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5 risposte

Il pessimismo di Leopardi è un qualcosa di insito nella sua natura, anche perchè sin dalla nascita le sue condizioni familiari non erano tra le più positive. I genitori erano con lui molto restrittivi, non lo facevano uscire, lo barricavano in casa, non facendolo vivere come tutti i ragazzini della sua età: ciò lo indusse a cercare nello studio e nella cultura (in quei 7 anni di studio matto e disperatissimo), la "felicità". Felicità che comunque non riuscì mai a raggiungere, e a cui cercò spesso di dare una definizione e una spiegazione: iniziò quindi la fase del "pessimismo storico", secondo cui l’infelicità è sempre esistita. Tuttavia gli antichi non se ne accorgevano o non se ne rendevano conto, perché distratti dalle illusioni e, in virtù di ciò, meno consapevoli della presenza del Male.
La natura, in questa fase del pensiero leopardiano, è ancora considerata benigna, perché, provando pietà per l’uomo, gli ha fornito l’immaginazione, ovvero le illusioni, le quali producono nell’uomo una felicità che non è reale perché mascherano la vera realtà che è fatta di sofferenza. Nel mondo dei moderni queste illusioni sono però andate perdute perché la ragione ha smascherato il mondo illusorio degli antichi e ridato vita alla realtà nuda e cruda dei moderni.
Successivamente, nella fase del pessimismo cosmico,la natura diventa la sola colpevole dei mali dell’uomo; vista come un organismo che non si preoccupa più della sofferenza dei singoli, ma che prosegue incessante e non curante il suo compito di prosecuzione della specie e di conservazione del mondo, in quanto meccanismo indifferente e crudele che fa nascere l’uomo per destinarlo alla sofferenza.. L’uomo deve perciò rendersi conto di questa realtà di fatto e contemplarla in modo distaccato e rassegnato, come un saggio stoico che pratica l’atarassia e la lucida contemplazione del reale.
Secondo Leopardi la felicità non è altro che una condizione che l'uomo non riuscità mai a raggiungere, perchè egli è destinato a vivere nella sua profonda sofferenze e malattia mortale che accomuna tutti, e che è, appunto, l'infelicità.
Spero di esserti stata d'aiuto :)
Il resto lo puoi costruire da sola anche inserendo i tuoi pensieri sulla felicità o proponendoti come sostenitrice oppure critica del pensiero leopardiano.
Un bacio
Cenerentola Innamorata

2006-12-16 02:30:42 · answer #1 · answered by ♡Cenerentola Innamorata♡ 6 · 1 0

Per Leopardi tutto ciò che chiamiamo "felicità" è soltanto l'assenza momentanea del dolore. tale concetto oltre che nelle Operette Morali è presente nei canti maggiori specialmente nel" Canto notturno di un pastore errante nell'Asia" e ne "La gienestra". Più ci si allontana da un presunto "stato di natura" più la vita è dolore e soffrenza. E' un pensiero che ha radici nell'illuminismo di Rouseeau e poi si dipana per altri sentieri originali, convolgendo non solo l'esistenza umana, ma tutto il creato. Non c'è felicità ora e subito, ma soltanto nel vagheggiare un altro possibile stato migliore. Valga come esempio il "sabato del Villaggio".

2006-12-16 11:36:10 · answer #2 · answered by scriba 2 · 0 0

beh per quello che ricordo leopardi nn era una persona assai ottimista, anzi! Incominciando dalla sua condizione in famiglia dove sua madre era molto autoritaria, al fatto (detto in maniera meno diretta) che madre natura si fosse accanita contro di lui, etc
leopardi è l'esempio italiano più prossimo al romanticismo europeo, soprattutto nella sua fase cosmica.
ciao

2006-12-16 10:25:05 · answer #3 · answered by Aye 7 · 0 0

Fallo. In bocca al lupo.

2006-12-16 10:18:06 · answer #4 · answered by bolgiagreca 4 · 0 0

e' dura la felicita' su leopardi!!
auguri

2006-12-16 10:17:24 · answer #5 · answered by stellastellia 3 · 0 0

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