Le interpretazioni sono molto personali,dipende un po' da cio' che e'stato chi legge.
Direi che e' in primo piano il dilemma della societa' tra essere ed apparire,ma e' forte anche il messaggio delle maschere che indossiamo ogni giorno sino a non capire neanche noi chi siamo in quel momento.L'ho riletto molte volte negli anni,ma oggi forse lo evito,perche' mi fa un po' male.
2006-08-14 19:45:26
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answer #1
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answered by Anonymous
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Pubblicato nel 1927 è il romanzo più tipico di Pirandello, quello in cui meglio si manifesta il nucleo fondamentale di quel particolare sentimento della vita e della società che sta alla base di tutta la sua grande opera teatrale. Vitangelo Moscarda si convince improvvisamente che l'uomo non è "uno", ma "centomila"; vale a dire possiede tante diverse personalità quante gli altri gliene attribuiscono. Solamente chi compie questa scoperta diventa in realtà "nessuno", almeno per se stesso, in quanto gli rimane la possibilità di osservare come lui appare agli altri, cioè le sue centomila differenti personalità . Su questo ragionamento il tranquillo Gengé decide di sconvolgere la sua vita.
Uno, nessuno e centomila è una delle opere più famose di Luigi Pirandello. Iniziata già nel 1909, esce solo nel 1926, prima sotto forma di rivista e poi di volume. Quest'opera, l'ultima di Pirandello, riesce a sintetizzare il pensiero dell'autore nel modo più completo. L'autore stesso, in una lettera autobiografica, definisce quest'opera come il romanzo "più amaro di tutti, profondamente umoristico, di scomposizione della vita". Il protagonista, infatti, può essere considerato come uno dei personaggi più complessi del mondo pirandelliano, e sicuramente il più pieno di autoconsapevolezza di questo mondo. Dal punto di vista formale, stilistico, si può vedere la forte inclinazione al monologo del protagonista, che molto spesso si rivolge al lettore direttamente, ponendogli interrogativi e problemi in modo da coinvolgerlo direttamente nella vicenda, che è senza dubbio di portata universale.
Il titolo di questo romanzo pirandelliano è un'ottima chiave di lettura per comprenderlo fino in fondo. Quella di Vitangelo Moscarda è la storia di una consapevolezza che si va man mano formando. La consapevolezza che l'uomo non è Uno, e che la realtà non è oggettiva. Il protagonista passa dal considerarsi univoco, unico per tutti (Uno) a concepire che egli è un nulla, una semplice costruzione artificiale (Nessuno), passando attraverso la consapevolezza della poliedricità che l'individuo assume nel suo rapporto con gli altri (Centomila). In questo modo, la realtà perde la sua oggettività e si sgretola nell'infinito vortice del relativismo. Nel suo tentativo di distruggere i centomila estranei che vivono negli altri, le centomila concezioni che gli altri hanno di lui, viene preso per pazzo dalla gente, che non vuole accettare che il mondo sia diverso da come lo immagina.
La fine del romanzo è molto profonda, conclusione degna per un'opera di questa portata. Il rifiuto totale di ogni forma imposta conclude la frantumazione dell'io, la completa, perché esso si dissolve completamente nella natura. Pieno di significati è il rifiuto del nome, che falsifica ed imprigiona la realtà in forme immutabili, quasi come un'epigrafe funeraria. Al contrario della vita, che è un divenire perenne, secondo la concezione vitalistica di Pirandello.
Alla base del pensiero pirandelliano c’è una concezione vitalistica della realtà : la realtà tutta è vita, perpetuo movimento vitale, inteso come eterno divenire, incessante trasformazione da uno stato all'altro.
Tutto ciò che si stacca da questo flusso e assume forma distinta e individuale, si rapprende, si irrigidisce, comincia, secondo Pirandello, a morire. Così avviene per l'uomo: si distacca dall'universale assumendo una forma individuale entro cui si costringe, una maschera ("persona") con la quale si presenta a sé stesso. Non esiste però la sola forma che l'io dà a sé stesso, nella società esistono anche le forme che ogni io dà a tutti gli altri. E in questa moltiplicazione l'io perde la sua individualità , da «uno» diviene «centomila» quindi «nessuno».
2006-08-13 20:59:10
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answer #2
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answered by Anonymous
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Io credo entrambe le cose. Trovo il testo affascinante, ricco di spunti; un vero e proprio saggio di psicologia applicato alla prosa. Mi sono ritrovata in tutte le pagine: è sorprendente vedere come noi attribuiamo a noi stessi un'immagine e quanto poco tempo ci vuole per vederla distrutta dal giudizio diverso di altri occhi. Ognuno ha la prorpia percezione della realtà, la vita ha mille sfaccettature anche per questo. A Pirandello do un bel 10+!
2006-08-13 20:34:53
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answer #3
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answered by Hilly 3
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al di la' della bellezza e della suggestivita' del romanzo Pirandello voleva solo dire che siamo legati ai nostri ruoli e alla nostra identita' e quando per un motivo o per l'altro ci "svincoliamo" da essa non rimane piu' niente ....salvo la pazzia nel caso specifico.
P.s. penso che Pirandello che pur adoro, di disagi nella societa' non ne trovava affatto
2006-08-13 19:56:47
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answer #4
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answered by El GRINGO 7
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Uno, nessuno e centomila, giunse alla completezza, dopo una lunga gestazione e contiene in se una delle più esplicite formulazioni della "filosofia" pirandelliana. Portatore ne è il protagonista, Vitangelo Moscarda, che da una banale osservazione sul proprio naso, arriva alla conclusione di non potersi vedere vivere, di restare estraneo a se stesso e che ciascuno può vederlo a suo modo, finché non approda ad un ospizio, dove scopre, a suo dire, la verità: rinascere attimo per attimo. E' l'ironizzazione palese della sorte umana, l'individuazione del sentimento del contrario, la possibilità di analizzare e scomporre infinite volte le immagini della propria vita avenone una visione umoristica che sdoppia la realtà creduta e quella che vi si nasconde dentro. Si fa qundi la distinzione ra la maschera e il volto, fra l'illusione e la vita, con il venir meno di ogni certezza oggettiva, di ogni coscienza normale. La vita,che si aggira piccola, solita tra queste apparenze, ci sembra quasi che non sia più per davvero, che sia una fantasmagoria meccanica.
2006-08-13 19:55:48
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answer #5
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answered by essebi6802 4
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Psicologia e prosa si fondono nell'attualità palpabile dei comportamenti umani. Accorgersi di non accettarsi più poichè ci si rende conto che in fondo, in fondo siamo come la società ci vuole e non quello che realmente siamo. Attenzione, basta una minima cosa per far riemergere tutto ciò che si credeva fosse stato rimosso.
2006-08-13 21:01:51
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answer #6
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answered by giangurgolo2001 2
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io penso sia piuttosto una riflessione sull'essere e l'apparire: il personaggio con uno stratagemma s'era finalmente "svincolato" dal suo nome e quindi da tutto ciò che conseguiva dal suo nome. Ma il nome d'una persona ha un valore in quanto identifica quello che una persona è o dovrebbe essere; rappresenta i suoi ideali e suoi principi le sue responsabilità ecc. ecc.
2006-08-13 19:44:34
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answer #7
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answered by sapiens 4
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Secondo me voleva esprimere il disagio che provava nella società, ma come tutte le novelle di Pirandello è un mattone incredibile.
2006-08-14 01:01:56
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answer #8
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answered by V@nina 3
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