Tra le varie classificazioni proposte per il clima antartico la più valida resta quella elaborata da Paul C. Dalrymple nel 1966: essa, pur tralasciando la fascia costiera e la Penisola Antartica, suddivide l’interno del continente in quattro zone, sulla base di precisi parametri, che mettono in relazione le temperature medie ed estreme, la velocità media e la frequenza del vento, la misura delle precipitazioni annuali e l’intensità del windchill. Dalrymple, dunque, classifica:
* Area fredda di transizione (temperatura media annua da -25 °C a -40 °C)
* Area fredda catabatica (temperatura media annua da -30 °C a -40 °C)
* Area interiore fredda (temperatura media annua da -40 °C a -50 °C)
* Nucleo centrale freddo (temperatura media annua inferiore a -50 °C)
Va detto che, per quanto riguarda l’aspetto termico, esiste una precisa correlazione fra la quota, la latitudine e la distanza dal mare (continentalità). Il Plateau Antartico è un tavolato di ghiaccio con spessori che, nella parte orientale, possono superare i 4.000 metri di quota, ed è qui che si realizzano le temperature più basse del mondo. Le osservazioni meteorologiche continuative sul Plateau Antartico sono iniziate con l’Anno geofisico internazionale, e sono oggi condotte attraverso due principali fonti di acquisizione dei dati: le basi permanenti, gestite da personale tecnico scientifico residente, e le Aws (Automatic Weather Stations), progettate dalla Wisconsin University e impiantate a partire dagli anni ottanta.
Attualmente sono tre le basi permanenti del Plateau Antartico: Amundsen-Scott (americana), Vostok II (russa) e Concordia (italo francese). La prima, che sorge al Polo Sud geografico, secondo la classificazione di Dalrymple rientra nell’Area interiore fredda: la temperatura media annua (1957-2006) è di -49,5 °C. A Vostok, nel Nucleo centrale freddo, la media annua (1958-2006, con interruzioni) si colloca invece a -55,3 °C.
Caratteristica del clima antartico è il cosiddetto Kernlose winter, un vistoso raffreddamento che si realizza con la scomparsa del sole sotto l’orizzonte e rimane pressoché costante per tutto l’arco del semestre: una dinamica che non ha riscontro nell’emisfero boreale, tranne forse in alcune delle aree più interne della Groenlandia. Perciò la classica suddivisione stagionale, pur mantenuta per omogeneità di confronti, nella realtà ha poco senso: nell’Area interiore fredda e nel Nucleo centrale freddo, che inglobano circa la metà della superficie continentale, si può parlare di un bimestre estivo (dicembre e gennaio), preceduto e seguito da due stagioni di transizione (seconda metà di ottobre e novembre, febbraio e prima metà di marzo), i restanti sette mesi (dalla metà di marzo a metà ottobre) sono quelli invernali.
Durante l’estate la temperatura raramente supera i -20 °C. Il mese più caldo (dicembre) ad Amundsen-Scott fa registrare una media di -28,0 °C, a Vostok di -31,9 °C. Il crollo termico, che inizia con la discesa del sole sull’orizzonte, comporta che già ad aprile la media di Amundsen-Scott sia di -57,3 °C, quella di Vostok di -64,8 °C, a luglio la media di Amundsen-Scott è di -60,0 °C, ad agosto quella di Vostok di -68,0 °C. Ciò fa sì che, in qualsiasi periodo dell’inverno, si possano toccare i valori estremi: il record ad Amundsen-Scott si colloca a -82,8 °C (23 giugno 1982), a Vostok a -89,2 °C (21 luglio 1983); quest'ultima è la temperatura più bassa registrata sulla Terra.
Altro elemento caratterizzante dell’Antartide è il vento: in particolare, le correnti catabatiche che, in estrema sintesi, si originano per via della densità dell’aria fredda che staziona sul Plateau Antartico, e che tende a ‘scivolare’ verso le coste. Studi iniziati fin dal primo Novecento hanno dimostrato che esistono vie preferenziali in cui si incanalano i venti catabatici, che possono superare i 300 km/h (il 16 maggio 2004 la base McMurdo è stata devastata dalla tempesta più intensa degli ultimi trent’anni, con raffiche fino a 188,4 mph). Proprio riguardo ai venti che battono i mari antartici il Sailing Direction for Antarctica della Marina degli Stati Uniti specifica che «hanno spesso l’intensità di un uragano, con raffiche che raggiungono a volte la velocità di 150-200 miglia all’ora. Non si conoscono altrove venti di tale violenza, salvo forse nei cicloni tropicali».
Per quanto riguarda le precipitazioni, la scarsa umidità sul continente le rende quasi assenti. Notevole è la differenza tra le isole antartiche e il plateau. Riguardo le prime si può portare come esempio il dato della base russa di Bellingshausen (King George Island) in cui, nel periodo 1969-2005, si va da un minimo annuale di 471,8 mm (2003) a un massimo di 991,6 mm (1998), a Vostok, invece, si passa da un massimo di 66,4 mm (1958), a un minimo di 0,2 mm (1982 e 1995).
2007-02-03 02:08:59
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answer #6
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answered by ♫☆Shin♥♪ 6
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