Sappiamo bene che la politica di rottura dell’unità delle forze popolari e
antifasciste perseguìta dai gruppi conservatori e reazionari interni e
internazionali e dalla Democrazia cristiana - una politica che il paese ha
pagato duramente - ha interrotto il processo di rinnovamento avviato dalla
Resistenza. Essa non è però riuscita a chiuderlo. Un esteso e robusto
tessuto unitario ha resistito nel paese e nelle coscienze a tutti i
tentativi di lacerazione; e questo tessuto, negli ultimi anni, ha ripreso a
svilupparsi, sul piano sociale e su quello politico, in forme nuove, certo,
ma che hanno per protagoniste le stesse forze storiche che si erano unite
nella Resistenza. Il compito nostro essenziale - ed è un compito che può essere assolto - è
dunque quello di estendere il tessuto unitario, di raccogliere attorno a un
programma di lotta per il risanamento e rinnovamento democratico dell’intera
società e dello Stato la grande maggioranza del popolo, e di far
corrispondere a questo programma e a questa maggioranza uno schieramento di
forze politiche capace di realizzarlo. Solo questa linea e nessun’altra può
isolare e sconfiggere i gruppi conservatori e reazionari, può dare alla
democrazia solidità e forza invincibile, può far avanzare la trasformazione
della società . In pari tempo, solo percorrendo questa strada si possono
creare fin d’ora le condizioni per costruire una società e uno Stato
socialista che garantiscano il pieno esercizio e lo sviluppo di tutte le
libertà . Abbiamo sempre saputo e sappiamo che l’avanzata delle classi lavoratrici e
della democrazia sarà contrastata con tutti i mezzi possibili dai gruppi
sociali dominanti e dai loro apparati di potere. E sappiamo, come mostra
ancora una volta la tragica esperienza cilena, che questa reazione
antidemocratica tende a farsi più violenta e feroce quando le forze popolari
cominciano a conquistare le leve fondamentali del potere nello Stato e nella
società . Ma quale conclusione dobbiamo trarre da questa consapevolezza?
Forse quella, proposta da certi sciagurati, di abbandonare il terreno
democratico e unitario per scegliere un’altra strategia fatta di fumisteria,
ma della quale è comunque chiarissimo l’esito rapido e inevitabile di un
isolamento dell’avanguardia e della sua sconfitta? Noi pensiamo, al
contrario, che, se i gruppi sociali dominanti puntano a rompere il quadro
democratico, a spaccare in due il paese e a scatenare la violenza
reazionaria, questo deve spingerci ancora più a tenere saldamente nelle
nostre mani la causa della difesa delle libertà e del progresso democratico,
a evitare la divisione verticale del paese e a impegnarci con ancora
maggiore decisione, intelligenza e pazienza a isolare i gruppi reazionari e
a ricercare ogni possibile intesa e convergenza fra tutte le forze popolari.
à vero che neppure l’attuazione coerente di questa linea da parte
dell’avanguardia rivoluzionaria esclude l’attacco reazionario aperto. Ma chi può contestare che essa lo rende più difficile e crea comunque le condizioni
più favorevoli per respingerlo e stroncarlo sul nascere?
L’eventualità del ricorso alla violenza reazionaria «non deve dunque portare
- come ha affermato il compagno Longo - ad avere una dualità di prospettive
e di preparazione pratica». A chi si chiede, anche alla luce dell’esperienza
cilena, come si raccolgono e si accumulano le forze in grado di sconfiggere
gli attacchi reazionari, noi continuiamo a rispondere con le parole del
compagno Longo: «Spingendo a fondo l’organizzazione, la mobilitazione e la
combattività del popolo, consolidando ed estendendo ogni giorno le alleanze
di combattimento della classe operaia con le masse popolari, realizzando in
questo modo, nella lotta, la sua funzione di classe dirigente». L’essenziale
è dunque «il grado raggiunto da questa mobilitazione e da questa
combattività » nella classe operaia e nella maggioranza del popolo.
Proprio la fermezza e la coerenza nell’attuazione di questi princìpi e di
questi metodi di lotta politica hanno consentito di abbattere la tirannide
fascista, di ristabilire un regime democratico e di far fallire i tentativi
compiuti dalle forze conservatrici e reazionarie - da Scelba fino ad
Andreotti - di colpire le libere istituzioni o comunque di ricacciare
indietro il movimento operaio e popolare. Così è avvenuto, a partire dal
1947-’48, nella lotta contro la politica di discriminazione, le persecuzioni
e gli attentati liberticidi dei governi centristi. Così è avvenuto nel 1953
quando fu battuto il tentativo di distorcere in senso antidemocratico, con
la legge-truffa, il meccanismo elettorale e la rappresentatività del
Parlamento. Così è avvenuto nel 1960, quando fu stroncata sul nascere
l’avventura autoritaria iniziata dal governo Tambroni. Così è avvenuto nel
1964, quando furono sventate le manovre antidemocratiche e i propositi di
colpi reazionari che videro anche il tentativo di coinvolgere e di
utilizzare contro la Repubblica una parte delle forze armate e dei corpi di
pubblica sicurezza. Così è avvenuto dal 1969, nella lotta contro la catena
di atti di provocazione e di sedizione reazionaria e fascista, ispirati e
sostenuti anche da circoli imperialistici e fascisti di altri paesi, con i
quali si cercò di alimentare un clima di esasperata tensione
2007-01-30 11:49:48
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answer #2
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answered by Anonymous
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