English Deutsch Français Italiano Español Português 繁體中文 Bahasa Indonesia Tiếng Việt ภาษาไทย
Tutte le categorie

Fu libero e grande pensatore, studiò la magia come componente della natura, ipotizzò una serie di universi possibili con innumerevoli pianeti abitati possibili, fu panteista, negò l'immortalità dell'anima ma credette nell'intelligenza divina della natura, per questo fu inquisito come eretico e dopo sette anni di torture e interrogatori rifiutò di abiurare accettando l'atroce condanna degli Impenitenti: fu condannato ad essere arso vivo, 17 Feb. 1600. Ogni anno i romani in questa data gli depongono ai piedi della statua una corona di fiori. La Chiesa, più volte sollecitata, non gli ha mai chiesto scusa.

2006-09-19 21:01:32 · 9 risposte · inviata da Anonymous in Società e culture Società e culture - Altro

9 risposte

non ho mai visto la statua.
queste sono le parole che preferisco:
"...io sorgo impavido a solcare con l'ali l'immensità dello spazio, senza che il pregiudizio mi faccia arrestare contro le sfere celesti, la cui esistenza fu erroneamente dedotta da un falso principio, affinchè fossimo come rinchiusi in un fittizio carcere ed il tutto fosse costretto entro adamantine muraglie.
Ma per me migliore è la mente che ha disperso ovunque quelle nubi."

2006-09-19 21:15:49 · answer #1 · answered by carolacbr 3 · 1 0

Eh già l'avevo studiato in Filosofia al IV anno di Liceo....
bellissimo anche il film ve lo consiglio

2006-09-20 04:22:39 · answer #2 · answered by Chiara M 6 · 2 0

grandissimo giordano bruno...tristissima la Chiesa che ad oggi non riconosce i suoi errori...

2006-09-20 04:22:04 · answer #3 · answered by frik 2 · 2 0

Amo Campo de'Fiori...la mia madrina abita a pochi passi dalla magnifica piazza, quindi mi è capitato spesso di passarci, sia di girno (quando è affollata da bancarella di frutta e verdura), sia di notte (è una delle poche piazze del centro storico a restare popolata fino alle prime luci dell'alba).
Per quanto riguarda Giordano Bruno...è grazie a lui, e alle meravigliose lezioni di filosofia della mia professoressa, che mi sono avvicinata al panteismo.
Bruciare come eretico questo grande uomo, è stato solo uno dei grandi errori della Chiesa nei secoli; ai quali aggiungerei l'uccisione di Fra Dolcino.

2006-09-20 04:21:27 · answer #4 · answered by Jamila 2 · 2 0

dovresti dirlo a tutti quei ferventi cristiani di cui ho letto in questi giorni che dicono che il cristianesimo nn ha nulla da farsi perdonare...ho già citato bruno in una delle mie domande ma dicono che quella è storia e si deve invece pensare all'attualità xè nn ci si può rifugiare nella storia..ipocriti...

2006-09-20 04:18:36 · answer #5 · answered by where 4 · 2 0

meno male che ci sei tu . altrimenti mai sarei venuto a conoscenza di tale importante notizia , grazie di cuore .

2006-09-20 19:04:01 · answer #6 · answered by Anonymous · 0 0

Qui: http://it.geocities.com/trepadri/giordanobruno0.htm

trovi notizie sulla statua

2006-09-20 04:09:45 · answer #7 · answered by pecoranera 3 · 0 0

La statua nn l'ho vista ma qst è qll che trovato su di lui: Il percorso di un contestatore

Filippo Bruno nacque nel gennaio del 1548 a Nola, cittadina del regno di Napoli. A quattordici anni, parte per studiare nella capitale del regno. Nel 1565, entra nel convento dei domenicani di Napoli – dove prende il nome di Giordano e acquista il titolo di dottore in teologia nel 1572. Fin da questi anni, egli si distingue per la sua grande libertà di spirito. È richiamato per avere staccato dalla parete della sua cella i ritratti dei santi. Viene sorpreso a leggere un autore messo all’indice: Erasmo. Fatto più grave: lo si ascolta mettere in dubbio il dogma della Trinità e discutere le dottrine di Ario, eresiarca del IV secolo. Tutto ciò gli vale una denuncia, nel 1576, da parte di un domenicano. Bruno si spaventa. Fugge verso Roma, quindi, dopo essersi stonacato verso Ginevra.

Comincia allora una vita in continua fuga. In quindici anni, Bruno, nel corso di successivi esili - aderirà praticamente a tutte le forme allora correnti di cristianesimo, per essere da tutte le chiese, cattoliche o riformate, scomunicato. Ovunque, tuttavia, è inizialmente accolto con calore e rispetto, poiché si ammira il suo spirito, la sua cultura, la sua eloquenza e la sua padronanza dell’arte della memoria, molto tenuta in considerazione in un’epoca in cui la stampa era ancora ai primi passi. Ma in nessun posto riesce a trovare un riparo duraturo. Le sue dottrine in effetti urtano senza tregua le credenze dei suoi ospiti, di qualsiasi fede siano. Nel 1576, gli bastano quattro mesi per rendersi indesiderabile ai maggiorenti dell’università di Ginevra. Alla fine del decennio, è la prudenza che lo spinge a lasciare Tolosa, dove era andato ad insegnare - la virulenza degli scontri tra cattolici e protestanti gli fanno infatti temere di essere vittima ora dell’una ora dell’altra parte. Nel 1581, il re Enrico III, che lo ammira, si mostra particolarmente accogliente e crea espressamente per lui una cattedra al Collegio reale, poiché Bruno, da apostata, non avrebbe potuto esercitare alla Sorbona, il cui regolamento rendeva obbligatorio assistere agli uffici religiosi. Tuttavia Bruno coglie l’occasione e sembra trovare requie e, nel 1584, accompagna l’ambasciatore di Francia in Inghilterra. La regina Elisabetta I è tanto ben disposta al suo riguardo quanto il re di Francia. Bruno tenne anche alcune lezioni a Oxford che, come sempre, furono interrotte dai pedanti aristotelici . A Londra pubblica i suoi principali lavori. Ma, ancora una volta, non addolcisce i toni delle proprie dottrine. Enrico III, ritornato in Francia, è costretto a mettere al bando l’ingombrante pensatore.



Restavano i Paesi di fede luterana. Come altrove, vi trovò persone inizialmente decise a sostenerlo. Ecco ad esempio il messaggio inviato al senato di Wittenberg: «Avete permesso ad uno straniero, ad un uomo che non apparteneva alla vostra religione, di insegnare in pubblico (...), lo avete autorizzato ad essere semplicemente un amico della saggezza (...), non gli avete impedito di esporre le proprie opinioni, anche quando erano contrarie alle dottrine da voi professate». Alla fine del XVI secolo, iniziava infatti, qua e là, a realizzarsi qualcosa che somigliasse alla tolleranza. Ma questa lettera mostra, soprattutto, il carattere del tutto eccezionale di questo tipo d’atteggiamento. La situazione restava pesante per Bruno, che fu costretto nuovamente a fuggire da uno Stato tedesco all’altro, secondo il ritmo delle rivoluzioni politiche e religiose, e dei salti d’umore dei teologi.



Nel 1591, Bruno è stanco dell’esilio. Desidera che la Chiesa lo riaccolga nel suo grembo e vuole rivedere la sua patria. Accetta perciò di buon grado l’invito di Giovanni Mocenigo, ricco veneziano che desidera apprendere da lui la geometria e l’arte della memoria (mnemotecnica). Ma, lungi dall’essere il protettore sperato, Mocenigo, il 23 maggio 1592, denuncia Bruno all’Inquisizione col pretesto che quest’ultimo non gli avrebbe trasmesso i suoi segreti.



Lo scopo del Tribunale dell’Inquisizione, istituito dal papa Gregorio IX nel 1231, ed incessantemente regolamentato in quest’epoca di turbolenze religiose, era di estirpare l’ eresia: occorreva, con ogni mezzo, scovare l’ eretico e portarlo all’abiura e al pentimento. Benché la pena inflitta potesse prevedere il patibolo o la prigione a vita, il più delle a volte era leggera: pellegrinaggio, cura di un povero, addossamento della croce d’infamia o altre penitenze “salutari”. In casi di ostinazione particolare del “colpevole” era prevista la sua consegna alle autorità secolari, ossia il patibolo. L’ostinazione era dichiarata irrimediabile soltanto al termine di interrogatori che potevano svolgersi lungo molti mesi o molti anni, e durante i quali l’obiettivo dei giudici era di portare l’imputato all’abiura. Il processo di Bruno durerà ben otto anni.

Sono del resto le minute, benché lacunose, di questi lunghi interrogatori che ci permettono oggi di ricostruire il pensiero di Giordano Bruno, meglio dei suoi lavori, spesso oscuri. Ne risulta molto chiaramente che la magia o l’ermetismo, che hanno certamente occupato un posto importante nella sua attività intellettuale, non pesarono per nulla nella sua condanna e che il loro ruolo non era del resto centrale nel suo sistema. È altrettanto interessante constatare che Bruno era pronto, almeno in una prima fase del suo processo, a disconoscere alcuni dei suoi scritti nelle formulazioni apertamente anticristiane. Ma l’approfondimento degli interrogatori rivela che il “nucleo duro” della teoria di Bruno, e che doveva fatalmente condurlo al patibolo, risiedeva nella sua concezione di un Universo infinito.



Le fonti del pensiero di Giordano Bruno

Senza essere un fisico di genio alla stregua di Galilei, Giordano Bruno possedeva uno spirito scientifico, e fu soprattutto un metafisico notevole. Il primo a proporre un sistema coerente contrapponibile a quello di Aristotele. Ricordiamo che, secondo quest’ultimo, la terra si trovava al centro di un universo chiuso. Dunque immobile con le stelle superlunari rotanti attorno ad essa. Il mondo siderale era anch’esso immobile, ed al di là della sfera siderale, o celeste, non c’era nulla: né luogo, né vuoto. Il sistema di Aristotele, ripreso e “cristianizzato” da Tommaso d’ Aquino, era assurto al rango di dogma della Chiesa cattolica romana. Fin dai suoi anni giovanili, Bruno si era interessato ai predecessori di Aristotele (i pitagorici, Platone e i presocratici, soprattutto) e ai neoplatonici. Soprattutto, aveva letto due autori che erano passati quasi inosservati ma che portavano in germe una critica radicale della fisica di Aristotele: Nicolò Cusano e Copernico.
Le dottrine di Cusano e di Copernico

Il teologo tedesco Nicolò di Cusa (1401 -1464) fu il primo a rimettere in discussione la concezione aristotelica del mondo. Per lui, l’Universo è uno sviluppo imperfetto di Dio. Imperfetto poiché il suo frazionamento indefinito si oppone all’unità del divino. L’universo non è a dire il vero infinito, ma non è finito neppure: “senza termine”, nel senso in cui non se ne possono conoscere i limiti. Ne discende che la terra non è più al centro, e non ci sono centri fisici nell’Universo. Questo centro è metafisico: è Dio. In lui, il centro, la circonferenza, l’inizio e la fine del mondo coincidono.

Queste considerazioni non sboccavano in realtà in alcuna cosmologia, né in alcun ragionamento scientifico. Tuttavia, rimettendo in discussione, per la prima volta in Occidente, il dogma dell’Universo chiuso, questo pensiero doveva fortemente influenzare Bruno e, più in là, l’astronomia moderna.

Nel 1543, fu pubblicato nell’indifferenza quasi totale, il trattato di un canonico polacco, Nicola Copernico (1473 -1543), Sulle Rivoluzioni dei mondi celesti. Due aspetti dell’opera di Copernico suscitarono l’interesse di Bruno. Da un lato, Copernico opera una “rivoluzione” nel senso tradizionale di questo termine: torna ai filosofi che precedono Aristotele. Rheticus, un allievo di Copernico, lo afferma in modo chiaro e inequivocabile: «È seguendo Platone e i pitagorici che (Copernico) pensa che, per determinare la causa dei fenomeni, un movimento circolare doveva essere attribuito alla sfera terrestre».

D’altra parte - e risiede qui la sua grande invenzione concettuale – Bruno capisce che il sistema di Copernico conduce logicamente all’Universo infinito. Copernico non ha fatto che allargare il mondo. Quest’ultimo resta finito, poiché conserva un centro, il sole, «che riposa sul trono reale, governa la famiglia delle stelle». Copernico cambia la precedente struttura del mondo sublunare di concezione aristotelica, ma prevede tuttavia ai confini del mondo una sfera immobile di stelle fisse.



La rimodulazione della teoria copernicana

Sotto l’influenza della dottrina di Nicolò Cusano, Bruno reinterpreta il sistema di Copernico. Manda in frantumi la sfera immobile di stelle fisse che Copernico non aveva osato toccare. Le stelle non sono più immobili ma sono dei soli in numero infinito, da cui dipende un numero infinito di astri che sono distribuiti in un Universo infinito. Il sistema di Copernico dà un ordine così all’infinito che Nicolò Cusano aveva lasciato nell’anarchia. «Egli comprende – scrive Guido De Ruggiero – che il copernicanismo nel suo significato più profondo, porta a una unificazione del cielo e della terra, a una parificazione di tutti gli astri, nella loro struttura e nel loro movimento , e quindi a una redistribuzione del sistema cosmico».

«Se il mondo è finito», fa dire Bruno al personaggio di uno dei suoi scritti, «ed extra il mondo è nulla, vi domando ove è il mondo, ove è l’universo? Aristotele risponde: in se stesso (...). E che cosa ne è, dico io, delle cose che sono fuori del mondo? Se dici che non ce n’è nessuna, allora, di certo, il cielo, o il mondo non è da nessuna parte».

Tutto è movimento nell’Universo di Bruno poiché tutto è animato, cioè dotato di un’anima - o meglio dire di un pezzo d’anima dell’Universo, poiché l’universo è emanazione di Dio. Ma, un essere infinito soltanto può avere uno sviluppo infinito. Tuttavia, l’infinito di Dio e l’infinito dell’Universo non sono della stessa natura.

Il primo è semplice ed il secondo complesso, frammentato. L’Universo infinito è composto da innumerevoli mondi chiusi. I mondi sono separati da vuoti e Bruno non crede ad una comunicazione possibile tra loro. Con una di quelle bizzarrie che rendono la sua opera particolarmente tortuosa, Bruno pensa che sia lo stesso per i continenti. Così prende posizione contro la colonizzazione dell’America per la ragione che non crede all’unità del genere umano e pensa impossibile (o contro natura) l’unione tra le diverse razze umane.

Per lui, la vita è apparsa per germinazioni spontanee ed indipendenti a partire dall’azione dei raggi del sole sulla terra umida, che contiene tutte le sementi.





Le implicazioni teologiche del pensiero di Bruno

Durante tutto il processo intentatogli, Bruno si definisce sempre come un filosofo e non come teologo. Rifiutava l’accusa di eresiarca: infatti non predicava, ma diceva di ricercare la verità sul principio primo dell’Universo. Abbiamo visto tuttavia le implicazioni teologiche del suo sistema: se ci sono molti tipi umani, Adamo non è più il padre comune dell’umanità e non ci può essere redenzione universale. E d’altra parte se l’Universo non è più chiuso e finito, prodotto totalmente distinto e distante dalla Divinità, ma infinito e senza confini, esso ha troppi attributi della Divinità medesima: un terribile concorrente di Dio. L’infinità dell’Universo comporta che il motore di esso non è estrinseco all’Universo (la teoria del “motore immobile” aristotelico-tomistica riceve così un duro colpo) ma intrinseco ad esso medesimo, non fuori, ma dentro l’Universo medesimo. L’Infinito secondo Bruno poneva d’altra parte un altro problema, altrettanto acuto. Essendo l’universo un’emanazione di Dio, esso è di conseguenza l’unico mediatore tra l’uomo e la divinità. Per Bruno, la vera eucaristia è la comunione con la Divinità attraverso la contemplazione dell’Universo. Se in ogni molecola di natura si trova un riflesso dell’anima di Dio, il passo successivo è pensare che il Cristo non serva più a nulla, che non sia più necessaria la Redenzione...



Le implicazioni scientifiche

Nel lungo processo che occupò gli uomini d’Occidente a passare da un mondo chiuso ad un Universo infinito, Bruno occupa un posto importante. Per gli Antichi, in effetti, il mondo non poteva essere infinito poiché l’infinito era l’incompiuto, l’imperfetto, il caos. L’Universo aveva dei limiti, e dunque perfetto. Per gli uomini del Medioevo, infinito era la perfezione: attributo che poteva essere riservato soltanto a Dio. Con Bruno, tutto cambia nuovamente: l’Universo è la Totalità; che basta a se stessa e racchiude Dio stesso nella sua immanenza. L’Infinito di Bruno non è laico. È, se non ateo, fermamente anticristiano in una prospettiva naturalista, se non animista. È per questo che la questione - Bruno tanto ha impegnato la Chiesa contro la nuova astronomia e altrettanto incitato alla prudenza tutti coloro che la propugnavano. Doveva toccare a Descartes, al prezzo di molte precauzioni e di infinita prudenza, proporre una cosmologia laica. Dopo di lui, l’infinito dell’universo è diventato uno dato non più interferente nella relazione Dio - mondo.

La teoria di Giordano Bruno è certamente lungi dall’essere scientifica. È una congettura filosofica. Da un punto di vista puramente concettuale, si può passare da Copernico a Galileo, da Keplero a Newton senza alcun passaggio su Bruno - ciò che fanno d’altra parte la maggior parte degli storici del pensiero scientifico. È difficile determinare l’influenza intellettuale di Bruno sui fondatori dell’astronomia moderna, né se Bruno si è riconosciuto o meno nelle ricerche di Galilei. Ma resta il fatto che, dopo l’affaire Bruno, la teoria di Copernico è portata a conoscenza di un vasto pubblico... e dunque vietata. In questo il successivo processo a Galileo Galilei avrà molti punti di contatto e di derivazione dalla questione Bruno, e si può dire che, seppure in modo indiretto, Bruno ha svolto un ruolo di grande rilevanza nella storia dell’evoluzione del pensiero scientifico e delle relazioni tra questo e la Chiesa cattolica romana.



Le tecniche della memoria

Qualche parola infine sui lavori di Giordano Bruno di mnemotecnica, un aspetto del suo pensiero che, senza implicazioni teologiche particolari e senza aprire prospettive scientifiche rivoluzionarie, svolse tuttavia un ruolo importante nella notorietà che gli arrise da vivo: sono infatti i suoi lavori sull’arte della memoria che gli valsero soprattutto le accoglienze calorose sia del re di Francia Enrico III come della regina d’Inghilterra Elisabetta I.

L’arte della memoria è un insieme di tecniche che risalgono all’antichità ed il cui scopo era di memorizzare il massimo di dati. Queste tecniche si fondavano principalmente su “luoghi di memoria” la cui evocazione permette di rinviare con associazione di idee agli oggetti. Questi “luoghi di memoria” possono essere geografici (edifici, vie di una città, ecc..) o no (personaggi, pianeti), ecc.. I trattati d’arte della memoria proponevano così sistemi “cartografici” molto complessi di legami mnemotecnici ed i migliori esperti in quest’arte potevano insegnare a memorizzare volumi interi. Nell’Antichità, tutto ciò aveva un sentore di magia e soprattutto di ermetismo. Tommaso d’Aquino si dedicò a demistificare quest’arte della memoria per farne una tecnica della devozione.

L’ordine dei domenicani, al quale Tommaso d’Aquino apparteneva, aveva la reputazione di essere particolarmente versato nell’arte della memoria e Bruno poté vantarsi di essere stato presentato al Pontefice quando apparteneva ancora a quest’ordine, per far mostra della sua memoria artificiale. Buon tecnico della memoria, Bruno fu soprattutto un teorico della mnmotecnica e pubblicò ben cinque libri sull’argomento. Per lui, la memoria faceva parte dell’immaginazione, e, esercitando questa facoltà, l’uomo, immagine di un mondo più grande di lui, poteva comprendere questo mondo ed entrare in comunione con la Divinità.

Più tardi, di fronte ai suoi giudici, Bruno dichiarò: «(...) Il re Enrico III mi chiamò un giorno, e mi chiese se questa memoria che possedevo e che insegnavo era una memoria naturale o se fosse piuttosto ottenuta per mezzo di magia; gli dimostrai che non mi derivava dalla magia ma dalla scienza ». Bruno poteva ben sopportare di essere mandato al rogo per le sue teorie cosmologiche e per aver affermato l’ Universo essere infinito, non certo per magia.

Opere principali: De umbris idearum (1582); Sigillus sigillorum (1583); De l’infinito, universo e mondi (1583, 1591); La cena de le ceneri (1583); De la causa, principio et uno (1584); Degli eroici furori (1585); De monade numero et figura (1591) De immenso et innumerabilibus ( 1591).

E qst è qll che trovato sulla statua:
Dopo l'unità d'Italia e in particolare a seguito della conquista di Roma avvenuta il 20 settembre 1870, si creò un clima di forte attrito fra la Chiesa e lo Stato italiano. Pio IX non accettò la Legge delle Guarentigie (1871) in cui si riconoscevano al papa onori sovrani, la facoltà di disporre di forze armate, l'extra-territorialità dei palazzi del Vaticano, del Laterano e di Castel Gandolfo, una dotazione annua di oltre tre milioni di lire, nonché la piena autonomia della Chiesa, nel rispetto della sua separazione dallo Stato. Il pontefice per tutta risposta scomunicò i Savoia e nel 1874 emanò la bolla "Non expedit", in cui invitava i cattolici a non partecipare alla vita politica dello Stato.

Un comitato studentesco aveva iniziato la sottoscrizione per un monumento in onore del filosofo nolano, martire del libero pensiero, sin dal 1876 - anno in cui la Sinistra andò al potere - raccogliendo col tempo adesioni prestigiose, tra cui quelle di Giosuè Carducci, Ernest Renan, Ferdinand Gregorovius, Victor Hugo, Michail Bakunin, George Ibsen. Il Comune, ai cui vertici, nonostante il "non expedit", andavano affermandosi amministratori clerico-moderati, senza opporsi apertamente al progetto, cercava di ostacolarlo tramite strategie burocratiche.

Il monumento divenne il simbolo del libero pensiero e una sfida alla Chiesa e al papa. Crispi nel 1887, anno in cui divenne presidente del consiglio, suggerì al comitato promotore, che chiedeva il suo appoggio, di procedere alla fusione del bronzo senza preoccuparsi degli indugi del Comune. Il dibattito continuò a svolgersi in un clima arroventato dalle manifestazioni studentesche e popolari che a volte provocavano scontri tra "bruniani" e "anti-bruniani", che si concludevano con arresti e feriti. Alla fine dello stesso anno il re, su proposta del consiglio dei ministri, firmò un decreto con il quale, Leopoldo Torlonia, sindaco di Roma veniva rimosso dalla carica; ufficialmente senza motivazione, anche se era chiaro individuarne le ragioni nella visita al cardinale vicario a cui il sindaco aveva trasmesso l’omaggio dei romani a Leone XIII.

A seguito delle elezioni amministrative del giugno 1888 entrarono nella rappresentanza municipale esponenti anticlericali, tra cui Ettore Ferrari, lo scultore massone artefice della statua considerato un uomo della sinistra estrema, mentre furono esclusi politici contrari all'erezione della statua. Prima della fine dell'anno fu approvato, senza difficoltà, il progetto del monumento a Bruno, fra gli applausi del pubblico che urlava: "Viva Crispi!"

Il pontefice minacciò di abbandonare Roma per rifugiarsi nella cattolica Austria, qualora la statua fosse stata scoperta al pubblico.

Finalmente il 9 giungo 1889, giorno di Pentecoste, venne inaugurato a Campo de' Fiori, con la partecipazione di un'immensa folla festante, il monumento di Ettore Ferrari, lo scultore che nel 1904 sarà eletto gran maestro della massoneria. Alla base del monumento si legge un'iscrizione del filosofo Giovanni Bovio, oratore ufficiale della cerimonia di inaugurazione: "A Bruno, il secolo da lui divinato qui dove il rogo arse".

Per la cronaca, va ricordato che Leone XIII non abbandonò Roma come aveva minacciato, né il 9 giugno, che trascorse digiuno e in preghiera ai piedi della statua di San Pietro, né in seguito.

Annualmente, a Campo de' Fiori ogni 17 febbraio si sono radunate generazioni di laici e militanti per manifestare per ricordare il rogo del filosofo e manifestargli la loro ideale solidarietà. Tali dimostrazioni si sono fermate soltanto negli anni del fascismo.

All'epoca dei Patti Lateransi, siglati tra Mussolini e Pio XI l'11 febbraio 1929, i cattolici chiesero la rimozione della statua e l'erezione al suo posto di una cappella di espiazione al cuore santissimo di Gesù. Mussolini, probabilmente memore dei disordini accaduti non molti anni prima e anche perché G. Gentile, il filosofo del fascismo, era un estimatore del Nolano, non accettò questa condizione, limitandosi a garantire che non si sarebbero più tenute manifestazioni per commemorare Giordano Bruno. A tale riguardo si fa seguire un passo del discorso che Mussolini tenne alla Camera dei Deputati il 13 maggio 1929:

"(…) non v'è dubbio che, dopo il Concordato del Laterano, non tutte le voci che si sono levate nel campo cattolico erano intonate. Taluni hanno cominciato a fare il processo al Risorgimento; altri ha trovato che la statua di Giordano Bruno a Roma è quasi offensiva. Bisogna che io dichiari che la statua di Giordano Bruno, malinconica come il destino di questo frate, resterà dove è. È vero che quando fu collocata in Campo di Fiori, ci furono delle proteste violentissime; perfino Ruggero Bonghi era contrario, e fu fischiato dagli studenti di Roma; ma ormai ho l'impressione che parrebbe di incrudelire contro questo filosofo, che se errò e persisté nell'errore, pagò. (…)"

PER BRUNO NON C'È LA RIABILITAZIONE DELLA CHIESA

Da quel fatidico 17 febbraio 1600 gli anni sono trascorsi senza che la Chiesa abbia espresso uno schietto ravvedimento per il rogo che arse Bruno, ancora vivo. Galileo Galilei, Jan Hus, Girolamo Savonarola e altri sono stati riabilitati; Giovani Paolo II ha chiesto un generico perdono per gli eccessi commessi dall'Inquisizione; tuttavia per quanto concerne il Nolano, la Chiesa si limita a riconoscere il carattere antievangelico del rogo, ma ribadisce l'esistenza di una sostanziale estraneità della filosofia di Giordano Bruno dalla dottrina cattolica.

2006-09-20 04:12:38 · answer #8 · answered by valeny 3 · 0 1

è bello prendere l'aperitivo in quella piazza. è stata ritratta splendidamente anche in un film del 2006 "In ascolto", quello su Echelon.

Per il "nolano"... ecco alcune notizie.

Giordano Bruno ( il suo vero nome era Filippo Bruno , ma assunse quello di Giordano entrando nell' ordine domenicano ) , ebbe una vita piuttosto movimentata : nato nel 1548 a Nola , presso Napoli ( dove studiò e ricevette una prima formazione di stampo aristotelico ) , prese i voti , ma ben presto i suoi dubbi sulla dottrina trinitaria e su quella dell' incarnazione lo misero in contrasto con gli ambienti ecclesiastici . Allontanatosi da Napoli nel 1576 , iniziò a peregrinare per l' Europa : prima a Ginevra , poi a Tolosa e a Parigi ( ove godè il favore di Enrico III ) , dove ebbe inizio la sua produzione filosofica ; quindi in Inghilterra ( ove fu anche accolto dalla regina Elisabetta ) , dove insegnò ad Oxford e in questo periodo effettuò la stesura dei dialoghi italiani e di alcune opere latine . Ritornato a Parigi , nuovi contrasti con gli ambienti universitari legati alla tradizione aristotelica lo costrinsero a trasferirsi in Germania , dove insegnò a Marburgo , Wittemberg e Francoforte e completò le opere latine . Accettata infine l' ospitalità del nobile veneziano Giovanni Mocenigo , nel 1592 fu da questi denunciato all' Inquisizione e fatto arrestare per i suoi dubbi sulla funzione della religione e i sospetti di eterodossia gravanti sulle sue dottrine . In un primo tempo riuscì ad evitare la condanna con una parziale ritrattazione , ma nel 1593 fu trasferito all' Inquisizione di Roma e , dopo sette anni di carcerazione , fu condannato a bruciare sul rogo a Campo dei Fiori ( Roma ) il 17 febbraio del 1600 : l' imputazione mossagli fu di dubitare della trinità , della divinità di Cristo e della transustanziazione , di voler sostituire alle religioni particolari la religione della ragione come religione unica e universale e di affermare che il mondo é eterno e che vi sono infiniti mondi . Giordano Bruno é uno di quei pensatori diventati famosi per via di vicende in parte estranee alla loro filosofia ; é uno di quelli che ha avuto vicende " disgraziate " , é un martire del pensiero , un pò come Socrate : fu infatti processato dalla Chiesa cattolica e infine condannato a bruciare sul rogo . Giordano Bruno fu di carattere particolarmente irrequieto e , come detto , fin dall' inizio non si sentì convinto da alcune verità dogmatiche della chiesa cattolica e finì per abbandonare i voti e distaccarsi dalla chiesa cattolica . Durante le sue peregrinazioni arrivò a simpatizzare per la causa calvinista per ovvi motivi : gli sembrò essere una protesta ai danni della chiesa cattolica nella sua dimensione istituzionale ; del calvinismo colse quindi soprattutto il messaggio " liberatore " . Comunque poi abbandonò questa simpatia per il calvinismo e , paradossalmente , tornò indietro sui suoi passi accettando alcuni valori della dottrina cattolica . Da notare che il suo processo é durato diversi anni , il che testimonia che l' inquisizione romana non era poi così efferata e malvagia come si può pensare , a differenza di quella spagnola . Dove e quando potevano i giudici della chiesa romana cercavano delle vie di compromesso : c' era una " buona volontà " nella chiesa cattolica che trovava qualche appiglio nelle posizioni di Giordano Bruno : fu lui che non ebbe alcuna intenzione di rinunciare ai principi di fondo della sua " dottrina " e quando si trovò al momento della decisione finale preferì morire ma mantenere le sue posizioni . Ci doveva pur essere qualcosa che poteva dare adito a un confronto e a un dialogo con la chiesa cattolica se ci misero quasi otto anni a ucciderlo : la parziale accettazione del cattolicesimo , sulla base essenzialmente di posizioni averroistiche : anche con la fede si può raggiungere la verità , sebbene si tratti di una verità di second' ordine rispetto a qella filosofica , una verità insomma destinata alla massa , al volgo . Giordano Bruno , comunque , era convinto che le religioni potevano essere buon strumento per far acquisire alla " massa " alcune verità , magari meno precise e più discutibili , e soprattutto potevano essere strumento di controllo delle masse ; é evidente che Giordano Bruno rientra pienamente nell' aristocraticismo intellettuale propugnato da Averroè . E' ovvio che questo per i giudici dell' inquisizione non bastava per salvarlo , ma in fin dei conti poteva essere un buon punto di partenza per una sorta di trattativa . Dovendo poi scegliere tra le religioni , quella che maggiormante si confaceva alle istanze di Giordano Bruno era il cattolicesimo e non certo il calvinismo , per vari motivi : innanzitutto quella di Calvino era essenzialmente una protesta e non solo intellettuale ( come voleva Giordano Bruno ) , ma anche " fisica " : il calvinismo divenne vero e proprio strumento di guerra e di disordine ed é quindi comprensibile che Giordano Bruno preferisse il cattolicesimo , che se non altro si prefigurava come strumento di pace . In più Giordano Bruno non poteva accettare l' idea della predestinazione tipica del calvinismo : principio ispiratore della filosofia di Bruno é proprio la libertà e l' idea di essere predestinati dall' eternità non lasciava ad essa grande spazio . Fatte queste premesse , é ovvio comunque che la Chiesa si comportò con Bruno ( e con molti altri ) in modo subdolo e riprovevole , condannando a morte una persona solo perchè sostenitrice di idee diverse ; qualunque cattolico non può non riconoscere la meschinità di questa condanna , di questo gesto che ben sintetizza l' atteggiamento della Chiesa nel corso della storia ; altri fulgidi esempi di questo scempio cattolico sono il Savonarola e il pugliese Cesare Vanini , in un certo senso precursore dell' illuminismo . Ben diverso é poi l' esito del processo di Bruno rispetto a quello di Galilei : Bruno é condannato , Galileo abiura , ossia firma un documento dove c'é scritto che le sue teorie sono false e viene così salvato . Galileo é stato più volte criticato perchè pur di salvare la pelle ha fatto per così dire " marcia indietro " , rinunciando alle sue teorie . In realtà c'é una questione di fondo : la diversità degli atteggiamenti di questi due intellettuali , Giordano Bruno e Galilei , nasce non solo da diversità caratteriali , ma anche dagli ambiti di interesse dei due . Galilei é uno scienziato più che un filosofo : questo é significativo perchè la filosofia può aver bisogno di martiri perchè in qualche modo é una verità soggettiva , che va vissuta , non é un fatto meramente teoretico ; non é la verità matematica , inconfutabile e solida : detto in altri termini , di Galilei ci ricordiamo malgrado la sua figura , ma Bruno , se avesse abiurato , avrebbe senz' altro avuto meno importanza nella storia del pensiero . Non a caso questi personaggi " martiri " come Socrate , Anassagora sono tutti personaggi per i quali la testimonianza che hanno dato diventa un elemento della loro filosofia : Socrate aveva ben ragione a suo tempo a dire di non poter fare " marcia indietro " perchè sarebbe stato come negare tutto ciò che per una vita intera aveva sostenuto . Invece ha ugualmente ragione Galilei a dire il contrario , tant' é che si racconta che uscito dal tribunale dove aveva firmato il documento di abiura scalciasse contro la terra dicendo : " eppur si muove ! " , che é come dire : " io ho firmato il documento , sono salvo e posso proseguire i miei studi , però la verità da me sostenuta continua ad essere vera : la Terra continua a muoversi anche se io ho effettuato questa scelta ! " . In un certo senso Galilei ha fatto bene ad agire così perchè tanto le sue verità sono emerse nonostante la condanna e inoltre , dopo il documento di abiura , ha scoperto nuove verità che non avrebbe potuto scoprire se messo sul rogo . Questo non sarebbe certo stato valido per Socrate o per Bruno ; egli é diventato simbolo della libertà di pensiero , un simbolo strano si dovrebbe aggiungere , in quanto c'é spesso stato chi di lui ha fatto un eroe laico , il che é vero fino ad un certo punto : é vero che é andato contro alla chiesa cattolica , però poi il contenuto della sua filosofia é tutto fuorchè laico . In modo simile a Socrate , Bruno preferì terminare la propria esistenza in modo eroico e coerente piuttosto che rinnegare i suoi ideali e condurre una vita che avrebbe perso di significato : "Ho lottato, é molto: credetti poter vincere ( ma alle membra venne negata la forza dell'animo ), e la sorte e la natura repressero lo studio e gli sforzi. E' già qualcosa l'essersi cimentati; giacchè vincere vedo che é nelle mani del fato. Per quel che mi riguarda ho fatto il possibile, che nessuna delle generazioni venture mi negherà; quel che un vincitore poteva metterci di suo: non aver temuto la morte, non aver ceduto con fermo viso a nessun simile, aver preferito una morte animosa a un'imbelle vita . " ( De monade, numero et figura ) .

2006-09-20 04:07:17 · answer #9 · answered by PrinceAlbert 2 · 0 1

fedest.com, questions and answers