http://www.architecture.it/default.asp
Luoghi d'interesse turistico
A Barcellona si ha la possibilità, percorrendo a piedi le sue strade, di trovare tracce della sua storia millenaria, dalle rovine romane e dalla città medievale fino ad arrivare ai quartieri del modernismo catalano, con i suoi edifici caratteristici, i suoi isolati quadrati, i suoi viali alberati e le sue strade larghe.
La città antica è praticamente piana mentre i quartieri più recenti acquisiscono maggiore pendenza man mano che ci si avvicina alla catena montuosa; per questo a volte le strade di Barcellona ricordano quelle di San Francisco.
All'interno del Barri Gòtic, nella città vecchia, da notare la bellissima cattedrale (1298-1459) gotica dedicata a Sant'Eulalia, patrona della città. La cattedrale è liberamente visitabile in alcune ore del giorno, altrimenti l'entrata è a pagamento e comprende non solo la chiesa ma anche i musei annessi all'interno dei palazzi collegati alla cattredale tra cui il Palau del Lloctinent che fa da sfondo alla Plaça del Rei. Sempre nella Barri Gòtic si trovano altre due chiese degne di nota. S. Maria del Mar (1329-1384) e S. Maria del Pi (1322-1480).
Tra i posti di maggior attrazione è necessario ricordare Las Ramblas (in spagnolo) o Les Rambles (in catalano), viale situato tra Plaça Catalunya, centro della città, e il porto antico. La strada sia di giorno che di notte è colma di gente lungo il suo marciapiede centrale si possono trovare giornalai, fiorai, venditori di uccelli, artisti di strada, caffetterie, ristoranti e negozi. In prossimità del porto è solito incontrare mercatini dentro i quali si esercitano e lavorano pittori e disegnatori. Passeggiando lungo Les Rambles si possono ammirare vari edifici di interesse come il palazzo della Virreina, il colorato mercato della Boquería e il famoso teatro, [El Liceu], in cui vengono rappresentati opere e balletti. Anche le strade laterali sono caratteristiche; una di queste, di solo alcuni metri di longitudine, conduce alla Plaça Reial, una piazza con palme e edifici laterali i cui portici ospitano birrerie e ristoranti e nella quale durante il fine settimana si riuniscono i collezionisti di francobolli e di monete.
La Rambla termina arrivando al porto antico dove si trova la statua di Cristoforo Colombo (Cristobal Colón) che con il dito puntato indica il mare. A pochi passi da lì si incontra il Museo Marittimo dedicato soprattutto alla storia navale del Mediterraneo, nel quale si può ammirare la riproduzione a scala reale di una galera da combattimento. Il museo è situato nei centri navali del Medioevo dove venivano costruite le barche che navigavano per il Mediterraneo. Il porto antico offre altre attrazioni come un centro con negozi, ristoranti, cinema e il maggior acquario della fauna marina mediterranea.
Barcellona fu la città dove ha vissuto e lavorato Antoni Gaudí il quale, con le sue opere che attraggono ogni anno molti turisti da tutto il mondo, ha saputo dare un'impronta alla città. La più rappresentativa è la Sagrada Familia che Gaudí lasciò interminata e che viene tuttora costruita allo stesso modo in cui venivano costruite le cattedrali nel Medioevo. In base ai moderni mezzi di costruzione la cattedrale verrà ultimata intorno al 2020. Tra le altre opere di Antoni Gaudí le più famose e importani sono il Parc Güell, la Casa Milà, meglio conosciuta con il nome di "La Pedrera", e Casa Batlló.
Tra i musei dell'arte di Barcellona rivestono un grandissimo interesse quello della Fundació Joan Miró, dove si possono ammirare alcune opere del pittore mallorchino e dove vengono realizzate esposizioni itineranti provenienti da tutti i musei del mondo, Il Museu Picasso, contenente una importante collezione di opere poco conosciute del famoso pittore che risalgono al suo primo periodo. Nel Museo Nazionale dell'Arte catalana si trova una delle più grandi collezioni di arte romanica del mondo. Tra questi di speciale interesse sono gli affreschi romanici trasferiti al museo direttamente da cappelle e chiese di tutta la Catalogna. L'arte dell'epoca attuale si espone nel recentemente costruito Museo dell'Arte Contemporanea di Barcellona il cui edificio fu costruito dall'architetto statunitense Richard Meier.
Barcellona è anche una città per fare compere. Nei quartieri moderni ci sono diverse strade e viali come il Paseig de Gracia o Paseo de Gracia, la Rambla de Catalunya e la Avinguda Diagonal o Avenida Diagonal, in cui sono presenti le marche internazionali più conosciute e dove ci sono negozi di famose case di moda, articoli in pelle, gioiellerie e altro.
Per godere di uno splendido panorama di tutta la città si può salire a Montjuïc, il piccolo monte situato vicino al porto, sulla cima del quale si trova il Castello del Montjuïc, una antica fortezza militare che servì per vigilare l'entrata a Barcellona dal mare. Questo luogo è tristemente noto per i catalani perché nel 1940 vi fu giustiziato tramite garrota l'eroe nazionale Lluis Companys. Su questo monte si trovano anche impianti olimpici come lo stadio Olimpic Lluís Companys, il palazzo dello sport (Palau San Jordi, in onore del Santo patrono della città), disegnato da Arata Isozaki e le piscine. Sempre a Montjuïc si trova il giardino botanico che dispone di una collezione unica di cactus. Un altro posto da cui si può godere la vista di Barcellona è la montagna del Tibidabo nella parte più alta della città. Si può salire con l'automobile, autobus, tram e funiculare. Nel Tibidabo si trovano un parco d'attrazione e l'antenna delle telecomunicazioni disegnata da Norman Foster.
Nel Parco della Cittadella (Parc de la Ciutadella) si trova il giardino zoologico famoso per aver ospitato il gorilla albino Fiocco di Neve (Copito de Nieve in spagnolo o Floquet de Neu in catalano).
da http://it.wikipedia.org/wiki/Barcellona
ARCHITETTURA E DISEGNO INDUSTRIALE A BARCELLONA:
DAL PROTODISEGNO AI GIORNI NOSTRI
“Hay que buscar un espacio en la cultura para el tocadiscos, el lavabo, el tenedor, el sombrero o la botella, no menos que a un monumento”.
Alexandre Cirici
1900-1929. IL PROTODESIGN
In Spagna la rivoluzione industriale inizia nel secondo terzo del secolo XIX, ma si sviluppa in modi e tempi diversi nelle diverse aree regionali.
All’inizio, l’industria si limita a copiare le forme degli oggetti creati con metodi artigianali; solo più tardi, con l’impulso delle nuove tecnologie nascenti e sotto l’influenza di movimenti artistici quali l’Arts & Craft, l’Art-Deco e il funzionalismo, troverà una espressione funzionale ed estetica sua propria.
Il periodo che va dal momento di prima diffusione del Modernismo all’avvento del Movimento Moderno, con l’Expo Internazionale del 1929, viene definito “Protodiseño”. Caratterizzato da un processo produttivo totalmente artigianale, il protodisegno vede la produzione di opere progettate per completare gli edifici degli architetti modernisti; tra questi, colui che più di altri affianca alla produzione architettonica il disegno di mobili ed oggetti è Antoni Gaudì.
Nonostante una evidente componente artigianale, l’opera di Gaudì denuncia una particolare attenzione per la razionalizzazione delle forme, per la esemplificazione dei processi costruttivi e la funzionalità, oltre ad un alto grado di creatività che lo allontana decisamente dalla tradizione; nei suoi lavori esiste una certa coscienza del design, però il processo è ancora pre-industriale, per cui può essere considerato, se si vuole, un precursore.
Il simbolismo naturalista che caratterizza gran parte delle sue opere architettoniche (Casa Batllò, Casa Milà, la Sagrada Famiglia, Parc Guell) viene trasferito negli oggetti di arredamento attraverso il trattamento dell’oggetto come scultura e attraverso l’uso di forme sinuose. Tra le sue opere si distinguono le sedie Silla Calvet (1902) e Silla Batllò (1906), quest’ultima disegnata per Casa Batllò; tra le due è possibile riscontrare una evoluzione stilistica orientata alla semplicità e alla facilità costruttiva.
Per gli interni di Casa Batllò, nel 1904 Gaudì disegna il Panot Gaudì, una mattonella raffigurante motivi naturalistici marini (Fig.1), utilizzata poi invece in Casa Milà ed oggi riprodotta per la pavimentazione del Paseo de Gracia.
1930-1959. I PRIMI IMPULSI
Negli anni trenta la Catalogna comincia a diversificare la sua industria, affiancando a quella tessile quelle delle costruzioni, della trasformazione metallurgica e dei beni di consumo.
Il pensare e disegnare gli oggetti prima di produrli, e il fatto che la loro fabbricazione venga affidata a terzi, costituisce l’essenza del disegno industriale come attività di progetto; la consapevolezza di questo concetto comincia ad affermarsi a Barcellona a partire dagli anni trenta, appena terminata la dittatura di Primo de Ribera (1923-1930).
L’ultimo evento del periodo della dittatura è la Esposizione Internazionale del 1929 che, oltre a costituire un momento importante nella storia delle trasformazioni urbanistiche della città, è teatro del primo contatto degli architetti catalani con l’avanguardia europea del Movimento Moderno, giunto a Barcellona con il Padiglione Tedesco di L. Mies van der Rohe (Fig.2).
Con l’avvento delle avanguardie europee inizia a Barcellona un dibattito sul tema della modernizzazione e del progresso; per la prima volta si comincia a parlare di disegno industriale come disciplina, anche se le opere realizzate sono quasi sempre ancora oggetti o mobili di architetti che li disegnano specificatamente per arredare i propri edifici. In ogni caso, è importante sottolineare che la fase di progettazione dell’oggetto comincia adesso ad assumere un proprio momento distinto da quello della produzione.
A diffondere in Spagna i dettami del Movimento Moderno è il GATEPAC (Grupo de Arquitectos y Tecnicos Españoles para el Progresso de la Arquitectura Contemporanea), un gruppo di architetti fondato a Zaragoza nel 1930 e attivo a Madrid, nei Paesi Baschi e in Catalogna.
Il nucleo catalano, il GATCPAC (composto da nomi come J.L.Sert, S.Illescas, J.Torres e G.Rodriguez), attraverso la sua opera e quella della rivista A.C. (Documenti di Attività Contemporanea), pubblicata fra il 1931 e il 1937, si adopera per un rinnovo del disegno d’arredo secondo un approccio avanguardista e anti-storicista, in chiara linea lecorbusierana.
Quale supporto allo sviluppo del design il GATCPAC fonda un atelier, il MIDVA (Muebles y Decoraciòn para la Vivienda Actual), nel quale vengono presentati oggetti d’importazione firmati da Thonet, Breuer e Aalto insieme a mobili disegnati dagli stessi componenti del gruppo, secondo criteri di stretta funzionalità, di semplicità costruttiva, standardizzazione e basso costo.
Le opere progettate negli anni '30 generalmente si inquadrano in un disegno di stampo razionalista che utilizza come materiali l’acciaio, il vetro e la bachelite. Le opere che in modo particolare materializzano la nuova poetica progettuale sono la Mesa (GATCPAC, 1931), una scrivania per ufficio costituita da una struttura continua in tubo d’acciaio che sostiene una cassettiera e un piano di vetro; la Silla di J.L.Sert (1934), una sedia in legno massiccio disegnata per arredare una gioielleria di Barcellona; la Lampara de piè (Fig.3) di J.Torres Clavè (1934), una piantana priva di ornamento che permette di orientare la luce a seconda delle necessità.
Una deviazione rispetto all’estetica dominante è rappresentata dalla Poltrona Butterfly (A. Bonet, J. Kurchan, J. Ferrari, 1938), un’opera organicista che acquisterà grande popolarità negli anni ’50 soprattutto negli Stati Uniti (Fig.4).
La guerra civile provoca un brusco arresto nella produzione di oggetti di design: tra la guerra e i primi anni della nuova dittatura franchista, tutta la Spagna si ritrova in un grande isolamento rispetto ad altri paesi d’Europa, come l’Italia o la Germania, dove invece continua una certa produzione.
Fino agli anni ’60 gli unici oggetti prodotti sono quelli realizzati da già affermati architetti come A. Coderch, A. de Moragas, F. Barba Corsini, che disegnano mobili esclusivamente per arredare i loro edifici. Nessun prodotto di questo periodo raggiungerà la produzione in serie.
Nella decade degli anni ’40 si registrano eventi isolati. Alexandre Cirici, che nel 1936 aveva creato con altri studenti del Comitè Revolucionario de la Escola d’Arquitectura la Escola Nova Unificada, ispirata ai principi della Bauhaus, pubblica nel 1946 un articolo nella rivista semiclandestina “Ariel”, intitolato “L’art de la saviesa” (L’arte della saggezza), nel quale rivendica la necessità di “cercare uno spazio nella cultura per il giradischi, il lavabo, la forchetta, il cappello o la bottiglia, non meno che per un monumento”.
Anche se in maniera confusa dato l’isolamento della Spagna nel contesto europeo, a partire dagli anni ’50 si inizia a rilevare un certo interesse per la nuova professione del design, grazie soprattutto all’attività di un gruppo di giovani architetti che, con una finalità analoga a quella del GATCPAC, si propone di studiare e risolvere i problemi dell’arte contemporanea. Il gruppo, denominato Gruppo R, è composto da J. A. Coderch, M. Valls, O. Bohigas, J. Martorell, J. Gili, J. M. Sostres, A. de Moragas e J. Pratmarsò.
Nel 1951 a Barcellona viene celebrato il Primer Salon del Hogar Moderno, e nel 1954 il Foment de les Arts Decoratives indìce il concorso “Pro Dignificaciòn del Hogar Popular”. Questi due eventi, assieme ad una conferenza tenuta nel 1957 da Gio Ponti (direttore della rivista Domus) su invito del Collegio de Arquitectos de Cataluña, ed il suo conseguente contatto con il Gruppo R (presieduto da A. de Moragas), determinano il vero punto di partenza nel progresso della disciplina del disegno industriale barcellonese.
Nel 1954 F. Correa e A. Milà disegnano, per arredare gli appartamenti dell’edificio La Marina di A. Coderch (primo vero edificio moderno del dopoguerra, del 1951), la Butaca Barceloneta (Fig.5), un’opera che può essere considerata un omaggio alla Silla Barcelona di Mies van der Rohe, la poltrona che arreda il Padiglione Tedesco all’Expo del ‘29.
F. Barba Corsini realizza nel 1955 la Mesita Pedrera e la Lampara Pedrera, un tavolino e una lampada pensati per arredare alcuni appartamenti di Casa Milà di A. Gaudì; ma l’oggetto probabilmente più rappresentativo di questa decade è la Lampara de techo di J. Coderch (1957), una lampada costituita da lastre di legno, esplicitamente pensata per arredare un edificio dello stesso architetto, che con la sua luce “calda e confortevole” costituisce l’ultimo gradino della creazione di un ambiente domestico “mediterraneo” (Fig.6).
1960-1979. NASCITA E SVILUPPO
Nella decade dei sessanta si vive la vera “partenza” del design industriale barcellonese. I fattori che in modo particolare fanno sì che ciò avvenga sono due: l’attività, già avviata nel decennio precedente, del Gruppo R, e l’incredibile sviluppo economico che Barcellona (ma in generale tutta la Spagna) vive in questo periodo.
Durante gli anni sessanta il numero di oggetti prodotti (prevalentemente di piccole dimensioni, e in ogni caso d’arredamento) e quello dei professionisti che scelgono di dedicarsi alla professione del disegno industriale cresce a ritmi elevatissimi, al punto che il “designer” (o l’architetto) va assorbendo e sostituendo la figura dell’artista che finisce per essere considerata obsoleta.
Il progresso del disegno industriale negli anni sessanta risponde tanto ad una dinamica interna quanto alla grande trasformazione che si produce nel contesto sociale ed economico: un fenomeno di modernizzazione generale, in un momento in cui si allenta l’influenza del regime franchista nei settori delle arti applicate.
Gli anni sessanta sanciscono la definitiva rottura con il Movimento Moderno; la produzione di nuove opere all’interno di una ricerca di stampo neo-tradizionalista coincide con il primo passo verso la definizione di un approccio alla progettazione fondato sulla collaborazione di tutte le figure professionali che operano nel campo delle arti applicate.
Questo processo di integrazione interdisciplinare trova espressione nella fondazione nel 1960, da parte di Ricardo Bofill, del “Taller de Arquitectura”, uno studio di architettura composto da architetti, designer, un matematico, un musicista, un poeta e un filosofo. Il culmine di tale processo sarà la formazione della ADI-FAD (Asociaciòn de Diseñadores Industriales para el Fomento de las Artes Decorativas), frutto della acquisizione, da parte del FAD, di alcuni architetti membri del gruppo R (tra cui O. Bohigas, A. de Moragas, A. Cirici) che avevano tentato, senza successo a causa di impedimenti legali, di istituire l’Istituto de Diseño Industrial de Barcelona.
Uno dei primi obbiettivi che l’ADI-FAD intende realizzare è l’ingresso nell'ICSID, il massimo organismo internazionale di disegno industriale. Ma la condizione di dover produrre una certa quantità di oggetti, aggiunta a una generalizzata inerzia e diffidenza da parte delle imprese produttrici, spinge l’associazione a rinunciare; verrà intrapresa un’altra strada quando, a partire dal 1961, sarà istituito il Premio Delta de Diseño. Nello stesso anno, su iniziativa di A. Cirici, sorge a Barcellona la prima vera scuola di design, la Elisava.
Questi eventi, assieme alla creazione nel 1965 del DICI (Diseño Industrial Centro Informativo), contribuiscono in maniera decisiva a diffondere la disciplina del disegno industriale, anche se i risultati, in termini di aumento di opere prodotte, si fanno un po’ attendere.
Le realizzazioni più interessanti, nelle quali si rileva un certo rigore ereditato dai princìpi della Bauhaus (relativamente alla funzionalità, alla tecnologia non complessa e alla economicità) a fianco di evidenti segni della incipiente formazione di una identità propria, sono: la Silla Tumbona di A. de la Sota (1960), una sedia che, girata, diventa una poltrona (Fig.7); la Lampara TMM di M. Milà (1961), una piantana ad altezza regolabile; il Portacenere Copenhagen di A. Ricard (1966).
Dopo il decollo degli anni ’60, durante il decennio successivo si vive una battuta d’arresto, dovuta ad una situazione di incertezza economica e socio-culturale, conseguenza della transizione politica in atto (nel 1975 morirà Francisco Franco e tre anni più tardi verrà approvata la nuova Costituzione democratica, seguita dalla riforma delle autonomie locali).
A fianco alla crisi disciplinare si aggiunge una forte atonia del tessuto industriale locale che costringe i designer a creare proprie imprese e punti vendita. Sorgono quindi a Barcellona Grup T, Disform, B.D., Miscellanea e 114.
Nelle pagine delle riviste e nelle scuole e università inizia un dibattito sul tema del rapporto fra la teoria e la pratica del progetto di design. L’ortodossia razionalista, il cui ultimo baluardo è la Scuola Superiore di Design di Ulm, comincia a lasciare il posto ad un entusiasmo per la pop-art, conosciuta attraverso i testi di Maldonado, Papaneck e Venturi. Parallelamente, l’idea stessa di design comincia a cambiare, trasformando il concetto di “design industriale” (rifiutato dagli ambienti intellettuali vicini al governo socialista post-franchista poichè ritenuto espressione di un sistema capitalista da combattere) in “design sociale”, concepito come pratica intellettuale ai margini del sistema produttivo.
La nascita di questa nuova visione viene subito contrastata da J. Lorès in alcuni suoi articoli scritti tra il 1970 e il 1973 sulla rivista Construcciòn-Arquitectura-Urbanismo; in essi, Lorès accusa il nuovo design post-razionalista di mancare di valori etici e di essere diventato appannaggio di una elìte intellettuale che, snaturando la disciplina dal suo contesto naturale (cioè il mondo industriale) la utilizza come mezzo di propaganda ideologica.
In questo contesto, i premi Delta de Diseño organizzati dalla ADI-FAD e aperti a tutte le imprese spagnole costituiscono, adesso più che mai, il maggior termometro di opinione sulla disciplina.
Nel 1972 nasce a Barcellona la rivista B.D. orientata al design di alta qualità, ed un anno dopo sorge il BCD (Barcelona Centro de Disseny), un organismo promozionale vincolato al settore imprenditoriale che, seguendo l’esempio di altri analoghi centri europei, cerca di ristabilire un contatto fra i progettisti e il mondo della produzione, già minacciato dalle conseguenze del dibattito teorico.
A partire dagli anni ’70 le produzioni di design diventano tecnologicamente più avanzate ed esteticamente più pretenziose (mobili componibili e modulari, schiume rigide, ecc.), e spostano il baricentro d’interesse dall’arredamento al product design.
Il Banco catalano (L. Clotet, O. Tusquets, 1974) è una panchina che richiama quelle del Parc Guell; ha delle caratteristiche innovative, in quanto non accumula acqua quando piove, permette il passaggio dell’aria, non è fredda d’inverno, è comoda e lascia intravedere, grazie alla sua trasparenza, il paesaggio circostante (Fig.8). Nato per risolvere il problema di sostenere la TV nel momento della sua grande diffusione, il Carrito para televisor di L. Clotet e O. Tusquets (1976) è un carrello semplice, leggero e versatile, in accordo con la filosofia “realista” secondo cui l’opera (architettonica o di arredamento) deve affrontare e risolvere i problemi della società in modo oggettivo e razionale, tenendo cioè in considerazione le reali ed essenziali necessità dell’utente. Il Banco Modulor di R. Benedito e J. Llusca (1979) affronta la possibilità di realizzare una panchina pubblica a moduli componibili.
1980-1989. IL BOOM
Gli anni ottanta segnano un vero e proprio boom nella produzione del disegno industriale barcellonese, grazie al cambio socio-economico intervenuto nella società spagnola, all’alba della nuova era democratica. L’aspetto più rilevante è che il design cessa di essere una attività riservata a pochi, ed assume una virtù pubblica, abbandonando il ruolo di “arma di contestazione e opposizione” e diventando una vera disciplina sociale.
Gli ambienti politici cominciano ad appoggiare la disciplina del design (attraverso contributi e appoggi alle iniziative, alle fondazioni, alle scuole) perché vedono in essa un elemento di sviluppo industriale, sempre più fondamentale in tutti gli ambiti della vita nazionale, oltre che uno strumento di propaganda politica.
Si ristabilisce il rapporto con la architettura, rispetto alla quale il disegno industriale comincia a configurarsi come professione autonoma; allo stesso tempo, realizza con essa quella integrazione interdisciplinare già auspicata negli anni ’60, per cui le due professioni, nell’ambito di una sempre più chiara distinzione dei ruoli, iniziano ad assumere la stessa importanza nella costruzione dello spazio pubblico urbano. Esemplari in questo senso sono la Plaza de los Paisos Catalanes (H. Piñon e A. Viaplana, 1981), il Parque de la Espanya Industrial (L. Peña e F. Rius, 1981) e il Parque de la Creueta del Coll (O. Bohigas, J. Martorell e D. Mackay, 1981), tre luoghi pubblici costruiti con la “collaborazione” progettuale dell’architettura, del disegno industriale, della scultura e del paesaggismo.
Se negli anni ’60 e ’70 la professione di designer era un’attività “extra”, praticata da pochi “pionieri” (come A. Ricard e M. Milà) e da architetti “curiosi” tra cui O. Tusquets, L. Clotet, C. Cirici e P. Bonet, che vedevano il design come estensione dell’architettura ad una scala progettuale minore, durante gli anni ’80 la nuova generazione di professionisti che si avvicina a questa disciplina si sente “designer” in tutto e per tutto.
In campo disciplinare, gli anni ’80 risolvono la dialettica sorta nel decennio precedente relativamente al rapporto fra teoria e pratica, spostando l’attenzione totalmente sulla pratica progettuale.
Le opere prodotte (nella maggior parte oggetti domestici) denunciano una certa dispersione stilistica, un alto grado di creatività e espressività e una preponderanza della semplicità formale rispetto alla sofisticazione.
Gli anni ’80 sono dominati dall’estro creativo di Javier Mariscal, che introduce un nuovo modo “giocoso” di fare design, in qualche modo legato al post-razionalismo annunciato in Italia da E. Sottsass Jr. con la collezione “Memphis”, creando una sorta di stile nazionale che appiana le divergenze stilistiche fino ad allora individuabili fra la “Scuola di Barcellona” e i vari altri ambienti spagnoli.
Lo stile di Mariscal, espressivo e personalissimo, basato su una estetica semplice, ludica e umoristica, affascina moltissimo gli studenti delle scuole di disegno industriale che attraverso la sua opera vedono nel design una professione facile e divertente. Il suo Taburete Duplex Tricolor (1980) (Fig.9), sgabello disegnato originariamente per un bar di Valencia, si converte nel simbolo del nuovo design gestuale spagnolo; così come il Florero Olè (1987), un portafiori che, interpretando in chiave attuale elementi tipicamente spagnoli, materializza una moderna idea di souvenir. Sul Moll de la Fusta (M. de Solà-Morales, (1983), primo esempio di sistemazione del waterfront barcellonese, Mariscal realizza il Gambrinus, una grande scultura a forma di gambero che costituisce oggi una delle icone della modernità barcellonese (Fig.10).
Accanto alla produzione di oggetti domestici si sviluppa a Barcellona una vasta produzione di elementi di arredo urbano, in accordo con le politiche delle amministrazioni pubbliche che intendono dotare la città di quelli spazi e attrezzature pubbliche che gli anni della grande espansione urbana dei decenni addietro avevano trascurato. Dal punto di vista stilistico, queste opere non risentono dell’influenza del “mariscalismo”, sposando al contrario una estetica evidentemente “minimal”. La Lampada Aalta di B. Gali e M. Quintana (1984), omaggio ad Alvar Aalto, introduce la novità della luce riflessa; la Farola Lampelunas di J. A. Martinez e E. Torres (1986) è una delle prime lampade che esprimono una preoccupazione non tanto per la efficacia della luce, quanto per la sua incidenza formale nel contesto urbano;
la Lampada Llum di H. Piñon e A. Viaplana (1988) combina in modo innovativo materiali e forme: è una colonna inclinata di pietra artificiale alla cui base è collocata una luce che si diffonde a partire dall’interno creando suggestivi effetti di luce (Fig.11); la Farola PEP di J. Henrich e O. Tarrasò (1988) è un elemento cilindrico che diffonde una luce omnidirezionale, consentendo di illuminare zone urbane molto ampie; il Banco U di H. Piñon e A. Viaplana (1988) è una panchina la cui estetica materializza un atto concettuale che si manifesta come segno astratto.
Altre produzioni di rilievo sono la Silla Varius e la Silla Gaulino di O. Tusquets (1986); il Servizio da thè Oronda per Alessi, ancora di O. Tusquets; la Silla Sentada di E. Miralles e C. Pinòs (1988).
Gli anni ’80 si chiudono da un lato con la conquista da parte del design barcellonese degli ambienti internazionali, attraverso la partecipazione a mostre quali “Diseño España” (Bruxelles, 1985), “Design in Catalogna” (Milano e New York, 1988), “Capitales europèennes du nouveau design” (Parigi, 1990), dall’altro con la preparazione dei Giochi Olimpici del 1992.
ANNI ’90. NORMALIZZAZIONE E INTERNAZIONALIZZAZIONE
La euforia per il disegno industriale che aveva caratterizzato gli anni ottanta, arriva ad una apoteosi nel 1992, anno della realizzazione dei Giochi Olimpici di Barcellona.
Gli architetti e i designer che partecipano alla progettazione hanno la possibilità di mettere in pratica le teorie sviluppate nel corso dei decenni passati, trasformando Barcellona in un modello di riferimento per molte città europee in via di trasformazione.
Nella preparazione e organizzazione dei Giochi Olimpici, il design assume un ruolo di primo piano, più dell’architettura: la stessa mascotte, il Cobi di J. Mariscal (Fig.12), così come il logo di Josep Trias, distaccandosi dalla tradizionale linea walt-disneyana, costituisce il primo segno della modernità che i Giochi sottendono.
Il design dei giochi entra in tutti quegli elementi che avrebbero costituito presenza significativa nella “finestra televisiva” (la sedia dell’arbitro, gli ostacoli dell’ippica, il podio, le medaglie, ecc.), per trasmettere all’esterno una immagine originale e creativa al di là dell’ordinario.
In particolare, la Atorcha Olimpica (A. Ricard, 1990) dà un’immagine di modernità e di complessità tecnica allo stesso tempo, mentre la Sedia per arbitro di Tennis (J. Lluscà, 1991) è un oggetto emblematico, innovativo, rigorosamente funzionale e dall’estetica estremamente espressiva (Fig.13).
Parallelamente, il design viene assunto come strumento operativo per organizzare la mostra “Casa Barcellona”, per la quale 38 designer di tutta la Spagna creano ed espongono oggetti per la casa che in seguito sarebbero stati prodotti da imprese nazionali. Ancora oggi, più della metà di quei pezzi, progettati per dimostrare che una grande capacità creativa e originalità poteva supplire ad uno scarso apporto tecnologico, continuano ad essere prodotti.
Terminati i Giochi Olimpici, a partire dai primi anni ‘90 la classe professionale sente la necessità di fare un bilancio ed inizia una sorta di auto-analisi, cercando all’interno della enorme quantità di oggetti prodotti, quelli che possono costituire punti di partenza per l’elaborazione di una nuova estetica.
L’opera di Mariscal aveva avuto un seguito tale da poter oggi parlare di una vera e propria “scuola”. Come sempre succede, la sua imitazione era avvenuta prevalentemente non tanto sul piano concettuale o metodologico, ma su un piano strettamente formale, determinando così errate interpretazioni e aberrazioni nella creazione di oggetti formalmente molto espressivi ma privi di contenuto poetico.
Come reazione a questo modus operandi, gli anni ’90 portano i professionisti a maturare la coscienza di un nuovo design la cui estetica non fosse più il prodotto di vezzi formali bensì rispecchiasse una certa sensibilità per i problemi ecologici, il riciclaggio, i materiali, la sostenibilità; un design, inoltre, molto più attento alle relazioni che l’oggetto riesce a creare con l’utente, con l’ambiente, ecc., piuttosto che all’oggetto in sé.
Dal punto di vista estetico, si approda ad un eclettismo nell’ambito del quale prevalgono una ricerca di matrice neo-minimalista (Ombrelliera Barcelonès, P. Bonet, 1991) e un certo ritorno alla tradizione (Orologio Nautilus, O.Tusquets, 1996) (Fig.14). In ogni caso, viene bandita ogni forma di design sperimentale o di esibizione.
CONCLUSIONI: IL DESIGN A BARCELLONA OGGI
Nonostante che la produzione di disegno industriale barcellonese non abbia quella omogeneità formale e stilistica che invece presentano quelle italiana e nordica (a Barcellona di fatto, oggi, non ci sono gruppi di progettazione nel campo del design, bensì artisti che lavorano individualmente) in essa si possono riconoscere aspetti che fungono da filo conduttore o denominatore comune.
In primo luogo, la marcata gestualità e personalità, l’inventiva e la ricerca continua dell’originalità nella risoluzione di problemi quotidiani..
In secondo luogo, è possibile rilevare una certa tendenza organicista, sensuale, fatta di segni sobri, legati alla tradizione pittorica o scultorea locale, rivisitazione di un continuo ma latente riferimento al Modernismo.
Questo eccesso di creatività è una costante nella produzione di progetti di design barcellonese, ed è dovuto alla implicita necessità di supplire ad un medio-basso livello tecnologico dei processi produttivi.
Oggi, a parte le produzioni di oggetti per l’arredamento domestico (i cui templi indiscussi sono i negozi Vinçon e B.D.), l’attenzione dei designer si concentra in modo particolare nella progettazione dei “bar musicales” e dei locali notturni tra i quali, di particolare interesse sono il Cafè Berlin (S. Tarruella, I. Lopez), (Fig.15), il Cafè Royale (M. Baquedano) (Fig.16) e il Club 22 (R. Tamborero, J. L. Lopez).
2006-06-28 22:40:14
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answer #5
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answered by ღMiss Lillyღ 5
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