Se è vero che , anche il linguaggio è segno dei tempi e cartina di tornasole del livello di civiltà della società, non si può che rattristarsi dinnanzi all'incontrastata proliferazione della bestemmia .
E' sotto gli occhi di chiunque che non esiste alcun ambiente o ceto immune da questa immonda ed incivile piaga sociale. La bestemmia, ancor prima di mancare di rispetto ai sentimenti e ai valori religiosi, offende il comune sentire delle più elementari regole di urbanità e convivenza.
Le cause di questo incivile vezzo nazional-popolare, secondo alcuni esperti del comportamento, risalirebbero al fatto che il bestemmiatore si servirebbe semplicemente della bestemmia per inveterata abitudine, disinvolto intercalare, candida parolaccia o innocuo vizio. In breve: un semplice fatto di costume. Diversamente, secondo altre analisi di tipo sociologico, l'uso della bestemmia sarebbe riconducibile ad alcuni fenomeni sociali di massa: emulazione, ispirazione, imitazione, identificazione. Ma anche in questo caso la diagnosi non cambierebbe: la responsabilità non sarebbe mai completamente del bestemmiatore. Mi rifiuto di credere a queste interpretazioni buoniste, giustificazioniste e permissiviste, giustificate talvolta da educatori o da moderni genitori, amiconi dei loro figli.
E’ più verosimile che i bestemmiatori, sia giovani che adulti, siano semplicemente delle persone vuote di valori, di morale, di contenuti, di linguaggio, di cultura, di sostanza, di Dio…naturali frutti di una coscienza assopita sul fondo di un'abissale vacuità. Ma non è meno responsabile, neppure chi farisaicamente si scandalizza ad udire una bestemmia, ma nei fatti non profferisce una singola parola per tacitare o richiamare gli instancabili stacanovisti della bestemmia, nascondendosi o giustificandosi dietro il paravento del comodo, ma pretestuoso, timore di essere tacciato di moralismo clericale o per la vergogna di non voler apparire illiberale o antidemocratico dinnanzi ad una società che ha fatto della libertà di espressione il suo cavallo di battaglia. Anche la giurisprudenza da un paio di anni , accodandosi supinamente ai nuovi e moderni costumi nazionali, ha depennato dal codice civile e penale il reato di vilipendio alla religione, per cui “grazie” alla totale assenza di ammonizioni civili, religiose o giuridiche gli impenitenti bestemmiatori perseverano nell’opera di infangamento sociale e religioso. Se nella cattolicissima Italia, il secondo Comandamento ( Non nominare il nome di Dio invano) è ancora un obbligo, credo sia giunto il momento in mezzo a tanta vergognosa indifferenza, reagire in prima persona senza esitazioni, soggezioni o complessi di inferiorità, avendo il coraggio di zittire chi umilia la civiltà cristiana.
Gianni.Toffali@inwind.it
2006-08-29
10:02:21
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Società e culture
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