Sai jerry, mediatico è la parola giusta per definirlo, perchè sulla capacità comunicativa di Berlusconi, migliaia di pagine sono già state scritte , tutte più o meno concordi nel riconoscere a lui il fatto di essere intervenuto in maniera dirompente nel linguaggio della politica, cambiandone per sempre le regole. L’intelligenza comunicativa dell’uomo è stata così ricondotta alla situazione dell’imprenditore, magnate di un imponente gruppo mediatico, in particolare di tre reti televisive. Eppure, la coesistenza in Berlusconi del carisma mediatico e dell’esperienza nell’industria dei media è stata spesso interpretata come una relazione causale, soprattutto dai suoi detrattori. Nel migliore di casi, la relazione suona: se il Cavaliere è riuscito a mettere in atto una serie di innovative strategie di comunicazione politica, ciò è stato anche e soprattutto grazie alla sua vicenda professionale. Nel caso peggiore: Berlusconi è riuscito a entrare in politica, fondando un movimento divenuto in breve tempo il primo partito italiano e restando in primo piano nell’agone politico per dodici anni.
Chi sostiene che il Cavaliere abbia trasferito una maniera espressiva dalle tv alla politica, può voler dire due cose: la prima, che Berlusconi abbia fatto leva sul modello sociale e culturale diffuso nelle sue televisioni e sui suoi giornali per prospettare al paese una condizione desiderabile, raggiungibile sotto la sua guida. La seconda, che Berlusconi abbia sperimentato in politica tecniche di comunicazione applicate con successo nelle sue aziende. La prima interpretazione è stata suggerita quando i suoi avversari hanno voluto sottolineare la banalità , l’inconsistenza, l’illusorietà del modello televisivo – incarnato da Berlusconi, e da lui proposto agli italiani – di fronte alla realtà “vera” del paese, bisognoso di serietà , di gravità , di sacrificio. Gli avversari del berlusconismo hanno insistito fino alla nausea sulla superficialità di una proposta politica che enfatizzava, a loro dire, l’estetica contro l’etica, la spettacolarità contro l’istituzionalità , l’apparire contro l’essere. Fino a che, tra il sorriso di Silvio e il broncio degli altri, è stato il primo a riuscire vincitore, mostrando come fosse possibile guadagnare la fiducia degli elettori, convincendo gli italiani che la concretezza, la capacità di realizzazione, la progettualità stavano dalla parte dell’allegria, e non dei musi lunghi. Tanto da costringere gli sfidanti a cambiare rotta, senza peraltro ottenere gli stessi risultati: pur presentando il candidato fisicamente più prestante, o frequentando oltre alle tribune politiche anche trasmissioni di intrattenimento, iniziando persino a tingersi i capelli. E soprattutto, organizzando una campagna di comunicazione politica con tutti i crismi, orchestrata da esperti internazionali, studiata a tavolino così come fino al minuto prima era stata accusata di fare la compagine di centrodestra.
Un'altra interpretazione, che è una fattispecie più ampia della prima. Così come la politica-spettacolo, il partito-azienda, e la gestione dell’Italia come della Fininvest sono state per anni le bestie nere dell’opposizione. Senza dubbio Berlusconi è stato il primo in Italia a trattare la sua proposta politica come un prodotto, da ideare, confezionare, posizionare e promuovere; tuttavia, senza cessare di biasimarlo, i suoi avversari lo avrebbero di lì a poco imitato. Se è presumibile che proprietari di aziende abbiano dimestichezza con gli strumenti del marketing, per ottenere con questi strumenti il successo politico è necessario qualcosa in più. Maggiore esperienza? Non necessariamente, dal momento che, dopo due anni dalla sua discesa in campo, Berlusconi è stato battuto da una compagine ancora ben lungi dal penetrare i segreti del marketing; e nel 2001 egli stesso ha sconfitto Rutelli, supportato dal navigato gruppo statunitense Greenberg.
Forse contano di più le virtù che hanno permesso, scattato il bavaglio della par condicio, di escogitare nuovi canali per raggiungere gli elettori; i cartelloni 6x3, il libretto Una storia italiana, la lettera ai bambini nati nel 2005. Doti per nulla artificiali, ma tanto connaturate al personaggio da esprimersi in maniera persino sorprendente (talvolta eccessiva), in momenti di corto circuito tra pubblico e privato: le battute tanto frequenti quanto equivocate, i gestacci prontamente ripresi dai fotografi, che hanno sconvolto il protocollo a cui una certa maniera politica ci aveva abituati. Eccole, queste doti: creatività , ironia, prontezza d’animo, spirito di iniziativa, semplicità dell’espressione. Caratteristiche che non si addicono alla specie di Grande Fratello che da dodici anni qualcuno ci dipinge, ma a un uomo libero, che tanto più si sorprende quando lo si accusa di voler conculcare agli altri proprio questa libertà . Il segreto di Silvio Berlusconi è il telecomando: non l’emblema del suo presunto strapotere, ma il simbolo della sua offerta di libertà a tutti gli italiani. E se qualcuno non accettasse, basta cambiare canale.
2007-01-31 15:43:32
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answer #6
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answered by laura f 5
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