04 06:13:03 · answer #2 · answered by MucCa&PoLLo 3 · 1 1

iovanni Verga nacque a Catania il 2 settembre 1840. L’attività del giovane scrittore si svolse, sia in campo letterario (nella composizione dei romanzi storici e patriottici), sia in campo politico (con Niceforo fondò e diresse il settimanale «Roma degli italiani»), nella città natale. Primariamente influenzato dal suo insegnante Don Antonio Abate, autore di opere intrise di romanticismo, Verga esordì con un romanzo intitolato Amore e Patria, scritto fra il 1856 e il 1857 e rimasto inedito.
Giunse il momento di lasciare la Sicilia, era il 1865: Firenze, capitale del regno d’Italia già da un anno, offriva a Verga l’ambiente mondano ideale in cui far spaziare il proprio talento. L’interesse del giovane provinciale inurbato per i fasti della mondanità trovò ampio sfogo in Una peccatrice (1866): «un peccato letterario», come ebbe a definirlo più tardi lo stesso autore. Il successo giunse più sonoro con Storia di una capinera (1871), romanzo in cui l’accento era posto sul tema delle passioni travolgenti e fatali. In esso si riscontrava, a ben vedere, una sorta di verismo ante litteram, soprattutto là dove Verga aveva narrato della pazzia della giovane protagonista costretta a farsi monaca.
Trasferitosi a Milano nel 1872, Verga frequentò i ritrovi eleganti del capoluogo lombardo ed entrò in contatto con gli scapigliati, pur non condividendo fino in fondo l’atteggiamento nichilista del loro movimento. Testimonianza di questa fase è il romanzo Eva (1873), che affianca alla figura del protagonista, Filippo Lanti, quella di Eva, una donna caratterizzata dalla spensieratezza vitale e dalla passionale psicologia amorosa: i benpensanti gridarono allo scandalo, mentre i critici decretarono la congiura del silenzio..Non altrettanto felice può considerarsi il Verga dei successivi romanzi: Tigre reale (1873) ed Eros (1875) sono opere in cui si riscontra una perdita della coerenza del personaggio femminile, ormai sdoppiato nella figura della donna fatale, da una parte e in quella di femmina fedele al mito della casa, dall’altra. Si registra, intanto, un grande progresso sul piano della lingua e dello stile. La lezione data dall’Education sentimentale di Flaubert si assapora con piacevole certezza. Il gusto verghiano è comunque ancora troppo teatrale. Lo scrittore non si è del tutto congedato dal bel mondo: si è invece convinto della necessità di un distacco dalla vita di una certa parte della società, rappresentata dall’aristocrazia e dai gentiluomini.

Nel 1878, traumatizzato dalla morte della madre e angosciato dai sensi di colpa per aver abbandonato il focolare domestico, Verga avvierà la scrittura de I malavoglia, tornando nostalgicamente alla Madre mediterranea. Se Nedda (1875) rappresenta per alcuni l’inizio della nuova arte del Verga, per altri — in particolare Momigliano — non farà che rivelare come «l’elegante reduce dei salotti» abbia «cambiato materia ma non… il suo spirito e le sue abitudini mentali». Tesi, questa, che troverà conferma nel volume successivo Primavera e altri racconti, dove si tornerà alla società elegante e salottiera di Eros.
Primo frutto della “conversione” letteraria del Verga è Vita dei campi (1880): qui il Verismo è ancora liricamente sublimato, e si scorge, inoltre, il solito influsso vittorughiano dato dalla inevitabile catastrofe finale. Il senso di una tragedia ineluttabile appare anche ne I Malavoglia (1881), una grande opera nel senso drammatico del dolore e della morte e per la genialità della tecnica narrativa del “discorso rivissuto”.Ne I Malavoglia, tuttavia, Verga continuò a fare retorica sul focolare e sulla necessità di non infrangere la legge della solidarietà che lega i poveri fra loro. L’ideale “dell’ostrica”, teorizzato in Fantasticheria, non è una condizione di fatto, ma una formulazione ideologica. È stato spesso osservato come Verga mancasse di una chiara idea sociale. In realtà nello scrittore siciliano visse una coerente ideologia conservatrice, anche se di «conservatore illuminato»(Sapegno), che può spiegare il pessimismo fatalistico e il terrore della storia, rivissuto nell’Aci Trezza de I Malavoglia, paese reso microcosmo astorico, di vita vissuta secondo le necessità della natura, più che della storia. La sfumatura ironica, invece, si ritrova in un altro grande romanzo: Mastro Don Gesualdo (1889), sintesi di tutta l’opera verghiana e capolavoro del Realismo italiano. Tra quest’ultimo e I Malavoglia si collocano Il marito di Elena (1882) — un ritorno alla complessa psicologia femminile dei romanzi mondani — le novelle milanesi Per le vie (1883) e, infine, le Novelle rusticane (1883). E così, al motivo della “casa” subentra quello della “roba”: mentre la visione del focolare si addice ai poveri, la passione per la “roba” prescinde dalle differenze di classe.
Dopo Mastro Don Gesualdo comincia a potersi scorgere il tramonto dello scrittore che, invano, ricerca una nuova espressione nel linguaggio teatrale. Il giudizio negativo sul teatro verghiano è unanime: il linguaggio e l’azione scenica non hanno la stessa intensità del paesaggio, elemento di forza dell’arte verghiana. Di questo periodo è Dal tuo al mio (1905), romanzo tratto dal un lavoro teatrale, che racchiude in sé una prefazione piena di strali polemici verso i socialisti.L’involuzione delle idee politico sociali di Verga è ormai netta e rapida: in una lettera a Camerini del 1888 egli si definiva politicamente «moderato», Più tardi diventerà sostenitore della politica crispina e africanista e, quando si verificheranno i luttuosi fatti di Milano del 1898, plaudirà alle repressioni di Bava-Beccaris. Nel 1912 aderì esplicitamente al partito nazionalista, fu interventista, dannunziano e antinittiano, non mancando di mostrare simpatie per il nascente partito fascista.Nel 1912 aderì esplicitamente al partito nazionalista...
Dopo la raccolta Vagabondaggio (1887), iniziò il crepuscolo di Verga con I ricordi del capitano d’Arce (1891), stanca ripresa di motivi aristocratici mondani. Fallì il tentativo di dar vita, con la Duchessa di Leyra, a un imponente quadro della vita aristocratica siciliana: del romanzo, che doveva essere parte del progettato e mai concluso “ciclo dei Vinti”, comprendente anche I Malavoglia e Mastro Don Gesualdo, vide la luce solo il primo capitolo, pubblicato nel 1922, dopo la morte dell’autore.

Verga visse i suoi ultimi anni a Catania, dove morì nel 1922 abbandonato a una vita inerte e tranquilla, a una solitudine sdegnosa e scontrosa, noncurante della tardiva fama consacrata dalla nomina a senatore nell’ottobre del 1920.

p.s.( forse ho essagerato col riassunto ma spero che tu possa trarne qualche vantaggio) ciao

2007-02-04 09:56:16 · answer #3 · answered by Anonymous · 0 1

La novella si apre con la descrizione del caminetto di fronte al quale Verga è seduto: il focolare gli ricorda quello della fattoria del Pino, dove lavorano le raccoglitrici di olive, tra cui Nedda, la giovane protagonista. La ragazza, sostiene Verga, è “bruna, vestita miseramente, dall’atteggiamento timido e ruvido, a causa della miseria e dell’isolamento”; lavora per procurarsi i soldi con cui curare la madre, malata e in fin di vita, da cui si reca ogni sera mentre le altre raccoglitrici cenano in serenità con la “castalda”, la governante. Le raccoglitrici vengono pagate a fine settimana a seconda delle ore effettivamente lavorate: una settimana piovosa quindi produce un salario magrissimo, in quanto le lavoratrici sono costrette a ripararsi nelle stalle o nelle cucine. Mentre Zio Giovanni aiuta Nedda ad accudire la madre morente, la ragazza conosce e si innamora di Janu, un ragazzo povero e affetto da malaria. Nedda non può sposarlo a causa del lutto e della sua povertà, per cui lavora presso lo zio per costruirsi una dote. Ma Janu cade da un albero, e muore: Nedda, che nel frattempo era rimasta incinta del ragazzo, è scartata dalla società, che la considera una peccatrice. La bambina che nascerà sarà rachitica e morirà di stenti dopo pochi mesi: Nedda rimarrà sola per il resto della vita.

2007-02-04 06:12:24 · answer #4 · answered by €Stone Angel€ 3 · 0 1

Ti rispondo francamente: Arrangiati!! Io non mi sono mai fatta fare i compiti dagli altri quando ero al liceo, nè ho mai scaricato da internet i riassunti e le schede dei libri; inoltre mi danno un gran fastidio le persone come te che vengono a chiedere a noi utenti di answer di fare i compiti al posto loro e non sono nemmeno capaci di scaricare da soli un riassuntino da internet! Mi domando spesso perchè ci sono altri utenti che perdono il loro tempo a darvi i riasunti pronti?!

2007-02-04 06:23:38 · answer #5 · answered by Stell@_ 3 · 0 2

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