io sto guardando...
"Il Padrino"
titolo originale The Godfather
nazione U.S.A.
anno 1972
regia Francis Ford Coppola
genere Drammatico
durata 175 min.
distribuzione CIC
cast M. Brando (Vito Corleone) • A. Pacino (Michael Corleone) • J. Caan (Santino "Sonny" Corleone) • R. Duvall (Tom Hagen) • D. Keaton (Kay Adams) • T. Shire (Connie Rizzi) • J. Cazale (Fredo Corleone) • R. Castellano (Clemenza) • L. Montana (Luca Brasi) • G. Russo (Carlo Rizzi) • A. Lettieri (Sollozzo) • S. Corsetto (Bonasera) • T. Giorgio (Bruno Tattaglia) • S. Hayden (capitano McClusky) • V. Rendina (Philip Tattaglia) • S. Stefanelli (Apollonia) • F. Citti (Calò)
sceneggiatura F. Coppola • M. Puzo
musiche C. Coppola • N. Rota
fotografia G. Willlis
montaggio W. Reynolds • P. Zinner
Trama
New York, anni ‘40. Durante le nozze della figlia Connie, il “Padrino” Don Vito Corleone promette assistenza e protezione.
Il “turco” Sollozzo, a nome dei Tattaglia, chiede a Don Vito finanziamenti e appoggi per il traffico di droga. Il rifiuto scatena una lotta cruenta tra le due cosche, con il ferimento di Vito e l'intervento del figlio minore, Michael, fino ad allora tenutosi in disparte.
Recensione
Nell’ombra della stanza e in quella della sala, per due minuti e mezzo un uomo chiede giustizia, in nome dell’America ma, ancor più, nel nome di Don Corleone. L’inquadratura si allarga lentamente fino a rivelare dapprima la voce, quindi le sembianze dell’ascoltatore, destinatario di questa preghiera, stabilendone il connubio con lo spettatore.
A pochi metri dall’oscurità della prima scena, nel contrasto di un sole accecante, il matrimonio di Connie serve da preambolo, introducendo dapprima lo spaccato d’America nel quale è celebrato, quindi, al gran completo, la Famiglia e la sua attività .
La trasposizione cinematografica del romanzo di Mario Puzo acquista solennità fin dalla prime battute di Don Vito e grandiosità dalla lunga introduzione, necessaria ad una storia che non si compie nelle tre ore del film ma continua in un primo, programmato sequel ed in un secondo, nato venti anni dopo.
Nel giorno del matrimonio, è proprio il matrimonio a passare in secondo piano: gli affari della Famiglia si diramano fuori dalla casa, fuori da New York e, nel Padrino parte III, fuori dall’America. Spalle di Vito Corleone sono principalmente l’impulsivo Santino, magistralmente interpretato da James Caan nel ruolo più bello che gli sia mai capitato, un eroe tragico dal destino segnato in un mondo di calcolatori freddi e razionali, e Tom Hagen, figlio adottivo, avvocato e, soprattutto, consigliere di fiducia (nel doppiaggio è stato stranamente scartato il più corretto ‘consigliori’). Per Robert Duvall vale a metà il discorso fatto per James Caan, il suo personaggio non si consuma subito ma prende consistenza maggiore col passare del tempo, fino all’affermazione nel Padrino parte II.
Lontano dagli affari della Famiglia, Michael è introdotto in veste di ‘pecora bianca’: Il Padrino è contemporaneamente la sua crescita e il tramonto di Vito, fino alla finale inversione dei ruoli. Michael ha la Famiglia nel sangue, una famiglia che “non gli somiglia” nelle sue parole iniziali, ma nella quale potrà infine rispecchiarsi perfettamente. La parte finale è l’apoteosi di questa sovrapposizione tra l’onesto ragazzo ed il capo mafioso: durante il battesimo, quando il prete si rivolge al padrino con la formula “Rinunci a Satana?” Michael risponde “Sì, rinuncio”, consacrando nello stesso momento il nipote (nei suoi panni la neonata Sofia Coppola, figlia del regista, che nel Padrino parte III interpreterà la figlia di Michael) ed il proprio potere.
Come se le due scene fossero attaccate, parlando di tutt’altro la quasi-moglie Kay (Diane Keaton, unica assieme a Michael ad avere un ruolo da protagonista in tutti e tre i film) gli domanda: “E’ vero?” “No”. La porta, insieme al film, si chiude su di lei: anche il finale, come l’inizio, è visto dallo spettatore con gli occhi del (nuovo) Padrino.
L’uno e l’altro, Marlon Brando ed Al Pacino, con tempi diversi (dopo l’attentato Vito scompare da ogni inquadratura per tre quarti d’ora, Michael sta lontano per anni da New York) si contendono il ruolo di protagonista (andato a Brando, insieme all’Oscar): l’imponenza del primo ne fa un personaggio statico, interamente sviluppato in un passato che sarà De Niro, nel Padrino parte II a descriverci; Al Pacino, in virtù della diversità tra il vecchio ed il nuovo Michael, cambia con la sua evoluzione la propria recitazione, fino ad avvicinarsi a Marlon Brando addirittura nell’espressione del viso.
Alla prova corale di tutto il cast non è da meno il resto, con una fotografia perfetta nella continua alternanza tra luce ed ombra ed una musica fortemente evocativa, che solo durante il battesimo lascia il posto a Bach.
Vincitore di tre Oscar, miglior film, attore protagonista e sceneggiatura non originale.
GIUDIZIO:Sublime.
2007-01-07 05:11:07
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answer #3
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answered by *Biondokkiazzurri* 2
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