Tagliare la coda ai cani è crudele oltre che immensamente stupido... Leggete il seguito e capirete perchè.
Dal sito ciaopet.com
I cani non usano le parole per comunicare, eppure dopo un periodo di convivenza con loro vi renderete conto che riuscite perfettamente a comprendere i loro desideri e i loro bisogni. Questo grazie alla straordinaria capacità espressiva di questi animali e alla ricchezza mimico - gestuale, posturale e vocale del loro linguaggio. Possiamo partire anche dal più comune fra i segnali che il cane ci invia per scoprire quale ampia gamma di espressioni e stati emotivi può celare ad esempio il semplice movimento della coda.
Tutti, fin da bambini, impariamo ad interpretare lo scodinzolio come espressione di contentezza, ma in realtà può essere interpretato in diversi modi. Per semplificare si può cominciare col dire che il cane è contento ed eccitato in misura diversa a seconda dei momenti e questo lui ce lo vuole far sapere con la coda. Stanley Coren in un suo saggio su “L’intelligenza dei cani” fa rilevare appunto che se lo osserviamo bene nelle diverse occasioni di eccitazione, scopriamo che il movimento non è sempre uguale a se stesso: cambia la velocità e cambia anche l’ampiezza e queste variazioni più o meno evidenti ci danno informazioni sul diverso grado di eccitazione e sul motivo dell’eccitazione.
Lo scondinzolio: molti messaggi
Lo scodinzolio leggero all’arrivo del padrone sarà dunque un saluto di routine, mentre quello più rapido e frenetico, magari accompagnato da abbai e balzi, è un’esplosione di gioia.
Poi c’è lo scodinzolio che accompagna il gioco, quello ampio e veloce del divertimento, che dà messaggi di approvazione e incitamento al compagno e lo assicura che tutto quello che sta accadendo in quel momento, abbai, ringhi e attacchi, fa parte di una finzione.
Lo scodinzolio lento “con la coda a mezz’asta”, dice Coren, è tipico di una fase preliminare al gioco o ad un esercizio di addestramento, in cui alla gioia di ricevere attenzione dal padrone si unisce la tensione verso l’apprendimento di un nuovo gioco.
Lo scodinzolio allora è un modo per comunicare, paragonabile ad un sorriso o, a seconda dei casi, a una bella risata, a un urlo di gioia o ad un’esplosione di entusiasmo, cui partecipa tutto il corpo. E, ci sembrerà strano, anche la “faccia” del cane in quel momento ride a guardarla bene! Questo ci dà la misura della forte connotazione sociale di questo segnale e ci spiega il motivo per cui un cane, come fa notare Coren, scodinzola solo in presenza del padrone o in genere di esseri animati, capaci di reagire a questa comunicazione. Se ci pensate neanche agli uomini accade tanto spesso di ridere da soli. Eppure lo scodinzolio non è solo questo, non è semplicemente una risata o un’espressione di gioia. L’uomo si è abituato ad interpretarlo così perchè coglie solo alcuni aspetti superficiali dell’atteggiamento del cane nei confronti del padrone. Il cane che scodinzola ci da anche informazioni sulla sua natura e sul suo rango sociale. Un movimento della coda basso, ampio e rilassato è tipico dei cani sottomessi, come fa notare l’etologo Desmond Morris; mentre i cani dominanti e aggressivi fanno movimenti brevi, secchi e a coda alta.
Ma c’è di più. Secondo Morris dietro lo scodinzolio del cane che saluta il padrone c’è un misto di gioia e paura. Il cane è contento del ritorno del padrone, ma avverte anche un certo timore nei confronti di quel capo branco, verso cui si sente sottomesso per ragioni di rango.
Il messaggio sociale quindi si complica e diventa espressione di uno stato conflittuale: il cane scodinzola quando è in preda a sensazioni e desideri opposti. Lo capiamo meglio osservando come si comporta con i suoi simili. Due cani che si incrociano scodinzolano perchè sono attratti l’uno dall’altro e nello stesso tempo si temono. Così il conflitto fra attrazione sessuale e paura fa scodinzolare due cani in fase di approccio amoroso. Uguale reazione si osserva nei cuccioli quando mangiano attaccati alle mammelle della madre: scodinzolano perchè sono nervosi; quella situazione è fonte di piacere perchè soddisfa il loro desiderio di mangiare, ma è anche fonte di paura e fastidio, per la presenza degli altri fratelli sempre pronti ad usurpare la razione più grossa di cibo.
Infine c’è un altro motivo alla base di questo movimento, apparentemente banale, che ne rafforza il suo valore sociale. I cani, come tutti sanno, comunicano tra loro oltre che con segnali visivi con messaggi odorosi. Proprio sotto la coda si trovano le ghiandole anali, le principali fonti dell’odore caratteristico di ogni cane. Il cane muove la coda anche per stimolare queste ghiandole e aumentare l’emissione delle tracce odorose, che poi si diffondono più rapidamente per effetto del movimento della coda. Anche per questo se si trova fra amici ai quali può manifestare senza pericolo la propria identità e quindi il proprio odore, il cane muove la coda più velocemente. Lo stesso accade ed Eberhardt Trumler lo fa rilevare, quando incrocia un altro cane e via via si rende conto che appartiene all’altro sesso, specie se si tratta di una femmina in amore. E’ sempre la coda, in questo caso di lei, che dobbiamo guardare per capire se il corteggiamento è andato a buon fine: se la cagnetta si decide a scostarla lateralmente vuol dire che ha detto il suo sì.
L'incontro di due cani
In generale poi guardando anche soltanto le code di due cani che si incontrano riusciamo ad individuare quello dominante e quello sottomesso. Il primo avanza con la coda alta, messa un po’ obliqua, nella posizione che Trumler definisce “a bandiera” e la agita con uno scodinzolio lento e concentrato, con la spavalderia di chi è sicuro di sè e può rivelare la propria identità di essere superiore spargendo il suo odore tutto intorno. L’altro invece, sentendosi inferiore, si fa piccolo piccolo e procede quasi a non voler dare fastidio, scodinzolando a coda bassa e con la tendenza a piegarsi sul treno posteriore. In questa posizione la coda copre la regione anale e nasconde quindi l’odore individuale, come per celare la propria vera identità per paura. Questo atteggiamento si accompagna con una serie di altri movimenti che caratterizzano quella che dai più viene definita la sottomissione attiva e quella passiva. Marco Poli le distingue nel suo libro sulla “Psicologia animale e l’etologia” in base al grado più o meno accentuato di sottomissione che si coglie appunto anche dalla coda: scodinzolio basso e lento per la sottomissione attiva e coda ripiegata tra le zampe posteriori per quella passiva.
C’è poi chi dà al movimento della coda un significato ancora più curioso: riscontrandolo in molti predatori W.Winkler interpreta questo movimento come una tattica per ingannare la preda: “una coda che si muova nervosamente può sviare l’attenzione della preda per un tempo tanto lungo da consentire al predatore la cattura”. E’ quello che fa per esempio il serpente a sonagli attirando l’attenzione delle sue prede con i movimenti sonori della coda, per poi mangiarsele in un boccone fulmineo.
I suoi baci sono freddi e caldi; non sempre ci piace riceverli in faccia, ma lui fa di tutto per riuscire a toccare col muso umido la nostra bocca e a leccarci il viso; lo fa anche compiendo atletici balzi in alto, soprattutto per accogliervi al vostro rientro a casa.
Così al nostro amico piace salutarci e così pure si comporta quando incontra altri cani cui è legato da vincoli speciali. Trumler le chiama “effusioni muso-a-muso” e non esprimono un semplice saluto: un cane che cerca il muso del suo compagno, lo tocca a brevi e rapidi colpetti, lo lecca e poi lo afferra delicatamente esprime la sua amicizia e la sua sottomissione. Lo vediamo anche dall’atteggiamento generale, dal fatto che mantiene le orecchie all’indietro, che scodinzola muovendo tutto il treno posteriore e uggiola o abbaia a scatti, come fa quando gioca. Se vogliamo trovare le origini di questo rituale, ancora una volta dobbiamo tornare all’infanzia; infatti questo comportamento che il nostro amico ormai adulto usa per mantenere sempre saldi i legami con il suo gruppo lo ha imparato da piccolo. La mamma gli ha fatto capire che per mangiare bastava darle dei colpetti con il muso agli angoli della bocca, cioè provocarle il rigurgito, pasto preferito del piccolo. Una volta imparato il meccanismo, sappiamo che esso può scattare appena si ricreano condizioni simili che rendono necessario quell’atteggiamento. E così lui lo usa nelle fasi del gioco e della socializzazione per riconoscere l’autorità del capo.
Questo comportamento secondo Trumler fa parte sempre di quel rituale della “sottomissione attiva”, usato dai cuccioli nei confronti del capo branco e, in generale, dai cani di rango inferiore nelle fasi di avvicinamento ad un soggetto più alto in gerarchia. Trasferito negli adulti, come osserva Mainardi, questo schema di comportamento in origine finalizzato alla richiesta di cibo si trasforma infatti in un rituale di saluto. Adottando gli schemi comportamentali infantili il cane più debole e sottomesso riesce a spegnere ogni impulso aggressivo nel suo simile dominante e agguerrito. E’ come se gli dicesse: “guarda, sono come un cucciolo, non posso fare male a nessuno”. Di fronte a questo il capo non può che prendere atto del fatto che la sua autorità è confermata senza bisogno di usare la forza.
Allora, come dobbiamo rispondere noi a queste attestazioni di affetto e di autorità? Noi, che siamo diversi e non sempre siamo pronti a cogliere certi messaggi, anzi spesso siamo infastiditi da queste effusioni? Come farebbe un cane, viene di rispondere: senza reazioni aggressive, ma mettendoci a quattro zampe e girando la testa dal lato opposto al suo, come per dire: “non aggiungere altro, ho capito”. Lui si fermerà. Ma non tutti possono farlo e allora troviamo altri modi. Per frenare i suoi salti gli offriamo la mano, come surrogato del nostro viso, da leccare e mordicchiare delicatamente. Se poi l’abitudine di vedercelo saltare addosso ad ogni rientro a casa non ci piace proprio, chiariamolo dall’inizio, senza ricorrere ad ingiuste punizioni. Basterà infatti che per le prime volte opponiamo al suo salto la nostra gamba con il ginocchio puntato sul suo petto: il tutto con molta delicatezza e senza scalciare, naturalmente.
Segue : Il cane e le sue voci
Imparare ad ascoltarlo
E’ curioso fermarsi ad ascoltare le “voci” del nostro cane. Per chi è attento alle esigenze del suo amico e interessato a capire i modi di esprimerle, diventerà un’esperienza unica ascoltare il suo linguaggio vocale, fatto di suoni, versi, abbai e ululati. Non solo riuscirà quasi subito a riconoscere quell’abbaio come fosse un suono familiare, ma imparerà a distinguerne le variazioni di altezza, di ritmo e di modulazione e a collegarle a significati differenti, a seconda dei messaggi che lui vuole comunicare.
Tante sfumature
Stanley Coren osserva come in parallelo con gli uomini esistano anche per i cani delle discriminanti nel linguaggio vocale, che variano a seconda del messaggio e del destinatario. L’altezza del suono, per esempio si modifica dai toni più gravi della minaccia a quelli più acuti della paura, fino a quelli un pò meno aspri del gioco. Così come la frequenza del suono e quindi il ritmo veloce che indica eccitazione, quello acuto e breve che esprime dolore e quello lento della pregustazione del piacere, infine quello prolungato e sommesso che annuncia l’aggressione.
C’è sempre da rimanere stupiti di fronte a certe sue trovate, che ai nostri occhi umani sembrano delle furbizie e che ci lasciano spiazzati, specialmente quando a metterle in pratica sono degli ingenui e sprovveduti cuccioli. Parliamo in particolare dei rampolli di “buona famiglia” che hanno imparato la disciplina da mamma e papà, ma in generale di tutti quelli che hanno superato il periodo della socializzazione senza traumi, assimilando quindi tutti quei moduli comportamentali utili sa facilitare la vita in gruppo e ad inibire l’aggressività dei conspecifici.
Il guaito
A chi non è mai capitato di essere assalito dai guaiti acuti e disperati del suo cucciolo per il solo fatto di aver accennato con la mano ad afferrarlo per la collottola in segno di punizione? Guaiti disperati e per di più immotivati, almeno ai nostri occhi increduli, perchè precedono la punizione, invece di seguirla e automaticamente la scoraggiano. In quelle urla acute c’è un’ammissione di colpa e una resa incondizionata, che inibiscono qualsiasi punizione.
Ma ciò che noi leggiamo come furbizia del cucciolo, che riesce ad evitare la punizione, è un comportamento collaudato nel periodo di socializzazione e appreso durante il tirocinio educativo. E’ in questa fase che il cucciolo impara ad usare il guaito per inibire l’aggressività dei genitori all’atto della punizione, così come del capo branco e, in generale, di qualsiasi altro aggressore. Il suo atteggiamento infatti, come spiega Eberhardt Trumler, è una dimostrazione di sottomissione all’autorità dell’avversario. Una volta imparato ad usarlo, il piccolo ha un’occasione in più per fare i suoi peccati, una possibilità in più per evitare la punizione, ma anche un’opportunità in più per capire bene le regole del branco, in modo da non trasgredirle più in futuro. Sta a noi, a questo punto, rispettare le sue aspettative e accogliere i suoi pentimenti sinceri, perchè il processo di apprendimento e di educazione sia giocoso e indolore. Solo esercitando nel cane questo meccanismo sin da quando è piccolo, senza ricorrere ad inutili punizioni o forzature si ottiene da lui ubbidienza ed educazione.
L'abbaio
Ma il verso più familiare, in cui più spesso identifichiamo la capacità espressiva del cane, è l'abbaio che ad ascoltarlo con attenzione presenta tante, diverse sfumature: c'è l’abbaio breve e secco del saluto, quello prolungato e associato al ringhio che annuncia l’aggressione, il latrato forte e continuo della paura, il guaito lamentoso della sofferenza o della supplica, il verso intermittente e acuto che invita al gioco o quello ripetuto in un crescendo squillante dell’eccitazione. L’abbaiare secondo Trumler si è sviluppato nel corso della domesticazione. Lo dimostra il fatto che nel lupo questa abitudine non è tanto sviluppata quanto nel cane; “è un fenomeno, ribadisce Desmond Morris, legato ai diecimila anni di incroci selettivi sul cane e non all’origine selvatica dei nostri animali domestici”. L’ipotesi infatti è che l’uomo primitivo, avendo bisogno di guardiani vigili ed efficienti, abbia privilegiato questa caratteristica del cane, prima per le sue funzioni di difesa alla proprietà e solo dopo per quelle di caccia.
L'ululato
C’è poi un aspetto inquietante nelle tante vocalizzazioni del nostro amico, è l’ululato. Questa al contrario della precedente è una prerogativa del lupo. Il cane ulula di rado, ma quando lo fa ci scuote profondamente. Quel suono acuto e continuo ci riporta alle origini; ci restituisce l’immagine solitaria del lupo che ulula su uno sfondo lunare; ci comunica un malessere muto e inspiegabile. Il lupo ulula per riunire il branco, fa osservare Morris, magari prima di un’azione di caccia. Al richiamo del capo rispondono gli altri membri del gruppo. Ognuno con la sua voce, caratterizzata da modulazioni e timbri differenti, si fa riconoscere e si unisce al coro, come per dire: “sono presente”. Il canto del branco diventa così anche un messaggio per i lupi estranei, un modo per marcare il territorio e affermarne la proprietà.
Ma il cane domestico perchè ulula? La sua vita non è più quella avventurosa del lupo selvatico, il suo branco è la famiglia, che non lo abbandona mai e vive raccolta attorno a lui, in un territorio ben delimitato e protetto. Eppure qualche volta lo sentiamo ululare, magari la mattina presto, quando la casa è ancora assopita e lui si sente solo di là, chiuso nella sua stanza. Allora chiama a raccolta il gruppo. Ma ci sono delle volte che la sua malinconia diventa inconsolabile: nel periodo degli amori lo potrete vedere in un angolo del balcone, buttare indietro il capo per lanciare il suo straziante richiamo alle cagne in calore o ai maschi del vicinato. Ci renderemo conto che il potere di coinvolgimento di questa nenia è quasi magico, tanto che a volte saremo tentati di unirci al canto triste del nostro amico, che forse se lo aspetta pure, visto che il suo branco siamo noi.
Un cane che sbadiglia ha ragioni diverse dall'uomo ed è difficile non lasciarsi ingannare dal senso comune che tende ad attribuire a questo atteggiamento motivazioni più che altro umane, come la noia, la fame o la stanchezza e a non considerare che si tratta di un cane che sbadiglia e non di un uomo.
Il più delle volte infatti lo sbadiglio del nostro amico ha origini differenti, specie se lo si osserva in contesti in cui sembra fuori luogo: un cane seduto sulle zampe posteriori, con i muscoli in tensione pronti a scattare e lo sguardo eccitato puntato sul padrone, quasi a chiedere qualcosa, sbadiglia ripetutamente, pur non essendo affamato, magari accompagnando la fase finale dello sbadiglio con un uggiolio acuto e un movimento rapido della testa. Una scena del genere ci può far pensare più che ad un cane stanco o annoiato ad un cane nervoso o in tensione per qualcosa. In questi casi lo sbadiglio diventa un segnale di stress. E’ così che lo interpreta Stanley Coren, passando in esame le varie espressioni che il cane riesce a fare con la bocca: quando è semiaperta e rilassata, con la lingua appoggiata ai denti il cane sta sorridendo; mentre se le labbra si incurvano tanto da esporre denti e gengive e si creano le pieghe sul muso il cane sta minacciando un’aggressione; se poi l’angolo della bocca è spinto indietro e tende al basso c’è un velo di paura nell’impulso aggressivo. Lo sbadiglio, invece, è una delle manifestazioni di nervosismo e in generale di malessere.
Sintomo di malessere?
Sono tanti i modi in cui il cane ci comunica il suo malessere, basta imparare a riconoscerli e certo all’inizio non è facile. Si tratta di azioni che il cane compie sempre in stato di agitazione e in momenti della giornata casuali, senza un nesso di coerenza e funzionalità. Valerie O’Farrel le chiama “attività dislocate”, perchè sono compiute al di fuori del loro ambito e significato originario. Il loro scopo è appunto quello di “attenuare la tensione” accumulata per il contrasto tra due impulsi opposti o per la repressione di qualche istinto.
Facciamo un esempio. Ci sarà capitato qualche volta di rimanere sconcertati e impotenti davanti al nostro cane che cammina ansioso per tutta la casa e si acquatta in ogni angolo a scavare con una smania insolita e irrefrenabile. E’ il suo modo di dirci che ha un problema, che è in preda ad un conflitto o ad una frustrazione, che insomma è stressato.
Un messaggio simile ci viene trasmesso da un cane intento a spulciarsi nervosamente e ripetutamente o impegnato con foga smisurata a montare oggetti inanimati o comunque teso ad un’azione che per il modo in cui viene fatta e per il contesto in cui si svolge è svuotata del suo significato originario.
Una volta che il padrone ha imparato a capire il messaggio può cominciare a ricercare le cause di questa sovraeccitazione che potrebbero essere addebitate a lui stesso, se si tratta di un padrone incoerente e nevrotico, o al cane, quando è particolarmente emotivo e predisposto all’ansia.
2007-01-01 07:46:32
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answer #1
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answered by swann_c 2
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