Il Teorema di Talete
Il sommo Talete, uno dei sette savi dell’antichità classica, colui che si dice predisse per primo una eclissi solare, nel corso dei suoi viaggi arrivò in Egitto e dalla sua presenza prese l’avvio un nuovo racconto.
Talete rappresenta il passaggio dal pensiero algoritmico del mondo assiro-babilonese e degli arpedonapti egizi al pensiero contemplativo e dialettico del mondo greco.
L’analogia posta per questo felice incontro è il Labirinto costruito da Dedalo: per uscirvi bisogna o servirsi del filo di Arianna, il passo dopo passo del pensiero algoritmico, o spiccare il volo in senso perpendicolare nella direzione della terza dimensione alla conquista del globale, della luce.
Il filo di Arianna è l’analogo di ciò che è percorribile, raggiungibile e tangibile.
Talete, invece, realizza ciò che nel mito non fu concesso a Icaro; egli spicca il volo verso l’inaccessibile, verso ciò che non può essere toccato né costituire il sostegno della misura nel trasposto ricorsivo, origine-termine-origine .... della sua unità.
In terra d’Egitto, Talete sbalordisce tutti, agrimensori, sacerdoti e il re: misura la piramide, la tomba del re. Il successo è pieno e totale e Plutarco così lo riporta: " [Il re] è rimasto singolarmente ben impressionato dal modo in cui hai misurato la piramide, [...], limitandoti a collocare il tuo bastone al limite dell’ombra proiettata dalla piramide stessa; formatisi, al contatto col sole, due triangoli, dimostrasti che la proporzione esistente fra la lunghezza del bastone e l’altezza della piramide era la stessa che intercorreva fra la lunghezza delle due ombre. Ciò nonostante .... ti si muove l’accusa d’avere in odio i re".
"Chi rapporta, chi trasporta? Né voi né io - esclama il Serres- nessuno, con le sue mani. Aspettiamo che la luce conduca l’ombra verso i nostri piedi".
Attraverso l’ombra, accessibile, Talete misura l’inaccessibile: l’altezza della piramide, ovvero la tomba del faraone. L’ombra è qui lo strumento e la sua funzione è quella delle ali nel volo, ma nel racconto v’è qualcosa in più: una fantastica armonia di raggi di sole ed astuzia umana. La piramide rappresenta l’inaccessibile, ciò che non è percorribile e raggiungibile, Talete con una astuzia della mente riesce allo scopo ; è il mito di Metis, la dea della furbizia, inghiottita dal marito Zeus appena uscita incinta. Zeus, dopo aver ucciso il padre per prenderne il posto di padrone dell’Olimpo vive nel terrore che un figlio, domani, non faccia lo stesso con lui ; incorpora Metis, l’astuzia ; dal suo cranio aperto con un colpo di scure da Efesto nasce Atena, la razionalità, la dea della ragione. E questo si aggiunge all’altro mito di origine già ricordato : il mito del labirinto, costruito da Dedalo per incarico di Minosse, il re di Creta, quale prigione del Minotauro. Arianna si innamora di Teseo uno dei giovinetti greci da sacrificare al Minotauro e gli concede il suo filo, il filo d’Arianna. Per uscire dal labirinto non v’è altra strada che il tangibile, il percorribile, il passo-dopo-passo del pensiero algoritmico, uno degli aspetti della matematica ; l’alternativa è la conquista della terza dimensione, il volo verso l’alto, il pensiero dialettico inaugurato appunto da Talete : i due aspetti fondamentali e sempre vivi della matematica.
Come il re nel racconto di Plutarco, così M. Serres, storico e filosofo dei nostri giorni, è rimasto così ben impressionato dal teorema di Talete da definirlo " teorema fugace e dolce quanto un raggio di sole munito delle sue ombre" e così continuare: " Rapportando l’ombra della tomba a quella di un paletto di riferimento o alla propria, Talete annuncia l’invarianza di una medesima forma per variazione di dimensione. Il suo teorema comporta quindi la progressione o la regressione infinite della dimensione nella conservazione di un medesimo rapporto, dal colossale, la piramide, al mediocre, picchetto o corpo, e così finchè si vorrà verso il più piccolo: che disprezzo dell’altezza e della forza, che alto concetto della piccolezza, che annullamento di ogni scala o gerarchia, ormai ridicola poichè ogni stadio ripete il medesimo logos o rapporto senza alcun cambiamento".
Si comprende dunque la portata della colpa: "Ciò nonostante, come ti ho già detto, ti si muove l’accusa di avere in odio i re ... ".
Ma oltre a ciò vi è un aspetto non meno importante dal punto di vista pratico ed, anzi, eccezionale sul piano filosofico connesso alla rivalutazione del piccolo. Anche le piccole parti si compongono di parti più piccole e queste ancora di più piccole: è la divisione di un segmento in n parti uguali, risultato da sempre relegato nella pratica delle costruzioni geometriche quando invece costituisce una tappa fondamentalissima ed essenziale nella costruzione dello spazio euclideo. Il significato del teorema di Talete è anche questo: la divisione di un segmento in n parti uguali.
"Si tratta qui - ha scritto magistralmente R. Thom - chiaramente di una notevole sintesi fra una procedura costruttiva di origine motoria (il collocare uno dopo l’altro n segmenti uguali su un’obliqua ausiliaria AP), seguita da una procedura di chiara origine sensoriale, visiva: la proiezione lineare di questo segmento AP composto da n parti uguali sul segmento dato AB ...
P
A n=4 B
La possibilità di dividere indefinitamente lo spazio doveva di lì a poco giustificare l’infinito numerabile; tale è senza dubbio il significato del paradosso eleatico di Achille e la tartaruga, in cui un segmento finito compare come somma infinita di segmenti di lunghezza decrescente".
La divisione di un segmento fa parte dunque di un medesimo racconto e la sua rilevanza filosofica e dunque pedagogica è indiscutibile.
"Sapere, allora, e, nella fattispecie, sapere il teorema di Talete, consiste nel ricordarsi del racconto egiziano - e insegnarlo nel raccontare lo pseudo-mito d’origine. Così presentato, il più ignorante non ha alcuna difficoltà a tenerlo a mente, è indimenticabile".
La misura globale
Con Talete, dunque, la mente umana spicca il suo volo verso l’inaccessibile ed inizia e sancisce il suo dominio; dominio al quale rimangono assoggettate le grandi distanze e gli immensi spazi. E’ così che Eratostene misura la circonferenza della terra. Il racconto dunque continua: dalla geometria, misura della terra, nel senso di pagus - si è detto - alla misura più ampia, quella della terra, habitat di tutti gli uomini. Dal locale al globale. Giacomo Leopardi, appena quindicenne, questo avvenimento lo descrive con rara pregnanza; ripercorre, scolpendolo, il metodo, la furbizia della mente, la nobile "intrapresa" di Eratostene :
"L’uomo non può non riconoscere in essa un ardire generoso, un ingegno sublime, e delle difficoltà a prima vista insormontabili. I nostri passi ripetuti ci danno la misura dello spazio, il cubito, la pertica, o la tesa, ci danno ancor esse il modo di misurarlo. Ma come applicare successivamente queste misure di sì piccola estensione alle parti tutte, che compongono la circonferenza del nostro globo, come misurarla co’ nostri passi, come sorpassare gl’insuperabili ostacoli, che a simile intrapresa oppongono i monti, i mari, i precipizi? Volò l’ingegno attraverso de’ precipizi, dei mari, dei monti, e potè l’uomo misurare il mondo senza togliersi dal suo gabinetto. Volò l’ingegno, e trovò fra il cielo e la terra una corrispondenza, che gli diede il metodo di misurare il mondo senza neppure muoversi dal suo gabinetto"
Quale questo metodo ?
E’ sempre l’idea di Talete che fluisce e domina e sempre i raggi del sole a realizzare il passaggio ed il trasporto illuminando il pozzo di Siene. Eratostene giunge alla misura globale, misura la circonferenza del globo terrestre e questa sua intrapresa infiamma ("non si condanni il mio entusiasmo ; sacro è il fuoco, che m’accende, non mi si tolgano le idee che mi agrandiscono e m’infiammano") il giovanissimo Leopardi soggiogato dall’analogia, dal metodo, dal potere della matematica, quasi un potere magico, ricollegandosi in ciò a Plutarco e al re ugualmente bene impressionati dalla trovata di Talete.
"Volò l’ingegno, e trovò fra il cielo e la terra una corrispondenza, che gli diede il metodo di misurare il mondo".
"Eratostene sapeva che il sole nel solstizio di Estate passava per il punto verticale della città di Siene..... In questa città vedevasi un pozzo, il quale sul meriggio del giorno del solstizio era al di dentro illuminato tutto dai raggi del sole, che sopra di esso stava perpendicolarmente. Ora supponendo Eratostene Alessandria e Siene appresso a poco sotto un medesimo meridiano, inventò un metodo...".
Quale?
Una semplice proporzione :
C, la lunghezza della circonferenza terrestre, è s, ovvero la distanza tra Alessandria e Siene, moltiplicata per il rapporto 360/a . L’angolo a , misurato da Eratostene, è l’incidenza dei raggi del sole ad Alessandria, quei raggi che a Siene risultano perpendicolari.
Ed è di nuovo armonia tra menti e raggi solari, corrispondenza tra cielo e la terra; serena armonia fatta di paziente intenzionale attesa; i raggi illumineranno il fondo del pozzo di Siene, il logos o rapporto allora transiterà da una regione all’altra, fluirà dal basso in alto identico, invariante nella proporzione. "Anche la misura si oblia nel nuovo logos della similitudine in cui un rapporto tra piccoli ne eguaglia un altro tra grandi. Miracolo veramente: da mezzi quasi nulli nasce il più lungo degli imperi possibili, quello delle Matematiche, che si prende gioco della storia senza più conoscere la decadenza".
Talete dunque veramente rappresenta l’inizio di un racconto, anzi il mito d’origine del racconto dello spazio puro, della razionalità, della dimostrazione.
Un altro racconto d’origine è stato possibile, quello appunto legato al pagus , al nero del limo di cui le inondazioni del Nilo coloravano di benefico apporto i campi ma che rendevano necessario un nuovo patto, una nuova misura "Il primo prete - scrive Serres - che, con un capo della corda in mano, avendo recintato un terreno, trovò i suoi vicini soddisfatti dei bordi del loro recinto comune, fu il vero fondatore del pensiero analitico, e, a partire da esso, del diritto e della geometria"
E così Erodoto nelle sue storie: "[Il re Sesostri] distribuì il territorio fra tutti gli egiziani, dando a ciascuno un lotto uguale a forma quadrata, e che secondo questa suddivisione si procurava le entrate, avendo imposto il pagamento di un tributo annuo. Se il fiume asportava da un podere una qualche parte, il proprietario, recatosi dal re, gli segnalava l’accaduto; egli allora mandava funzionari che osservavano e misuravano di quanto terreno era divenuto più piccolo, affinchè per l’avvenire il proprietario pagasse in misura minore proporzionale il tributo. Io ritengo che in seguito a ciò abbia avuto origine la geometria e sia poi passata in Grecia. L’orologio solare, lo gnomone e le dodici parti del giorno i Greci le conobbero dai Babilonesi". Si innestano, così in un racconto d’origine altri miti d’origine ma forse è proprio vero che "la geometria non può dirsi greca, egizia, babilonese, cinese o indù non certo perchè non sia nata qui o là, in questo o in quel mese, ma perchè la sua lingua e i pensieri che suscita non si riferiscono, nè per il senso nè per il tempo, ad alcuna terra nota d’Oriente o d’Occidente, del Nord o del Sud.
Perturbante stranezza: la geometria risalirebbe insomma a un’origine, fonte o inizio, a un cominciamento, senza essere attaccata ad alcuna radice, senza fiorire su alcuno stelo?"
La misura e la dimostrazione, l’aspetto algoritmico e quello dialettico, la creazione della forma ideale e la riflessione sulla forma reale si intrecciano e rivivono continuamente a perpetuare "il più lungo degli imperi possibili", prendendosi gioco della storia, annullando ogni decadenza e "fine".
2007-01-30 22:35:41
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answer #1
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answered by ivmancini 6
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