Sebastiano Vassalli, LA CHIMERA (1992)
Questo è un romanzo sul nulla. Il nulla lasciato da un villaggio che non c’è più, Zardino, sotto la montagna più grande e più importante di questa parte d’Europa, il Monte Rosa. “Il nulla che si vede” d’inverno in questa pianura, quando scompaiono le montagne, il cielo e la pianura diventano un tutto indistinto.
In questo paesaggio è stata sepolta la storia di una strega che il romanzo storico di Sebastiano Vassalli fa riemergere: la storia di Antonia, una ragazza vissuta in queste valli novaresi tra il 1590 e il 1610.
Chi si ricorda oggi — si domanda Vassalli nella premessa al romanzo — del vescovo Carlo Bascapé, del bandito Caccetta, del boia Bernando Sasso, del Canonico Lavagna, dei “risaroli”, dei “camminanti” (ridotti a “vagabondi” dal linguaggio della modernità) del Seicento? Nessuno poi ricordava in queste terre la storia, che pure a suo tempo fece clamore, della “strega di Zardino”, di Antonio, che subì un processo a Novara e una condanna al rogo correndo l’anno del Signore 1600…
«Ho capito che nel presente, non c’è niente che meriti d’essere raccontato», conclude con amarezza Vassalli, a legittimazione della sua riscoperta di questo fatto di stregoneria del Seicento. Per cercare le chiavi del presente, e per capirlo, bisogna uscire dal rumore e andare in fondo alla notte, sotto il “macigno bianco” (come Dino Campana chiamò il Monte Rosa) che d’inverno non si vede: nel villaggio fantasma di Zardino, nella storia di Antonia. E questo perché quando il tempo si chiuse sui personaggi storici di questa storia e il nulla li riprese, ne restò sepolta, “sfrondata d’ogni romanzo” la storia del mondo.
Il “romanzo storico” di Vassalli ci racconta con grande passione ed efficacia il nostro presente desolato. È un romanzo nichilista ma non cinico, che rende conto — dietro i luoghi comuni della fine delle ideologie e dell’assenza dei valori — dell’assenza di «colui che è l’eco di tutto il nostro vano gridare, che molti tra noi viventi sentono il bisogno di proiettare là dove tutto è buio, per attenuarne la nostra paura».
La notte e il buio sono il fondale di questo romanzo di Vassalli. Eppure non sono un tempo e un luogo eterni: possono essere squarciati da una luce di speranza, seppure solitaria e fuggente. La luce della poesia, infatti, lega quest’opera ad un altro romanzo di Vassalli, La notte della cometa, attraverso l’apparizione insieme “mostruosa” e “profetica” del poeta Dino Campana.
Come ci fa sapere lo stesso Vassalli, Campana, certo senza saperlo, attraversò le valli che videro la vita e la morte della strega di Zardino; vide lo stesso paesaggio, sottratto al nulla della nebbia, e cercò di fissarlo in versi inafferrabili come quell’amore che lui allora stava inseguendo e che non avrebbe mai raggiunto, perché non esisteva… Perché era una chimera!
IL NOME DELLA ROSA di Umberto Eco
Questo romanzo scritto da Umberto Eco fu pubblicato nell'ottobre nel 1980 e racconta gli eventi accaduti in un'abbazia nell'arco della settimana. Nel prologo, Adso, il narratore, si presenta, dà informazioni sul periodo storico della sua giovinezza, e infine descrive la figura di Guglielmo da Baskerville (il dotto francescano inglese al cui servizio era stato posto), impegnato, nel novembre 1327, in una difficile missione, per ricomporre i contrasti che oppongono, il nome della povertà della chiesa, i francescani minorati ai fedeli del papa Giovanni XXII, in un periodo in cui dilagano i movimenti ereticali Nel luogo in cui avvengono gli incontri tra le due delegazioni religiose, ovvero ai piedi della roccia su cui sorge l'abbazia, Guglielmo da prova della sua capacità di osservazione: Fa ritrovare infatti il cavallo dell'abate, sfuggito ai monaci limitandosi a decifrare i segni lasciati nella fuga. Nell'abazia, Adso e Gugliemo visitano i luoghi più significativi e in particolare lo scriptorium, il luogo in cui vengono copiati e illustrati i manoscritti antichi, e la biblioteca dalla struttura labirintica in cui l'accesso era consentito solo al bibliotecario, e li faranno la conoscenza dei protagonisti della vicenda: Umbertino da Casale, L'abate Umbertin da Casale, L'erborista Severino, Il bibliotecario Malachia, alcuni giovani traduttori e scribi, il cellario Remigio che era l'addetto alle provviste, il servo Salvatore, e infine un vecchissimo monaco cieco, Jorge da Burgos che non era altro che l'ex bibliotecario. Ma soprattutto vengono a sapere della recentissima e misteriosa morte del giovane Adelmo da Otranto, espertissimo minatore; Guglielmo è incaricato di indagare le cause. Il secondo giorno si apre con un efferato delitto: Dalla vasca dove è raccolto il sangue dei maiali si intravede un cadavere, che dopo essere identificato, si scopre essere il corpo di Venazio da Salvemec, un sapiente di "cose greche". Guglielmo indaga anche sulla nuova morte e, interrogando Bencio approposito di libri e dei componimenti peccaminosi del giovani monaci, l'attenzione del giovane si rivolge sempre di più alla biblioteca e alla sua struttura, scoperto un passaggio segreto, decide di accedervi. I due, entrati nel labirinto rischiano di perdersi a causa di visioni fantastiche. Il terzo giorno si apre con la scomparsa di Benengario. Mentre lo si cerca inutilmente, Adso ha modo di conoscere il grande fiume ereticale e, da Ubertino, apprende la storia di Fra' Dolcino: Il capo carismatico dell'eresia. Entrato da solo in biblioteca il novizio ne fugge spaventato ma per incontrare nella grande cucina dell'abbazia una splendida fanciulla una ragazza del villaggio, che lo conquista ae lo avvia a piaceri dell'amore. È Guglielmo a ritirarlo, in sovrastano:Proprio una sua parola spinge Gugliemo ai palnea,dove scopre in una vasca piena d'acqua, il corpo di Berengario. Il quarto giorno è dominato dall'orrore per l'annegato; Ma Gugliemo dopo un'attento esame del cadavere, Propende con l'erborista Severino, per un avvelenamento.
Mentre si scoprono i legami con gli eretici di Remigio e di Salvatore, arrivano all'abbazia i rappresentanti dei minori e del Papa. Gugliemo non rinuncia a trovare nel labirinto, ma ancora una volta il segreto è impenetrabile a causa del buio della notte, e Salvatore è sorpreso ad amoreggiare davanti alla cucina con la ragazza amata da Adoso, subito imprigionata con l'accusa di essere una strega. L'attenzione nel quinto giorno sembra essere soprattutto polarizzata dalle due legazioni e delle loro dotte disquisizioni Sulla povertà di Gesù e sul potere temporale della Chiesa; Ma di nuovo un delitto riporta ogni interesse ai ministeri dell'abbazia. Dopo aver parlato a Gugliemo di uno strano libro, Severino viene scoperto con la testa spaccata. Trovato al suo fianco, il cellario è accusato dell'assassinio, nonostante la sua protestata innocenza; La giustizia nell'abbazia è ormai amministrata dai legati del Papa, e, mentre Umbertino da Casale preferisce la fuga, un sermone di Jorge da Burgos ammonisce tutti sulla prossima venuta dell'Anticristo. Alle prime luci dell'alba del sesto giorno, stramazza al suolo il bibliotecario Malachia. È la quinta morte misteriosa. Gugliemo si accorge che, come la lingua di Berengario, anche i polastrelli delle prime tre dita della mano destra di Malachia sono scuri. È il segno del veleno. Decide dunque di non desistere dalle ricerche, nonostante il diferso parere dell'abate e dei legati papali, e quindi di allargare le indagini al passato dell'abbazia e soprattutto agli ex bibliotecari. Scopre infine il segreto per entrare nella parte più nascosta del labirinto, la dove i misteri possono sciogliersi. Nella notte tra il sesto e il settimo giorno, Gugliemo e Adso ritornano nella biblioteca. Mentre vi arrivano arrivano sentono i vagiti di una persona agitarsi moribonda chiuso in un intercapedine nella parete, ormai in preda al soffocamento, il sesto morto poi, si rivelerà essere proprio l'abate stesso. Nel punto più interno trovano invece il vecchio Jorge da Burgos. Il mistero si svela: Nella biblioteca è conservato il secondo libro della poetica di Aristotale, ma Jeorge lo ha sempre tenuto nascosto, impedendone assolutamente la lettura di esso. Il libro era dedicato al riso, e avrebbe potuto insegnare che "liberarsi dalla paura del diavolo è sapienza". Per questo il vecchio ne aveva cosparso le pagine di un potentissimo veleno. Jorge è ora sconfitto, ma non si da per vinto. Tenta di distruggere lui stesso il volume inghiottendone le pagine avvelenate, e nella mischia che segue,appicca il fuoco alla biblioteca. Esso sarà il settimo morto. Va così perduto definitivamente il secondo libro della Poetica. Il romanzo si conclude con un ultimo folio:Informa che l'intera abbazia, cui le fiamme si sono estese, sono state arse per "tre giorni e tre notti" ma Adso e Gugliemo hanno già ripreso la loro strada,e presto si separeranno per mai più rivedersi.
2006-07-15 02:48:50
·
answer #1
·
answered by Anonymous
·
0⤊
1⤋